Tienimi il posto, il nuovo album di Erica Mou. La recensione

Tienimi il posto - Erica Mou

Caduta e volo, separazione e ricongiungimento. Ecco i temi che attraversano il nuovo album della cantautrice pugliese Erica Mou, prodotto da Auand Records con il sostegno di Puglia Sounds e distribuito da Artist First. Nei tredici brani arrangiati insieme a Francesco Diodati, Alessandro Marzi e Francesco Ponticelli, Erica ritorna alle origini del suo percorso artistico, raccontandosi con coraggio e attingendo ai propri ricordi più intimi cadenzandoli con ritmi leggeri e melodie delicate. La potente nitidezza della sua voce è il mezzo attraverso cui emerge l’energia, la profondità e l’autenticità di un progetto costellato di immagini ed intuizioni semplici e slanci poetici in cui ciascuno di noi si può riconoscere. “Tienimi il posto” è un album intimo e diretto,  un investimento d’emozioni ad ampio raggio, a partire dal fascino immaginifico della copertina realizzata da Paolo Troilo, perfettamente in linea con i temi portanti delle canzoni che, partendo da una base di chitarra e voce, con aspetti acustici particolarmente marcati, acquisiscono forza poco per volta.

Erica Mou

Il disco si apre con il brano “Sottovoce”, una canzone dove si rinuncia a parlare ma si continua a dire tante e tante cose che si fissano negli angoli più remoti della testa. “Tutto ciò che ritenevo indispensabile non è altro che abitudine”, canta Erica in “Indispensabile” rivelando in maniera tangibile una forte componente autobiografica.  Scelte consapevoli, coraggiose, con o senza colpa, si lasciano irradiare dalla luce del singolo di lancio “Ho scelto te” mentre le parole si incontrano, si arrotolano, si incastrano nella giocosa struttura de “Le macchie”, ulteriormente impreziosita da un’ottima linea di basso finale. La traccia più raffinata ed elaborata al contempo è “Biscotti rotti”, l’elogio alla “frastagliata unicità dell’imperfezione”; il mantra del nostro vivere quotidiano. Tracce di aria, gocce di suono, bolle di silenzio riempiono le oniriche didascalie disegnate dalla voce di Erica Mou; teniamole il posto, dunque,  e lasciamoci condurre per mano in un mondo fatto di contorni vaghi e orizzonti aperti.

 Raffaella Sbrescia

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  Tracklist: 1. Sottovoce, 2. Come mi riconosci, 3. Indispensabile, 4. Niente di niente, 5. Ho scelto te, 6. Le macchie, 7. Che pioggia, 8. Quando eravamo piccoli, 9. Se mi lasciassi sola, 10. Biscotti rotti, 11. Non sapevo mai mentirti, 12. Depositami sul fondo, 13. Tienimi il posto.

Video: “Se mi lasciassi sola”

Jess Glynne: “I cry when I laugh”, dopo cinque singoli in cima alle classifiche, ecco l’album d’esordio

Jess Glynne

Abbiamo imparato a conoscerla grazie al grande successo ottenuto negli ultimi 18 mesi. Lei è Jess Glynne, una cantautrice britannica che, dopo aver esordito al n°1  con ‘Rather Be’ (coi Clean Bandit nel febbraio 2014), è riuscita a piazzare al vertice delle classifiche anche ‘My Love’ (coi Route 94 a Marzo 2014), ‘Hold My Hand’ (Aprile 2015) e ‘Not Letting Go’ (con Tinie Tempah a Luglio 2015). Con il quinto singolo consecutivo intitolato ‘Don’t Be So Hard On Yourself’ per la Glynne arriva anche “I cry when I laugh”, l’album full lenght, pubblicato lo scorso 21 Agosto in UK ed il 28 Agosto in Italia, su etichetta Atlantic Records.  Un mix di soul, di tristezza, di lacrime ed euforia attraversa le 20 tracce della deluxe edition di questo album di debutto che Jess ha fortemente voluto lottando oltre il dolore, alla ricerca di una felicità tuttavia possibile. “Questo album parla di una ragazza che era spensierata, che ha avuto qualche problema, che si è trovata col cuore spezzato, e che ha trovato la sua strada attraverso questa esperienza, non con la tristezza ma con la speranza, e non lasciandosi mai scoraggiare”, spiega la cantante introducendo un lavoro veramente variegato, forse troppo. Se è vero che all’interno della tracklist manca un discorso omogeneo, è altrettanto vero che il vero filo conduttore risiede proprio nella vocalità della Glynne, tanto versatile, quanto comunicativa. Che sia sui ritmi dance delle super hit che ci hanno fatto ballare per mesi, o sulle più intime note delle ballads all’interno del disco, i tratti black della voce della cantante dalla chioma fiammante, riescono a trovare costantemente un solido appiglio nell’ animo dell’ascoltatore.

Jess Glynne

Jess Glynne

La leggerezza di ‘Don’t Be So Hard On Yourself’  “disegna” un sorriso mentre la si ascolta, ‘Gave Me Something’ racchiude una repentina presa di coscienza individuale mentre la delicata ‘Take Me Home’ rielabora il concetto di tristezza conferendogli una nuova e più rosea sfumatura. Una delle trace di chiusura dell’album è la super ballad ‘Saddest Vanilla’, brano intenso, introspettivo, cantato con una potente carica  espressiva, in cui Jess duetta con la popstar inglese che ha venduto milioni di dischi Emeli Sande, un ottimo featuring  in un album che, nella sua varietà, offre un’ampia panoramica delle influenze e delle radici musicali di Jess Glynne. Tracciando un bilancio finale, “I cry when I laugh” offre alla Glynne un buon punto di partenza per limare, valutare, sperimentare e scegliere le tappe di un percorso che possa garantirle una certa continuità di resa, sia in termini di vendite che di crescita artistica.

 Raffaella Sbrescia

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Tracklist

Strawberry Fields

Gave Me Something

Hold My Hand

Real Love

Ain’t Got Far To Go

Take Me Home

Don’t Be So Hard On Yourself

You Can Find Me

Why Me

Love Me

It Ain’t Right

No Rights No Wrongs

Saddest Vanilla (feat. Emeli Sande)

Right Here

Home

Bad Blood

My Love (Acoustic)

Not Letting Go (Tinie Tempah feat. Jess Glynne)

Rather Be (Clean Bandit feat. Jess Glynne)

My Love (Route 94 feat. Jess Glynne)

 Video: “Don’t be so hard on yourself

“Beauty behind the madness”, il nuovo album di THE WEEKND. La recensione

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Il suo nome è Abel Tesfaye, in arte THE WEEKND  ed è considerato la nuova stella del panorama musicale mondiale. “Beauty behind the madness” è, invece, il titolo del secondo album dell’artista canadese,  è stato pubblicato lo 28 agosto ed ha debuttato direttamente al #1 della prestigiosa Billboard Artist 100. Nato in Ontario, di origini etiopi, l’artista ha debuttato nel 2010 dopo avere caricando su YouTube alcune sue tracce, inclusa una realizzata con il rapper Drake. Da promessa indie, THE WEEKND  è diventato una popstar globale senza creare malcontento tra gli ammiratori della prima ora. Alla base di questo percorso in sfolgorante ascesa c’è una grande determinazione  ma anche tanto buon fiuto.   Nel suo nuovo lavoro THE WEEKND  non si distacca dalle sue sinuose melodie adagiate su basi minimal e oscure, cadenzate  da impercettibili e seducenti scariche elettriche.  Raffinatamente esplicito, nei suoi testi THE WEEKND scava a piene mani tra le proprie esperienze personali, oppone registri e tematiche controverse affidandosi alla forza immaginifica del suo particolarissimo sound.

Il suo viaggio di riconciliazione con la bellezza dei sentimenti autentici inizia con “Real life”, in bilico tra flashback del passato e visioni di un futuro che alletta e spaventa al contempo.  Ritorno alle origini con “Losers”  in cui The WEEKND prende polemicamente  le distanze dal sistema scolastico, e con la grintosa energia di “Tell your friends”, prodotta da Kanye West. Il fulcro epicentrico del disco è la super hit “Can’t Feel My Face”, frutto della prestigiosa collaborazione con il gettonatissimo Max Martin. Una piccola miriade di sincopi su un giro basso da urlo caratterizza il pezzo che ha fruttato a THE WEEKND il clamoroso, e neanche troppo blasfemo, accostamento a Michael Jackson . Con la lussureggiante e lussuriosa “Earned It”, colonna sonora di “Cinquanta sfumature di grigio”, l’artista si è guadagnato ulteriore popolarità senza sporcare la sua essenza musicale. Intima e senza filtri  “Shameless”, impreziosita da un vibrante guitar solo. Poco apprezzato dagli addetti ai lavori l’insolito duetto di THE WEEKND con Ed Sheeran sulle note electro-blues di “Dark Times”, al contrario dell’ottimo connubio con Lana Del Rey nella tribolata trama di “Prisoner”.  La traccia di chiusura è “Angel”, brano che non toglie e non aggiunge nulla di particolare ad un album che, considerato nella sua totalità, apre un nuovo scenario all’interno del mondo mainstream perché porta con sé delle ruvide, scomode ed amabilissime tracce di vita reale.

Raffaella Sbrescia

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Tracklist

1.      Real Life

2.      Losers featuring Labrinth

3.      Tell Your Friends

4.      Often

5.      The Hills

6.      Acquainted

7.      Can’t Feel My Face

8.      Shameless

9.      Earned It (Fifty Shades of Grey)

10.  In The Night

11.  As You Are

12.  Dark Times featuring Ed Sheeran

13.  Prisoner featuring Lana Del Rey

14.  Angel

Video: Can’t feel my face

La Terza Guerra: Mimosa racconta le donne del nuovo millennio nel suo emozionante album d’esordio

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Attrice, musicista e cantante, Mimosa  Campironi è un talento spinto da una fame insopportabile: fame di emozione, espressione, formazione, sperimentazione, conquista? Chi può dirlo. Dopo aver studiato pianoforte in Conservatorio, recitazione al Centro Sperimentale di Cinematografia, filosofia alla Sapienza, Mimosa debutta nel mondo musicale italiano con “La terza Guerra”, artisticamente prodotto da Leo Pari, in uscita il 25 settembre per Gas Vintage Records. Le undici tracce che compongono questo lavoro spiazzano, commuovono, provocano, smuovono i pensieri, i ricordi, l’anima. Se è vero che ogni canzone racconta un personaggio femminile sempre diverso, è altrettanto vero che il concetto di “fame” tanto caro a Mimosa ricorre ed emerge con prepotenza ed è indice di intimismo e di sensibilità emotiva. “Ora mi accorgo del mio corpo in evoluzione, dello spirito che si muove dentro di me e prende forza. Penso a quanta importanza ha nella mia vita l’amore in tutte le sue declinazioni e la lotta profonda di liberazione dell’ anima. Penso alle mie amiche che attraversano la crisi economica con me, alle ragazze della mia generazione. Penso all’energia con cui ci affanniamo a costruire qualcosa che nemmeno comprendiamo, con la sensazione che i risultati non li vedremo mai. Così ho scritto “La Terza Guerra” una performance e un disco che mette in scena tutte le storie che ho incontrato e vissuto in questi anni”, scrive Mimosa nella sua biografia, aprendo le porte del suo mondo che, in fondo, è anche un po’ il nostro. Donne che lottano con l’arma dell’amore (Terza Guerra), donne che amano troppo (Voglio Avvelenarmi un po’) o che sbagliano a scegliere l’uomo da amare (Il Ragazzo Sbagliato), donne che vengono uccise (Fakhita) o sfigurate (Non Ero io), donne che perdono un padre (Fame D’Aria) prendono vita tra strofe e ritornelli scanditi da arrangiamenti molto curati, impreziositi dalla costante ed elegante presenza del pianoforte.

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Indifferente alle tendenze contemporanee, Mimosa segue la sua linea musicale ed espressiva. Il messaggio è subito chiaro nella title track “La terza guerra”, definita dalla stessa cantautrice come “la canzone donna”: canto la ‘terza guerra’ come se fosse una donna che marcia verso il futuro , finalmente padrona di sè, armata di amore , voglia di cambiamento e coraggio. Più intimo e delicato il mood di “Arance”, brano ispirato al giardino segreto di Roma in cui Mimosa immagina un uomo che, prima di morire, sdraiato nel suo letto, prega la sua donna di vivere in modo assoluto e di non avere paura perché ogni dolore si dissolverà come acqua. “Ho tante cose da raccontarti ma ho la pancia annodata dalla fame”, canta Mimosa, in “Fame d’aria”, scritta per chi avrebbe voluto conoscere e non ha potuto, per chi ha salutato troppo presto. Bellissima la conclusione strumentale al piano, un magistrale tocco di classe. Ne “Gli Effetti”, il pianoforte è come impazzito, alterato come la realtà che viviamo, infestata da una polvere che aleggia nell’aria ed eccita tutti i valori. Dove è andata a finire la parola diritto? Dove è finita la parola domani? Dove è finito il coraggio di osare? Si chiede e ci chiede Mimosa mettendoci con le spalle al muro e di fronte ad un implacabile specchio riflesso. “Fakhita” è un brano coraggioso e controverso, è una preghiera, un ‘Ave Maria, ispirata alle storie delle tante ragazze trovate uccise, di cui spesso non si conosce l’identità. Fakhita è carne sacrificale sull’altare della gente perbene, madre dei ladri e dei poeti. Frenetico e dirompente è il mood di “Voglio avvelenarmi un po’”,  una canzone al monossido di carbonio  in cui l’amore quotidiano è capace di assuefare fino allo svenimento. Surreale e divertente il crash finale al piano. La canzone più cinematografica del disco è “Bambola” in cui clavicembalo, piano e toys raccontano la vita delle cosiddette ragazze ‘cosa’ svuotate di anima e di emozioni che, in verità, continuano ed esistere e a vivere di vita propria. L’aria che entra ed esce dai polmoni diventa essa stessa una cosa e si accumula con gli altri oggetti nella stanza, i sospiri si ammucchiano sotto le coperte  e gli occhi seminano speranze sul parquet di un appartamento al quinto piano.

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“Il ragazzo sbagliato” arriva al momento giusto per raccontare una canzone d’amore al contrario: “abbracciami senza motivo apparente”, canta Mimosa, trasmettendo delicata fragilità ma anche chiarezza di intenti. L’amore adolescenziale è, invece, il protagonista assoluto de “La palestra della scuola”, canzone che racconta il sentimento senza mezze misure. Spazio anche al tragico tema della violenza sulle donne con “Non ero io”: un uomo e una donna sono al centro del racconto. Lui chiede perdono, promette amore, ma le ha gettato addosso dell’acido di fronte a casa sua. Lei racconta pubblicamente quello che è successo, prova a farlo con lucidità, con il viso di un altra addosso e la freddezza di un dolore troppo grande. Il disco si chiude con “Denti”: pianoforte e voce scandiscono una dolce epigrafe conclusiva che apre le armonie del piano a coda sigillando con eterea grazia un esordio, quello di Mimosa, che sorprende, che convince e che, soprattutto, emoziona.

Raffaella Sbrescia

Video: Terza Guerra

Il Santo: il rock incendiario di Samuel Holkins

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Una ventina di minuti di rock incendiario. L’ ep di Samuel Holkins, il nome da solista con cui si presenta la band di Formia composta da Samuel Holkins alla voce, al basso Vince Esposito, alla batteria Massimo Verrillo e alla chitarra Gianluca Merenda s’intitola “Il Santo” e si compone di 5 tracce, scritte da Samuel De Meo, ed è stato pubblicato per la Music Force. Presentandosi in maniera irriverente come  “ritardatari, disordinati e burloni”, la band si contraddistingue, invece, per la dettagliata cura dei suoni ed una buona maturità musicale. Il disco si apre con la forte impronta sociale della title track che richiama al rock di protesta attraverso il racconto dell’ipocrisia del mondo contemporaneo. Il brano “Mille luci” è, invece, un ballo estenuante, la linea melodica cela una latente oscurità di fondo. Nelle suggestioni punk-rock di  “Un uomo memorabile” il concetto di libertà espressiva e personale traspare in ogni nota  tra infuocati giri di batteria. “Babylonia” cerca le radici nella musicalità della musica cantautorale italiana, nella narrazione da cantastorie, con un’ambientazione rock.  “Fuoco di Russia”, traccia di chiusura, è un brano decisamente aggressivo, un finale a schiaffo che racchiude una graffiante energia ed una travolgente enfasi comunicativa.

Raffaella Sbrescia

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Video: Il Santo

Guardare Lontano: un album ottimista e ricco di suoni per i Ghost

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I loro testi racchiudono le tappe di un cammino, la meta la decidiamo noi, l’unico requisito richiesto è esser capaci di Guardare Lontano, esattamente come cita il titolo del loro terzo disco di inediti. Stiamo parlando dei Ghost, band romana  costituita dai fratelli Alex ed Enrico Magistri nel 1995 che, attraverso una riuscita fusione tra rock ed elettronica, riesce a veicolare importanti messaggi di speranza ed ottimismo. La scelta di un tempo infinito e di un aggettivo strettamente correlato, lascia subito trasparire l’esplicita intenzione possibilista dei Ghost che aprono la tracklist dell’album con L’era del litigio (la tua radio suona).  Un brano musicalmente ricco che analizza la realtà esortandoci a dare volume ai suoni della vita «é l’ora della vita, riprendila, non farti male» mentre il mix and match dei suoni racchiusi in Movimento animano parole pungenti e dirette. Intenso e magnetico il delicato pianoforte che accompagna la storia di Chiara: «Stasera Chiara non confonderti ti dedicherò la ragione e la poesia». Completamente diverso è il potente registro rock de La Diva, un brano viscerale, pensato per travolgere l’ascoltatore. 22 è la traccia più originale: declinazioni e significati legati ad uno stesso numero arricchiscono l’immaginario seguendo le fila di una storia folle e coinvolgente, sulle orme di un sensualissimo sax.

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Grandi dosi di elettronica accendono la linea melodica de  Il respiro di un’estate, il cui ritmo si muove tra nebbia e scorie di sogni d’amore. «Devi combattere per sopravvivere», cantano i Ghost in Un uomo solo servendosi di sound battente che non lascia spazio a fughe di pensiero. A smorzare i toni è Parla di te in cui ritorna il pianoforte a dirigere infinite strade strumentali, pronte ad alleviare il bruciore delle lacrime di un’anima solitaria. La vivacità di Meglio una brutta verità sdrammatizza un brano  che è, in sintesi, un elogio alla lealtà, un modus vivendi sempre più appannaggio di pochi. La traccia di chiusura del disco è Libero, un brano intimo, un inno alla vita in cui i Ghost mettono a nudo loro stessi ma anche tanti di noi. Scrivendo cose come «Le parole non dette mi rendono fragile» i Ghost recuperano la nostra umanità, cancellano il mito dell’infallibilità e riavvicinano la sensazione di armonica felicità che tanto spesso ci sfugge.

 Raffaella Sbrescia

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  Tracklist:

L’era del litigio (la tua radio suona)
Movimento
Chiara
La diva
22
Il respiro di un’estate
Un uomo solo
Parla di te
Meglio una brutta verità…
Libero

 Video: Movimento

 

 

Fantastico, il secondo album di Vincenzo Fasano. La recensione

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Dieci canzoni intrise di pathos e di bellezza oscura impreziosiscono “Fantastico”, il secondo album del cantautore mantovano Vincenzo Fasano tra giochi di chiaro/scuro finalizzati alla esplicita rivendicazione di una felicità amara, disincantata, estrema. Dieci canzoni d’autore che, attraverso una certa varietà di argomenti e una buona costruzione dei testi, lasciano subito intuire un mood controverso ed impattante. “Ho la felicità e non ho paura ad usarla”, scrive Fasano in cima al booklet dell’album, veicolando subito un concetto forte e particolarmente esplicito. L’album si apre con il cantato/urlato de Il Presidente Dell’Universo che, con la sua energia, spiana la via al travolgente tormento  di Armami, smorzato a sua volta, dal delicato ed ironico incedere de La Mia Vita Al Contrario. Il fuoco passionale di A Pugni Chiusi rimarca una profonda sensibilità nell’arricchire un folk di per sé potente ed incalzante: anime che si presentano, si separano, si riconoscono, si mischiano, s’intrecciano all’interno del vortice della vita mentre “Ogni giorno è un punto di sutura per guarire dalla paura”, come canta Fasano in Devono morire tutti. Godendoci lo spazio, il nero e il silenzio di Con gli occhi socchiusi approdiamo alla disperata ricerca di una via d’uscita narrata nell’intima Barcellona. L’iconica malinconia di Titoli di coda ripercorre amori, amicizie, vizi, ozi, screzi, dazi  e magnifiche solitudini traghettandoci senza filtri nei meandri della sconfinata leggerezza poetica di Verso l’infinito e oltre<, un ascolto prezioso che prende le distanze da marchi ed etichette.

Raffaella Sbrescia

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Tracklist:
01. Il Presidente Dell’Universo
02. Armami
03. La Mia Vita Al Contrario
04. Fantastico
05. A Pugni Chiusi
06. Devono Morire Tutti
07. Con Gli Socchiusi
08. Barcellona
09. Titoli Di coda
10. Verso L’Infinito E Oltre

Il Filo, il primo passo della rinascita artistica di Pierdavide Carone

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Tre anni per ricominciare, per acquisire consapevolezza, maturità, esperienza, forza. Tre anni per metabolizzare e decidere di ricominciare a maniche rimboccate e a vele spiegate. Oggi, dopo tre anni di silenzio artistisco, Pierdavide Carone ritorna sulla scena musicale italiana con “Il Filo”, il singolo che anticipa il nuovo album che verrà pubblicato a breve per Sony Music Italy. Lui, conosciuto per aver partecipato ad Amici, per la sua originale vena cantautorale e per aver collaborato con un mostro sacro come Lucio Dalla, oggi riparte con un brano che si distanzia dai lavori precedenti soprattutto per quanto riguarda la parte prettamente musicale. Una forte connotazione elettronica, relativa sia alla costruzione del la base che agli effetti  sulla voce, lancia Pierdavide al centro delle tendenze attualmente in voga eppure il testo, intimo e diretto,  lascia trasparire la profonda sensibilità del cantautore. “Ho perso il filo della mia ragnatela e sono diventato verme in questa grande mela e ho perso il filo della mia crociata e scopriremo il resto nella prossima puntata, prendi un po’ di me se ti va”, canta Carone,  mettendosi a nudo senza, tuttavia, perdere di vista un crescente spiraglio aperto sul futuro. Non rimane che scoprire quali saranno i tasselli che andranno a completare questo atteso processo di rinascita artistica.

Raffaella Sbrescia

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Finalmente a casa, l’album in italiano degli AIM. La recensione

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“Finalmente a casa” è il quarto lavoro in studio per gli AIM, la band di Marco Fiorello e dei gemelli Marco e Matteo Camisasca.  Dopo 3 album, 2 ep, oltre 300 concerti in 10 anni di carriera, su e giù per la penisola ma anche in giro per l’Europa, gli Aim realizzano un disco interamente in italiano, distanziandosi dalla direzione che il loro progetto aveva preso con  la scelta dell’inglese come  lingua d’adozione. Alla base di questa scelta c’è il tentativo e la necessità di raggiungere una nuova intimità con se stessi e con il proprio pubblico. Coprodotto dagli AIM stessi , insieme a Fabrizio Pollio (noto come voce e leader degli IO?DRAMA), “Finalmente a casa” è un disco energico, tenebroso e dionisiaco al contempo.  Registrato in presa diretta, l’intero lavoro è caratterizzato da un suono potente e onirico.

Ad inaugurare l’ascolto dell’album sono le chitarre della title track “Finalmente A Casa” in cui la frenesia e l’ inarrestabile evoluzione umana vengono raccontate tra malinconia e tormento.  Ogni momento è livido, cantano gli Aim, in “Non parli già da un po’”, brano arricchito da sostenuti ritornelli elettrici. Diretto ed accattivante il testo di “Voglio il mio tempo”, il cui ritmo incalzante raggiunge il massimo picco nel brano più bello e più stimolante del disco, stiamo parlando di “Nel Nuovo Giorno”. “Siamo sempre in piedi e sempre pronti a lottare/Per cosa?/Per chi?/Vittoria/ Con cosa?/Con chi?/Vittoria?/Quando avremo gli occhi come il primo giorno?”, si chiedono gli Aim, lanciando interrogativi che spiazzano e mettono a nudo i pensieri più reconditi, quelli che ci fanno più paura e che tendiamo a mettere da parte riempendo ogni attimo dei nostri giorni. Bellissime le immagini figurate che impreziosiscono un brano dalla linea melodica troppo basica quale è “Dormo in te”. Dice già molto nel titolo il brano successivo intitolato “Mi vuoi migliore”, con parole che si scrivono nel cuore. Si scende lenti in “Dove è ancora più profondo”, seguito dalla grezza genuinità de “La tregua”, il cui imperioso susseguirsi di chitarre chiude un disco da ascoltare tenendo i testi a portata di mano per godere appieno sia della forza semantica dei messaggi veicolati dagli Aim, sia della carica degli arrangiamenti incazzati, ma non troppo.

Raffaella Sbrescia

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Video: Finalmente a casa

Tracklist:
01. Finalmente A Casa
02. Non Parli Già Da Un Po’
03. Voglio Il Mio Tempo
04. Nel Nuovo Giorno
05. Vittoria
06. Dormo In Te
07. Mi Vuoi Migliore
08. Dove E’ Ancora Più Profondo
09. La Tregua

 

Luca lo stesso, il nuovo singolo di Luca Carboni fotografa con ironia le contraddizioni del nostro tempo

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La penna di Luca Carboni torna ed emozionarci con “Luca lo stesso”.  Il singolo, pubblicato a sorpresa per Sony Music Italy, anticipa l’uscita del nuovo album di inediti, prevista per il prossimo ottobre e arriva a distanza di due anni dal successo di pubblico e di critica ottenuto del precedente disco “Fisico & Politico”. Le nuove note proposte dal cantautore bolognese, che ha scritto il brano insieme a Dario Faini e Tommaso Paradiso, incrociano la musica d’autore con l’elettronica confluendo in un sound fresco ed in linea con i trend internazionali. All’interno del testo Luca racconta il quotidiano vivere con ironia e lucidità utilizzando parole semplici ed efficaci, direttamente ispirate alle reali contraddizioni che animano una società spesso  ipocrita e doppiogiochista : “C’è chi ama la sua terra e i suoi confini / ed è così patriottico che sogna una patria senza vicini”, canta Luca, mettendo in primo piano una tematica che ci tocca particolarmente da vicino come quella dell’immigrazione. Il concetto che attraversa l’intera struttura del brano è, tuttavia, quello dell’amore interpretato secondo diverse prospettive: “Se i figli possono nascere lo stesso anche da due che si odiano / dimmi allora cosa serve l’amore”, scrive Luca, addentrandosi con delicatezza nelle tortuose dinamiche di nuclei familiari sempre più frammentati. “C’è chi ama gli animali, la natura ed è tanto sensibile/e sogna un mondo senza gli umani”, ancora un controsenso che testimonia con efferata veridicità una comune ideologia di pensiero. Nonostante la massiccia presenza di temi a sfondo sociale, il brano concede ampio spazio anche all’amore romantico, quello che non conosce limiti e pregiudizi: “L’amore, lo sai questa parola che effetto che mi fa/ detta piano o forte/detta ad un’altra  velocità/può anche uccidere/può darmi anche la felicità/ detta con un altro suono oppure con un’altra età”, canta Luca, che, proprio attraverso il titolo della canzone, sottolinea di aver mantenuto intatta la propria identità di cantautore sensibile, attento e profondo.  “Sottovoce o gridata digitata sul web/buttata dentro un respiro/respirato per te con un altro accentro dentro il silenzio/una domenica sera da te/detta coi piedi scalzi o sopra i tacchi più alti/tatuata sul petto che sfiora l’orecchio/sotto un cielo di stelle facciamo l’amore tenendoci stretti io e te/due ragazzi che si amano e chissà se siamo ancora così stupidi”; con quest’ultimo interrogativo a tratti sognante, a tratti malinconico, Luca Carboni scolpisce l’istantanea di un’ immagine onirica che vorrebbe trasformarsi in una rassicurante certezza.

Raffaella Sbrescia

 

 

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