Andrea Nardinocchi sarà il nuovo protagonista dell’ottava edizione di Generazione XL

Una delle più importanti rassegne musicali italiane dedicate ai talenti emergenti quale è  Generazione XL, promossa dalla Fondazione Musica per Roma con la collaborazione della testata XL di Repubblica, vedrà come protagonista dell’ottava edizione Andrea Nardinocchi che, il prossimo 24 maggio terrà un inedito live presso il Teatro Studio all’interno dell’Auditorium Parco della Musica di Roma.
 La serata, che inizierà alle ore 21:00, avrà un ospite  d’eccezione: Giuliano Sangiorgi, voce dei Negramaro, il quale salirà sul palco con Nardinocchi per una inedita performance in qualità di “padrino d’eccezione”

L’occasione sarà dunque un importante trampolino di lancio per il giovane artista bolognese che solo un anno fa pubblicava su youtube il video del suo singolo di debutto Un Posto per me, brano che in pochi mesi ha permesso al giovane cantaproduttore di farsi conoscere da pubblico, addetti ai lavori e critica, conquistandosi l’etichetta di “nuovo volto della musica italiana”. Il 2013 ha visto anche  la sua partecipazione  al 63° Festival di Sanremo con il suo secondo singolo Storia Impossibile mentre è attualmente online il video del brano Le Pareti featuring Danti (dei Two Fingerz) presente all’interno del disco di debutto “Il Momento Perfetto”.


Video: Le pareti





Max Gazzè in concerto a Napoli

Inizia con il botto la stagione estiva dell’Arenile Reload registrando un super pienone in occasione della data napoletana del Sotto casa Tour di Max Gazzèinserita nella rassegna musicale firmata Drop.
Reduce dal clamoroso successo sanremese e radiofonico del brano Sotto casa, il cantautore romano si è scatenato con esaltante live di due ore, ad accompagnarlo sul palco Clemente Ferrari alle tastiere e ai sintetizzatori, Puccio Panettierialla batteria e Giorgio Baldi alla chitarra che, lasciandosi coinvolgere dal trascinante entusiasmo del pubblico napoletano, si sono ripetutamente sbizzarriti in esplosive improvvisazioni strumentali.
Il ricco e variegato repertorio di Max Gazzè è ormai consolidato nei cuori e nella mente del pubblico, prova ne è stato il fatto i presenti abbiano cantato, ballato e saltato sulle note di tutti i 19 brani proposti, che si trattasse di canzoni recenti o più datate.
Visibilmente entusiasta di tutto questo, Max non ha lesinato ampi saggi della sua maestria musicale con spettacolari assoli eseguiti col suo inseparabile basso che ha rivoltato in lungo e in largo mostrandone ogni possibile virtuosismo.
Ma veniamo alla scaletta: dopo le nuovissime elegie d’amore di E tu vai via e La mia libertà, eseguite in apertura, è la volta dell’inossidabile magia di Vento d’Estate seguita dalla visionaria passionalità di A cuore scalzo.
Ancora spazio ai sentimenti con la proverbiale genialità contenutistica che da sempre contraddistingue i testi di Gazzè in Il timido ubriaco, La nostra vita nuova, Il solito sesso.
Il mood del concerto prende una scatenata piega rock con Raduni ovali, L’amore pensato, Annina ed un’infinita Cara Valentina.
Il ritmo è serrato, non c’è tempo per asciugare il sudore perché Max è già pronto per emozionare con la dolcissima Di nascosto e I tuoi maledettissimi impegni.
Cori da stadio sulle note fortunatissima Sotto casa, una piccola pausa per recuperare fiato e via all’ultima scarica di adrenalina con successi storici come Mentre dormi, L’uomo più furbo ed un’enigmatica versione de La favola di Adamo ed Eva, arricchita da un’inaspettata, ma graditissima, incursione di Get up, stand up di Bob Marley.
In chiusura Max saluta il pubblico con Una musica può fare.
Mai scelta fu più azzeccata: la musica può davvero fare molto, in questo caso ha colorato d’arcobaleno il sabato sera di tanti, tantissimi napoletani.

La freschezza catchy dei What, Really?

What, Really? sono un power pop trio le cui sonorità trovano un’insoluta sinergia con schitarrate indie rock dall’ascolto comunque fresco e godibile.
Alessandro Fisogni ( Voce, chitarra e synth), Matteo Manganelli (Basso e voce), Roberto Taddeo (Batteria) hanno cominciato a muoversi musicalmente solo a partire dalla fine dell’estate del 2012 e nel giro di pochi mesi hanno portato alla luce il loro primo lavoro, un Ep composto da 4 tracce, eterogenee tra loro ma cosparse di buoni spunti su cui poter lavorare e sviluppare gli input di base.
La spensieratezza british di Ophelia (among the flowers) apre felicemente l’ep che si avviluppa sulle più interessanti vibrazioni di Dandy Hobo, arricchito da un caldo giro di basso.
Il ritmo incalzante di Ninja Expertrende più tangibile l’appeal del gruppo ma è Clouds la traccia più enigmatica di questa primissima prova dei What, Really.
What, Really? is a power pop trio, their sound find an unsolved synergy with indie rock guitars but it’s anyway fresh and enjoyable.
Alessandro Fisogni (voice, guitar, synth), Matteo Manganelli (voice and bass), Roberto Taddeo (Drum) have been playing together since the very end of last year’s summer and during this length of time they have worked to the birth of an Ep which includes 4 tracks.
These ones are very heterogeneous but  they are permeated of interesting ideas to develop.
The British light heartedness of Ophelia (among the flowers) happily opens the Ep which, envelops itself on the Dandy Hobo’s  more charming vibrations, enriched by a hot bass line.
The Ninja Expert’s  pursuing rhythm make more figurative the band’s appeal but Clouds it’s the most cryptic track of  What, Really? ‘s earliest trial.  




Leonardo D’Isanto, un giovane e promettente cantautore romano

Leonardo D’Isanto, classe ’91, è un giovane cantautore romano ma può già vantare un interessante curriculum, avendo all’attivo numerose ed importanti collaborazioni con artisti come Massimo di Cataldo e Riccardo Cocciante. Vincitore di svariati premi come  Jolly Rock Contest nel 2012 ed Il Festival della creatività nello scorso marzo, Leonardo si candida a voler diventare uno dei migliori cantautori di Roma anche se, consapevole di essere solo agli inizi del suo percorso professionale, continua con ogni mezzo possibile ad arricchire il suo bagaglio artistico.
Il suo album “Questa è la vita” concentra i propri contenuti su problematiche generiche in cui ogni persona può riconoscersi. La spontaneità e l’immediatezza di testi come La sfida e Questa è la vita costruiscono un trasparente stralcio di vita vissuta mentre l’autoreferenzialità pop di Autoritratto è smorzata dal sentimentalismo della ballata Convivo in te.
Ottimi presupposti, passione ed impegno sono gli ingredienti giusti per avere la sensazione che torneremo presto a parlare di lui.

I Non Identificato Subsonica Tribute band festeggiano i 100 live!

I Non Identificatosono una delle tribute band più seguite in Campania, il loro repertorio spazia all’interno di tutta la discografia dei Subsonica, l’ormai famosissimo gruppo torinese.
Francesco Torraca(voce), Stefano Romano (bassista), Alessandro Massa (chitarra), Christian Sommaiuolo (tastiere) e  Salvatore Iannuzzi (batteria) sono 5 ragazzi che ormai dal lontano 2009 calcano i palchi dei più importanti locali di musica dal vivo. In occasione del loro centesimo live, previsto per questa sera al Goodfellas di Via Morghen, Ritratti di Note è lieto di presentarli svelando qualche curiosità sul loro conto.


















Quando e come vi siete incontrati?
“Io e Stefano, spiega Francesco Torraca, ci siamo conosciuti nel 2005 e nel 2007 iniziammo a valutare la possibilità di suonare insieme. Poi percorsi e scelte di vita hanno sparigliato le carte ma nel 2009 ci siamo ritrovati e abbiamo iniziato a lavorarci su mentre Stefano, Alessandro, Salvatore e Massimo (il primo tastierista della formazione) erano già amici da una vita”.
 Com’è nata l’idea dei Non identificato e perché questo nome?

“Prima di tutto perchè non riuscivamo a metterci d’accordo sul nome più adatto, racconta Salvatore, la volontà di voler diventare il tributo di una band musicalmente “ostica” come i Subsonica era soprattutto legata al volersi misurare con un genere difficilmente riproducibile, alla necessità di un lavoro accurato e maniacale e alla “non omologazione”. Non Identificato è un brano che, secondo noi, esprime soprattutto questo; ci sembrava quindi coerente con la nostra scelta musicale”.
Come vivete lo status di cover band?
“Con estrema leggerezza! Non ci siamo mai presi troppo sul serio, come potremmo? A volte però danno fastidio i giudizi basati sui preconcetti: l’espressione della propria musicalità ha dignità equivalente che si tratti di cover o di brano inedito. Dovrebbero contare il cuore che ci si mette e la qualità di quello che si realizza, no?”
 Come festeggerete questo centesimo live?

Nell’unico modo che conosciamo e con il quale ci troviamo a nostro agio: uno show dal vivo al Goodfellas di Napoli durante il quale distribuiremo anche dei regalini ai nostri fan!” 
 Qual è il ricordo più bello e quale il peggiore che ricordate in merito alle vostre performance live?
“Di ricordi belli ce ne sono tanti, soprattutto legati alle persone e alle amicizie che abbiamo stretto con tanti “fan” che ora sono parte delle nostre vite nel quotidiano; tuttavia citerei due eventi in particolare, ricorda, divertito, Francesco: una delle prime serate al Moma di Santa Maria Capua Vetere, nel settembre 2010 se non sbaglio, dovevamo tenere  un concerto all’aperto ma a causa della pioggia si tenne al chiuso. I ragazzi presenti iniziarono a ballare e a pogare così forte che sembrava di essere ad un concerto in un palazzetto! Fu la prima volta in cui ci rendemmo conto di riuscire a caricare tanto il nostro pubblico e restammo tutti e cinque attoniti.
Una sensazione simile ci fulminò anche al Kingston di San Nicola L.S. nella primavera del 2011: il locale era strapieno e sulle note di Aurora Sogna c’era un vero mare di ragazzi che ballavano e saltavano, un carico di adrenalina senza fine!
Ricordi veramente brutti,  invece,non ce ne sono veramente, conclude Francesco, qualche serata storta è capitata, ma anche se c’era poco pubblico sul palco ci siamo sempre divertiti!”
Quanti e quali sono gli spazi riservati alla musica dal vivo in Campania?
“La domanda è molto interessante. C’è una forte contrapposizione nella musica live tra cover e inedito. La logica dell’imprenditore che gestisce un locale attrezzato per suonare è quella di fare profitto, in quest’ottica le cover/tribute band sono naturalmente avvantaggiate, ma ci sono locali che offrono la possibilità di esibirsi e portare alla luce i propri progetti artistici. Bisogna essere però umili e credere molto in quello che si fa, farsi conoscere, far parlare di sè. Lo diciamo da musicisti, molti credono di essere già delle star e la cosa non fa bene al movimento. Per contro ci sono anche gestori che ci marciano un po’ su acuendo i conflitti tra “le classi”. Di base c’è da evidenziare una bassa propensione all’ascolto da parte degli utenti “medi” dei locali”.
 Cosa significa per voi l’affetto dei fan in un momento storico in cui la musica è considerata come qualcosa di mediamente irrilevante sul piano culturale?
“Noi siamo una piccola band, con duemila fan su facebook; il rapporto con ognuno di loro è praticamente personale.
La voglia di suonare, di migliorare, di crescere, anche di stupire un po’ con tutto il set di effetti speciali che portiamo sul palco ci è trasmessa proprio dalle persone che vengono ai nostri concerti. Un amico viene a seguire un tuo concerto al massimo una o due volte in un anno, appunto per amicizia. Ma quando dei ragazzi ti seguono nel 50% delle date che fai vuol dire che ti “sentono” che si divertono, che stanno bene quando gli dai la tua energia. Questa è un’energia che ritorna al 100% e ti trapassa come una lama ed è una sensazione indescrivibile”.
Avete mai pensato di fare musica inedita? Se si, avete in mente dei progetti, anche da solisti, a riguardo?
“Avevo, già in passato, un progetto di musica inedita ma l’ho interrotto qualche anno fa, confessa Francesco, ora ha ripreso a scrivere in vista della produzione di un EP ma è ancora presto per sbilanciarmi sulla piega che prenderà il progetto”.

Apogeo Records: la musica è sociale

Da un’idea di  Ernesto Albanese, alla guida di l’Altra Napoli Onlus, impegnata fin dal 2006 inun percorso di riqualificazione dei quartieri più degradati di Napoli nasce Apogeo Records, un’etichetta discografica fondata dall’omonima cooperativa nella suggestiva cornice seicentesca della Basilica di San Severo.
Nell’ambito del più ampio programma di recupero sociale Rione Sanità, ieri, oggi e domani, il progetto, che si avvale del finanziamento di Fondazione Telecom e il sostegno di IBM, Apogeo Records si candida come nuova fucina di talenti, un’ etichetta “sociale”che si prefigge come obiettivo quello di premiare la qualità e il valore artistico senza alcun tipo di pregiudizio.
La location fisica di tutte queste attività sarà il Sanità music studio, un centro di editing del suono dotato di una cabina di regia e una sala di ripresa super accessoriate e con strumenti e attrezzature tecnologicamente avanzati.
Microfoni, mixer e impianti audio sono collocati all’interno dell’antica basilica di San Severo, nella sala della “Congrega”, messa gratuitamente a disposizione dall’Arciconfraternita di S. Antonio da Padova e dall’Arcidiocesi di Napoli nella persona di Sua Eminenza il Cardinale di Napoli, Crescenzio Sepe.
Fanno parte della cooperativa sei giovani ragazzi Andrea De Rosa, Mario Donatiello, Michele Izzo, Stefano Cozzella, Mario Di Giovanni, Marco Signorelli che, con tanto lavoro e dedizione, hanno consentito la costituzione di una casa discografica tutta partenopea in grado di curare in maniera completa la produzione musicale degli artisti del rooster dell’etichetta.

Fabrizio Bosso e Nina Zilli stregano Napoli con “We love you”

Parte con il concerto tenutosi al Teatro Diana di Napoli “We Love You – jazz’n soul – da Amy Winehouse a Nina Simone” il viaggio musicale ideato da Fabrizio Bosso, uno dei più talentuosi trombettisti jazz in Italia e da Nina Zilli che, accanto a lui, si è divertita a rileggere con gran classe alcuni dei più importanti successi della black music.
“We love you” è un delicato ed elegante omaggio alle voci che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica come Amy Winehouse e Nina Simone, passando per Sam Cooke, Otis Redding, Etta James, Marvin Gaye e molti altri attraverso generi musicali innervati di soul, r’nb e jazz: la Motown di Detroit, il rhythm’n’blues di Memphis, il blues di Chicago e il Philadelphia sound.
Ad accompagnare i due artisti sul palco una line up formata da eccellenti musicisti scelti grazie al loro approccio trasversale alla musica: Julian Oliver Mazzariello (pianoforte e tastiere), Egidio Marchitelli (chitarre), Marco Siniscalco (basso), Emanuele Smimmo (batteria).
La vulcanica personalità di Nina Zilli, elegantissima con un tubino nero e lungo arricchito da un’estrosa acconciatura, catalizza subito l’attenzione con It’s my party di Lesley Gore e My baby just cares for medi Nina Simone creando un felice connubio con le geniali incursioni strumentali di Fabrizio Bosso, in un avvolgente intreccio tra jazz e soul, fatto di continui botta e risposta.
Lo charme e la classe con cui i due artisti padroneggiano il palco, raggiungono l’apice emotivo sulle note di Sunny di Bobby Hebb e Will you still love me Tomorrow di Amy Winehouse; ampio spazio anche ai successi di Nina Zilli che si scatena cantando le sue 50000, Per sempre e Bacio d’addio.
La scoppiettante Cant’hurry love delle Supremes entusiasma il pubblico fino a farlo commuovere con una sublime versione strumentale di Love is a losing game di Amy Winehouse eseguita da un ispiratissimo Fabrizio Bosso.
 Tra improvvisazione, tradizione e alcuni dei più significativi brani di Amy Winehouse, spicca, sul finale, Don’t you feel like crying di Solomon Burke mentre poco dopo i saluti, ad uno ad uno, i musicisti lasciano il palco.
Per i bis un breve, ma intenso, accenno cantato di  Love is a losing game e Can’t hurry lovestampano sul volto di tutti un compiaciuto sorriso.

Il Solis String Quartet incanta il Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli.

In occasione della presentazione del suo ultimo disco intitolato “4OR Solis” e nell’ambito della rassegna Maggio dei monumenti, il Solis Strig Quartet, ha tenuto un concerto gratuito nella Sala Scarlatti del Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli. La simbolica location, affascinante e pregna di ricordi, è la stessa in cui Vincenzo Di Donna e Luigi De Maio ai violini, Gerardo Morrone alla viola e Antonio Di Francia al violoncello hanno studiato e sono cresciuti insieme.
Dopo 20 anni di carriera,costellata di successi mondiali, prestigiose collaborazioni con artisti di elevatissimo calibro internazionale ed inedite produzioni jazz, world music, pop e musica contemporanea, questi 4 “scugnizzi” hanno deciso di tornare alle origini con un emozionante live per presentare le dodici tracce che compongono il nuovo disco registrato interamente in presa diretta.
Alchimie di suoni e ritmi,  brani originali e reinterpretazioni delle forme più tradizionali hanno immerso il pubblico in una dimensione altra, fatta di fervida immaginazione.
 Le impeccabili e coinvolgenti esecuzioni del dinamico Quartetto si fondono con una significativa mimica facciale da cui traspare energia verace, autentica, pulita.
 Il concerto, concepito come un diario di bordo che raccoglie il meglio delle influenze culturali e musicali dei paesi in cui il gruppo ha suonato negli ultimi anni, ha offerto un repertorio misto senza mai rinunciare ad una forte ritmicità.
Tra brani inediti e creative rivisitazioni di grandi classici del jazz come il raffinato Minuanodel contemporaneo Pat Metheney e il dialogo tra quattro saggi che costituiscono le voci protagoniste de Nella pioggia, arriva il turno delle poetiche suggestioni ispirate dalla leggiadrìa delle note di Occhi perduti.
Il momento topico del concerto giunge sulle passionali note di MozarTango: brano nato dal geniale accostamento di Mozart ad Astor Piazzolla. Contaminazioni, reminiscenze e pathos assoluto e totalizzante fanno da sfondo ad una trama perfetta per raccontare passioni e scandali di corte fino all’ossessiva e tribale conclusione.
Si prosegue con la romantica Song for Carolina e le suggestioni notturne ed imprevedibili di Altamarea.
Scrosci di applausi arrossano gli occhi dei 4 commossi artisti che riprendono subito in mano le redini del palco con i vezzi e i lazzi di Metrò e le avvolgenti vibrazioni sfumate di enigmaticità di Aguargento. Il sangue nelle vene si fa bollente con Alhambra: un fiume di note in piena, impetuoso, potente, travolge tutto ciò che incontra lasciando il pubblico senza fiato.
Pare destreggiarsi tra  un suk e l’altro il Solis String Quartet con Arabico e gli spettacolari richiami vocali dei quattro musicisti che paiono venire dalle dune del deserto.
Repentino è il ritorno tra i vicoli del cuore di Napoli con la classica “foja” della Tarantella del Vesuvio e un ultimo omaggio a Piazzolla sulle note di Oblivion che, insinuandosi nelle viscere dei ricordi di ciascuno, lancia il pubblico in un’interminabile standing ovation.
Dopo i saluti, il Solis String Quartet, richiamato a gran voce sul palco, ha deliziato il pubblico, estasiandolo, con il sublime bis di MozarTango per chiudere al meglio un concerto da incorniciare.

Sula Ventrebianco – Via la faccia

Via la faccia” è il titolo dell’album dei Sula Ventrebiancoprodotto da Ikebana Records ma è anche l’effetto immediato che questo lavoro fa su chi lo ascolta.
L’impatto è come un boato che avvolge e scortica la pelle: sonorità distorte, a tratti psichedeliche e nervose, rendono le tracce pericolosamente corrosive per l’animo.
Sasio Carannante (voce e chitarre), Giuseppe Cataldo ( chitarra, seconda voce), Mirko Grande (basso), Aldo Carannante (batteria), Salvatore Carannante (synth e tastiere), Caterina Bianco (violino) cantano le nere asprezze quotidiane disegnandole con schizzi visionari ed abili chiaroscuri onirici, suonandole attraverso una ricerca lirica introspettiva e sofferta.
Scorie metal, effluvi post grunge, fremiti rockeggianti e sinuose linee di archi impregnano, traccia dopo traccia, l’album del gruppo partenopeo.
Run Up è una originale ballata che pompa liquide metriche nervose, la brutalità di Strappi alla carne inciampa negli spigoli della vita mentre La peste è una detonazione di energia grezza ma le scorie delle scariche elettriche sono incanalate nei cunicoli suburbani di Uomini feroci d’amore del nero.
Ampio spazio allo strumentalismo selvaggio con Oca miamentre verosimili atmosfere western arricchiscono il sound di Erosa.

La dimensione ipnotica di Ragazza muta ed il belligerante sottofondo di Largo al re, precedono il macabro lamento di 32 denti ed il graffiante testo di Scheletro che chiude, degnamente, un disco incazzato.

Video: Run up




Analogie: contaminazioni digitali al Madre

Il Museo d’Arte Donna Regina di Napoli ha ospitato Analogie, una rassegna di contaminazioni tra musica elettronica e culture digitali, in collaborazione con l’Associazione culturale JAM.
L’evento si è svolto attraverso performance live, dj set ed installazioni multimediali.
Tra le originalissime opere d’arte contemporanea e qualche eccezionale esempio di transavanguardia, anche la musica è riuscita a farsi spazio con una costruttiva ed interessante sessione di contaminazioni digito-musicali.
Ad aprire i lavori la talk experience a cura di Pietro Santangelo, sassofonista e compositore napoletano, che si è concentrato sulla prospettiva microscopica della dimensione ritmica soffermandosi sui momenti salienti del percorso evolutivo della musica elettronica e la relativa fruibilità.
A seguire un breve intervento di Michele Solinas, sound designer autore di performance multimediali e Physical computing, che ha brevemente illustrato ai presenti la propria metodologia di lavoro da autodidatta spiegando il funzionamento dei sintetizzatori analogici e del software di controllo scritto in Max/Msp che ha il compito di comunicare le informazioni sonore ai synth.
Subito dopo è stata la volta delle performance live con  il sound psichedelico ed oscuro di Dave Saved e  le sonorità techno- acid di Madman. Spazio anche alle sperimentazioni di Izo e alla spettacolare arte visivo-sonora di Michele Solinas.
L’atmosfera d’avanguardia e la voglia di nuove esperienze artistiche delle numerose persone accorse al Museo, hanno reso l’evento piacevole ed interessante.
Auspichiamo, a breve, l’organizzazione di nuovi appuntamenti di elevato spessore qualitativo che possano eguagliare, se non superare, quello proposto.

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