Cristian Bugatti, in arte Bugo, torna in pista a 4 anni di distanza da “Nuovi rimedi per la miopia” con “Arrivano i nostri”, un ep che rilancia l’artista nelle nostre playlists con l’espressione di un messaggio che è frutto di un’esigenza comune: fare squadra nell’affrontare i tempi che corrono. Disponibile in versione digitale dal 23 ottobre 2015, il lavoro, prodotto su etichetta Carosello Records, rappresenta la prima parte di un progetto discografico che verrà completato nei prossimi mesi: «Ho tanti pezzi pronti ma mi andava di ripresentarmi nel modo più calmo e diretto possibile. Ho scelto di diversificare il mio rientro un po’ come si faceva negli anni ’60 quando si puntava molto sui singoli. Le canzoni le ho scritte nell’ultimo anno, quando ero in India, anche se non ci sono diretti riferimenti alla mia permanenza lì. Avevo queste canzoni, ho chiamato Carosello e ho detto: “Ragazzi, ho dei pezzi fortissimi”. Tutti i brani sono stati preprodotti da me, poi sono stati registrati a Milano», spiega Bugo alla stampa.
Tema ricorrente del disco è la corsa, metafora del buttarsi nel mondo e darsi da fare per sentirsi ogni giorno più vivi nel bel mezzo di un viaggio in progressione. Si parte dal movimentato singolo “Vado ma non so”: «Questo brano è il manifesto di come sono e di come sarò. C’è dentro un desiderio di libertà, anche se la libertà è sempre una chimera. Questa canzone è molto seria per me perché la fuga, quando non hai una meta, contiene anche tanta solitudine. “Vado ma non so” è un brano che avrei potuto scrivere anche 15 anni fa. Forse adesso l’ho focalizzata meglio», continua. Il pezzo più significativo dell’ep è proprio la title-track: “Arrivano i nostri”: «Si tratta di un messaggio di attesa del momento in cui le cose miglioreranno. Come? Non lo so, ma già desiderarlo è qualcosa. La musica per me è sempre attesa e porta un messaggio positivo anche se le canzoni non cambiano il mondo. Questa è una frase che mi ricorda i film americani, quando l’esercito amico sta per intervenire. Esprimo il desiderio di far parte di una comunità che la vede un po’ come me. Il mio è un messaggio diretto a chi detiene le redini del potere, è il desiderio di farcela, di cambiare».
Lo sguardo sul mondo circostante si fa ancora più attento in “Tempi acidi”: «Il brano racconta il lato assurdo del vivere contemporaneo. Non ho inventato le cose che canto, le ho lette sul giornale e in rete! Questo è il lato acido dell’uomo. In questa canzone il basso di Enea Bardi tiene il ritmo e dà una cadenza acida che trasmette la frenesia che racconto nel testo». Sorprendente la visione onirica dell’amore ne “Nei tuoi sogni”: «Ragazzi, c’è poco da fare, mi emoziono sempre a parlare dell’amore! –continua- “Nei tuoi sogni” racconto di un amore a distanza. La prima versione di questo brano era molto più onirica, lenta, quasi una ninnananna, ma sentivo il bisogno di dare una ritmica che tenesse vivo tutto». “Sei la donna” è il brano più distante dagli altri, un pezzo in cui vediamo un Bugo diverso da quello che conosciamo: «Questa è una canzone d’amore inedita per come sono abituato a cantare. Mi sono immaginato una scena cinematografica in cui guardo una donna che si cambia. Le dico ‘stai lì, voglio guardarti perché sei bella’. Il senso del brano è più “maschio”, il mio modo di cantare doveva essere diverso ma non mi veniva! Musicalmente il pezzo esplode con l’assolo, su cui ho lavorato veramente a lungo. Sono molto fiero del risultato finale». Chiude il disco “Cosa ne pensi Sergio” in versione live: «Ho voluto fare un regalo a chi mi segue dal vivo riproponendo questo che è stato il primo singolo del disco. Mi piaceva dare qualcosa in più, in questo caso la versione live del brano. Credo molto nei live, datemi un palco e vedrete che ogni volta faccio le mie cose al massimo. Ho un rapporto pacifico col mio passato – specifica Bugo – Ogni canzone per me è importante, era vera quando l’ho scritta e lo rimane ancora oggi. Alcune sono venute meglio, altre meno ma certamente non sono nostalgico. La mia vita non mi ha mai permesso di sedermi. Non riesco a star tranquillo. Devo buttarmi, correre, darmi da fare. A proposito – conclude – Adesso c’è il tour! Con sette album alle spalle la scaletta sarà corposa. Sarà un live molto energetico ma non mancheranno degli intimi momenti voce e pianoforte».
Raffaella Sbrescia
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