Le “Diavolerie” di Rob Von Datty

Roberto Datti, in arte barone Von Datty, è un giovane ed intraprendente cantautore nato a Tivoli e “Diavolerie” è il titolo del suo ep d’esordio, nonché primo volume di quella che sarà la “Trilogia della Notte”.
Le 6 tracce che compongono il suo lavoro sono solo un assaggio di un repertorio creativo, estremamente eterogeneo,  pronto a zampillare idee qua e là.
L’immaginario di Von Datty è visionario, variegato, ora sognante e delicato, ora oscuro ed inquietante.
La sua incosciente creatività musicale rende il disco appetibile e curioso, nonostante un cantato sicuramente da rivedere.
Le sonorità misticamente enigmatiche di Diavolerie accompagnano l’ascoltatore, con un’inaspettata classe, verso le atmosfere più frizzanti di Von Datty.
Gli archi rockeggianti e la grottesca visione dark de Le streghe indirizzano l’immaginario collettivo verso le migliori pellicole di Tim Burton. Il cocktail di carne, sangue ed umidità di Cronache notturne è servito un attimo prima che ci rimettiamo in viaggio sulle strade ricoperte di nebbia di Nouvelle Vague.
La delicata poesia di Aiutami , la ballata dell’ep, chiude,  infine, questa prima degustazione
della promettente carica creativa di Datty.

Francesco Cardillo: un bluesman d’altri tempi.

Session One, è l’album d’esordio di Francesco Cardillo, cantautore e chitarrista originario del cassinate. Nelle dieci tracce che compongono il suo disco, prodotto dalla DaRecords ,un sound verace ed intenso trascina l’ascoltatore in atmosfere e contesti d’oltreoceano.
Ogni brano riserva ampio spazio a lunghi assoli strumentali che aprono la mente alle più disparate riflessioni. L’aspetto originale del repertorio di questo artista è che la mirabile capacità chitarristica si sposa in modo sorprendente con quella poetica; non è raro, infatti, trovare rime ricercate e assolutamente azzeccate ai fini interpretativi del testo.
Lo sguardo con cui Cardillo racconta, tra le altre cose, l’amore disilluso e l’amore romantico, è quello di un viaggiatore che, consapevole, ma incurante, dei possibili intralci disseminati lungo il sentiero della vita, trova sempre una nuova motivazione per ricominciare daccapo.
La passione che avvolge i suoi testi è quella dell’ animo rapito, confuso, braccato, malato, tormentato, accecato di un Giuda tradito da un “ti amo”.
Tutto il fascino dell’american blues emerge tra le note di Tra la strada e le stelle mentre il flusso strumentale di Camelia è l’essenza di tutto il disco.
Il teatro canzone di Medicine show chiude questo primo lavoro, pregno di ottimi spunti per una nuova “Session” di emozioni a ritmo di blues.
L’intervista

Francesco Cardillo: rocker di famiglia o per magia?
Rocker per magia! Nella mia famiglia nessuno è musicista, la passione per la musica è scoccata in me proprio “per magia”! Avevo circa 10 anni ed alla radio ascoltai “Sultans of swing” dei Dire Straits… mi innamorai subito ed indelebilmente di loro, della chitarra… e della musica in assoluto!!
Session One è il suo album di esordio, intende continuare a scrivere e comporre?
 Io credo che per un artista ricevere consensi per ciò che ha creato di proprio pugno sia la soddisfazione più grande! Questo primo disco già mi ha dato tante soddisfazioni, quindi, vena creativa permettendo, penso proprio che continuerò a scrivere musica!!
Chi ha collaborato con lei alla realizzazione del cd?
I musicisti dell’associazione culturale PROMETEO in quasi due anni di lavoro hanno assecondato alla perfezione tutte le mie richieste sia strumentali che esecutive.
Da dove nasce l’amore per il blues?
Il blues, quello vero, oramai si è estinto! E’ impossibile viverlo come poteva essere un secolo fa! Oggi lo si può solo ammirare attraverso l’ascolto di quei dischi e quegli artisti che lo hanno reso grande ed apprendere da loro! Ovviamente è questo quello che io continuo a fare!
Che idea di blues intende trasmettere con le sue canzoni?

La mia idea di blues è doppia: raccontare storie e sensazioni e dialogare con il proprio strumento… adoro parlare con la mia chitarra!!!!!!
Qual è il filo conduttore dell’album?
Si tratta di un racconto di sensazioni e di storie sempre in chiave diversa. Per quanto riguarda l’aspetto musicale ho inteso creare una sorta di  percorso culturale attraverso tutta la musica che ho ascoltato negli anni, una ricerca sonora basata sull’american sound e sulle influenze chitarristiche dei miei idoli di sempre, uno su tutti Mark Knopfler!
Canta l’amore assoluto o assolutista?
 Tutto è relativo…. l’amore no! L’amore è assoluto!
“Tra la strada e le stelle” è la romantica storia di un viaggio verso un sogno. Cosa ha ispirato la poesia del testo?
Prima di fare il musicista facevo il camionista e, quando si è soli sull’autostrada, spesso ci si imbatte nel vortice dei pensieri, a volte tristi, a volte allegri…. e qualche volta viene fuori una bella canzone!
“Camelia” è un brano interamente strumentale.  Allo stesso modo, molte delle tracce contenute in Session one presentano lunghi assoli. Quali sono le suggestioni che intende veicolare attraverso la musica spogliata dalle parole?

Semplicemente il mio amore per la chitarra!! E, come già detto prima, tributare la musica dei grandi artisti che mi hanno trasmesso questa passione!
Nel testo di “The Rocker” intima “Non servire la musica, se non sai che cosa sia”. Cos’è per lei la musica?

La musica è uno dei pochi mezzi che abbiamo in questo mondo per stare bene quindi bisogna rispettarla! A volte mi imbatto in serate dove vedo musicisti che suonano “tanto per”…. a loro mi riferisco nel ritornello!
Quali sono i prossimi live in programma?
Stiamo pianificando in questi giorni la stagione estiva, farò pochi live, ma sicuramente di qualità, soprattutto nel Lazio, Molise, ed al nord della Campania…. per date e i luoghi seguitemi sulla mia pagina Facebook!

“Pe l’ammore da rosa, se supportano e’spine” Enzo Avitabile in concerto.

Aria cruda e vento caldo, avvolgono i cuori in una sera “affamata di pane e libertà, mondo nuovo e verità”. Una manciata di minuti prima che iniziasse il concerto, c’è stato un accorato appello da parte dei giovani occupanti di “Bancarotta”, il centro giovanile sequestrato solo una decina di giorni fa dopo il maxisequestro dell’area del’Ex Italsider di Bagnoli: “ Siamo stati gli unici a pagare le spese di uno scempio durato più di trent’anni, con la nostra attività, dedicata alla rinascita del quartiere di Bagnoli,  intendiamo continuare ad organizzare eventi ed iniziative pubbliche per ridare voce al popolo. Chiediamo quindi la partecipazione della cittadinanza per tenere vivo il nostro spirito di protesta”. Lunghi applausi e un attimo dopo “vecchi, giovani, bambini, umani, extraterrestri, dei, ladri, matti, santi e gay” si sono ritrovati, tutti insieme, in una bolgia infernale a ballare come degli scalmanati nel catino incandescente dell’Arenile di Bagnoli sulle magiche note della Black Tarantella di Enzo Avitabile.
Il folklore popolare, mediato dal fascino senza tempo della musica nera, il world beat e la poesia civile sono il marchio di fabbrica dei testi dell‘artista di Marianella che, in trent’anni di carriera, ha saputo cogliere l’essenza delle sue prestigiose ed innumerevoli collaborazioni.
Accompagnato da un ensemble di musicisti straordinari: Gianluigi di Fenza (chitarra), Mario Rapa (batteria), Carlo Avitabile ( percussioni), Carmine Pascarella (tromba), Antonio Bocchino (sax), Diego Carboni (tastiere), Paolo Palmieri ( basso), Avitabile mette sul palco un piatto pieno  di tematiche delicate, scottanti: le sue canzoni parlano di uomini uccisi, incatenati, scamazzati, scassati, sfruttati. Parlarne con la dovuta crudezza è un atto necessario, il disagio delle parole è necessario per dare un senso più vero e più profondo alle guerre e alle torture che funestano il mondo. Il ritmo della musica è sempre sostenuto, quasi ossessivo e la genuinità sanguigna di Avitabile rappresenta fedelmente il verace animo di un nero a metà che ama e non smette di farsi amare da chi, come lui, sostiene che “ non ce serve o superch ma vulimm o necessario”.

Marta sui Tubi in concerto al Teatro Trianon di Napoli.

“Questa sera siamo davvero emozionatissimi, è la prima volta che suoniamo su un palco importante di Napoli… grazie, grazie di cuore a voi che, nonostante i tempi che corrono, avete scelto di pagare per essere qui con noi!” .
Queste, sono solo alcune delle parole con cui Giovanni Gulino, l’adrenalinico frontman dei Marta sui Tubi, ha salutato l’euforico pubblico del Teatro Trianon di Napoli.
La sua versatile voce, continuamente manipolata con distorsioni ed effetti ad hoc, si è amalgamata con le sperimentazioni musicali che, da anni ormai, fanno parte del dna del gruppo.
Le sonorità acustiche della chitarra di Carmelo Pipitone e del violoncello elettrico di Mattia Boschi, hanno creato quel tocco di morbidezza necessario per le incursioni rock della batteria di Ivan Paolini e della tastiera di Paolo Pischedda.
I Marta sui Tubi riescono, non solo a riprodurre fedelmente gli arrangiamenti contenuti nei loro album, ma anche ad arricchirli con inedite e coinvolgenti chiavi di lettura. La scaletta è di quelle che tengono il ritmo, lente ballate si alternano a brani potenti, il pubblico prova a resistere, docile, tra le poltroncine ma sul finale è naturale lasciarsi andare alla forte empatia che il gruppo instaura con gli spettatori.
L’immediatezza dei testi dei Marta sui tubi, trova facile riscontro soprattutto in una generazione che, seppur distratta dai vizi e lazzi, alla fine si concentra sulle cose che contano davvero.
Ecco perché La spesa, L’abbandono, Cristiana, Tre, Dispari, La polvere sui maiali, L’unica cosa,riescono ad insediarsi nelle pieghe dell’animo. La verve di Giovanni Gulino tocca l’apice nella sua teatrale interpretazione canora: i testi paiono quasi degli scioglilingua, i ritornelli sono sempre carichi di pathos e non è raro fermarsi ad ammirare, attoniti, la sua padronanza scenica.
Tra i picchi emotivi della serata, l’omaggio a Lucio Dalla con Cromatica e le deliziose note de La Ladra.
Non rimane, quindi, che fare un plauso ai Marta sui Tubi, particolarmente ispirati ed ispiranti; loro si che hanno capito come “trasformare i giorni che respiriamo in semi”.

L’esordio etno-rock degli Shak and Speares

Gli Shak and Speares, composti dai 4 Marlowe: Frank, Max, Al e Louis,  nascono alle falde del Vesuvio nel 2010 e Gagster è il titolo del loro apprezzatissimo album d’esordio prodotto da Freakhouse Records  e Happy Mopy Records.
Le otto tracce inedite, di cui si compone il disco, danno un volto assolutamente originale ad una delle band più sorprendenti della scena indie italiana.
Le loro personalissime sonorità folk-rock hanno ispirato tutta una serie di neologismi: dal punk agreste al  folk pop ruspante al rock’n’roll da rodeo fino allo zingarock…
I ritmi rapidi e scanzonati degli Shak and Speares convincono e conquistano ma è soprattutto la loro totale libertà espressiva a trovare sempre nuove vie di assorbimento emotivo.
Le sbilenche tinte folk di Woodchuck Chuck scovano una felice fusione con un sound dal respiro balcanico mentre un impercettibile velo di malinconia marchia le note di Gypsies on the cars  e di Tangosh.
La scanzonata allegria di Stay foolish, stay groupie alza i toni ma è in Zoolander che gli Shak and Speares raggiungono l’apice dell’originalità.
Il disco si chiude con l’urlo d’amore di How much is love, proprio pochi istanti prima che Fight Night riveli, a sorpresa, un ultimo asso nella manica tutto a base di elettronica, con cui gli Shak and Sperares riescono, con successo, a stuzzicare gli appetiti musicali. 

Enzo Avitabile in concerto all’Arenile di Bagnoli.

L’Arenile di Bagnoliconferma di essere, stagione dopo stagione,  il punto di riferimento per gli amanti della musica dal vivo in terra partenopea.
Con Drop Music Juice, la rassegna musicale che, da aprile a settembre, porta a Napoli tanti dei più importanti artisti dello scenario internazionale, Claudio Baldissara e Pierluigi Scatola, già organizzatori e promoter degli eventi Easychic, sono stati in grado di catalizzare l’attenzione degli amanti della musica live e degli addetti ai lavori.
Sabato 13 aprile, alle 21.30 sarà l’estro del grande musicista Enzo Avitabile ad animare il palcoscenico della mecca della movida napoletana.
 Celebrato dal Premio Oscar Jonathan Demme al Festival del Cinema di Venezia con il docu-film Enzo Avitabile Music Life,  il sassofonista e cantautore, vincitore di svariati premi di prestigio come il premio Tenco, sarà sul palco dell’Arenile accompagnato da un ensemble di musicisti straordinari: Gianluigi di Fenza (chitarra), Mario Rapa (batteria), Carlo Avitabile ( percussioni), Carmine Pascarella (tromba), Antonio Bocchino (sax), Diego Carboni (tastiere), Paolo Palmieri ( basso).
Per una serata all’insegna dai ritmi frizzanti e spensierati, Avitabile darà ampio spazio alle sonorità mediterranee di Black Tarantella , il disco pubblicato nel 2012, costellato di importanti duetti con alcuni degli artisti più rappresentativi del patrimonio musicale italiano come Pino Daniele, Raiz, Franco Battiato, ma anche agli indimenticati successi contenuti in altri suoi dischi come Salvamm’ o munno e Festa Farina e Forca.
L’evento si presenta, quindi, sotto i migliori auspici e, per gli incontentabili, a seguire il dj set di Roberto Funaro e l’immancabile flash dance del resident Dj Cerchietto.

Bobby Soul & Blind Bonobos – Live at Mag Mell

Alberto De Benedetti,in arte Bobby Soul, e Alessio Corsi presentano Live at Mag Mell un album registrato interamente dal vivo al Mag Mell di Alessandria.
Quella di Bobby è una delle voci più straordinariamente black della scena musicale italiana.
In questo disco, composto da 8 cover d’eccezione e 6 inediti, il duo modulare dei Bobby Soul si lascia accompagnare dalla batteria di Massimo Tarozzi, dal basso di Alberto Parodi e dalla chitarra elettrica di Andrea Alessioraschiando la corteccia di ogni brano fino a farne affiorare la linfa in superficie.
Le evidenti influenze stilistiche afro-americane si sposano con un blues autentico e lascivo creando un vorticoso melting pot emozionale.
Il disco è un susseguirsi di esperienze sensoriali: l’effervescenza di Freedom di Richie Havens è solo l’antifona dei funkeggianti ritmi di Use me di Bill Withers. I vocalizzi di Alberto De Benedetti in Let’s get on it regalano il passepartout  per addentrarci nel pathos dell r’n’b di Way down in the Hole di Tom Waits e Come on in my kitchen di Robert Johnson.
La tortuosa discesa agli inferi del dolore più feroce continua sulle note de Smokestack Lightningdi Howlin’ Wolf un attimo prima di trovare riparo tra i meandri ovattati di The trill is gone di B.B. King. La singolare interpretazione di Personal Jesus dei Depeche Mode chiude la sfilza dei superbrani del passato ed è volta della romantica Sometimes Somebody.
Tra i rimpianti e i rimorsi di Per chi viene dopo, si fa strada il cinismo celato de Gli occhi mezzi veri e mentre Insieme è il brano più “pop” del disco, Nero è quello più intenso e dannato di questo live album che si chiude con lo straziante urlo di Non è un do ut des.

I Cold war Kids tornano con Dear miss Lonelyhearts

Nel vasto oceano della scena indie americana, spicca l’originalità di Dear Miss Lonelyhearts, il quarto album della band californiana Cold War Kids. Il singolare timbro vocale di Nathan Willet è la vera peculiarità del gruppo ma, ad onor del vero, le sonorità di Dann Gallucci, Matt Maust e Matt Aveiro costituiscono l’impalcatura perfetta per l’assetto del disco.
La già nota qualità di scrittura del gruppo, si conferma vincente con canzoni visionarie, al limite della dimensione onirica, tutte arrangiate come una serie di piccole rocce che affiorano, disseminate qua e là lungo un sentiero fatato.
L’energia di Miracle Mile è un’onda entusiastica diretta verso la più cupa e tortuosa Lost that easy. La voce di Willet di attorciglia su sè stessa come un invisibile serpente mentre un emozionante assolo di chitarra introduce  il trip electro synth di Loner Phase.
Fear & Tremblingè la parentesi mistica del disco: un’atmosfera intimista lascia ampio spazio alla creatività strumentale che si insinua prepotentemente anche nelle note di Tuxedos : una ballad arricchita dalla sorprendente presenza di coinvolgenti cori gospel.
La carica disperata di Bottled affection diventa iperbolica in Jailbirds per poi svanire nel neoclassicismo di Water &Power.
Dear miss Lonelyheartsè una lettera a cuore aperto scandita da percussioni che scuotono l’anima.
Chiude il disco Bitter Poem , una sorta di amarcord, intriso di pathos, che lascia una vena di amaro in bocca in attesa del definitivo riscatto.

I bambini crescono – L’ EP de IL FIENO

I bambini crescono è il secondo Ep de Il Fieno. Gabriele Bosetti (voce), Edoardo Frasso (chitarra), Alessandro V.(basso), Momo Riva (batteria) attingono a piene mani dalla tavolozza del pop e del new wave per realizzare un singolare schizzo dell’adolescenza.
Le 5 tracce che compongono questo lavoro, riprendono fedelmente il continuo saliscendi di emozioni che segna, nel tempo, il percorso individuale della crescita personale.
 Con uno sguardo a tratti ingenuo ed incuriosito, a tratti cinico e disincantato, i ragazzi de Il Fieno danno vita ai tormenti dell’animo passando dal rock disilluso de La quiete alla malinconia  assuefatta dal dolore di Amos (togli il male come l’Oki) . Una sequenza di “senza”  rende chiara l’idea di una crescita obbligata e scandita dalle paure. L’allegria dei ritmi de L’età del bronzo
scolpisce dal vero tutti i “forse” di un caduco presente che non offre nulla in cui sperare. Vincenzina e la fabbrica  è il tributo al genio di Iannacci, un surplus ultra che ben si sposa con le tematiche affrontate nell’ep.
Infine il capolavoro: L’adolescente. Il mutismo pieno dei “perché” fermi nella testa diventa scetticismo nel pensare ad una rivoluzione in cui non si crede più e, proprio mentre una serie di pensieri confusi ci conduce alla fine di un giorno come un altro, il potente suono del didgeridoo rimbomba nella testa, riportandoci alla realtà.

L’anima dei Depeche Mode in “Delta Machine”.

“Delta Machine” è il titolo del tredicesimo album dei Depeche Mode.
Dave Gaham, Martin Gore e Andy Fletcher tornano sulle scene musicali con un disco intimista, pregno di sensazioni dense, lente e profonde. 
La lentezza con cui i brani si insinuano nella testa dell’ascoltatore, è avallata da un ritmo blues sintetico, zuppo di sonorità elettroniche eleganti e sofisticate.
La perfezione neoclassicista dei Depeche Mode lascia, tuttavia, un varco aperto: la calma interiore auspicata nei testi, trova una profonda inquietudine nel cantato di Dahan.
Welcome to my world è la traccia di apertura, un passaggio dimensionale che segna l’irruzione in un mondo nuovo che coinvolge l’anima in un crescendo di emozioni.
Le cupe atmosfere di Angelraccontano le vicissitudini di un’anima confusa, contesa, perduta mentre la struggente intensità di Heaven si lascia cullare da un uso sinuoso di avverbi come “silently”, “endlessly”, “radiantly”, “resentlessly”.
Il ritmo si fa più movimentato con Secret to the end per raggiungere sonorità quasi dance in My little universe : una miscela sensuale che si espande lentamente, a piccoli passi in un mondo indefinito ed indefinibile.
L’anima blues del disco è racchiusa tra le note di Slow mentre Broken è un groviglio inestricabile di pena e sofferenza.   The child inside analizza il progressivo ed inarrestabile spegnimento di un’anima. Il tono viene subito smorzato dalla prorompente grinta di Soft touch/Raw nerve ma è con Should be higher che il cantato di Dahan trasmette tutta la sua carica sensuale “ your lies are more attractive than the truth”.
Alone è come un pugnale piantato a tradimento nella schiena di un vecchio amore a cui si è data l’anima; la rabbia per il fallimento non lascia spazio alle parole, ormai inutili.
Il corpo affamato di Soothe my soul  è la metafora perfetta di una ricerca furiosa, affannata, disperata che si chiude con il saluto di Goodbye: un dolce sound blues, venato di sfumature country, è il sottofondo di un ultimo,  struggente monologo interiore .

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