“Joe Patti’s Experimental Group”, un album elettronico e sperimentale per Franco Battiato

battiato ok

Franco Battiato torna alle origini con “Joe Patti’s Experimental Group”, un album che prende il nome dallo zio materno del cantautore e che riprende da vicino le sonorità che l’artista aveva proposto al pubblico durante gli anni ’70, proponendosi, di fatto, come antesignano dell’avvento dell’elettronica all’interno dello scenario musicale mondiale. “Joe Patti’s Experimental Group” è un album sperimentale che ben si sposa con la linea visionaria che, da ormai svariati decenni, accompagna e caratterizza i contenuti proposti da Franco Battiato. Per un artista come lui, a cui non interessa rassicurare il pubblico né tantomeno le conferme e le osannazioni, lui che utilizzò il VCS3 sei mesi prima che andasse sul mercato, ancora prima che venisse utilizzato dai Pink Floyd, che utilizzava filtri e oscillatori a proprio piacimento, oggi si propone con questo nuovo lavoro elettronico, in cui Carlo Guaitoli suona pianoforte, tastiere e sintetizzatori, ora cantando, ora vocalizzando, ora declamando in svariate lingue.

Scritto e realizzato insieme a  Pino “Pinaxa” Pischetola, uno dei migliori ingegneri del suono in Italia, da tempi lontani collaboratore di Battiato, coautore del nuovo album, a cui sono affidate la programmazione e le ritmiche computerizzate, “Joe Patti’s Experimental Group” riprende brani registrati tra il 1970 ed il 1972 completandoli attraverso dimensioni arcaiche, assolutamente uniche e peculiari. L’album si apre con “Leoncavallo”, un brano che si ispira a quello che Battiato esegui per la prima volta al Centro Sociale Leoncavallo di Milano nel 1972. Una dimensione liquida, contaminata, innovativa in cui gli echi e riverberi diffusi danno spazio alla voce: “Le pareti del cervello non hanno più finestre”, canta l’artista, penetrando nella realtà delle cose come se avesse la capacità di avvertirne le asperità e le dolcezze. Grazie alla sua andatura controcorrente, lontano da abitudini e preconcetti, Battiato conserva uno sguardo fanciullesco con cui filtrare il senso delle cose. Il suo caleidoscopio di suoni, effetti e rumori lascia emergere in superficie le emozioni: commozione, stupore, godimento, meraviglia  smuovono proprio quelle asfittiche pareti di cervelli anestetizzati dall’omologazione latente.

Franco Battiato

Franco Battiato

Riverberi, echi, incursioni ritmiche, improvvise aperture ed inquietanti ilenzi, pianoforte rarefatto e percussioni violente, insieme a lontane e perturbanti voci liriche, sono gli ingredienti chiave di “Joe Patti’s Experimental Group”. Battiato analizza il fondo dell’ombra in “Le voci si fanno presenze” mentre l’atmosfera rarefatta dell’ “Omaggio a Giordano Bruno”  immerge l’ascolto in un contesto mistico. Il risucchio vorticoso di “Come un branco di lupi” stempera la propria drammaticità nell’aulico fascino di “The Implicate Order”. L’atmosfera è minimale e Battiato dirige il rumore come fosse un’orchestra, cantando in tedesco e poi in arabo con padronanza assoluta. L’ultimo brano è “Propiedad prohibida”, una delle tracce di “Clic” che, qui, viene ripresa con il titolo in italiano “Proprietà proibita” è anche il primo “singolo” estratto da questo lavoro di avanguardia che rappresenta, a tutti gli effetti, la summa del percorso artistico di Battiato.

Tutti gli appuntamenti live di Franco Battiato:

27.10 FOLLONICA Teatro Fonderia Leopolda

28.10 GENOVA Teatro Politeama

29.10 PIACENZA Teatro Politeama

31.10 CESENA Teatro Carisport

01.11 SENIGALLIA Nuovo Teatro La Fenice

03.11 MILANO Teatro Nazionale

04.11 LIVORNO Teatro Goldoni

07.11 TORINO Lingotto Alfa MiTo Club To Club

09.11 TRENTO Auditorium Santa Chiara

10.11 VERONA Teatro Filarmonico

11.11 ROMA Teatro Olimpico

13.11 UDINE Teatro Nuovo Giovanni da Udine

Per acquistare i biglietti su TicketOne, clicca sul banner in alto a destra!

Acquista “Joe Patti’s Experimental Group” su iTunes

“Rocks in My Pockets”, le composizioni di Kristian Sensini per il lungometraggio animato di Signe Baumane

rocksinmypocket (2)

Sono tantissimi i riconoscimenti che il compositore lauretano Kristian Sensini ha conquistato con il suo nuovo lavoro strumentale intitolato “Rocks in My Pockets”, pubblicato lo scorso 23 settembre. Un progetto discografico che, in qualità di colonna sonora, risulta legato a doppio filo con l’omonimo lungometraggio animato, realizzato dalla regista newyorkese di origini lettoni Signe Baumane, membro dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences.

Il film d’animazione racconta la vera storia delle donne appartenenti alla famiglia della regista, la trama è incentrata sulla lotta  alla pazzia e alla depressione, un cartone animato che, attraverso una grafica accattivante e giocosa, affronta temi tanto drammatici quanto reali ed attuali. Si è trattata di una vera e propria sfida che Sensini ha affrontato mettendosi in gioco e cercando un suono che fosse intimo ed allo stesso tempo evocativo. Attraverso un delicato approccio alla composizione e all’orchestrazione, l’artista ha composto dei brani che fossero al servizio della narrazione e dell’estetica del film, ma che potessero essere anche ascoltati al di fuori del contesto cinematografico come brani fini a sé stessi.

Kristian Sensini

Kristian Sensini

Accompagnato da Stefano Mora – contrabbasso, Marco Messa – clarinetto, Federico Perpich – violoncello e da Sanita Sprūža, musicista e virtuosa del Kokle, uno strumento a corde percosse della tradizione lettone, Sensini ha curato personalmente le parti di pianoforte e flauto, oltre che le programmazioni elettroniche, assicurandosi che un ascolto attento dei brani avrebbe potuto consentire la percezione di tanti piccoli “rumori” in sottofondo: il suono del pedale del pianoforte, il cigolio del legno del violoncello, il respiro del clarinetto, il rumore delle chiavi del flauto e così via. Suoni che, lasciando ben viva e percettibile la  presenza umana dei musicisti, regalano inedite suggestioni al pubblico più attento.

Tra i temi principali segnaliamo “Anna’s Theme”, una composizione che ricorre spesso e che Sensini ci propone con diverse variazioni di tempo, arrangiamento ed orchestrazione. Il massimo comun divisore delle diverse vesti di questo tema è la leggera venatura malinconia che attraversa un po’ tutta la storia. Con le sue composizioni, Sensini è, dunque, riuscito a descrivere le esistenze e le personalità di donne vicine, eppure diverse, in maniera elegante, mai troppo invadente, mantenendosi sempre su aree di confine semantico. Le sue 24 tracce celebrano la vita in ogni suo aspetto, anche quello più scomodo, che spesso tendiamo a mantenere nascosto. La sua musica, in questo senso, svolge una funzione liberatoria, a tratti magica.

Raffaella Sbrescia

Lady Gaga e Tony Bennett: la strana coppia fa centro con “Cheek to Cheek”

Tony Bennett e Lady Gaga Ph Steven Klein

Tony Bennett e Lady Gaga Ph Steven Klein

Chi l’avrebbe mai detto? Lady Gaga è riuscita a disegnarsi una nuova veste artistica grazie a “Cheek to Cheek”, l’album di standard jazz, realizzato insieme all’ illustre icona della musica mondiale Tony Bennett, in uscita oggi 23 settembre su etichetta Streamline/Columbia/Interscope Records. Un incontro artistico assolutamente insolito che, contro ogni previsione, è riuscito a sorprendere e a convincere non solo i fan ma anche, e soprattutto, la stampa di settore. Una sfida nata dopo il primo incontro tra Tony Bennett e Lady Gaga, avvenuto nel 2011, dopo che entrambi si erano esibiti sul palco del Robin Hood Foundation Gala a New York City. In quell’occasione Bennett chiese a Lagy Gaga di duettare con lui per “Duets II”, disco che Bennett stava iniziando a registrare in quel periodo. Se per Tony questo album rappresenta l’occasione perfetta per festeggiare i suoi 65 anni di carriera, per Lady Gaga, invece, la posta in gioco è molto più alta. Dopo il mezzo passo falso di “ARTPOP”, l’eclettica interprete si è messa in gioco e ha dimostrato di avere le credenziali necessarie per risultare convincente anche in un mondo musicale lontano da quello a cui Stefani Germanotta ci ha abituati.

lady agga

Con questo album di grandi classici del Great American Songbook, i due artisti hanno, di fatto, portato una ventata d’aria fresca in un ambiente musicale saturo, purtroppo lontano dal grande fascino del passato e amante di corpi esibiti in maniera grottesca e gratuita. Un lezione di stile indispensabile per il pubblico più giovane che, attraverso la “Mother Monster”, potrà conoscere e avvicinarsi ai brani che hanno fatto la storia della musica mondiale e che, ancora oggi, rappresentano indispensabili punti di riferimento.

Lady Gaga e Tony Bennett

Lady Gaga e Tony Bennett

Privata dei lustrini e dei consueti orpelli, Lady Gaga entra in punta di piedi in un mondo ricercato ed elegante instaurando un ottimo feeling con Tony che, con la sua proverbiale classe, la conduce per mano in un viaggio a ritroso: “Anything Goes,” “It Don’t Mean A Thing (If It Ain’t Got That Swing)”,” “Sophisticated Lady”  “Lush Life” e la title track “Cheek To Cheek” svettano tra le tracce proposte all’ascolto mentre i membri del quartetto di Bennett Mike Renzi, Gray Sargent, Harold Jones e Marshall Wood, insieme al pianista Tom Lanier, intagliano preziose cornici strumentali, completando un lavoro ben riuscito, che vedrà una naturale continuazione sui più prestigiosi palcoscenici del mondo.

 Raffaella Sbrescia

Tracklist Deluxe Version

“Anything Goes”, “Cheek To Cheek”, “Don’t Wait Too Long”, “I Can’t Give You Anything But Love”, “Nature Boy”, “Goody Goody”,  “Ev’ry Time We Say Goodbye”, “Firefly”, “I Won’t Dance”, “They All Laughed”, “Lush Life”, “Sophisticated Lady”, “Let’s Face The Music & Dance”, “But Beautiful”, “It Don’t Mean A Thing (If It Ain’t Got That Swing)”, “On A Clear Day (You Can See Forever)”, “The Lady Is A Tramp”.

Acquista “Cheek to Cheek” su iTunes

Video: “Anything Goes”

“Una nave in una foresta”, il nuovo album dei Subsonica. La recensione

181904515-5af45df3-c3ef-4922-a5de-8c8886f54234

Nel corso di 18 lunghi anni, costellati di successi, i Subsonica ne hanno fatta di strada. Oggi, con l’uscita di “Una nave in una foresta”, il settimo album in carriera, la band piemontese approda ad un nuovo stadio di maturità che li pone faccia a faccia con la realtà di un decennio a cui approcciarsi diventa sempre più difficile ed alienante. La foresta in cui si destreggiano Samuel, Boosta, Max, Ninja, Vicio, è un groviglio di stati d’animo in subbuglio, una tempesta di sguardi ora smarriti, ora inquieti, ora euforici, ora sognanti. La fonte primaria delle storie raccontate in “Una nave in una foresta” sono gli uomini comuni e i loro tentativi di ordinaria sopravvivenza. La sottile trama che lega tra loro le dieci tracce comprese nell’album è la forza di volontà, la voglia di reagire, che fa a pugni e lotta a viso scoperto con feroci malinconie e con dinamiche politiche spesso finalizzate a privare l’uomo della propria dignità.

Ad occuparsi della stesura dei testi dei brani sono stati Samuel e Max mentre la ricerca e la costruzione strumentale dei brani ha visto tutti i Subsonica all’opera, al centro di una rinnovata alchimia creativa. Ad inaugurare il disco è la title track “Una nave in una foresta” in cui una serie di lucide e pregnanti allegorie dà forma ai più reconditi pensieri: “Ed a volte ti vedi unico, una nave in una foresta. Altre volte ti senti intrepido…come un fiore in una tempesta ed a volte ti vedi stupido, una lacrima ad una festa, altre volte ti credi libero, un cavallo sopra una giostra, ed a volte ti vedi limpido, il mattino in una finestra, altre volte ti senti arido, come un gesto che resta in tasca”. Versi di una vera e propria poesia che vale la pena di citare se non per intero, almeno in gran parte. Frasi che danno un senso ai nostri corsi e ricorsi mentali mentre il nostro mondo scivola, molto più che lentamente, verso un altro oblìo.

L’unicità della vocalità calda e sensuale di Samuel si sposa alla perfezione con l’incandescente nebulosa strumentale di “Tra le labbra”. Un ritmo coinvolgente, ipnotico riesce ad insinuarsi nella psiche, lanciando nervi e muscoli fuori dal torpore contemplativo delle ombre scure nell’alba di una città che non riconosce i propri figli. Lo stile jungle, ispirato al drum and bass dei Pendulum, racchiude l’essenza strumentale di “Lazzaro”, un brano che trae ispirazione dallo smarrimento generale per rilanciare un indispensabile ed incalzante messaggio di rivalsa e di rinascita sia individuale che collettiva. “Attacca il Panico” rappresenta, invece, un incontro ravvicinato con lo stato di apnea esistenziale, un tuffo in un vespaio di paure mentre il sangue si gela osservando giorni di tenebra assoluta. Il cantato sibilato velocemente da Samuel si allinea con una base line frenetica: “siamo stanchi delle illusioni appiccicate sotto i banchi”, l’amore è un’invenzione che lacera”, “qui nella mente ho il futuro che scivola”, si tratta, dunque, di una full immersion negli inferi più oscuri che trova nuova luce nella dimensione ovattata, a metà strada tra pop e new wave, di “Di Domenica” un focus sulle nostre esistenze che, anche grazie al videoclip girato da Luca Merli, ci consegna un’immagine matura e consapevole di una band in grado di commuoverci e di farci ballare senza soluzione di continuità.

subsonica

Il dub sound de “I Cerchi degli alberi” scandisce l’urgenza con cui i Subsonica parlano a più generazioni. Un ritmo ossessivo, a tratti perturbante, racconta un sogno d’amore, tenuto in vita da promesse sgualcite e che si barcamena tra scenari apocalittici.  Un’anima fuori servizio è, invece, la protagonista di “Specchio”, un brano musicalmente vicino al funk, che descrive il restringimento della gioia, del tempo, dello spazio, dei sentimenti e che ci invoglia a recuperare i tratti peculiari delle nostre esistenze sospese nel vuoto. Con un sottotesto legato al delicatissimo tema dell’anoressia, questo brano potrebbe rappresentare uno spunto per nuove inedite iniziative per i Subsonica, tutte ancora da progettare.

Ispirato alla Ritmo Abarth nera parcheggiata nei pressi dello studio di registrazione del gruppo, l’omonimo brano racchiude una sottile vena amarcord che fluisce nell’irrequietudine notturna di “Licantropia”. Un brano perfetto per un club notturno in cui i ricordi si azzannano, si squarciano, si annientano mentre i pensieri affogano in un marasma organico. Lo spiraglio di luce ci viene offerto da “Il Terzo Paradiso”, la traccia che chiude “Una nave in una foresta” e che vede la partecipazione di Michelangelo Pistoletto. Unico ospite di tutto il disco, l’artista, esponente di spicco dell’arte contemporanea in ambito internazionale,  ha raggiunto i Subsonica nella solitaria casa di campagna, ai margini del bosco, in cui l’album è stato scritto, pensato, cercato, costruito, ed ha prestato la sua voce ad una canzone che, ripercorrendo le fasi salienti dell’involuzione umana, ci restituisce ad ogni individuo un ruolo centrale e di grande responsabilità nella costruzione di un “Terzo Paradiso”,  l’opera planetaria di cui siamo tutti autori. Il finale in dissolvenza, dalla bellezza mistica, ci congeda da “Una nave in una foresta”, un lavoro innovativo, originale e assolutamente attuale che, anche dal vivo, saprà offrirci nuove attese suggestioni.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Una nave in una foresta” su iTunes

Video: “Di Domenica”

“Vino Dentro”, Paolo Fresu firma la colonna sonora del film di Orgnani. La recensione dell’album

Paolo_Fresu_Vino-dentro1-400x400

Un viaggio sonoro scandito da colorate sfumature, un sontuoso percorso di note, scelte, pensate, sognate, arrangiate con cura e parsimonia. Questo è “Vino Dentro”, l’album che il celebre trombettista Paolo Fresu ha pubblicato lo scorso 7 gennaio 2014 per Tuk Music, branca della Tuk Movie, dedicata alle colonne sonore di film e documentari. “Vino Dentro” s’inserisce all’interno di una fitta collaborazione tra Paolo Fresu e il regista Ferdinando Vicentini Orgnani, iniziata nel 2002 con “Ilaria Alpi. Il più crudele dei giorni”. Ispirato dal romanzo “Vino Dentro” di Fabio Marcotto, il film mette insieme il mito del Faust e la passione per il vino e, sebbene esista un fortissimo legame tra la colonna sonora e la trama della pellicola, i 16 brani scelti da Fresu riescono a valicare confini e limitazioni di ogni genere suscitando suggestioni ora fruttate, ora intense e robuste, ora leggere e frizzantine, proprio così come pregiati ed irresistibili sorsi di vino raro ed introvabile.

Ad accompagnare la tromba ed il flicorno del musicista e compositore sono il bandoneon e il pianoforte di Daniele Di Bonaventura, le percussioni e i samplers di Michele Rabbia e gli archi dell’orchestra de I Virtuosi Italiani. Maestose ed imponenti le due composizioni di Mozart inserite nella tracklist: “Fin ch’an dal vino” e “Madamina, il catalogo è questo”. L’approccio naïf e romantico di Fresu traspare nella trame eleganti, ricercate e avvincenti di “Val des sauers belle et sages”, nella travolgente “Fuga”, nell’allure onirica ed introversa di “Dolomiti Sky”, nell’inquieto mistero di “Calmo”.  Se “Fermo”, il brano cofirmato da Fresu con Daniele Di Bonaventura, ci mostra in maniera cristallina il legame con la trama noir del film è “Martango”, proposta in ben tre takes, a fornirci un mare sconfinato di spunti e di suggestioni contrapposte. Il pathos dell’incontro tra i Virtuosi Italiani agli archi e Di Bonaventura, lascia il passo ad un mood più cameristico per poi concludersi in un monologo solitario e malinconico.

Le vicissitudini del vine-writer, protagonista del libro e del film, lasciano, via via, sempre più spazio alle note ed al loro fascino ineludibile: si va dalla volteggiante melodia di “Classico” al monumentalismo epico di “Mediterraneo” per poi approdare al misterioso sound de “La visione del Bipede”. Il dramma e la magia imposti dagli evidenti echi Mozartiani non sminuiscono la carica emotiva evocata da Fresu e compagni che, con abilità ed autentica personalità creativa, coniugano passato e presente cesellando con cura ogni minimo dettaglio.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Vino Dentro” su iTunes

“Pareidolia”, il nuovo album di Marina Rei. La recensione

a1f73f64-2be9-4bfa-8c92-7f65b1c06918

Marina Rei torna con un nuovo disco intitolato “Pareidolia”, in uscita il prossimo 30 settembre su etichetta Perenne, con distribuzione Universal. Il fenomeno subcoscienziale, che esprime la tendenza istintiva ad individuare strutture ordinate e forme cognitive familiari in immagini disordinate, dà il titolo a questo nuovo lavoro discografico, il nono per Marina Rei, in cui l’artista rinnova le proprie vesti prestandosi ad una chiave strumentale tendente al rock. Attraverso la collaborazione con Giulio Ragno Favero (One Dimensional Man, Il Teatro degli Orrori), che dura ormai da due anni, il disco di Marina Rei lascia trasparire una particolare cura e ricerca del suono che, seppur prevalentemente rock, offre numerosi spunti sonori.  Si parte dal trittico iniziale composto da “Avessi artigli”, “Ho visto una stella cadere” e dal singolo “Lasciarsi andare”: l’intensa interpretazione di Marina Rei, si fonde e si miscela con vesti sonore dolci e coinvolgenti, lasciando alle parole spazio vitale e potenza immaginifica. Figure retoriche, metafore, struggimento e desiderio s’intrecciano lasciando trasparire una nuova maturità vocale e artistica di Marina che, suonando anche la batteria, riesce ad offrire al pubblico un’immagine completa del suo essere artista a 360 gradi. La dicotomica contrapposizione semantica tra la trama de “Il Sole”, in cui Marina canta di un disperato bisogno d’amore, e “Del tempo perso”, un possibilista messaggio di incoraggiamento è data dal netto contrasto di sonorità tra i due brani.  Struggente e mielosa è “Se solo potessi”, una ballad incentrata sul tema dell’amore incondizionato mentre di tutt’altra fattispecie è la title track “Pareidolia”, in cui Marina Rei duetta con Zona Mc e Off Muziek, inserendosi in un contesto sonoro a metà strada tra l’elettronico ed il rap. Speranza e disincanto si fronteggiano nella trama agrodolce di “Vorrei essere” mentre “Un semplice bacio” rappresenta un vero e proprio inno alla semplicità. La bellezza poetica di “Fragili” si sposa felicemente con un arrangiamento onirico con tendenza dissolvente sul finale mentre la chiusura del disco è affidata a “Annarella” una versione crepuscolare del brano dei CCCP, ulteriore testimonianza della versatilità interpretativa di Marina Rei che, con “Pareidolia”, torna ad emozionare il pubblico con grazia ed eleganza.

Raffaella Sbrescia

Video: “Lasciarsi andare”

“Mano nella mano”, il nuovo album di Sergio Cammariere. La recensione

 CAMMARIERE Mano Nella Mano_COVER per WEB

Sergio Cammariere, affermato compositore e raffinato cantautore italiano, torna sulle scene della musica italiana con un nuovo album di inediti intitolato “Mano nella Mano”, in uscita il prossimo 23 settembre per Sony Music Italy. Composto da undici tracce, di cui una strumentale, “Mano nella mano” è un lavoro caratterizzato da un’intima sensibilità, finalizzata ad un incontro ravvicinato tra l’artista ed il suo pubblico. Ad arricchire i testi, vere e proprie poesie, è un’approfondita ricerca del suono, attraverso cui gli arrangiamenti proposti acquisiscono un elevato grado di raffinatezza. Sonorità di grande atmosfera, a metà strada tra la tradizione dei classici standards jazz e la nuova frontiera del suono andaluso, coinvolgono l’ascoltatore in una dimensione piacevole e coinvolgente.

Sergio Cammariere_foto2014_media

Ad anticipare l’uscita dell’album è l’omonimo singolo “Mano nella mano”, frutto tangibile di un viaggio che Sergio ha recentemente fatto in Andalusia, a Tarifa, in cui il suono del pianoforte si lascia cullare dalla fisarmonica di Antonello Salis e dalla sei corde di Roberto Taufic, omaggiando il cantautore catalano Joan Manuel Serrat. Intenso e struggente il testo de “L’amore trovato”, l’elegante descrizione di un’anima in cerca della propria metà. “L’Amore è una stanza in un mondo che piove”, canta Sergio Cammariere”, avvolgendo l’anima in un guanto di velluto mentre la ritmicità andalusa ritorna ad attraversare le trame di “Ed ora”, arricchite dalla voce di Felix Rotimi Mike Imevbore.

Tra partenze e ritorni, felicità e tormenti quello che emerge è un messaggio chiaro e diretto, improntato all’azione ed al perseguimento dei propri sogni.  Un suono di tromba irresistibile e sensuale permea la linea melodica de “Le incertezze di Marzo” mentre le metafore di “Io senza te, tu senza me” si lasciano cullare da dolci incursioni bossanova narrando di un amore litigarello, eppure indispensabile. Bellissimo ed estremamente toccante il testo di “La vita ci vuole”. La vita è l’unica cosa che ti prende alle spalle e che ti fa tremare, canta Cammariere, domandandoci e domandandosi : “Quanto ti manca da sognare”? e poi, ancora, “Non mi stanco mai di cercare il mondo nei suoi vicoli, verso un orizzonte senza limiti con te”, in “Ancora non mi stanco”.

Sergio Cammariere ph. Francesco Cabras

Sergio Cammariere ph. Francesco Cabras

Cammariere si conferma un inguaribile romantico in grado di valorizzare le più impercettibili variazioni emotive del nostro essere umanamente fragili. “Siedimi accanto” racchiude, invece, una dichiarazione d’amore incondizionato che trova una naturale continuazione in “Così solare”, uno spassionato inno alla semplicità e all’autenticità dell’ animo femminile. “Quel tipo strano” è un capolavoro assoluto, sia per quanto riguarda il testo che la musica; al centro del brano c’è la storia di un uomo, alterego del cantautore, che sapendone abbastanza della vita, decide di incamminarsi allontanandosi prima dai suoi simili, poi dalla vita. Tra le schiere degli angeli è li che guarda noi, “anime nude nel vento” mentre girovaghiamo in un marasma di pensieri e preoccupazioni e sogni, racchiusi nel microcosmo sonoro di “Pangea”, la traccia strumentale che chiude l’album il quale, proprio come un balsamo lenitivo, risolleva e riattiva il battito di un cuore temprato dalla lotta quotidiana.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Mano nella mano” su iTunes

Video: “Mano nella mano”

Perry Frank, la recensione di “The Neptune Sessions”

Perry Frank - The Neptune Sessions - Cover Artwork (2)

Francesco Perra, in arte Perry Frank è un visionario musicista sardo che, dal 2006 ad oggi, ha dato vita a numerose creazioni sonore, ispirate alla musica d’ambiente, perfetta per descrivere immagini, paesaggi e stati d’animo. Sfruttando diverse influenze musicali, che spaziano dal rock psichedelico alle ballad acustiche strumentali, fino ad arrivare alla world music e alla chillout, le composizioni di Perry Frank s’immergono nelle più profonde viscere della nebulosa emotiva umana per lasciarne affiorare i tratti più intimi. Compiendo un parallelo tra “Music to disappear”, pubblicato nel 2012 per l’etichetta Ambient tedesca Idealmusik, e “The Neptune Sessions”, il minialbum realizzato lo scorso anno per la Clubland Records, è evidente che Perry Frank abbia compiuto un percorso evolutivo, interamente proteso verso una dimensione marcatamente onirica ed immaginifica. Le coinvolgenti striature psichedeliche di “The Neptune Sessions” traghettano, infatti, l’inconscio verso riflessioni di carattere pressoché malinconico.

Perry Frank

Perry Frank

Il mood lunare di “The drowning neptune”, brano usato come sottofondo all’Oceanografico di Valencia, cede il passo alle sonorità sinistre ad alienanti di “Inland Horizon”.  Decisamente differente è il registro di “Real Alcazar” una composizione fitta di trame mistiche coo incursioni sonore vicine all’Oriente. La solarità di “ParcGuell”, la ballata acustica ispirata al celeberrimo repertorio dei Pink Floyd, precede la gelida trama chillout di “Winter in June”. A chiudere il disco è “Last September Days”, una composizione dal gusto retrò che, mai come in questo caso, ci avvicina all’autunno con perturbante consapevolezza.

 Raffaella Sbrescia

 

Fabi, Silvestri, Gazzè: la recensione dell’album “Il padrone della festa”

oooooooooooooooooooooooooo

Divertimento, passione, armonia; sono questi gli elementi essenziali che racchiudono l’anima de “Il padrone della festa”, il nuovo album di Fabi, Silvestri, Gazzè. I tre cantautori romani hanno lasciato da parte i propri percorsi artistici individuali mettendosi l’uno al servizio dell’altro all’interno di un progetto che, sebbene sia stato concepito con un inizio ed una fine, ha riscosso davvero parecchio entusiasmo da parte dei fan e della critica di settore. Anticipato da “Life is Sweet” e da “L’amore non esiste”, “Il padrone della festa” non rappresenta la summa del meglio di ciascuno anzi, la prima impressione è che ci si trovi al cospetto di un lavoro pensato per unire diverse identità all’interno di una nuova, inedita personalità artistica.

Ancora prima di addentrarci nel commento di ogni singola traccia, troviamo sia doveroso sottolineare la delicatezza, l’intensità emotiva e l’intelligenza dei testi proposti in questo album. Passando attraverso i più disparati generi musicali Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Max Gazzè sono riusciti a mettere nero su bianco i pensieri di chi è solito fermarsi a riflettere sulle dinamiche della vita, sulle leggi della natura, sui rapporti interpersonali. Possibilisti sì, ma con garbo e moderazione, i tre cantautori cesellano suoni e parole con cura e parsimonia senza, tuttavia, rinunciare ad un tocco di creatività lessicale e a qualche sconfinamento semantico, indice di una ricercata ironia e di una sofisticata padronanza della struttura testuale dei brani.

“Il padrone della festa” è un album che si presta in maniera assolutamente naturale ad un ascolto plurimo e stratificato. Si va dalla curiosità all’incanto, alla meraviglia, alla commozione; sentimenti, questi ultimi, scaturiti dalla sensazione di essere stati scoperti e messi a nudo. Fabi, Silvestri Gazzè non vanno alla ricerca del cosiddetto tormentone, i tre cantautori sono ricercatori di emozioni e, nelle loro vesti di esperti minatori di cuori, scavano sotterranee gallerie tra i più intimi cunicoli dell’anima.

Fabi Silvestri Gazzè

Ad inaugurare la tracklist è “Alzo le mani”, un brano ispirato dalla forza incontrastata della natura e della sue leggi ineludibili, arricchiti da immagini di rumori che, seppur descritti attraverso le parole, offrono dei nitidi frame tratti dal nostro quotidiano. Si prosegue con la ritmica veloce e coinvolgente di “Life Is Sweet”, il bellissimo singolo che ha anticipato la pubblicazione dell’album, ispirato al viaggio in Sud Sudan che i tre artisti hanno fatto insieme in fase di scrittura del disco. “L’amore non esiste” è il secondo singolo apripista. Grazie ad un brillante testo incentrato sul rapporto a due, inteso come qualcosa di molto lontano dalle mode e dal conformismo contemporaneo, il brano ha riscosso un notevole successo da ogni punto di vista. La lunga durata della title track “Il padrone della festa” si sposa con il mood dolce e ovattato del testo: “Un passo alla volta, 1 per 1 fino alla svolta”, Fabi, Silvestri, Gazzè ci accompagnano per mano sui binari del nostro futuro. Un cammino impervio, faticoso, troppo spesso oscuro e dispersivo ma che, tuttavia, non potrà distoglierci dal perseguire la nostra meta finale.

Una delle perle più luminose del disco è “Il Dio delle piccole cose”. Il brano, che porta lo stesso nome del volume pubblicato da Arundhati Roy nel 1997, è stato scritto da Gae Capitano, autore vincitore del Premio Lunezia 2012, l’unico ad aver firmato un brano ne “Il padrone della festa” in cui i testi sono tutti scritti dal trio di cantautori. “Il Dio delle piccole cose” è molto più di una poesia, è un’istantanea  di gesti invisibili, di silenzi mai diventati parole, di estati scoscese, delle briciole perse di ogni esistenza, dei respiri sui vetri di ogni partenza. Bando ad orpelli, artifici ed esercizi di retorica, questo brano riesce a raccontarci quello a cui non riusciamo a dare voce, qualcosa di simile ad una vera e propria magia. “Canzone di Anna” è, invece, uno dei brani scritti da Niccolò Fabi che, mettendo da parte il racconto in prima persona, veste i panni di un dolce cantastorie. La protagonista di questo racconto è Anna di cui conosciamo quello che non ha, quello che non sa, quello che non è. Senza meta e senza amore, Anna, si affida semplicemente al destino.

Decisamente diverso è il mood che attraversa le note di “Arsenico”, un brano caratterizzato da una sorniona linea ironica. Ad accentuare questa allure fiabesca è la voce di Gazzè, insieme ad un particolare arrangiamento dal tocco fortemente onirico. Brillante, pungente, pragmatico è “Spigolo tondo”, un brano che, dall’alto della sua coinvolgente ritmica latineggiante, si propone ad un necessario ascolto plurimo. “La natura ha leggi complesse ma facili da rispettare”, canta, in coro, il trio, mentre la dissacrante dicotomia latente racchiusa in “Come mi pare” ci mette con le spalle al muro di fronte a cose tanto ovvie, quanto difficili da mettere in pratica: “Chi vuole scrivere, impari prima a leggere, chi vuole suonare prima deve imparare ad ascoltare, chi vuole ridere impari prima a piangere, chi vuole capire prima deve riuscire a domandare, chi vuole amare prima deve imparare a rinunciare” , cantano Fabi, Silvestri, Gazzè lasciandoci, infine, liberi ed incoscienti di fare esattamente come ci pare. Concreta, realistica ed intimamente delicata è la trama di “Giovanni sulla terra”, un uomo che non può permettersi di mollare la presa perché “il sole brucia chi sta fermo di più”. Burle, scherzi e scaramucce colorano le note de “L’Avversario”, una dichiarazione di “guerra” a quello che si rivelerà il proprio alter ego mentre l’intimismo di “Zona Cesarini” incastra l’ultimo prezioso pezzo in un puzzle sonoro tutto da ammirare. Da qualsiasi angolazione osserverete, ascolterete, interpreterete “Il padrone della Festa” potrete sempre trovare il brano perfetto per il vostro mood del momento, uno spunto sonoro su cui distendervi per lasciarvi andare, una parola di conforto a cui appigliarvi quando vi accorgerete che la cima “appare sempre più su”.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Il padrone della festa” su iTunes

Date tour europeo:

26 settembre Colonia  (Club Bahnhof Ehrenfeld)

27  Berlino (Frannz Club)

30 settembre Parigi (La Bellevilloise)

1° ottobre a Londra (Bush Hall) 

2 ottobre a Londra  (Dingwalls)

3 ottobre Bruxelles (VK)

4  ottobre Lussemburgo (Conservatoire De La Musique)

5  ottobre Amsterdam (Sugar Factory)

9 ottobre Valencia (Sala Salomè)

10 ottobre Madrid (Sala But Madrid)

11 ottobre Barcellona (Sala Razzmatazz)

Date tour italiano:

14 NOVEMBRE – RIMINI – 105 STADIUM

18-19 NOVEMBRE – ROMA – PALALOTTOMATICA

 

21 NOVEMBRE – MODENA – PALAPANINI

22 NOVEMBRE – PADOVA – PALAFABRIS

 

24 NOVEMBRE – MILANO – MEDIOLANUM FORUM

28 NOVEMBRE – NAPOLI – PALAPARTENOPE

3 DICEMBRE – FIRENZE – NELSON MANDELA FORUM

 

5 DICEMBRE – TORINO – PALA ALPITOUR (EX-PALAOLIMPICO)

12 DICEMBRE –  CATANZARO

13 DICEMBRE – CATANIA

 

 Per acquistare i biglietti su Ticketone, clicca sul banner in alto a destra

Video: “L’amore non esiste”

Maleducazione alcolica: temi scottanti e ritmi indiavolati nell’album “Resto fuori”

 cv_maleducazione

“Resto fuori” è il titolo del secondo album dei Maleducazione Alcolica, una realtà musicale italiana, nata nel 2010, che coinvolge un nutrito gruppo di giovani musicisti. L’album, prodotto su etichetta Maninalto! Records, è composto da tredici tracce e si avvale di numerose collaborazioni di prestigio:  si va da Fefo degli Almamegretta a Marino Severini, The Gang, Matteo Gabbianelli dei KuTso, Alessandro Palmieri (L’Ultimo) a Iguana. Tematiche profonde, intense, incentrate su temi e personaggi scomodi, spesso confinati ai limiti della società civile, si accompagnano a ritmi e sonorità eterogenee, veloci e coinvolgenti. Attraverso un crossover musicale che parte dallo ska e arriva al rock steady, la Maleducazione Alcolica testimonia una certa stanchezza che fa da sfondo al vivere sociale contemporaneo.

Ad inaugurare questo multi sfaccettato lavoro è una intro strumentale, la cui funzione pare quella di mettere in chiaro il ruolo da protagonista della chitarra e una certa voglia di lasciarsi andare alla libera contaminazione. La sottile polemica antigossip di “Una storia di evitare” si serve di figure retoriche e di personaggi fiabeschi che, se da un lato stemperano i toni, dall’altro accrescono la verve istrionica del gruppo.  Il ritmo veloce ed inafferrabile di “Marzo” s’insinua tra il sentimento di paura e frustrazione mentre l’esercizio stilistico di “Notte” mette in luce l’ottima carica testuale di un brano potente e veritiero. Tra musica forte, anime perse, anime sporche c’è ancora il tempo e la voglia di dedicare spazio ai cosiddetti malfattori di periferia, tra le chitarre blues di “Stress homeless” e alla figura tragica e demoniaca di “Un pazzo”. Impulsività ed idealismo combattono a carte scoperte in un progetto che, seppur acerbo in qualche tratto, riesce a trattare, con una meritevole incisività, tematiche tendenzialmente problematiche. Questa teoria è avvalorata dall’intimo racconto narrato in “Amavi le fragole”, dedicato alla vicenda di una ragazza privata della propria innocenza. L’odio come credo e la violenza come droga sono le immagini più crude proposte nel testo della title track “Resto fuori” mentre sonorità dance s’insinuano in “Polli beat”, un brano intriso di una sottile critica socio-culturale. Si ritorna a ritmi ska in “Puniscimi” ma il brano più potente e più incazzato del disco è “Trash”: “tutti vogliono soltanto che stai lì a guardare, tutti vogliono soltanto farti divertire, tutti vogliono soltanto farti suicidare, stai a sentire, non scappare”, cantano e scrivono i ragazzi de La Maleducazione Alcolica che, tre le altre cose, si regalano anche la cover di “Spend a weekend” di Toots and the Maytals, un riferimento diretto alla cultura reggae. A chiudere “Resto fuori”  è l’intenso intimismo di “Hashish & Caffè”, un brano dalla forte carica emotiva e dalla bella linea melodica, che auspichiamo possa rappresentare un nuovo spunto per il prossimo lavoro di un gruppo che ha davvero tante cose sensate da dire.

Raffaella Sbrescia

I componenti della band:

Marco Piccioni (voce & sax), Gabriele “Maestro” Segattini (keyboards &voce), Federico Telesca (chitarra & voce), Ludovico Brizzi (basso), Albertino “Fava” Monsignori (batteria), Leonardo “Banana” Zallocco (tromba, Matteo Mecocci (tromba), Alessandro “Nando” Sagretti (sax), Michele Ceriola (trombone)

Acquista “Resto fuori” su iTunes

Video: “Resto fuori”

Previous Posts Next Posts