Amore e violenza. I concetti si rincorrono, si intrecciano per poi distanziarsi all’interno del recente percorso artistico dei Baustelle. Ne “L’amore e la violenza vol.2 – Dodici nuovi pezzi facili” il gruppo nato a Montepulciano nel 1996 concede una tregua alla guerra per mettere in primo piano la love song che, in ogni caso, rimane lontana anni luce da quella inflazionata, mielosa e ormai trita che a ogni più sospinto ci viene riproposta.
Qui i Baustelle sfoderano la loro maestria linguistica, testuale e compositiva celebrando un amore che nasce con la consapevolezza che sarà destinato a consumarsi, previa la sublimazione assoluta.
Perchè un volume 2?
Abbiamo composto queste canzoni mentre eravamo in tour con “L’amore e la violenza vol.1″. Questo è un fatto inedito per noi che non abbiamo mai amato scrivere mentre siamo in giro. Forse stavolta l’immaginario sonoro e le cose che avevamo in mente di dire non si sono esaurite nel vol.1 e abbiamo voluto completare il discorso. Definire questi pezzi facili è un provocazione ironica che fa il verso a un film con Jack Nicholson. Il primo era un disco d’amore in tempo di guerra, c’era più focus sul contesto che sul racconto privato. Stavolta abbiamo dato spazio a relazioni sentimentali anche se le canzoni di questo album parlano di storie d’amor che contengono violenza al loro interno. Possiamo quindi dire che la guerra non è affatto finita, continua semplicemente in modo diverso da quella narrata del volume 1, in cui era più legata al contesto storico-sociale che stiamo vivendo.
L’unica eccezione, in questo senso, è data dal brano “Tazebao”?
Sì, in effetti lo è. Al suo interno ci sono folli aforismi sul presente. Possiamo considerarla l’eccezione che conferma la regola.
Come intendono l’amore i Baustelle?
In “Amore negativo”, ad esempio, raccontiamo che l’amore è quello in cui nella migliore delle ipotesi ci scappa il morto, attraverso il sacrificio del proprio io. L’annullamento del sè per l’adesione all’altro. Il testo parte con una negazione, poi si sublima in piacere, ancora più forte se si riesce ad annullare l’ego e darsi all’altro senza chiedere niente in cambio. Viviamo in una società che non incita assolutamente questo tipo di concezione, anzi, al contrario siamo al centro di un grande massaggio all’ego. Vogliamo vivere per sempre, essere belli, magri, in forma. L’amore per come lo intendo io è il contrario di questo: è sporco e distruttore.
L’amore è salvifico?
No. Applicare l’annullamento del sè per darsi a qualcosa d’altro è sicuramente qualcosa che dà piacere ma non so da cosa dovremmo salvarci, l’amore non serve per vincere o eliminare le guerre, è una cosa più alta.
Perchè ne “Il Minotauro di Borges” il mostro accetta di morire?
Il Minotauro viene descritto come un essere mostruoso ma in realtà è un essere solo, chiuso in una casa grande come il mondo con stanze ripetute all’infinito. Ogni 12 anni arrivano le fanciulle in sacrificio per lui ma, ancora prima che possa dilettarsi, quelle muoiono prima dallo spavento. Nel dialogo tra Arianna e Teseo si evince che il Minotauro non voleva più vivere. I suoi sono amori impossibili.
Cosa sceglierete di portare dal vivo stavolta?
Porteremo in tour gran parte di questo disco e del precedente. Naturalmente non mancheranno le vecchie glorie che non possiamo non fare. Inoltre abbiamo ritrovato l’amore per certe canzoni vecchie che con un nuovo arrangiamento sono più vicine al nostro modo di suonare contemporaneo.
Una canzone si può giudicare pop o semplice a seconda della fatica che si fa per comprenderla?
Troviamo che sia sempre giusto fare fatica. Tutte le cose che ci piacciono richiedono un importante lavoro interpretativo e, si da il caso che a queste corrispondano per lo più cose che hanno resistito al tempo. La storia ci insegna che le cose che hanno richiesto fatica interpretativa non sono state apprezzate subito e che i loro autori morissero di fame o scoperti postumi. Intanto però sono rimasti nella storia. Tutto il resto è puro commercio. Secondo noi, dunque, l’attitudine giusta per fare qualunque lavoro artistico è cercare di sopravvivere al tempo e rimanere nella storia.
Cosa implica fare pop?
Questa è una definizione di gomma, in Italia questa distinzione è sparita abbastanza presto. Noi nel 1997 volevamo essere per tutti, all’inizio abbiamo avuto difficoltà, intorno a noi c’era molto più rock e scena alternativa. A noi va bene che si sia abbattuto questo muro. Se però abbattere l’indie significa diventare uguale al mainstream più becero allora sarà meglio rimettere su più di qualche mattoncino. Eliminiamo la musica prodotta solo per arrivare al commercio, a questa età non ci va più di perdere tempo a fare cose che non ci va di fare. Preferiamo l’ascolto alto.
Come convivete con la vostra spiccata estetica cinematografica?
All’inizio mescolavamo elementi rock alle colonne sonore. Siamo sempre stati affascinati dai compositori e dimenticati. D’altronde siamo nati quando all’estero cominciavano a scoprire proprio grandi compositori italiani, c’era tutto un sottobosco che allora di definiva “easy listening”. Abbiamo sempre amato il cinema e la musica per cinema. Ci ispirano le aperture prettamente strumentali e infatti ci sono anche in questo album. Ci piace l’idea che il disco si apra come una finestra. Rachele scrive molta musica senza testo, insieme gli diamo poi la forma canzone.
Un po’ come accade nel brano Jesse James e Billy Kid?
Ci piacciono i western, quelli di Tarantino in particolare. Nel brano questi riferimenti vengono usati in modo metaforico. I protagonisti vivono una storia d’amore turbolenta e travagliata.
A che punto siete della vostra carriera artistica?
Questo album racconta e fotografa in modo preciso chi siamo adesso. Le canzoni del vol.2 sono molto diverse dal vol.1, sono state scritte più in fretta e hanno visto un uso massiccio della chitarra, a differenza dei tre dischi precedenti. Quando ci si siede al pianoforte si ha a disposizione una maggiore possibilità di colori e complessità armonica. La chitarra invece ha un limite fisico che porta a scrivere canzoni più semplici, più veloci e più rock’n'roll. Per questo il disco ha una serie di colorazioni spigolose e un piglio ritmico più tirato. Naturalmente non abbiamo rinunciato ai sintetizzatori, sentiamo la differenza con il lavoro precedente e ci piace l’idea di poterlo suonare.
Raffaella Sbrescia
Tracklist
Violenza
Veronica n.2
Lei malgrado te
Jesse James e Billy Kid
A proposito di lei
La musica elettronica
Baby
Tazebao
L’amore è negativo
Perdere Giovanna
Caraibi
Il minotauro di Borges