Il Nero ti dona: la recensione di “Aut Aut”

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“Aut Aut” della rock band campana Il Nero ti dona è un album che si presta subito ad un ascolto plurimo, di facile fruizione e pronto ad offrire suggestioni tanto vicine quanto contrastanti, il tutto nell’arco di 12 tracce. Maurizio Triunfo (Voce, chitarra, testi), Mario Barbarulo (Chitarra), Fabrizio Cirillo (Batteria), Andrea Belardo (Basso) immergono i propri strumenti in atmosfere dark e rarefatte traendo spunti, parole e ritmiche incentrate su emozioni tanto forti quanto sfuggenti. Echi e riverberi di chitarra sono il plus attraverso cui la band lascia fluire il dolore e la disperazione odierna attraverso le proprie note. Prodotto per la Diavoletto Netlabel “Aut-Aut” rappresenta, dunque, un album principalmente intimista: le facce vuote della psichedelica “Deja vu”, le pozzanghere nostalgiche di “Aria”, la corsa immobile di “Senza fine” e poi, ancora, lo strumentalismo lirico di “Intro (Dolce fine), si alternano alle pose e alle parole di “Inverosimile” alle suadenti ed ipnotiche note di “Terminazioni nervose” ma soprattutto alla definizione della collera in formula didascalica della title track “Aut Aut”: veloce, ritmica, imponente così, come lo stesso suono de Il Nero ti dona, una realtà musicale da tenere sott’occhio.

Raffaella Sbrescia

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“Glad there is you”, il compendio musicale di Renato Sellani. La recensione

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“Glad there is you”. Lieto che tu ci sia, così  il grande pianista e compositore jazz Renato Sellani intitola il doppio album antologico, pubblicato lo scorso 14 ottobre per l’etichetta Ponderosa Musica & Art. All’interno di questo lavoro il musicista ripercorre, in piano-solo, i brani più significativi della sua lunga carriera, proponendo al pubblico una nutrita selezione di canzoni italiane e standard internazionali, perfetti per conoscere ed approfondire la tecnica, il gusto, l’estetica ed il rigore dell’artista. Sia da solo che al fianco dei più grandi artisti del mondo, Renato Sellani è stato in grado di imprimere il proprio inconfondibile tocco colloquiale nelle proprie interpretazioni musicali, individuando un canale comunicativo fortemente empatico. Ascoltando  questo doppio lavoro è facile intravvedere, traccia dopo traccia, la classe con cui il Maestro Sellani coniuga la propria capacità creativa con il rispetto dei canoni tradizionali. L’imprescindibile competenza musicale richiesta all’ascoltatore, offre, tuttavia, degli spiragli interpretativi anche ai neofiti del mondo delle sette note, grazie alle numerose parentesi che Sellani  è solito dedicare all’improvvisazione. Questo doppio album rappresenta, a tutti gli effetti, una sorta di compendio: il primo volume è dedicato ad alcuni standard del jazz, ai brani celebri della musica accademica e ai temi di note canzoni di autori italiani; il secondo ci conduce, invece, all’estero, dalla Francia agli Stati Uniti; Sellani fa suoi i temi servendosi della sua straordinaria capacità interpretativa. Spaziando tra le note, partendo dalla tradizione classica napoletana fino ad arrivare agli standard jazz d’oltreoceano, Sellani realizza non solo un autoritratto del proprio percorso artistico, scatta, bensì, un’attuale fotografia dello scenario musicale mondiale con un’eleganza dal fascino senza tempo.

Raffaella Sbrescia

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Kiesza: la recensione di “Sound of a woman”

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Ha conquistato le classifiche mondiali con la coinvolgente freschezza della super hit “Hideaway”, ora l’attrice e cantante canadese Kiesza è pronta per compiere il grande passo con il primo full lenght intitolato “Sound of a Woman”, un lavoro discografico eterogeneo, carico di contenuti e di sfaccettature sonore. Composto da ben 14 tracce, “Sound of a woman” si presta ad un ascolto leggero spaziando dal pop, alla dance, alla deep house, all’r’n’b.  Fresca, vitale, carismatica Kiesza sfrutta la potenza della propria vocalità limpida e trasparente offrendo un’ampia rappresentazione  di uno spettro vocale in grado muoversi nel tempo e nello spazio. Contenuti, melodie e ritmi si fondono in una miscela energica ed inebriante, adatta ai più disparati contesti.

Kiesza_Photo_Hideaway_300CMYK_foto di Meredith Truax

Ad aprire l’album è la già citata “Hideaway”, seguita da “No Enemiesz” un brano adrenalinico e stimolante. Ben diverso è, invece, il mood di “Losin’My Mind” in cui l’intro a cappella fa da apripista alle calde sonorità black del nucleo centrale del brano.  Calda, carezzevole e potente è la voce di Kiesza in “So Deep”mentre il flow  intrigante e misterioso di “Bad thing” lascia inaspettatamente il passo ad una riuscitissima cover di “What is love”, il grande successo targato anni ’90 di Haddaway, opportunamente trasformato in una  coinvolgente ballata pop . L’impulsiva e vitale creatività della title track “Sound of a woman” si sposa alla perfezione con il mood impattante di “The love” e di “Giant in my Heart”, arricchiti da ampie parentesi in cassa dritta 4/4.

Kiesza Ph Renee Cox

Kiesza Ph Renee Cox

La vera sorpresa dell’album è il brano di chiusura  “Cut me Loose”: piano e voce deliziano l’animo e l’orecchio con l’amore dichiaratamente in primo piano. Scritto nella sua quasi totalità a quattro mani con il producer Rami Samir Afuni, con le collaborazioni di Mick Jenkins e Joey Badass, “Sound of a woman” si muove, dunque, in maniera disinvolta tra nuovi e differenziati scenari musicali mettendo in luce la padronanza vocale e la versatilità artistica di Kiesza.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Hideaway”

“Tie me down”, il nuovo ep di Jack Savoretti

Jack-Savoretti Ph Chris Faith

Jack-Savoretti Ph Chris Faith

“Tie me down” è il nuovo ep del cantautore londinese Jack Savoretti. I quattro brani che compongono questo nuovo lavoro annunciano una nuova evoluzione nella carriera dell’artista ed anticipano la pubblicazione di nuovo album, la cui è uscita è prevista per il 2015. L’ep, scritto insieme al produttore Matty Benbrook, intende mettere in luce la nuova direzione che il cantautore ha intrapreso e la sua nuova attenzione per nuovi ritmi e nuovi filoni musicali. Particolarmente intensa la title track “Tie me down”:“No man was born to be locked up,  No man is born to not be free. We’re here to live, we’re here to love. We’re here to touch, feel & see”, canta Jack, ipnotizzando l’ascoltare con la sua vocalità calda, graffiata e sensuale. Luoghi, colori, sapori, emozioni e sofferenze emergono attraverso la carica emotiva insita nella capacità interpretativa di Savoretti. Un riff insistente di chitarra acustica, una linea di basso tribale ed un groove di batteria incalzante lasciano spazio al mood decisamente più intimo e sofferto di “Last beat”, una struggente ballad amorosa perfetta per incarnare l’idea di un sentimento intenso e profondo al punto da risultare quasi distruttivo. Il fascino della melodia si avvicina a quello immaginifico di una tipica colonna sonora da film strappalacrime. Lo struggimento continua anche in “Jackie Blue”: sudore e polvere si intrecciano tra nuove strade e vecchi ricordi mentre  Jack abbraccia il suo ruolo di folksinger in maniera assoluta e totale. Questo piccolo e prezioso ep si chiude con “Solitude”, un brano che non si distanzia dai contenuti precedenti e che, anzi, sancisce con risoluta efficacia il mood malinconico ed intimista con cui Jack riesce a raccontare scelte, rimorsi e rimpianti che, pur riguardando un eventuale passato, coinvolgono anche e soprattutto il presente.  Per concludere, considerando gli ottimi presupposti di partenza, sarà interessante scoprire se Jack Savoretti seguirà questa scia contenutistica nel nuovo album o se, invece,  vorrà stupire il pubblico con nuovi contenuti e nuove scelte sonore.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Tie me down”

Earth Hotel, il nuovo album di Paolo Benvegnù. La recensione

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Una struttura ermetica e complessa attraversa “Earth Hotel”, il nuovo album di inediti firmato dal ottimo Paolo Benvegnù, pubblicato il 17 ottobre da Woodworm e distribuito da Audioglobe. A tre anni di distanza da “Hermann”, il cantautore attraversa le fasi del vivere umano contemporaneo attraverso 12 canzoni, metaforicamente associate a 12 piani di un posto che, per antonomasia, esprime l’idea di passaggio. Intrigante e destabilizzante al contempo “Heart hotel” rappresenta un non-luogo da cui osservare il mondo da vicino, pur rimanendo comodamente nella propria stanza. La solitudine rappresenta, infatti, un tema molto caro a Benvegnù, cantore di un mondo silenzioso eppure traboccante di pensieri e di emozioni descritte in maniera ermeticamente concettuale. La cura per i dettagli sia dei testi, che degli arrangiamenti, rende “Earth Hotel” un lavoro destinato a spiriti sensibili ed ad intelletti particolarmente sviluppati. La ricerca dell’equilibrio tra materia e forma, tra arte e sentimenti ha condotto Benvegnù a compiere un percorso complesso, spesso difficile da comprendere ed interpretare con lucida completezza. La prima traccia che l’artista propone all’ascoltatore è “Nello spazio profondo”, l’enigmatica ed impalpabile descrizione di un’illusione sentimentale. “Le parole sono pietre ambiziose”, canta Benvegnù, tra arpeggi di chitarra e volute di sintetizzatore. Appassionata e suadente è la trama di “Una nuova innocenza”, un brano dal fascino perturbante, addolcito dal fortunatissimo inserimento degli archi tra le sonorità profonde delle chitarre e delle tastiere. Carne e sangue sono gli elementi tangibili di questa potente mistura di parole e note.

Paolo Benvegnù

Paolo Benvegnù

L’amore e le sue molteplici declinazioni collegano gli intricati passaggi di  “Earth Hotel”: si passa repentinamente tra contrasti di chiaro/scuro, pieno/vuoto, presenza/assenza, passando attraverso i contrappunti affilati del violino e degli archi. La ricerca di un nuovo ordine del caos attraversa “Nuovosonettomaoista” mentre il surreale fascino e la suadente lunghezza di “Avenida Silencio” traghettano l’ascoltatore all’interno di imprevedibili  e cosmopolite dimensioni spazio-temporali . La delicatezza della ballad acustica intitolata “Life” si contrappone alla durezza semantica di “Feed the distruction” mentre la bellezza immaginifica di “Stefan  Zweig” incarna la perenne sete dell’animo umano, condannato all’insoddisfazione eterna. “Tutto ci parla senza farsi vedere”, così Paolo Benvegnù descrive in maniera minimalista eppure lucida il nostro tempo in “Divisionisti” mentre le domande senza riposta di “Orlando” si disintegrano negli anatemi contenuti in “Piccola pornografia umana”. I toni e le atmosfere si addolciscono con il sopraggiungere di “Hannah”, un’altra ballad ammorbidita dal carezzevole fascino delle corde arpeggiate. A chiudere l’album è il brano intitolato “Sempiterni sguardi e primati”: “verrà un tempo per la verità, per la gioia, per la solitudine, per la noia”, canta Benvegnù, rilanciando fino alla fine  l’insita bellezza del nichilismo improntato alla ricerca del profondo senso dell’esistenza umana.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Una nuova innocenza”

Antonio Faraò Quartet in concerto al Blue Note di Milano. Il live report

Antonio Faraò Quartet @ Blue Note

Antonio Faraò Quartet @ Blue Note

Proseguono all’insegna della classe e dell’eleganza gli appuntamenti musicali della nuova stagione del Blue Note a Milano. Lo scorso 15 ottobre il pubblico meneghino ha, infatti, potuto deliziarsi con il concerto dell’Antonio Faraò Quartet. Considerato dalla critica di settore come uno dei più interessanti pianisti jazz dell’ultima generazione, Antonio Faraò nasce in una famiglia dalle radici musicali ben salde. Ad accompagnarlo sul palco il bravissimo e particolarmente ispirato Mauro Negri al sax, il raffinato Marco Ricci al contrabasso e l’effervescente Gene Calderazzo alla batteria. I quattro musicisti hanno ipnotizzato gli spettatori con un concerto di circa due ore passando con disinvolta maestria da brani originali ed estrosi agli immancabili standard, ormai veri e propri ever green di settore.

Antonio Faraò Quartet @ Blue Note

Antonio Faraò Quartet @ Blue Note

Con un’ introduzione timida e sussurrata, il quartetto ha scelto di conquistare il pubblico muovendosi in punta di piedi, creando un vortice emotivo e strumentale realizzato in crescendo. Il ritmo veloce ed implacabile del piano di Faraò costruisce e ricama le strutture dei brani proposti in scaletta con veemente vigoria trovando nel sax di Mauro Negri un valido punto di riferimento. La potenza immaginifica dei brani è tanto forte da catapultare l’immaginario nei più disparati contesti. Si va dai bistrot parigini, ai quartieri di New Orleans. Uno battito di ciglia è più che sufficiente per balzare repentinamente da un luogo all’altro. Pathos, malinconia e romanticismo sono i cardini lungo i quali si muovono le fila strutturali di un concerto pensato per accarezzare l’anima smuovendola dall’interno.

Raffaella Sbrescia

“Sweet talker”, Jessie J torna con un nuovo album di inediti. La recensione

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“Sweet Talker” è il nuovo album di Jessie J, l’artista che ha venduto, ad oggi, oltre 4 milioni di album e 20 milioni  di singoli nel mondo grazie soprattutto al disco di debutto “Who You Are”. Nominata ai GRAMMY® Award, premiata ai Critics Choice BRIT Award e al BBC’s Sound of 2011, Jessie J è stata Ambasciatrice alle Olimpiadi di Londra. Con “Sweet talker” l’artista ritorna sullo scenario musicale internazionale con un lavoro in cui traspare un approccio diverso, forse un po’ più distante dal songwriting degli esordi. Delle 15 tracce proposte nella versione standard del disco, ci sono almeno tre o quattro hit sicure anche se è nelle ballads che la potenza vocale di Jessie riesce a raggiungere i risultati migliori. Prodotto da Max Martin, Savan Kotecha, Ilya, Tricky, e The Dream, “Sweet Talker” si apre con “Ain’t Been Done”, una canzone energica, veloce  e con un testo grintoso. Decisamente riuscita la formula musicale di “Burnin’Up” (feat. 2 Chainz), un brano forte, sensuale, destinato a rimanere in loop a lungo. Non risponde, invece, alle aspettative la title track “Sweet Talker” mentre i ritmi ritornano ad essere travolgenti e scoppiettanti nel super singolo intitolato “Bang Bang” , in cui Jessie duetta con le colleghe e amiche Ariana Grande e Nicki Minaj, una hit che farà sicuramente da traino per quanto riguarda le sorti commerciali dell’intero disco.

Jessie J Ph Matt Irwin

Jessie J Ph Matt Irwin

La voce di Jessie ritorna finalmente protagonista in “Fire”, un’intensa ballad che evidenzia e mette in luce la potenza vocale della giovane artista e che, insieme ad un’altra bella canzone intima e delicata come “Personal”, ci offre l’occasione di avvicinarci di più agli aspetti meno artificiali della personalità piuttosto costruita di Jessie.  Le sovrastrutture ritornano in “Seal me with a kiss” (feat De La Soul), un brano intriso di richiami tipici degli anni ’80. Open names and sick games s’incrociano e si scontrano in “Said too much”, un testo furente e ricco di pathos che ritroviamo anche in “Loud” (feat. Lindsey Stirling). Ritmi filtrati dal groove r’n’b animano le parole di “Keep us together” anche se la parte conclusiva del disco offre davvero pochi che potremmo definire “memorabili”. Brani come “Get Away” e “Your loss I’m found” dimostrano, comunque, con efficace immediatezza il fatto che le ballads rappresentano il modo migliore con Jessie riesce a trasmettere qualcosa di più intimo e personale oltre all’ottima tecnica. In conclusione “Sweet Talker” non offre una svolta importante all’interno del percorso artistico di Jessie J anche se sono  comunque numerosi gli spunti offerti, sui quali l’artista dovrebbe lavorare per individuare la dimensione espressiva a lei più congeniale.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Bang bang”

“Snob”, la recensione del nuovo album di Paolo Conte

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 “Snob” è il titolo del nuovo album di Paolo Conte, giunto a distanza di 4 anni dal lavoro precedente e riassuntivo della nuova identità artistica di un cantautore abituato a stupire il proprio pubblico con una personalissima e spesso ermetica dimensione sonora e testuale. A comporre l’album sono quindici brani eterogenei, variopinti, immaginifici e metaforici. La chiave interpretativa di questo lavoro sta nella ricerca di una neanche tanto velata critica al modus vivendi contemporaneo. Sono tante le suggestioni letterarie con cui Paolo Conte spennella note e parole creando speziati connubi semantici. Momenti intimi e raccolti irradiano “Snob” che, sia nei fatti che nelle intenzioni, si presenta come un lavoro elitario e ricercato. Ad aprire le danze è la grinta giocosa di “Si sposa l’Africa”: una terra acerba adornata a festa con monili di legno saluta ed introduce “Donna dal Profumo di caffè”, un brano sornione e sensuale, inebriato da pensieri d’amore e dai vocalizzi dello stesso Conte che, a più riprese, si diletta ad utilizzare la sua stessa voce come un vecchio trombone.

Paolo Conte Ph Alessandro Menegatti

Paolo Conte Ph Alessandro Menegatti

Gli appassionati echi di migranti di “Argentina”, le erre arrotate del dandy che irrompe tra i provinciali della title track “Snob” si accompagnano ai ritmi swing e retrò di “Tropical” contrapponendosi in maniera piuttosto decisa al mood solitario ed intimista di “Fandango”. Surreale è la magica storyline di “Incontro”, riscaldata dal pathos e dall’intensità di “Tutti a casa”: “bimba, tu non sai tutto il freddo che ho nel mio cuore”, canta Paolo Conte, tra respiro che illude e caldi mugolii d’amore. L’imponenza ed il carisma dell’ assolo al sax in “L’uomo specchio”illumina e arrotonda gli spigoli delle tracce più introverse mentre le clessidre del ritmo di “Maracas” lasciano che lo spirito ripiombi in un vortice nostalgico. Piedi, mani, sguardi e anime si incrociano in “Gente” (CSIDN) mentre i sogni e le visioni di “Glamour” prendono nuovamente le distanze dal genere umano con un certo vigore. Originale e controverso il racconto proposto in “Manuale di conversazione”: un camionista peruviano dà un passaggio ad una donna dall’idioma indecifrabile testimoniando un fallimentare tentativo di comunicazione. A chiudere l’album sono le metaforiche “Signorina saponetta” e “Ballerina”, tangibili testimonianze di visioni artistiche eleganti e classicheggianti attraverso cui Paolo Conte si riconferma instancabile esploratore di geografie esistenziali e sentimentali.

Raffaella Sbrescia

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Video: ” Tropical”

Queste le prime date del tour:

25 Ottobre 2014 Legnano Teatro Galleria
30 Ottobre 2014 Bologna Teatro Europauditorium
9 Novembre 2014 Munchen(D) Philarmonie
11 Novembre 2014 Barcelona(E) Auditori
20 Novembre 2014 Parma Teatro Regio
27,28,29 Novembre 2014 Milano Conservatorio Verdi
4,5,6 Dicembre 2014 Roma Teatro Sistina
26,27 Gennaio 2015 Paris (F) Le Grand Rex
27,28 Febbraio 2015 Amsterdam Theater Carré
14 March 2015 Frankfurt (D) Alte Oper
16 March 2015 Vienna (A) Konzerthaus
30 March 2015 Genova Teatro Carlo Felice

“Interlude”, il nuovo album di Jamie Cullum. La recensione

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Il giovane e talentuoso cantante e compositore jazz Jamie Cullum ha appena pubblicato il suo nuovo album intitolato “Interlude”, un lavoro discografico di notevole qualità e dotato di un particolare spessore. Co-prodotto insieme a Ben Lamdin, un producer che lavora sotto lo pseudonimo di Nostalgia 77, il disco è stato registrato in uno studio di registrazione analogico nel nord di Londra insieme agli stessi musicisti del suddetto studio e al bassista Riaan Vosloo. All’interno delle tracce proposte non ci sono  scelte standard, Jamie Cullum ha, infatti, selezionato brani e composizioni variegate, frutto della sua lunga esperienza in radio e di numerosi e particolari riferimenti musicali. Presenti nel disco anche due duetti di notevole qualità: oltre al vocalist, compositore e vincitore di un Grammy Gregory Porter, che duetta con Cullum nel singolo “Don’t Let Me Be Misunderstood”, in “Interlude”  è presente anche Laura Mvula, in coppia con Jamie nel brano “Good Morning Heartache” . Così come dal vivo, l’artista inglese è, dunque, riuscito ad irrorare le proprie composizioni con eclettica creatività, unendo ballate intense ed intimiste ad allegri e travolgenti beat boxing. In “Interlude” Cullum celebra e mette a nudo tutto quello che ha imparato nel corso degli anni, che lo hanno visto attivamente partecipe di numerosi progetti musicali concepiti da artisti di tutto il mondo. Spontaneo e divertente, “Interlude” è un album che si presta a molteplici ascolti, perfetti per i più disparati contesti. Dalle 12 tracce che compongono la versione tradizionale del disco si percepisce la genuina intenzione di Jamie di lasciarsi trasportare dalla poesia e dall’eleganza della tradizione senza perdere di vista un innovativo contributo contemporaneo. Ad arricchire la versione fisica della deluxe version sono i brani registrati dal vivo durante il Jazz a Vienne Festival.

Jamie Cullum

Jamie Cullum

Nello specifico della tracklist a colpire l’immaginario è la classe e la raffinatezza della title track “Interlude”, seguita dalla carica sensuale di “Don’t you know”. Il ritmo ondulatorio ed i richiami latineggianti di “The Seers Tower” differenziano le sensazioni, offrendo delle sfumature variegate. L’enigmaticità latente del testo di “Walkin’’” diventa arrendevole scioglievolezza all’interno del flusso delle vellutate e morbide note di  “Good morning Heartache”: le voci di Laura Mvula e Jamie si fondono in un irresistibile vortice di passione. Divertente e disinibito lo swing’n jazz della ritmatissima “Sack O’ Woe”. Originale e gradevole, invece, la rivisitazione in chiave jazz di “Don’t let me be misunderstood” (feat. Gregory Porter). Malinconico e struggente il mood di “My one and only love”, uno dei brani più intimi e romantici del disco insieme a “Losing you”. Spassosa e sorniona è “Lovesick Blues”: bando alle ombre e ai pensieri tristi, qui c’è solo da ballare. Decisamente fuori dal coro è “Out of this world”, tra le composizioni più controverse delll’album, che si chiude con la bellissima “Make someone happy”: una dedica d’amore incondizionato. “Love is the answer, someone to love is the answer”, canta Jamie, riempiendo, ancora una volta, il cuore di emozione.

 Raffaella Sbrescia

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Video: “Good Morning Heartache”

“Un giorno di sole”, il nuovo album di Chiara Galiazzo. La recensione

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Chiara Galiazzo torna alla musica con “Un giorno di sole”, l’album prodotto da Fabrizio Ferraguzzo e distribuito da Sony Music Italy. Per la giovane interprete padovana si tratta di un lavoro importante che potrebbe segnare una svolta all’interno del suo percorso artistico iniziato con la vittoria di X Factor nel 2012. La cura per i dettagli, la rinnovata motivazione ed una nuova consapevolezza attraversano le 11 tracce che la Chiara ha scelto, interiorizzato e racchiuso in questo suo nuovo album. Tanti i sono i nomi che figurano nei credits del disco:Daniele Magro, Dario Faini, Ermal Meta, Pacifico, Virginio Simonelli, Piero Romitelli e Davide Simonetta, Antonio Di Martino artisti coi quali Chiara si è confrontata a lungo alla ricerca di storie ed emozioni da raccontare a se stessa e agli altri. Il risultato di questo lungo e complesso percorso si intravvede nella maggiore spontaneità delle interpretazioni e nell’accurata realizzazione di un sound più vicino al pop inglese, in grado di spaziare dal folk blues al country, fino alla tipica melodia da ballad. Il tratto più interessante di questo lavoro sta nella felice collaborazione tra artisti giovani che, attraverso le loro fresche penne, sono stati in grado di raccontare emozioni, storie e sentimenti in maniera immediata e facilmente fruibile. “Un giorno di sole” non è, dunque, soltanto il titolo del suo nuovo album, bensì la trasfigurazione della nuova fase esistenziale ed  artistica di Chiara.

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Ad anticipare il disco è l’omonimo singolo “Un giorno di sole”, scritto da Daniele Magro. La particolarità di questo brano sta nella forte contrapposizione tra la melodia spensierata ed un testo intriso di sofferenza per la fine di un amore. Propositiva e concreta è, invece, la struttura testuale di “Siamo Adesso”, con musiche scritte dalla stessa Chiara, insieme a Fabio Campedelli ed Emiliano Cecere e con le parole di Pacifico finalizzate alla valorizzazione  di quanto di buono si abbia tra le mani. La delicata poetica di Daniele Magro risplende in tutta la sua lucentezza in “Il rimedio, la vita e la cura”, una ballad intensa e profonda che ha consentito a Chiara di mettersi in gioco con sincera autenticità. Pur muovendosi su un altro binario semantico, “Che valore dai”, scritta da Dario Faini e Antonio Di Martino, è una canzone pensata per far riflettere: “Che valore dai alle promesse fatte, ai pugni, alle ferite, alle cicatrici?”, canta la Galiazzo, spingendo l’ascoltatore in un interessante territorio fatto di pensieri, rimorsi, pentimenti, ripensamenti. L’ incoraggiante messaggio contenuto in “La vita è da vivere”, il brano scritto a quattro mani da Ermal Meta e Antonio Filippelli, racchiude l’essenza di un mantra : “cos’altro possiamo fare se non vivere?”; un messaggio diretto, semplice ed efficace che viene subito incalzato da “ll meglio che puoi dare” con testo di Ermal Meta: “Mi hanno detto che la vita è ciò che accade mentre tu più del viaggio vuoi la meta e non ti accorgi che hai di più”. Parole, queste ultime che hanno il pregio di riuscire a mettere a nudo i nostri pensieri più reconditi. Definita dalla stessa Chiara come la canzone più “chiaresca” dell’album, “Nomade”, scritta da Daniele Magro, definisce con grande efficacia e spensieratezza i tratti di una giovane artista abituata a porsi al pubblico senza filtri. Leggera e ritmata, “Ruba l’amore” introduce la parentesi più romantica del disco. A seguire troviamo “Amore infinito”, scritta da Niccolò Corrienti: “Abbi cura di splendere, ogni giorno sorprendere”, “rendere ogni giorno possibile”, canta Chiara, definendo i tratti di un sentimento forte, trasparente e coinvolgente. “Il  senso di noi” mette in evidenza le fasi di un percorso a due vissuto con grande intensità. La traccia di chiusura è “Qualcosa resta sempre”, nata da un brano in inglese scritto da Virginio Simonelli. Piano e voce riportano l’ascolto in una dimensione onirica ed essenziale, testo e musica rappresentano gli ultimi tasselli di un percorso evolutivo in cui Chiara pare aver raggiunto un grado di maturità artistica che le potrà consentire l’atteso salto di qualità.

Raffaella Sbrescia

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Video: “Un giorno di sole”

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