“Dalla parte delle bestie” è il titolo del nuovo album di inediti di Mimmo Cavallo, un lavoro ricco di ritmi etno-rock e suoni innovativi, accompagnati da testi ricercati ironici e pungenti, intensi sguardi alla vita e al suo tempo, passaggi attenti dal linguaggio schietto ma anche carezzevole e intimista. Edito da “Suoni dall’Italia”, un’etichetta discografica nuova nata su impulso della cantautrice Mariella Nava, l’album rappresenta un nuovo importante passo artistico per Mimmo Cavallo, considerato da più di vent’anni come uno dei cantautori più interessanti del sud Italia e non solo. Nel dare voce ai bastian contrario, ai perdenti e ai sofferenti, Mimmo opera un atto di diversificazione e di difesa dell’uomo nelle sue più diverse accezioni. Una rivolta che parte dalle parole e che si oppone alla politica del fast. Di seguito vi proponiamo l’intervista in cui l’artista ha approfondito le tematiche racchiuse nell’album.
“I perdenti, i contrari, gli esclusi” sono i protagonisti del suo nuovo lavoro discografico intitolato “Dalla parte delle Bestie”. In che modo dà loro voce in questo album?
Attraverso quello che scrivo. Non creo personaggi reali però attraverso i concetti e le parole riesco a trasmettere le emozioni di chi le vive per davvero. In un periodo di alta omologazione, in cui il potere cerca di omologarci tutti, le diverse realtà esistenti in Italia rappresentano una ricchezza da preservare. A questo tentativo di omologazione ognuno risponde con i propri mezzi, con le proprie idee. Io scrivo canzoni e in questo senso, questo è un album di rivolta.
Nel brano intitolato “Rebellion” che tipo di ribellione auspica?
La ribellione è quella di coloro che non riescono ad essere considerati all’interno di un sistema come il nostro. Anche a livello musicale, conosco un sacco di ragazzi che fanno musica e che sono molto interessanti però la discografia si è fossilizzata sulle realtà che fanno leva sulle ragazzine che comprano gli album e non c’è molto altro. Secondo me, invece, ci sono tanti autori, cantautori che soffrono e di questa sofferenza noi intendiamo parlare. Ognuno cerca di dire la sua, di gridare all’etere la propria esistenza.
Lei è autore di molti altri brani di successo, come si approccia alla veste prettamente autorale?
Quando scrivo, lo faccio innanzitutto per me, non penso mai di fare un pezzo per darlo a qualche collega. Naturalmente a volte capita di incontrare, conoscere e scambiare opinioni musicali con tanti artisti… è stato così con Zucchero, Mia Martini, Fiorella Mannoia, Loredana Bertè, Gianni Morandi, Al Bano. Magari passando una serata insieme, è capitato di scambiarsi gli ascolti di qualche pezzo e, quando un artista si innamora di un mio brano, mi fa piacere che lo canti; si tratta di una grande soddisfazione e gratificazione. Nel caso di Zucchero con “Vedo nero” siamo anche riusciti ad arrivare primi in classifica… è ovvio che in questi casi, oltre alla gratificazione artistica c’è anche quella economica, il che non guasta mai.
Mimmo Cavallo (scatto tratto dalla pagina Facebook dell’artista)
“Basta con le donne tailleurs e sorriso”…
La visione di donna vincente ci viene propinata a piè sospinto ma in questo brano io intendo parlare della sofferenza delle donne che, invece, sono ancora costrette a stare nelle cantine a fare lavori umili e umilianti.C’è ancora da lottare, da scrivere, da capire su questo tema. Non bisogna mai abbassare la guardia.
E per quanto riguarda il singolo “Dalla parte delle bestie”?
Questo brano ha dato il titolo al cd. Queste parole intendono leggere la sofferenza degli esclusi, dei bastian contrari, degli ultimi, dei reietti. Io parlo di quelli che non ci stanno, che dicono no. Però anche ne “La voce della Taranta” si parla di sofferenza. La Taranta è una danza diversa da come viene intesa oggi, la vera essenza di questa danza è insita nella sofferenza millenaria dei contadini. Nel Salento alto, che fa capo a Taranto, la taranta ha ancora una valenza pagana. Come tutti i balli pagani che, ad un certo punto sono stati inglobati dalla Chiesa e dalla religione, anche in questo caso il tarantolato viene salvato da un Santo, ovvero Santu Paolu invece nel tarantino, fino agli anni 50-60, ancora non c’era questa ingerenza della Chiesa. Io parlo della nostra grande madre mediterranea, la dea della terra, verginizzata da un dio guerriero, depotenziata e messa da parte. Nelle canzoni, inoltre, bisogna sempre cercare il non detto, quello che c’è oltre, nei testi ci sono dei germi di discussione di cui si potrebbe parlare per ore. Il non detto è molto più importante di quello che si dice, è come la materia oscura che compone l’universo.
Cosa significa essere meridionali nel 2014?
Significa portare avanti un’idea di mediterraneità, così come era intesa durante l’era d’oro della Magna Graecia. Gli effetti conseguenti alla mancanza di tolleranza hanno portato alla cancellazione della parte femminile insita in ciascuno di noi, a favore di una visione maschile del mondo. Non sono uno che vive nel passato ma penso che la ricerca dello sviluppo non debba avvenire trascurando l’ecologia, l’ecosistema, gli equilibri naturali del nostro universo. Questa voglia di arricchimento perenne, questa corsa che non si ferma mai si oppone in tutto e per tutto all’esatta concezione della mediterraneità che, invece, presuppone la capacità di sapersi fermare, guardare il mondo con occhi diversi. La lentezza è la chiave di lettura più poetica del mondo e che ha tenuto insieme delle grandi culture in maniera pacifica.
Raffaella Sbrescia
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