Eros Ramazzotti torna con “Perfetto”, un nuovo album di inediti (Universal Music) che rispecchia appieno lo status di un uomo, padre, figlio, compagno, artista nel momento più vivo e più autentico della propria esistenza. All’interno dei 14 brani realizzati tra Milano e Los Angeles, Eros canta l’amore nel senso più ampio del termine, inteso quasi come evoluzione individuale. Comprendere se stessi, conoscere a fondo i propri limiti e le proprie risorse, rappresenta, mai come in questo caso, l’opportunità per affrontare con nuovo slancio la fase adulta della vita e della propria carriera artistica. Prodotto da Claudio Guidetti, “Perfetto” intende rappresentare la fedele descrizione di questo stato di cose che, per Eros, racchiudono l’essenza della felicità. Avvalendosi della prestigiosa collaborazione ai testi di Federico Zampaglione, Mogol, Kaballà (Giuseppe Rinaldi, che aveva già collaborato con Eros per Calma Apparente), Pacifico e Francesco Bianconi (Baustelle), Eros Ramazzotti ha mantenuto un legame tangibile con le radici della tradizione musicale italiana ma allo stesso tempo ha ricercato nuove sonorità collaborando con alcuni musicisti importanti come Michael Landau , Vinnie Colaiuta, Sean Hurley e Jim Keltner tra gli altri.
Il risultato è un viaggio tra sonorità folk e modern-country, ballads elettroniche e tantissimi riff di chitarra: “Una canzone la puoi vestire come vuoi, ma l’importante è cosa vuoi trasmettere”, ha raccontato Ramazzotti durante la conferenza stampa di presentazione del disco a Milano. In effetti sono tanti i contenuti racchiusi nella tracklist del disco che, diversamente da quanto ci si aspettava, non contiene duetti. Si parte con “Alla fine del mondo”, accolta con sorpresa dagli addetti ai lavori, per il sound country che attraversa il testo, il moderno Don Chisciotte ramazzottiano si sposta poi sulle note estemporanee de “ Il tempo non sente ragione”, un ragionato invito a vivere qui ed ora. Al momento il brano più amato è proprio la title track “Perfetto”, incentrata sui dettagli e sulle piccole cose in grado di poter fare davvero la differenza nella nostra vita. Parole di conforto per chi è stanco di commettere errori sono racchiuse nell’evocatività poetica di “Sbandando” mentre l’energia di “Sogno n.3” rappresenta lo stacco perfetto prima di immergerci tra le intime e delicate parole di “Rosa nata Ieri”, in cui Eros parla con il cuore in mano ad una giovane donna che si affaccia alla vita tra incertezze, sogni e paure, tutte da affrontare a viso aperto.
Intensa e positiva “Vivi e vai”, ricca di suoni e spunti per il nostro vivere quotidiano. Come sempre ispirato dall’amore, Eros canta con particolare trasporto “Un’altra estate”, “L’amore è un modo di vivere”, “Il viaggio”: un percorso a tappe, scandito dalla ricerca della propria identità. La celebrazione della passione e dei sentimenti autentici continua con “Tu gelosia”, “Sei un pensiero speciale”, “Buon Natale ( se vuoi)”. Verace e sincero, Ramazzotti sceglie di chiudere il disco con “Tra vent’anni”, un brano intenso e delicato, destinato a diventare parte integrante della classica antologia ramazzottiana. Non rimane che attendere in che modo Eros deciderà di costruire il suo nuovo per il lungo tour che partirà il prossimo 12 settembre al 105 Stadium di Rimini per prendere successivamente il largo attraverso tutta l’Europa e toccare, infine, anche molte città della Russia, comprese Mosca, Tbilisi e Baku.
Dolce, appassionata, sensibile e romantica da un lato, forte, determinata e tenace dall’altro. Claudia Lagona, in arte Levante, dall’alto dei suoi 27 anni conquista il pubblico con “Abbi cura di te”, un nuovo intenso lavoro discografico che porta la firma di INRI e Carosello Records, in cui le dodici tracce che lo compongono lavano via le ferite e pagano per intero e senza mezzi termini il saldo con le sofferenze del passato. Ogni brano possiede una propria dimensione definita, una storia da raccontare, una ferita da rimarginare, uno scopo da raggiungere: la felicità. Arrangiamenti raffinati e sonorità ricercate sono il frutto della produzione artistica di Alberto Bianco, già operativo per “Manuale Distruzione” e regalano una sfumatura unica a ciascun pezzo.
Levante
Si comincia con “Le lacrime non macchiano”, un brano agrodolce profumato di pop-rock venato d’elettronica. Imbarazzo, disagio, incertezza, timore e rischio irrorano i versi di “Ciao per sempre” mentre la titletrack “Abbi cura di te” diventa un mantra da seguire, un focus su cui mantenersi concentrati: “Segui la parte sinistra, il battito lento, l’istinto che sia , segui le orme dorate, i cieli d’argento, non perderti via”, canta Levante, con semplicità e classe, con schietta malinconia dal gusto retrò. Più allegra e movimentata “Caruso Paskoski”, ispirata al film del 1988 di Francesco Nuti “Caruso Paskoski di padre polacco” che Levante vide in tv col papà. Romantica e sognante è, invece, “La rivincita dei buoni”, le cui sonorità strizzano l’occhio alle melodiche ballads anni ’50. Notevole il suadente groove della chitarra acustica folk di “Contare fino a dieci”. Commovente ed intensa “Finché morte non ci separi”, brano in cui Levante canta con la madre ripercorrendo le prime fasi della storia d’amore dei propri genitori. Amore, amore e ancora amore come in “Tutti i santi giorni” e soprattutto in “Lasciami andare”, prodotta dal compagno di Levante, Simone Cogo alias The Bloody Beetroots ed irrorata di affascinanti tocchi di elettronica. Divertente, ironica e spassosa “Pose plastiche”, un brano che non le manda di certo a dire e che demolisce i “sorrisi indossati all’occorrenza”. Forte e potente “Mi amo”: “mi amo e non importa se ridi di me, sì mi amo anche quando non so sopportarmi”, canta ferma e decisa Levante, salvo poi commuoversi intonando “Biglietto per viaggi illimitati”, il racconto poetico dell’addio al padre ferroviere, che chiude questo disco così come si concluderebbe un sogno malinconico e gioioso al contempo e che ci lascia sospesi in un limbo distante dal cinismo imperante del nostro tempo.
Ecco cosa ci ha raccontato Levante in occasione della presentazione alla stampa di questa mattina a Milano:
Qui parliamo di coraggio… tu ti rendi conto di essere coraggiosa, di aver intrapreso una strada che prescinde dai luoghi comuni della musica, che ti vede protagonista del palco insieme alla tua chitarra… come affronti questo tuo modo di essere?
Io non ho mai creduto di essere una persona coraggiosa perché in ogni cosa che faccio, ho sempre una paura incredibile però è anche vero che il coraggio senza paura non è coraggio per cui è anche giusto che ci sia una sensazione di debolezza, di fragilità. Credo di essere stata coraggiosa nello scegliere di essere felice e questo tipo di musica, insieme a questo tipo di percorso, mi fa stare bene; non ce n’è un altro che mi farebbe stare meglio di quello che sto facendo adesso.
Ti sei presentata come artista indipendente , quanto ci tieni a mantenere questo status e quanto ti preoccupa il passaggio in spazi più ampi sia televisivi che festivalieri?
Io non ho paura di questo. Spesso si tende ad associare l’essere indipendenti all’essere qualcosa di molto opposto al pop e non è così! Io sono molto pop, non sono molto distante dalla tv e dalle cose più “commerciali”. Spero di essere indipendente nelle scelte, vorrei essere sempre in grado di poter essere l’ultima persona a dare l’ultima parola, quella decisiva. Vorrei sempre poter contare tanto rispetto magari ad una major che mi vorrebbe avviare verso percorsi che non amerei fare.
Il mainstream implica una serie di scelte comunicative diverse…
Sì, eppure il mainstream mi mi scarta perché sono considerata un po’ borderline. Nel mondo la mia musica è pop, in Italia, invece, sono borderline…. Il mio esempio Carosello Records, una realtà indipendente molto forte, salda, con dei principi fermi, eppure di successo, per cui credo si possa diventare grandi senza svendersi.
Levante
Hai definito il tuo disco “l’Abbecedario della felicità”…come sei arrivata a questo percorso?
È stato tutto molto naturale. Ho scritto “Abbi cura di te” durante tutto il 2014, nell’ambito del “Manuale Distruzione tour” quindi avevo tantissime cose da dire proprio perché stavo facendo delle scelte molto forti, sia a livello personale che musicale. In queste 12 tracce parlo tanto di me poi ho stretto dei forti legami con tantissime persone che amo e che mi sono state molto vicine per cui ci sono anche dei racconti che non ho vissuto in prima persona ma che racchiudono una sorta di cammino verso la serenità, verso la voglia di essere felici. Fino a qualche anno ha, ho avuto un atteggiamento adolescenziale, mi crogiolavo nella tristezza poi, ad un certo punto, ho sentito l’esigenza di essere felice e la svolta è stata il saper scegliere. La felicità non la trovi dietro l’angolo, la felicità è dentro di te, nel momento in cui hai il coraggio di fare le scelte che ti portano ad esserlo, lo sei.
Continui ad avere esempi o punti di riferimento in ambito artistico –musicale oppure vai per la tua strada?
In questo periodo i miei lavori ricordano un po’ Leslie Feist poi c’è Carmen Consoli: tanti mi associano a lei e per me è un grandissimo onore poi mi rendo conto che siamo tanto diverse, sia nella scrittura che nel modo di vivere la musica e di farla, poi ci sono Cristina Donà, Janis Joplin, Alanis Morrissette e Mina.
Perché stai facendo fatica ad imparare i nuovi testi?
Da quando è esplosa “Alfonso” non mi sono mai fermata, sono sempre stata in giro con il tour, ho scritto il disco, siamo stati in Europa, in America, ho registrato il disco, ho iniziato subito la promozione e non ho avuto il tempo di studiare…giuro che mi preparerò meglio!
Parlaci del tuo rapporto con la Sicilia, della canzone in cui canti con tua madre nel disco e di quella che hai dedicato a tuo padre…
Ho una sorta di amore-odio con la Sicilia, l’ho lasciata all’età di 14 anni con mia mamma, valigia e chitarra, per sopravvivenza. Sono molto innamorata della mia terra, ci torno spesso, ho tutti i parenti paterni lì, la mia casa, i miei ricordi. Quando ci torno è sempre una sorta di capriola nel passato…
Ho sempre raccontato di mio padre, la sua scomparsa è stata la ferita più grande, la prima in assoluto per me. Anche in questo album c’è un brano che parla di lui ed è “Biglietto per viaggi illimitati”: sono figlia di un ferroviere e, quando lui è mancato, mi sono ritrovata con questa specie di scherzo del destino con questo biglietto per viaggi illimitati…La cosa amara è che quando lui mancò, l’unico posto in cui volevo raggiungerlo non era possibile da raggiungere per cui racconto di questo treno che non posso prendere. Per quanto riguarda mia madre, invece, finalmente ho raccontato una storia di cui mi vanto tantissimo fin da piccola: questa mamma sedicenne, un po’ pazza, che lega le lenzuola calandosi dal primo piano di casa, lasciando le finestre aperte a Torino, facendo ammalare la sorella con la febbre a 40. Il tutto per raggiungere il mio papà, che in quel periodo studiava ingegneria meccanica a Torino e che si era innamorato di questa ragazzina. L’idea più bella di questo disco è stata proprio quella di voler far cantare mia mamma. Inizialmente ero terrorizzata perchè non è facile ascoltare la propria voce in cuffia, in uno studio, essere intonati, precisi ed interpretare bene un brano. Lei però, superato il primo scoglio per l’ inevitabile emozione , è stata davvero bravissima.
E per quanto riguarda gli arrangiamenti?
Lo scorso maggio ho preso Alberto Bianco da parte e gli chiesto se gli andava di arrangiare anche questo nuovo lavoro; lui si è chiaramente emozionato, mi ha stretto forte e da lì è ripartito tutto. Alberto è stato davvero bravo perché, se per “Manuale Distruzione” ero stata un po’ assente per cappuccini e caffè dalle 9 alle 17, in “Abbi cura di te” sono stata, al contrario, molto presente e molto esigente. Insieme abbiamo comunque trovato un buon compromesso tra i suoni e tutto il resto ed il risultato mi soddisfa molto, soprattutto nel caso della titletrack del disco. Per quanto riguarda “Ciao per sempre”, l’arrangiatore è Ale Bavo, produttore torinese che ha anche curato la produzione delle voci. Ci sono stati anche i contributi degli elementi della mia vecchia band, tutti cantautori, artisti con dei loro progetti in cantiere. “Lasciami andare”, invece, è stata prodotta da The Bloody Beetroots e, anche se non avrei mai voluto questa collaborazione, perché sarebbe stato facile additarla, è nata in modo davvero molto naturale. Quando ha ascoltato questa canzone, Simone si è emozionato, ha insistito perché potesse farne una versione propria e, quando io e Alberto l’abbiamo sentita, abbiamo pensato che non esistesse una versione migliore di quella e quindi ce la siamo tenuta portando una ventata di elettronica nel disco, seguendo, tra l’altro, un mio antecedente avvicinamento al genere, senza perdere il legame con le origini.
Raffaella Sbrescia
A giugno prende il via il tour di Levante. Organizzato da OTRLive Srl, queste le prime tappe confermate:
6 giugno – Milano – Miami Festival
16 giugno – Bologna – Biografilm Festival
20 giugno – Sassocorvaro (PU) – Indietiamo Festival
26 giugno – Foresto Sparso (BG) – Forest Summer Fest
Ha appena compiuto vent’anni ma è già al centro dell’attenzione mediatica. Lui è Lorenzo Fragola, vincitore dell’ultima edizione di “X Factor”, scrittore ed interprete delle canzoni contenute in “1995”, il suo album d’esordio. Prima di cimentarci in un approfondimento relativo a questo nuovo talento italiano, ci siamo riservati di ascoltarlo più volte dal vivo per capire fino in fondo l’identità artistica di un giovane su cui sono state investite, a ragione, moltissime energie produttive. Dopo il lancio del singolo certificato doppio disco di platino per le oltre 60.000 unità acquistate negli store digitali e una partecipazione tra i “Big” a Sanremo (pur con un piazzamento a metà classifica, 10), Lorenzo si è concentrato nella realizzazione del suo primo disco, prodotto da Fausto Cogliati e Fabrizio Ferraguzzo, prendendo parte a diverse fasi di lavorazione dell’album e curandone anche gli arrangiamenti. Quello che colpisce di Fragola, pupillo di Fedez, è la già discreta capacità autorale, l’immediatezza empatica del suo cantato e la graziosa miscela pop in cui è riuscito ad incanalarsi in maniera piuttosto rapida.
Lorenzo Fragola
Entrando nello specifico dell’album l’iniziale “The rest”, traccia d’apertura del disco, è infarcita di sonorità british mentre “Best of me” marcia sulla stessa via con un po’ più di energia. Conquista consensi sempre maggiori “The reason why”, già lanciata ad X-Factor e doppio disco di platino, scritta da Fragola con Michelle Lily Popovic e Fausto Cogliati. Decisamente riuscita la versione acustica di “Dangerous” di David Guetta che, a metà disco, rappresenta, ad oggi, un’astuta scelta ritmica. Molto intenso il testo “ Who i am ?”, in netta contrapposizione con la spensieratezza di “ #fuori c’è il sole”. Tra gli autori anche Rebecca Ferguson per “Homeland”, “Nek” per “Da sempre” ed Ermal Meta per “La nostra vita è oggi”.
Lorenzo Fragola
I colpi in canna per Lorenzo Fragola son, dunque, tanti; 1995 è un disco in grado di essere apprezzato anche dai più schizzinosi e rappresenta un buon presupposto per spianare un percorso che sicuramente avrà diversi ostacoli da aggirare. Una sfida, quest’ultima, che Lorenzo si appresta ad affrontare con grinta e voglia di fare raccogliendo entusiasmanti consensi con il suo pop acustico, irrorato di soul bianco.
Raffaella Sbrescia
Gli appuntamenti live di Lorenzo Fragola:
28 Maggio Piazza Duomo – Milano per ”Radio Italia 3.0″, un momento dedicato ai giovani all’interno di “RadioItaliaLive – Il Concerto”.
LORENZO FRAGOLA – TOUR 2015
Ven 2 Ottobre – Roma, Atlantico
Sab 3 Ottobre – Napoli, Casa della Musica
Dom 4 Ottobre – Bari, Demodè Club
Ven 9 Ottobre – Padova, Gran Teatro Geox
Sab 10 Ottobre – Nonantola (MO), Vox Club
Lun 12 Ottobre – Milano, Alcatraz
Gio 15 Ottobre – Firenze, Obihall
Ven 16 Ottobre – Venaria Reale (TO), Teatro della Concordia
Spirituale, pensato, lavorato, sapientemente ritmato, “9”, il nuovo album dei Negrita, rimette in gioco il gruppo aretino che, lungi dall’appollaiarsi sui successi del passato, si getta nella mischia con sapiente consapevolezza e con il gusto dell’incognita raggiungendo un risultato veramente godibile. Forgiati dalla lunga ed estenuante esperienza live con il musical “Jesus Christ Superstar”, Pau e compagni hanno affrontato lo scossone dell’’abbandono dello storico bassista Franco Li Causi immergendosi nella scrittura senza distrazioni al Grouse Lodge di Rosemount (Irlanda).
Negrita live @ Forum Assago ph Carmine Arrivo
In “9”, in effetti, traspaiono in bella vista tutte le caratteristiche che un album dei Negrita dovrebbe avere, su tutte spicca una verve fortemente rockettara nel sound e nell’animo, senza trascurare una varietà di stili che completa ed arricchisce il disco limando anche gli angoli più spigolosi. Di acqua ne è passata da quel lontano marzo del 1994 ma Pau Drigo e Mac rappresentano ancora il nucleo centrale di un fertile connubio di suoni e anime. In questa nuova fase artistica, oseremmo dire la più matura, il gruppo dimostra di possedere la necessaria esperienza per potersi muovere con tutta scioltezza in territori musicali differenti senza perdere né carica né credibilità.
Negrita live @ Forum Assago ph Carmine Arrivo
L’album si apre con la fortissima radiofonicità de “Il gioc”o: ci si muove tra strade di cera, tra amarezza ed allegria, sulle vie della vita, descritta come “un’autostrada in fiamme con curve di miele”. In qualità io cannibali travestiti da vegani, ci lasciamo facilmente conquistare dal riff catchy di “Poser”, un brano irriverente, scherzosamente critico, ispirato da una scuola vecchia più del pop e del rap. Il terzo colpo in canna è “Mondo politico”, iniettato con spruzzi di elettronica e che presenta una foce direttamente annessa ad un rock denso e avvolgente. Briosa e frizzante la disinvoltura di “Que será, será”, in stretta connessione con le influenze latine tanto care ai Negrita attorno alla metà degli anni 2000. “Se sei l’amore” rappresenta, invece, un caso unico, un serbatoio da cui attingere sentimentalismo e delicatezza. “Giorni di velluto e poesie, disastri ed utopie” animano i flashback amarcord di “1989” mentre il fascino ancestrale di “Ritmo Urbano” riempie i vuoti del cuore alternando pop, rock e ritmi latini.
Negrita ph Dara Munnis
Libera, travolgente, estemporanea è la sensuale linfa vitale de “Il nostro tempo è adesso”. “Baby I’m in love” ci rigetta, senza preavviso e senza pietà, al centro di un violento riff rockettaro che riaccende i cuori e gonfia il cuore con una massiccia dose di adrenalina. Un rock più soffuso e stemperato accarezza le nervature di “Niente è per caso” mentre “L’eutanasia del fine settimana” critica con lucida oggettività quell’insulsa italianità fatta di presenzialismo e inutile apparenza. Subito dopo c’è “Vola via con me”, in cui i Negrita definiscono l’amore un tango che si balla sempre in due e la vita come una suadente milonga con un gran guitar solo nel finale. Chiude l’album “Non è colpa tua”: un brano atipico e cuorioso, dedicato a Shel Shapiro: “Da Woodstock a White, dai Beatles a Jim, da Hendrix a Dylan, da Yung agli Stones, uno è il messaggio: ricorre una frase, portiamo l’amore che trionferà. Milioni di cuori col sole negli occhi vanno sicuri incontro al futuro che promette tutto ma poi toglierà, la storia andò così”, cantano con lucida consapevolezza e noi, ultimi arrivati, ne paghiamo ancora le spese.
Il cantautore torinese Bianco torna in scena con “Guardare per Aria”. La sua terza fatica discografica, pubblicata lo scorso 3 febbraio per l’etichetta INRI Torino, distribuita da Artist First e Believe Digital, lo elegge rappresentante del cantautorato pop made in Torino e decreta il passaggio dell’artista oltre il bivio: la musica di Bianco conquista la leggerezza necessaria per mantenere la testa tra le nuvole senza tuttavia rinunciare alla cura per le parole e alla ricercatezza degli arrangiamenti. La chiave di questa svolta sta nella ricerca dei termini più congeniali per esprimere concetti profondi ed emozioni intime in maniera immediata, eppure poetica. “Guardare per aria”racchiude, tra l’altro, un buon numero di collaborazioni che pongono a diretto confronto il sound della scuola cantautorale romanacon quellodella Torino indipendente, grazie all’equilibrio creato da Bianco insieme al produttore Riccardo Parravicini, attraverso l’intervento di numerosi musicisti: si va da Niccolò Fabi a Roberto Angelini a Pier Cortese a Mr T-Bone, per arrivare a Nadàr Solo, Daniele Celona e Levante.
Bianco Ph Officine Sospese
La tracklist dell’album si snoda attraverso nove tracce, piene di stelle, di mare e di tutto ciò che troviamo in mezzo; sogni, incertezze e paure ci tengono in equilibrio mentre proviamo a muoverci sulla corda della vita, sottile quanto un “filo d’erba”. Ogni brano ha la sua colonna portante, la chitarra, che accompagna la voce di Bianco sicuro di sé e delle sue intenzioni. Il filo conduttore del disco è un pop pulito e leggero, di stampo cantautorale moderno in cui Bianco è il demiurgo di un’atmosfera ottimista, sognante e melanconica al contempo. La prima traccia “Filo d’erba” rompe il ghiaccio: “Arriverà l’estate e i fiori si apriranno … le stelle ci invidieranno perché è meglio guardare per aria che a terra”. Il “Volume” della vita, dell’amore e delle difficoltà ci regala la consapevolezza di possedere la forza necessaria per affrontarle ad una ad una. Il ritmo di “Corri corri” rompe gli schemi grazie alla presenza accentuata della batteria e al fresco duetto con Levante. Interessante l’intro elettronica di “Drago”, un brano immaginifico, un viaggio onirico che ci riporta alla scoperta di noi stessi: “la felicità è un drago fatto di gesti piccoli, così piccoli, quasi invisibili”. Intima e delicata anche “Aeroplano”: “Spesso è la paura di andare lontano mi fa restare vicino alle cose che amo, a quelle che in fondo io merito veramente”. A godere del particolare fascino autobiografico è “Almeno a Natale”: “essere liberi è anche capire che per non passare la vita a fuggire, serve ogni tanto saper indossare, quel vestito buono che ti fa paura”. Chiude il disco il brano intitolato “Le stelle di giorno”, una morbida e vellutata ninna nanna, ulteriormente addolcita da arpeggi, chitarra acustica e l’ipnotico canto delle cicale che, come un balsamo, cura e lenisce gli affanni della lotta quotidiana a cui siamo destinati.
A tre anni di distanza da “L’amore è femmina” Nina Zilli torna sulla scena musicale italiana con un nuovo album di inediti intitolato “Frasi & Fumo”, un disco dall’impronta cantautorale, densamente lavorato, inziettato di blues e spunti retrò, come ormai Nina ci ha ormai abituato, cavalcando l’onda del suo stile inconfondibile. Tra i 14 brani presenti in tracklist troviamo naturalmente “Sola”, presentata dalla cantautrice sul palco del teatro Ariston di Sanremo, in gara tra i “big” della 65esima edizione del Festival della Canzone Italiana e la cover di “Se bruciasse la città” di Massimo Ranieri. L’album, che gode della produzione di Mauro Pagani, si apre con “Intro (Cirromembi)”, un’avvolgente ballad che ci addentra subito all’interno del nucleo di questo lavoro in cui Nina lascia confluire le sfumature della sue voce, i pensieri e le suggestioni che hanno scandito i suoi ultimi anni ricchi di esperienze personali ed artistiche. L’eleganza, la versatilità, la qualità degli arrangiamenti si sposano con suggestive parole d’amore, tema portante della discografia prodotta da Maria Chiara Fraschetta.
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La title track “Frasi & Fumo” lega tra loro i brani come un anello d’acciaio, un’inaspettata ed accattivante virata soul funky ci traghetta verso l’energico e divertente il piglio da sfida contenuto in “Luna spenta”. Deciso e volitivo il testo di “#RLL (Riprenditi le lacrime)”: “ridammi le mie favole, non perderti, non chiederti se ho ancora bisogno di te, lontani come un’isola i sogni più romantici, promettimi che torni qui con una parola per me”. Sofisticata e raffinata “Cadevo piano”, tra le più belle canzoni contenute nell’album. Il raggae doloroso di “Lei dice”, coi fiati in evidenza, parla di un triangolo amoroso. Il file rouge jazzy attraversa anche “Una breve vacanza”. Sfiziosa e divertente “Schema libero”: “a che serve questo tempo che non passa mai? Tanto hai detto che non tornerai”, in duetto con Neffa. Tinte swing colorano le note di “Fra il divano e le nuvole” mentre richiami anni ’60 sfumano gli echi di “Dicembre”. Empatico il pathos trasmesso in “Unico re” che cede il passo a “Dormi, dormi”, la ballad soul che chiude in crescendo un album corposo ed elegante.
Estemporaneo, emozionante, intenso e delicato “Written in Scars”, il nuovo album del cantautore Jack Savoretti è uscito lo scorso 24 febbraio, via BMG, a due anni e mezzo di distanza da “Before the Storm” e contiene canzoni nate per salvare, fotografare, interiorizzare, precisi fotogrammi di momenti impercettibilmente fondamentali per l’evoluzione della propria anima. Al centro del nucleo semantico di questo lavoro c’è l’essenza più profonda di Jack, il quale ha definito “Written in scars” un album di cicatrici che l’hanno segnato nel bene e nel male. Nato dalla collaborazione con Sam Dixon (Adele, Sia), Matty Bembrook (Faithless, Paolo Nutini e Jake Bugg), Pedro Vito e Seb Sternberg, coautori assieme a Jack di dieci degli undici pezzi che compongono l’album (dodici per l’edizione italiana, che comprende in esclusiva “Fall”, scritta in collaborazione con il cantautore ligure Zibba, con cui è nata una particolare intesa artistica e umana), “Written in scars” è un album sincero, schietto, genuino: “Abbiamo pensato di iniziare a comporre studiando ogni canzone a partire dal ritmo, dal groove e dalla linea di basso e i pezzi sono nati così, in maniera estemporanea“, ha spiegato Jack alla stampa italiana, in occasione della presentazione del disco al Vinile di Milano, insieme alla sua storica band, The Dirty Romantics. “Ogni canzone è stata registrata il giorno stesso in cui è stata scritta attraverso un metodo compositivo non pianificato, sviluppatosi spontaneamente”, ha aggiunto il cantautore.
Jack Savoretti photo shoot at Replay Clothing, Carnaby Street, London
A chiudere il disco è la bella cover di “Nobody ’cept You” di Bob Dylan, un brano molto caro a Jack. A disegnare i cardini del disco sono il ritmo e l’istinto, il Mediterraneo: “I vecchi album di Battisti e De Andrè hanno influenzato molto questo lavoro. Volevo portare la musica mediterranea in un contesto musicale inglese e, in effetti, ci sono molte contaminazioni ritmiche di area genovese. “Anime Salve”, ad esempio, è una master class di produzione nell’utilizzare elementi tribali dandogli una connotazione contemporanea”, ha raccontato l’artista, addentrandoci nelle viscere di un viaggio introspettivo, un percorso di consapevolezza personale che si snoda con facilità alll’interno dell’ attuale contesto socio-culturale. Con la sua voce ruvida, appassionata e struggente, Jack Savoretti ammalia e rapisce l’ascoltatore, le sue melodie semplici ed eclettiche al contempo, dominate dal suono della chitarra acustica e da una peculiare attenzione ai testi, portano Savoretti, italiano d’Inghilterra, ad essere uno dei ”singer songwriters” più quotati del cantautorato britannico contemporaneo.
1 - Back to Me
2 - Home
3 - Don't Mind Me
4 - Tie Me Down
5 - Broken Glass
6 - The Other Side of Love
7 - Nobody 'Cept You
8 - The Hunger
9 - Written In Scars
10 - Wasted (feat. Lissie)
11 - Fight 'Til the End
Protagonisti delle classifiche di tutto il mondo, i losangelini Imagine Dragons composti da Dan Reynolds, il chitarrista Wayne Sermon, il bassista Ben McKee e il batterista Daniel Platzman, rei di aver guadagnato un enorme seguito dopo aver pubblicato una serie di EP indipendenti, hanno pubblicato il nuovo atteso album intitolato “Smoke + Mirrors” scatenando diverse reazioni contrastanti. Il disco, registrato negli studi appena inaugurati della band, racchiude temi all’ordine del giorno come tensione e vulnerabilità. Al centro della nutrita tracklist dell’album c’è un rock molto vicino al pop, figlio di un sistema compositivo ben strutturato e davvero molto orecchiabile. Nelle tredici tracce, diciotto nella versione deluxe, prodotte da Alex da Kid, emerge un importante utilizzo di suoni elettronici, svariati cori nei refrain dei brani centrali, una massiccia dose di cantabilità melodica; gli Imagine Dragons toccano tanti generi diversi: traditional, pop, rock, Africa, ritmi dispari ma si confermano sovrani della melodia usa e getta.
Imagine Dragons Ph Eliot Lee Hazel
Di grande effetto la triade iniziale: si passa dalla spettacolare sensualità di “Shots” al bagliore sornione di “Gold” fino alla rabbiosa title track “Smoke and Mirrors”. Politically uncorrect il riff superlettrico di “I’m so sorry”, semplice e catchy l’intro semiacustica di “I bet my life”, arricchita dall’irresistibile coro centrale. L’ipnotica “Polaroid” cede il passo all’energia incandescente di “Friction”, seguita dalla meno incisiva “It comes back to you”. Il brano più intimo del disco è la ballad “Dream” che, insieme a “Trouble”, rappresenta la parentesi più delicata di tutto il lavoro. Decisamente sottotono le monotone “Summer” e la lunghissima “The Fall”. Dirette e taglienti le chitarre distorte su “Homeless Opus”. Dei 5 brani inseriti nella versione deluxe citiamo l’elegante “Second chances” e l’incoraggiante “Warriors”, due tracce che chiudono un album che avrà sicuramente un grande successo in termini di vendite ma che, allo stesso tempo, lancia un campanello d’allarme sulle contraddizioni interne al gruppo. Sarà il tempo a raccontarci se, e in che modo, gli Imagine Dragons sapranno costruirsi un percorso artistico coerente e duraturo.
“Catacatassc” è il titolo dell’esordio in full-length del gruppo campano La Bestia Carenne. Lucciole, questa la traduzione del titolo, di campagna, di provincia, lucciole che illuminano la polvere di note ispirate da scenari e storie lontane. Piccoli insetti che spianano la via dell’emotività grazie al loro fascino girovago, selvaggio e agreste. Il Folk proposto da La Bestia Carenne, permeato da insolite ed imprevedibili sfaccettature, ora più declinate verso il rock, ora verso il world, senza mai rinunciare alla fervida bellezza neorealista di personaggi umili, mette in rilievo visioni, suggestioni, emozioni autentiche e veraci. Dal country americano al Manouche dei Balcani, Giuseppe Di Taranto, Antonello Orlando, Paolo Montella e Giuseppe Pisano ci accompagnano per mano tra i sogni sognati di “Billy il mezzo marinaio”, tra i giorni di vetro de “Le cose che desideri”, nel dramma bucolico di “Transkei”. Nei dodici brani di “Catacatassc” sono tanti i personaggi, le storie e i linguaggi musicali che si incontrano e che si scontrano lungo le impervie vie di un saliscendi emotivo studiato con cura fin nei minimi dettagli. Particolarmente interessante la ballata blueseggiante intitolata “Cadillac”, meritevole di menzione “Jeanne”, che inizia proprio come una ballata jazzata e notturna per poi virare verso orizzonti lontani. Registrato in una masseria di Sant’Agata dei Goti, “Catacatassc’” non segna soltanto il debutto discografico de La Bestia Carenne, ne delimita, bensì, i cardini a cui fare riferimento per provare a lasciare il segno.
Tra Fiumana di Pellizza da Volpedo ed il bacio di Hayez, Marco Mengoni ha cantato la bellissima “C’è tempo” di Ivano Fossati in diretta a “Che fuori tempo che fa” di Fabio Fazio, per la rubrica Note al Museo, in collegamento speciale dalla suggestiva Pinacoteca di Brera a Milano. Siamo in tempi in cui ci mancano i veri interpreti e, dato che Marco Mengoni possiede il rarissimo dono di dare un senso a tutte le sue cover, cogliamo l’occasione per sottolineare la particolare bellezza e delicatezza di questa nuova ed unica interpretazione. Un brano importante, intimo, tra i più belli del grande Fossati, contenuto in “Lampo Viaggiatore” del 2003: “Dicono che c’è un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare, io dico che c’era un tempo sognato che bisognava sognare”, canta oggi Mengoni, modulando le parole, rivestendole di nuova grazia con eleganza e rispetto. Con la complicità di un’atmosfera incantata in una location di immenso prestigio, Marco ha incantato i telespettatori, ha fermato il tempo, ci ha restituito la possibilità di sognare ascoltando una voce: la sua.
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