Bruno Bavota è un pianista, chitarrista e compositore napoletano. “Il pozzo d’Amor”, “La casa sulla luna” e “The secret of the Sea”, in uscita il prossimo 21 aprile, per l’etichetta discografica irlandese Psychonavigation Records, sono i titoli dei suoi lavori discografici. «La musica ogni giorno mi abbraccia e mi salva da ogni povertà…soprattutto da quella più grande, quella dell’anima», sostiene il giovane e appassionato Bruno che, avvicinatosi alle note e agli strumenti all’età di vent’anni, è riuscito a trovare un sentiero che lo porterà davvero molto lontano nel mondo della musica. Reduce dal concerto sold-out che ha tenuto in Russia, per l’inaugurazione della Philarmonic of new musical art, lo scorso 30 marzo, Bruno ha aperto le porte del suo cuore per aiutarci a capire fino in fondo le evoluzioni stilistiche che hanno determinato la felice creazione di “The Secret of the Sea”.
La musica è una fedele compagna delle tue emozioni giornaliere. Come si è evoluto nel tempo il tuo rapporto quotidiano con le note? Cosa ti aspetti dalla musica e cosa le dai tu, a tua volta?
La musica mi ha semplicemente salvato la vita, per cui l’unica cosa che posso fare è esserle grato e cercare di darle il mio piccolo contributo. In realtà essa è arrivata molto tardi nella mia vita, avevo vent’anni, uscivo da una storia d’amore importante e cominciai a suonare la chitarra mancina di mio fratello per colmare un vuoto, solo in seguito scoprii il pianoforte e mi sentii finalmente completo. La musica per me è un abbraccio continuo e spero di poter continuare questo viaggio d’amore ad un certo livello.
“Il pozzo d’amor”, “La casa sulla luna” e “The Secret of The Sea” sono i titoli dei tuoi dischi. Cosa rappresenta per te ciascuno di questi lavori?
Amore, luna e mare sono gli elementi centrali. Il primo album è nato per caso, ho composto i brani nel giro di qualche mese, pur registrandoli in modo professionale in uno studio. Non sapevo cosa fosse un comunicato stampa, cosa significasse inviare materiali in giro, eppure cominciai a farlo, anche un maniera un po’ rozza, fino a quando, grazie ad Internet, mi scoprirono due ragazzi, oggi miei amici stretti, che mi fecero fare dei concerti a Palermo, quella fu la mia prima uscita ufficiale, suonavo il piano da nemmeno un anno e si trattò di un’emozione davvero molto forte. In seguito ho scritto nuovi brani e nel secondo disco ho cercato di dare qualcosa in più, collaborando con una valida etichetta, la Lizard. In questa occasione ho ricevuto tantissimi riscontri positivi, al punto da essere scelto per suonare alla Royal Albert Hall. Questo ha sicuramente rappresentato un punto di svolta per me, mi ha fatto capire di volerci provare fino in fondo. Ho iniziato questo viaggio insieme ad un giornalista e mio caro amico, Alessandro Savoia, che mi fa da manager e mi supporta. Con il secondo disco ho iniziato a pensare in grande, l’ho inviato a tutti e pian piano sono riuscito ad inserirmi nel roster della Tourpartout, l’agenzia di booking che lavora con artisti che fanno il mio genere musicale. Quando poi sono riuscito ad ottenere il contratto con Felix, l’agente dei miei artisti preferiti e del mio gruppo preferito, ho pensato di stare al centro di un sogno. A partire dal quel momento, ho cominciato a pensare al nuovo disco, volevo fare qualcosa di completamente differente dagli altri due.
Dove e come nasce “The Secret of the Sea”?
Per questo disco avevo in testa i retaggi sonori dei Sigur Rós e la voglia di creare una musica eterea, fino a quando non ho trovato degli strumenti in grado di riprodurre queste sonorità, il delay e il riverbero, che mi hanno dato il suono che volevo. “The Secret of the Sea” è il disco più luminoso dei tre e il cardine principale è sempre la speranza. Il titolo nasce da un legame molto forte che ho con Napoli. Quando mi dicono di andarmene, io dico di no, non me ne voglio andare, io amo troppo questa città! Quando scendo in bici, in 10 minuti sono al mare e penso che questo sia impagabile. Il mare mi dà un’idea di libertà e non posso stare senza. Spesso ci vado anche alle 22.30 di sera, mi piace stare di fronte al mare, mi fa sentire pieno… se ci pensiamo il mare è qualcosa che sta sulla terra ma è la cosa meno umana che ci sia.
L’immagine delle onde che fanno l’amore con la luna è quanto di più sensuale possa esserci in questo album… come sei riuscito a trovare l’ispirazione per trasformare tutto questo in note?
Ho sempre pensato che una delle cose più belle sia l’influenza della luna sul mare e sulle maree… Questi elementi si attirano a vicenda e, in questo senso, stanno insieme, creando un tutt’uno, soltanto noi esseri umani siamo fuori posto. Quando penso alle stelle, alla luna, al sole non posso fare a meno di chiedermi il perché dei loro movimenti e ne resto affascinato. Nei miei lavori parlo soprattutto di luoghi: “Il pozzo d’amor” rispecchia un mio triste momento amoroso, un pozzo vuoto da colmare, “La casa sulla luna” è un altro luogo – non luogo, una casa per continuare a sognare, dove pensare a me e a quello che c’è sulla terra. In “The Secret of the Sea” c’è un ritorno sulla terra, anche se non ancora definitivo, si tratta di un tentativo di avvicinamento…
E la copertina del disco?
Devo ringraziare Luca Scognamiglio che, ogni volta, realizza delle copertine- capolavoro. La foto è stata scattata ad Sant’Angelo d’Ischia, dove c’è un mare bellissimo. L’ombrello che ho in mano rappresenta sia una protezione che una possibile scappatoia, oltre che un enigmatico gioco vedo-non vedo.
Come hai pensato ai complessi titoli delle tue composizioni?
Prima compongo i brani e poi penso a come titolarli. In questo caso ci sono due brani che sono molto legati alla letteratura: il primo è “Les nuits blanches”, ispirato all’omonimo libro di Dostoevskij, l’altro è “Plasson” che si rifà a “Oceano Mare” il libro di Alessandro Baricco. Plasson è un pittore che prova a dipingere il mare usando esclusivamente acqua marina e finisce per raffigurare vedute oceaniche su tele che restano ostinatamente bianche. Poi c’è “You and me”, un dialogo tra me e il mare, “The Man Who Chosed The Sea” un brano che finisce in dissolvenza, un never ending, un sogno inafferrabile. “Hidden lights through smoky clouds” è il frutto della scelta di un mio caro amico, Domenico, che, in ogni mio lavoro, ha il compito di scegliere il nome di un brano. La composizione che sento più mia è “If only my heart were wide like the Sea”: il brano dura un minuto e 58 secondi eppure credo che, in un così breve tempo, esso riesca a racchiudere tutto quello che volevo dire. Il momento più intimo arriva con “Constellations”, un’ apertura tra cielo e stelle. Poi ci sono brani un pò più cupi sul finale come “The boy and the whale”, in cui ho sentito l’esigenza di inserire il suono selvaggio delle onde uggiose del mare di Mergellina. La title track “The Secret of the Sea” è un brano inquieto, il segreto del mare forse sono io stesso, un essere umano e il mare che trovano un punto di connessione…
Che rapporto c’è, secondo te, tra la luce e il mare?
Quando vado vicino al mare mi sento completo, tutti dovrebbero poter aver dei momenti in cui rimanere da soli con se stessi…Penso che ci si possa fidare del mare ma la luce la si può trovare lo stesso dentro di sé.
Continua ancora il percorso parallelo con gli Adaily Song?
In realtà sono molto preso dal mio progetto personale ma è anche vero che purtroppo non vedo un futuro per la musica italiana! C’è una lotta continua per cercare serate, per provare a suonare,i gestori dei locali non pagano o non vogliono pagare. Per questi ed altri motivi sto provando ad esportare la mia musica… Con Psychonavigation, un’etichetta discografica irlandese, ho scoperto che esiste tutto un mondo legato al mio genere musicale, ci sono etichette che lavorano ancora con le redazioni, io e Keith Downey ci sentiamo tutti i giorni via mail, insieme lavoriamo a questo sogno e mi sento molto coccolato…sì, è proprio un altro mondo!
Quali sono gli altri tuoi contatti più importanti all’estero?
Dopo l’esibizione alla Royal Albert Hall di Londra, ho ricevuto il Premio Speciale Cultura Albatros 2013, poi partecipai all’edizione di Piano City Milano e cominciai a contattare gli agenti degli artisti che mi piacevano… Fui vicino a concretizzare l’apertura dei live di Olafur Arnalds ma i tempi erano troppo stretti, nel frattempo sono entrato in contatto con Felix, che ora è il mio agente. Certo, ci è voluto un po’ ma l’ho aggiornato costantemente delle cose che facevo fino a quando, lo scorso ottobre, egli mi scrisse una mail in cui mi diceva di voler essere il mio agente, quella notte non chiusi occhio per la gioia!
Non rimane che augurarti in bocca al lupo!
Crepi il lupo! Vi aspetto il 29 aprile alla Libreria del Cinema a Roma!
Raffaella Sbrescia
Si ringrazia Bruno Bavota per la disponibilità