Riky Anelli è un cantautore e polistrumentista bergamasco. Da sempre attivo sui palcoscenici italiani ed esteri, l’artista è anche docente all’Accademia Musicale di Treviglio nonchè fervente sostenitore di Amnesty International. “Svuota tutto” è il titolo del singolo con cui Riky Anelli ha vinto al Premio De Andrè 2013 la targa Repubblica.it, assegnata dai lettori del sito. Abbiamo colto l’occasione per porgli alcune domande finalizzate alla scoperta e all’approfondimento del suo mondo fatto di note e parole.
Nella sua biografia si legge che lei è un cantautore e polistrumentista, quali sono esattamente gli strumenti che suona e che tipo di cantautorato è quello che lei propone al pubblico?
Principalmente sono un chitarrista, acustico, elettrico e classico. Suono il basso, il pianoforte, l’ukulele, il banjo e adoro utilizzare l’armonica in diversi pezzi. Il mio è un cantautorato da vecchia scuola, di matrice napoletana, romana e genovese, inserito in una realtà attuale. Spero sia creativo e fresco al punto giusto.
Qual è il suo background culturale, musicale e artistico?
Vengo dal blues. Ho studiato musica e arte, scrivo da che ne ho memoria, poesie e canzoni. De André mi ha cambiato la vita, Dalì me l’ha resa comprensibile, Bennato mi ha dato coraggio, Neruda la voglia di mettermi a nudo, De Gregori ha acceso la mia sensibilità, Man Ray ha schiaffeggiato la mia vergogna iniziale, Dylan…beh Dylan ha fatto tutto il resto. A loro devo molto.
Lo scorso 16 aprile ha pubblicato il singolo intitolato “Svuota tutto”… ci racconta di cosa parla questo brano e come ha realizzato l’arrangiamento così articolato del pezzo?
In auto, sulla strada per arrivare al locale, un continuo alternarsi di cartelloni pubblicitari, svendite totali, “Fuori tutto”, “Svuota tutto”, “Svendo tutto”. Ho pensato subito all’Italia in vendita a poco prezzo, a questa paradossale differenza tra chi ozia su barche super costose e chi non ha lavoro, a questo paese così ricco di meraviglie, di cultura, di storia e al suo degrado moderno, molto spesso (parlo di quello artistico) “taciuto”. Per quanto riguarda l’arrangiamento di “Svuota Tutto” ho creato la sessione ritmica con strumenti che amo definire “rurali”; un barattolo di tabacco, una sedia, un pannello fonoassorbente dello studio, il pavimento stesso, basso, basso tuba. Ho lavorato a loop, nella stessa maniera che uso dal vivo quando suono da solo. Per le melodie un fantastico mellotron, violino e…le mie chitarre. Un mixaggio paziente e ben sperimentato fatto dal mio manager, compagno di viaggio ed amico Francesco Matano che ha usato reverberi vecchissimi e molto asciutti.
Nel videoclip legato al singolo e realizzato a budget zero, compare un Pinocchio cresciuto e “poco onorevole”… come mai questa scelta?
Il Pinocchio collodiano rivisitato da Marco Pedrazzetti nei suoi spettacoli mi ha sempre fatto impazzire, con lui mi sono studiato questa figura, un bugiardino che ti guarda come se il party al quale sei stato invitato sia una prassi ma…la festa è finta e il suo palazzo è un disegno. In fondo siamo abituati agli onorevoli poco onorevoli, non è critica, è un dato di fatto, penso sia evidente ormai per tutti anche per i benpensanti. Budget zero, assolutamente! Invito i giovani musicisti a non lasciarsi prendere dallo sconforto e dalla mancanza di cachet ai concerti. Basta un’idea interessante, credendoci fino in fondo.
Lei è anche partner di Amnesty International, a quali iniziative ha preso parte per rendere concreto il suo appoggio?
Sono partner di Amnesty da un po’, Giorgio Moranda di Amnesty Bergamo è una di quelle persone che credono moltissimo e con entusiasmo in ciò che fanno, con una sensibilità rara e un impegno unico. Ai miei concerti è possibile firmare e sostenere attivamente Amnesty International. Noi lo diciamo sempre, anche una sola firma in più fa molto. La campagna che, in questo periodo sostengo nei miei live, si intitola “Ricordati che devi rispondere”. Si chiede alle istituzioni italiane di adoperarsi per la tutela dei diritti umani sulla base di un’agenda in dieci punti. Contro la violenza sulle donne, trasparenza delle forze di polizia e l’introduzione del reato di tortura, contro la pena di morte, diritti lgbti, diritti dei rom, diritti degli immigrati, condizioni dignitose nelle carceri, controllo sul commercio delle armi, diritti umani nelle aziende multinazionali, creare un’istituzione indipendente per la tutela dei diritti.
Cosa significa per lei essere docente all’Accademia Musicale di Treviglio? Ci racconta com’è insegnare musica al giorno d’oggi?
Essere docente è una grossa responsabilità, soprattutto perché il mio scopo didattico non è solo teorico e tecnico. Per quanto la tecnica e la teoria siano fondamentali, il mio approccio con gli studenti è molto artistico. Credo che la musica sia anche approfondimento, scoperta e sogno. Riuscire a far accendere ad uno studente il lume dello stupore verso una composizione a lui sconosciuta non ha prezzo. Insegnare musica al giorno d’oggi non è molto semplice, ci vuole pazienza e testardaggine. Su internet si impara tutto volendo, i talent ci insegnano che molti ragazzi possono avere i 15 minuti di popolarità già predetti da Warhol. Io credo fermamente nella figura dell’insegnante vecchio stile, quello che il palco lo vive e lo calpesta prima di insegnarlo, che non usa scorciatoie e che ti illustra quali sono i punti meno dolorosi dove “sbattere la testa”. Perché “sbattere la testa” ogni tanto è necessario.
La sua attività concertistica è sempre molto fitta di appuntamenti, che tipo di concerto deve aspettarsi il suo pubblico?
Sicuramente un concerto diverso tutte le volte. Non faccio mai la scaletta, sul palco si respira libertà e c’è un buon profumo. Il concetto di palco pieno con tanti musicisti mi piace e diverte molto, consideri che per dieci anni ho suonato in giro da one man band, quindi da solo, ora ho proprio bisogno di fare ciò che mi piace in buona compagnia. Sono molto pignolo e puntiglioso con i miei musicisti, su tutti gli aspetti del live. E’ necessario perché così facendo riescono a seguirmi in tutte le mie improvvisazioni. Siamo una carovana zigana in continuo movimento. Ogni concerto sembra una festa, in effetti lo è.
Chi sono i The Good Samaritans che l’accompagnano dal vivo?
Sono polistrumentisti e fantasisti come me, detta così sembra una squadra caotica ma al momento giusto tutto va in ordine e si fila via lisci, forse c’è un po’ di magia…o fortuna(ride). Ecco i miei compagni di viaggio: Francesco Matano alla chitarra elettrica, lap steel, cajon; Matteo Casirati al violino, mandolino, banjo, ukulele e bouzouki; Francesco Puccianti al basso e contrabbasso; Michele Torresani alla batteria e percussioni varie; Francesco Esposito alla fisarmonica, piano e organo. Aggiungerò presto una corista.
Sta lavorando anche a dei nuovi brani?
In verità ho già finito di registrare l’intero album che include “Svuota Tutto” e il prossimo singolo, un disco di dodici tracce che uscirà il prossimo autunno. Sono fortunatamente molto produttivo per quanto riguarda la scrittura, oltre all’ispirazione ho un mio metodo, mi applico con devozione e pazienza. Sono un osservatore, scruto tutto ciò che mi sta intorno, invento le mie storie e alcune le riporto. Amo la descrizione. Leggo tanto e scrivo tanto ma…rigorosamente quando nessuno se ne accorge, quando nessuno mi vede, di notte, in pausa, di mattina e nei posti più assurdi. E’ una mia formula da sempre e ho bisogno resti tale. Mi piacerebbe poter far uscire un disco all’anno, un sogno. Ho già una trentina di brani da interiorizzare per il disco dell’anno prossimo.
Che progetti ci sono in cantiere?
Sicuramente tanti live, canzoni e spero soddisfazioni.
Raffaella Sbrescia
Si ringraziano Riky Anelli e Martina Roncoroni per Parole e dintorni per la disponibilità
Video: “Svuota tutto”