A distanza di due anni da “Il testamento”, Appino, leader dei Zen Circus, torna sulla scena musicale con un album completamente diverso dal precedente intitolato “Il grande raccordo Animale”. Nel nuovo disco, il cantautore compie un viaggio senza meta tra testi intimi e solari, ballate risolute e beat taglienti. “Grande raccordo animale” (Picicca Dischi / La Tempesta / Sony Music), scritto quasi interamente nelle isole del Nord Africa, risente dell’influenza mediterranea, in un alternarsi tra metropoli e deserto, avvalendosi, tra l’altro, della produzione di Paolo Baldini (già con Africa Unite, TARM e tanti altri). In questa intervista Appino ci racconta questo suo nuovo lavoro senza trascurare delle interessanti osservazioni relative al proprio percorso artistico e alla scena musicale contemporanea.
Come nasce il “Grande raccordo animale”?
L’anno scorso ho avuto la voglia e la fortuna di viaggiare per piacere, cosa che non facevo da un bel po’, visti gli impegni con gli Zen e varie altre cose. Ho girato il mondo in 12 mesi e l’album è nato in maniera molto leggera. Mi sono immaginato questa grande infrastruttura che collegava tutti i posti in cui ero stato, compresa Roma. In fondo il Grande raccordo anulare circonda la città ma se non si esce, si gira in tondo per sempre…
Hai definito questo disco un carnevale di emozioni e persone, in che senso?
Rispetto a “Il Testamento”, che era un disco con un concept molto preciso, ovvero la famiglia italiana partendo dalla mia esperienza personale, questo è un disco libero, scritto in viaggio, quindi non ha un’argomentazione specifica se non il viaggio in sé. Ogni canzone ha una storia, c’è l’autocitazionismo classico anche degli Zen Circus e c’è l’amore, un tema che non avevo mai toccato. In verità tutto il disco è una cosa che non avevo mai fatto: le voci, la musica, i testi, è tutto diverso. Anche se sembra più leggero de “Il Testamento”, ho ancora più voglia di approfondirlo perché non c’è una linea guida generale.
Entrando nel dettaglio delle scelte stilistiche e degli arrangiamenti, come hai lavorato all’album?
Negli ultimi due anni, soprattutto l’ultimo, ho vissuto dei momenti personali molto forti, c’è stata la musica africana accanto a me, a tirarmi fuori un sorriso anche quando non avevo niente per cui sorridere. A questo aggiungerei anche tanto dub, ho ascoltato pochissimo rock ed è forse anche naturale; sono 25 anni che suono e lavoro sul rock, ho sentito l’esigenza di abbracciare la vita con un po’ più di solarità. Credo che i dischi vadano fatti non tanto per piacere al pubblico, quanto per portare avanti il proprio viaggio personale. La differenza sostanziale è che ho fatto sì che le cose andassero come dovevano andare senza preoccuparmi del possibile riscontro.
Tu che vivi il pubblico sulla tua pelle come vivi l’uscita del disco?
Ho deciso di uscire d’estate perché è un disco dedicato al sole; una cosa per me poco convenzionale. Lo sto portando in giro con una band fatta di amici con un live molto bello che mescola sia “Il Testamento” che “Il grande raccordo animale” senza preferire l’uno all’altro; questo crea una scaletta continuativa veramente interessante. Mescolare le carte ci fa divertire da matti e questo si percepisce.
Quali sono le differenze tra i tuoi progetti da solista e quelli con il gruppo, peso massimo della musica indipendente italiana?
Abbiamo un immaginario forte, veniamo dal punk e da una serie di ascolti nonchè da un tipo di etica che abbracceremo sempre. Siamo un po’ come dei personaggi dei cartoni animati che hanno sempre lo stesso vestito ma vivono avventure diverse. Raccontiamo cosa vuol dire vivere in questo paese oggi dai 16 ai 70 anni. Quando sono da solo tendo ovviamente a lasciarmi andare anche verso altri lidi. La cosa migliore che si può fare, sia nei confronti del pubblico, che di se stessi e fare quello che ci si sente. Quando sono negli Zen è come stare in una congrega di supereroi, una fortezza inespugnabile; sono con loro da quando avevo 16 anni, gli Zen sono famiglia.
Sei una delle penne più originali della scena musicale contemporanea, come ti inserisci all’interno di un contesto che dà sempre più spazio ai talent?
Non riesco ad immaginarmi come possa essere la vita di un musicista senza una storia fatta di scelte difficili, di gavetta, di passione e che non sia figlia di una scatoletta ridicola e finta come la televisione. Da qualche parte c’è del talento, della vera e pura voglia di fare, però mi fa pena che il suddetto talento debba essere giudicato da un mezzo così lontano dalla verità, quale è la televisione. Sono veramente pochi quelli che poi realmente escono con un bagaglio culturale tale da poter portare avanti un discorso musicale bello e interessante.
Un bellissimo elenco di date live affolla la tua estate… faresti il punto sulla situazione sulla musica indipendente italiana e, più in generale, sui Festival?
La musica indipendente ha cambiato molto le direttive generali attraverso i social mentre mentre prima era un vero e proprio porta e porta. Anche adesso è così ma c’è molta discrepanza tra le realtà più piccole e quelle più grandi, non c’è più una via di mezzo, se non c’è un gruppo noto, non si va a vedere il concerto e questa è una cosa che mi dispiace molto pur facendo parte dei cosiddetti “big”. Ci sono tanti Festival che hanno deciso di puntare su nomi non conosciuti; un esempio su tutti e il MIAMI, che quest’anno ha completamente rinnovato la line up. L’anno scorso si festeggiava il decennale e c’eravamo veramente tutti, quest’anno, invece, si è scelto di cambiare. Quello che farei io è cercare di smuovere un po’ il pubblico verso altri ascolti, nel frattempo io continuo a suonare, mi sento a mio agio sul palco che, per me, è un non luogo, un punto di verità.
C’è qualche contesto musicale in cui avresti voglia di esibirti ma non ci sei ancora riuscito, per esempio all’estero?
All’estero è sempre bello andare, anche se andiamo sempre per un pubblico italiano. Non è detto che un giorno possa tornarmi la voglia di tornarci facendo qualcosa di non italiano, questo non lo so…In realtà non ho grandi aspettative, anche perché le aspettative di solito sono fatte per essere mancate quindi mi limito a fare quello che mi piace! Ci sono tante cose che vorrei fare ma non mi metto lì con l’ansia a pensarci su. Una cosa è sicura: i teatri non li sento miei, quell’esperienza lì non la voglio ancora fare perché da noi la gente viene soprattutto per ballare…
Hai mai pensato di mettere nero su bianco quello che hai vissuto fin’ora?
Lo farò sicuramente, è una cosa a cui io e gli Zen pensiamo spesso ma che, allo stesso tempo, ci spaventa un po’… forse perché è qualcosa che attesta che sei un vecchio, quindi aspettiamo di esserlo davvero! (ride ndr)
Raffaella Sbrescia
La tracklist di “Grande raccordo animale”: “Ulisse”, “Rockstar”, “Grande raccordo animale”, “New York”, “La volpe e l’elefante”, “Linea guida generale”, “L’isola di Utopia”, “Nabuco Donosor”, “Buon anno (Il guastafeste)”, “Galassia”, “Tropico del Cancro”.
Video: La volpe e l’elefante