Mamma Quartieri: capriole di suoni e di emozioni nel capolavoro solista di Giglio

Giglio live @ Spazio Nea - Napoli ph Luigi Maffettone

Giglio live @ Spazio Nea – Napoli ph Luigi Maffettone

Giglio, nome d’arte di Raffaele Giglio, già frontman dei Gentlemen’s Agreement, sceglie di reincarnarsi in un napoletano doc e lo fa con “Mamma Quartieri”, un album solista, in uscita il 15 aprile per l’etichetta Full Heads, che attorciglia i nervi e risucchia le pareti dello stomaco. Registrato in presa diretta nella cripta della Basilica di San Severo a Capodimonte, al Sanità Music Studio, questo lavoro racchiude nove tracce che disegnano le linee guida di quello che potrebbe sembrare un musical e che, invece, è un affresco di vita vissuta. Teatro, commedia dell’arte, cinema convergono in brani che trasudano tenerezza e umorismo, romanticismo e disincanto.

Giglio live @ Spazio Nea - Napoli ph Luigi Maffettone

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Giglio debutta raccontando personaggi perduti: figli strampalati, femminielli, pazzi inafferrabili, zingari, carcerati, vergini, mariuoli, mamme addolorate. Gli arrangiamenti, caldi, ricchi  e appassionati, sono firmati dal musicista e autore napoletano, così come lo sono i testi, eccezion fatta per “Figli ‘e Ddio . Le melodie si barcamenano tra atmosfere circensi, nella sapienza dell’habanera, nelle ballad a fil di voce, nel western-dub, sospesi tra hammond e vibrafono, campanacci, tamburelli berberi, timpani e fisarmonica, surdo, clarinetti, synth, trombe e chitarre.

Giglio live @ Spazio Nea - Napoli ph Luigi Maffettone

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“Mamma Quartieri” è figlio dell’istinto ma anche di intense sessioni di studio: «Abitavo nei Quartieri Spagnoli, lì vivevo e io sono ciò che vivo/vedo. Ed essendo un suonatore, descrivo lo spazio che mi circonda. La scelta dei personaggi protagonisti delle storie cantate è motivata dal fatto che io realmente ho vissuto quei personaggi: dallo scippatore al femminiello alla Madonna senza occhi. Fino ad arrivare ad amici di quartiere che improvvisamente sparivano per andare a vivere in carcere», spiega Raffaele Giglio.

Giglio live @ Spazio Nea - Napoli ph Luigi Maffettone

Giglio live @ Spazio Nea – Napoli ph Luigi Maffettone

«L’utilizzo della lingua napoletana è stato spontaneo e, come mia prassi, ho approfondito il tema studiando, comprando pile di libri. Così facendo ho scoperto gli autori più vicini al mio modo di vivere ed essere. Raffaele Viviani mi ha emozionato; il suo descrivere è il mio, la sua gente la ritrovo ancora oggi ma filtrata da questo presente. Canto nella mia lingua senza uno scopo ben preciso. È un modo per essere più sinceri, è il mio dialetto e le mie orecchie sono preparatissime proprio perché lo vivo e lo sento dal primo giorno della mia vita. Tutt’al’più è ridicolo non averlo fatto prima. Ho studiato molto, approfondendo la grammatica con il maestro Salvatore Palomba e ho capito ancora di più la fortuna di essermi “reincarnato”, questa volta, in un napoletano», conclude. A noi non rimane che esortarvi a non perdervi questo piccolo e prezioso scrigno di emozioni.

Raffaella Sbrescia

Photogallery a cura di: Luigi Maffettone

Giglio live @ Spazio Nea - Napoli ph Luigi Maffettone

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III: l’ultimo atto della trilogia targata Moderat accenna ad una lussuriosa fusione tra pop ed elettronica

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Pubblicato il 1 aprile 2016, III è il nuovo lavoro dei Modeselektor, il progetto musicale che riunisce i frutti del geniale connubio tra le spettacolari sonorità di Gernot Bronsert, Sebastian Szary (aka Modeselektor) e la suggestiva, onirica, eterea, affascinante voce di Sascha Ring (aka Apparat). “III” rappresenta l’ultimo passaggio di un processo creativo che ingloba al suo interno una trilogia compositiva decisamente interessante e variegata. Forti del proprio background, i tre hanno creato un melodioso amalgama di techno minimale, Idm e indietronica lascando ampi spazi a suggestivi richiami demiurgici.  Passando dalla creazione estemporanea di tracce epiche alla scrittura di canzoni tradizionali, i Moderat hanno deciso di uscire dalla loro comfort zone a vantaggio della fusione tra pop ed elettronica. Nello specifico “III” combina emozioni contrastanti attraverso un sound dinamico e profondo e testi fortemente evocativi. I suoni provenienti dalla sotto-cultura club trovano un naturale appoggio nei sofisticati temi affrontati: la trama di “Ghostmother”, ad esempio, verte su pace interiore, paura e conseguente accettazione dell’ignoto. Il brano è incentrato sulla vocalità di Sascha Ring, nitida e suadente, e sui cori dei Modeselektor. Le radici di questo e dei successivi brani affondano in tessiture elettroniche complesse e fortemente stratificate. L’ossatura percussivo-ossessiva di “O ‘Running” si sviluppa lungo stilemi presocratici secondo i quali l’uomo è parte di una massa che necessita di essere in continuo movimento per funzionare ma che non ha il potere di decidere la propria direzione. La bellezza ancestrale di “Finder” e lo sviluppo cinematico di “Intruder” completano il messaggio motivazionale di “Reminder”. A sigillare il lavoro è l’oscura bonus track “Fondle”, la tangibile testimonianza del fatto che non tutto è compiuto e che, sebbene la trilogia sia ormai completa, i Moderat sapranno sapientemente condurci per mano tra i meandri del loro mondo visionario.

Raffaella Sbrescia

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Video: Reminder

L’Ala del Silenzio: il nuovo lavoro di Ivano Leva in equilibrio tra composizione ed improvvisazione

Ivano Leva

Ivano Leva

Ivano Leva, pianista e compositore italiano, pubblica “L’Ala del silenzio”, un lavoro discografico che viaggia in equilibrio dicotomico tra composizione ed improvvisazione. «L’album vuole essere una sorta di inno alla duplicità di significato, una testimonianza di come per ogni cosa della nostra vita possano esistere almeno due verità, diametralmente opposte all’altra. In questo senso, il titolo “L’ala del silenzio” (tratto da un verso di Pablo Neruda che recita: La parola è un’ala del silenzio, il fuoco ha una metà di freddo) funge proprio da criptico catalizzatore iniziale di una analisi di tutti i titoli dei brani, i quali – alla luce di questa nuova ottica riveleranno via via significati spesso di segno opposto rispetto alla loro valenza semantica apparente», spiega Ivano Leva. «Il tema della convivenza tra opposti è poi espresso non solo nei titoli ma ampiamente riconfermato dalla forma musicale del lavoro, che è strutturata in due blocchi di valenza opposta (dialoghi e monologhi, che qui, con un’ulteriore doppia interpretazione, ho voluto chiamare riflessi dell’ego) e che soprattutto vede la continua compresenza di due modalità esecutive spesso ritenute reciprocamente antitetiche: la composizione e l’improvvisazione (una supposizione a mio avviso errata, a riprova di ciò basterebbe citare le parole di Shoenberg, secondo il quale la composizione altro non è se non “improvvisazione rallentata”). Si tratta di una modalità improvvisativa presente in varie forme ed è in quasi tutti i brani ad eccezione de “L’abbraccio del vento” (una composizione per solo quartetto d’archi)».

Se da un lato l’album intende riannodare le trame interrotte tra le avanguardie storiche del Novecento, dall’altro s’intravvede un uso tutto del tutto particolare dell’improvvisazione musicale intesa come spinta creativa estemporanea. I protagonisti di questo incedere dialogico sono qui incarnati da due strumenti che assai spesso partecipano alla tradizione musicale europea, ovvero, il pianoforte ed il quartetto d’archi. Questi due modelli vengono posti dapprima l’uno di fronte all’altro per poi essere intrecciati con rigore e fantasia al servizio di un sapere musicale autenticamente improntato alla ricerca.

Raffaella Sbrescia

Ivano Leva pianoforte, composizione

Klangfarben Quartet
Sergio Carnevale violino
Isabella Parmiciano violino
Tsetanka Asatryan viola
Silvia Fasciano violoncello
Registrato da Davide Iannuzzi presso il Pro Wave Studio (Napoli) e da Carlo Gentiletti presso l’Elios Studio (Napoli)

Tracklist

Parte prima (dialoghi)
1_quantum entanglement
2_eterni riverberi di un vecchio ponticello
3_il profumo del sole d’inverno

Parte seconda (riflessi dell’ego)
4_l’abbraccio del vento
5_sguardo di brace (omaggio a Fryderyk Chopin)

 Video: Sguardo di brace

Dardust: lo strumentalismo visionario di Faini si evolve in “Birth”

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Dardust è il progetto strumentale nato dalla creatività del pianista, compositore e songwriter Dario Faini. Frutto di un’urgenza scardinatrice, questo percorso artistico trova la sua naturale realizzazione in una trilogia iniziata con “7”, album registrato un anno fa a Berlino, e che individua in “Birth”, pubblicato lo scorso 18 marzo 2016 per INRI, il secondo capitolo. Al centro dell’album, concepito nei Sundlaugin Studios di Islanda, c’è una spasmodica e ossessiva ricerca di equilibrio tra onirici breakdown pianistici e le esplosioni elettroniche del producer e polistrumentista Vanni Casagrande. Le tracce che compongono il disco di avviluppano attraverso le trame di una seducente lotta tra “slow” e “loud”. La narrazione proposta da Dardust è leggera, è visionaria, è sublime. L’estasi sensoriale prende vita con “The Wolf”, primo singolo estratto dell’LP: un beat arpeggiato si sposa con la scrittura pianistica mentre il campionamento di un ululato rende l’atmosfera più oscura e crepuscolare.

Dardust ph Alesso Panichi

Dardust ph Alesso Panichi

Un impetuoso drumming, in cui trovano spazio rullanti e timpani, fa capolino in“Bardaggin (The Battle)”: una travolgente cavalcata il cui immaginario rimanda alla carica di una cavalleria. La luminosità percussiva di “The never ending road” si oppone all’etereo fascino ipnotico della titletrack “Birth”. Volumi ritmici ed inflessioni melanconiche costruiscono elegiache sovrastrutture semantiche. Antesignano di quello che sarà il terzo atto della trilogia è l’evocativo brano intitolato “Slow is the new Loud” (bellissima anche la versione Live at Sundlaugin Studio) . Il mood spiccatamente nordico delle composizioni proposte da Faini si arricchisce di vorticose impennate dub in “Take the Crown”, frutto della riuscita collaborazione con Sir Bob Cornelius Rifo (The Bloody Beetroots. Chiude il cerchio “Nëturflug” (Night flight), un onirico distillato di bellezza strumentale, un mantra di riappacificazione con lo status quo delle cose, l’ultima tappa di un meraviglioso viaggio extrasensoriale di cui attendiamo, trepidanti, il definitivo completamento.

Raffaella Sbrescia

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Tracklist

1. The Wolf – 2. A Morgun (Tomorrow) – 3. The Never Ending Road – 4. Birth – 5. Bardaginn (The Battle) – 6. Don’t skip (Beautiful Things Always Happen In The End) – 7. Take The Crown feat Bloody Beetroots – 8. Slow Is The New Loud – 9. GranFinale – 10.  Næturflug (Night Flight)

Video: The Wolf

“On”: Elisa emoziona con leggerezza nel suo nuovo album di inediti

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Pubblicato lo scorso 25 marzo “ON” è il nono album in studio di Elisa. Il disco arriva a circa due anni e mezzo di distanza dal precedente “L’anima vola” e raccoglie 13 canzoni tutte scritte dalla stessa Elisa tranne “Waste your time on me”, scritta da Jack Savoretti. “On” segna una rottura con le precedenti produzioni della cantautrice: una netta preferenza per la musica elettronica, declinata in diverse forme, attraversa, infatti, la nervatura delle nuove canzoni di Elisa che, se a primo impatto, sembrano docili e mansuete, nel giro di pochissimi secondi si rivelano impetuose e travolgenti. Le registrazioni dell’album si sono svolte a più riprese, insieme ad un ristretto di musicisti: alle tastiere Christian Rigano, alle chitarre Andrea Rigonat, al basso e alle programmazioni lo stesso Curt Schneider, alle drum machines e alle percussioni Victor Indrizzo.

Elisa ph Carolina Amoretti

Elisa ph Carolina Amoretti

Il primo brano in tracklist è “Bad Habits”: un ponte tra le radici anni ’90 dell’artista ed un modo di scrivere più contemporaneo; ispirata da produzioni americane e contaminata dall’elettronica, la canzone è stata scritta insieme alla sua band, due giorni dopo il suo matrimonio. Chiusa nel cassetto per diversi anni “Love me forever” prende vita in questo album per omaggiare le produzioni americane anni 60 di Phil Spector. L’anima soul di “Love as a kinda war” si traduce all’interno delle trame struggenti di “tira e molla” sentimentali. Dedicata a tutti combattenti “Hold on for a minute”, mostra un’Elisa più agguerrita rispetto ai brani precedenti. Unica e singolare “Waste your time on me”, una canzone figlia del genio folk di Jack Savoretti,  che Elisa ha fortemente rivisitato regalandole una nuova dimensione in cui sia lei che l’autore si sono ritrovati a pennello. Incentrato sul conflitto tra genitori e figli “With the hurt” racconta paure, incomprensioni, inibizioni, maschere. La stessa Elisa definisce, invece, “Catch the light” come il brano più astratto e visionario del disco.

Elisa ph Carolina Amoretti

Elisa ph Carolina Amoretti

Ispirato agli anni ottanta, “Peter Pan” è nato durante l’esperienza di Amici e testimonia una nuova apertura artistica di Elisa. Potente ed evocativo “No hero” è il brano più forte dell’album in cui l’artista ci invita a credere nei sogni a tutte le età. “Ready now” è un brano controverso, lo spirito è combattente, a volte sarcastico. La mazzata emotiva arriva con “Bruciare per te”, una canzone nata da una poesia che Elisa ha scritto per suo marito Andrea Rigonat. Scritto durante la partecipazione ad Amici dello scorso anno, momento particolarmente creativo per l’artista, il brano racchiude una ritmica ed un testo mozzafiato. L’album si chiude con “Sorrido già” un brano classico che, attraverso i contributi di Giuliano Sangiorgi ed Emma Marrone, vive un moto in crescendo particolarmente vivo sul finale. Gioco e sperimentazione caratterizzano questo vasto e vivo materiale che Elisa mette sul piatto dimostrando tanti modi diversi di approcciare la musica. Leggero ad un primo ascolto, sempre più intendo con una reiterata listening session, “On” testimonia una tensione emotiva dirompente che, sebbene potrebbe far storcere il naso ai fan della prima ora di Elisa, rappresenta un bel mix da vivere attimo per attimo.

 Raffaella Sbrescia

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TRACKLIST

Bad habits
Rain over my head
Love me forever
Love is kinda war
Hold on for a minute
Waste your time on me
With the hurt
Catch the light
Peter Pan
No hero
Ready now
Bruciare per te
Sorrido già

Video: No Hero

“In un sogno è la mia patria”, il promettente esordio dei Siberia a metà strada tra new wave e cantautorato

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Esce ad aprile, per Maciste Dischi, “In un sogno è la mia patria” l’album d’esordio dei Siberia, band livornese nata nel 2010 il cui nome trae spunto dall’immaginario evocato dal libro di Nicolai Lilin intitolato “Educazione siberiana”. Un testo, quest’ultimo, che fa riferimento ad una società in via di sparizione e che ha rappresentato un punto di riferimento per gente come Eugenio Sournia (voce e chitarra), Luca Pascual Mele (batteria), Piero Laganà (basso), Matteo D’Angelo (chitarra) che, con la propria musica, intende indagare gli “estremi”: da un lato, un’eterna adolescenza, dall’altro una maturazione che prende spunto da nevrosi artistiche confluite in un’estetica musicale incentrata sulla new wave e l’autentico cantautorato italiano.  “In un sogno è la mia patria” è stato registrato e mixato presso lo storico Real Sound di Milano con la produzione artistica di Ettore “Ette” Gilardoni. Il disco si compone di 11 tracce caratterizzate da testi evocativi ed autentici. Arrangiamenti energici, a tratti aggressivi, a tratti aged, rendono necessari diversi ascolti per una più completa comprensione del lavoro.

Siberia

Siberia

La voce corposa intensa, matura e vibrante di Eugenio Sournia spicca fin dalle prime note di “Patria”, il brano che inaugura l’album, ulteriormente arricchito da uno special urlato: “Ti ho dato tutto e non è mai abbastanza”; questo è l’urlo disperato inghiottito da un sublime guitar solo. “Gioia, tu sei solo un attimo, io sono sempre così timido nel saperti cogliere”, canta Eugenio, mentre il cantautorato che aggroviglia l’animo fa capolino in “Mare”: “Oggi ho già perso troppe cose, non voglio perdere anche me” è una delle frasi più schiette di un brano che si muove tra effluvi di note potenti e suggestive. La potenza enigmatica di “Sospeso” si muove all’interno dell’intercapedine semantica creata dall’ipnotica combinazione di basso, chitarra e batteria mentre rigurgiti di riff smuovono le trame di “Stella”. Ad innalzare la qualità di questo disco è “Il cavaliere oscuro”, un brano che ha al suo interno ha tutto: poesia, struggimento, dubbio, speranza, originalità.  Da ascoltare e riascoltare.  In un sogno è la mia patria” si chiude con “Una speranza” per elevarsi tra questi uomini che strisciano e che hanno perso di vista ciò che davvero è importante.

 Raffaella Sbrescia

La tracklist del disco: “Patria”, “Gioia”, “Mare”, “Cara”, “Francesca”, “Sospeso”, “Stella”, “Galahad”, “Irripetibile”, “Il cavaliere povero”, “Laura”, “Una speranza”.

Video: Gioia

Lukas Graham scala le classifiche con “7 Years”. Successo mainstream per una musica d’autore

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Con “7 Years” hanno conquistato le classifiche e sconfitto logiche e statistiche. Loro sono i Lukas Graham, ovvero la band composta da Lukas Graham (voce), Mark Falgren (batteria), Magnus Larsson (basso) e Kasper Daugaard (tastiera). Tutta il gruppo, produttori compresi, ha frequentato lo stesso liceo e fin dal 2012 hanno portato avanti un percorso artistico lineare ed inarrestabile. Il gruppo fa riferimento a Lukas Graham, nato e cresciuto a Christiania, comunità fondata nel 1971, una piccola città hippy nel centro di Copenaghen che nasce da una vecchia base militare. Si tratta di una comunità molto ristretta con un forte senso di lealtà e di appartenenza, valori, questi ultimi, che Lukas ha fatto inderogabilmente suoi seguendo l’intento di non snaturarsi mai. Quattro anni di gavetta sono stati sufficienti al gruppo per individuare la propria strada, il proprio stile, la propria cifra stilistica da difendere, a dispetto dei discografici e di chiunque abbia mai provato a mettere loro il bastone tra le ruote. Lukas ama raccontare di essere cresciuto cantando il folk irlandese anche se all’età di 8 anni ha iniziato a studiare la musica classica. Suo padre, prematuramente scomparso, aveva una collezione musicale  che spaziava dai Rolling Stones ai Beatles, gli Who, Otis Redding, James Brown fino a Elvis Costello, The Prodigy e The Streets. Sarà forse anche per questo che nei suoi brani Lukas ama parlare di episodi autobiografici. Il disco rappresenta, in effetti, un’istantanea in grado di sintetizzare dieci anni di vita.

Lukas Graham Ph Jeff-Forney

Lukas Graham Ph Jeff-Forney

I testi sono molto diretti anche se, l’enfatizzazione poetica, ottenuta attraverso l’uso di metafore, riesce a veicolare un’effluvio emotivo ancora più potente. La formula musicale individuata dai Lukas Graham riunisce in una sorta di pot-pourri diversi generi musicali dall’hip-hop all’hard rock, al folk seguendo l’intenzione di stupire e divertire il pubblico. Anche la copertina del disco racchiude un significato preciso: si tratta di un dipinto in cui è raffigurato un quadro che si trova in un caffè vicino ad un luogo molto caro a Lukas, sia per una serie di ricordi legati al contesto familiare, sia perché è lì che il gruppo teneva le prime prove e i primi concerti. A giudicare da questi presupposti possiamo dunque affermare che i Lukas Graham potranno rappresentare un baluardo di autenticità e sostanza  in un mondo ormai importato all’esaltazione della forma.

Raffaella Sbrescia

Tracklist

7 Years

Take the World By Storm

Mama Said

Happy Home

Drunk In The Morning

Better Than Yourself (Criminal Mind Pt.2)

Don’t You Worry ‘Bout Me

Strip No More

You’re Not There

Funeral

Video: 7 Years

The1975: “I like it when you sleep, for you are so beautiful yet so unaware of it” è un’installazione musicale

The1975

The1975

Dopo il successo dell’omonimo album d’esordio, uscito nel 2013, arriva  “I like it when you sleep, for you are so beautiful yet so unaware of it”, il nuovo album del quartetto inglese THE 1975. Matty Healy, Adam Hann (chitarra), Ross MacDonald (basso) e George Daniel (batteria) rilanciano se stessi e la propria musica con un lavoro ambizioso. L’eterogeneità della loro esteticità musicale si sposa con un intento creativo di tipo consumistico ma in realtà quello che è subito evidente, è un impatto fortemente evocativo. Nelle 17 tracce che compongono questa nuova creatura discografica, registrata a Los Angeles e prodotta da Matty Healy e George Daniel con la collaborazione di Mike Crossey (Foals, Arctic Monkeys), i  quattro ragazzi sono riusciti a plasmare il loro amore per i suoni anni ’80 spaziando tra vibranti riff di chitarra, come accade  in “She’s American” e “Love Me”, suoni elettronici sperimentali e pezzi dichiaratamente pop come, invece, avviene in “If I Believe You”,  “The Sound”.

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La caotica brillantezza di questo album rivela la coscienziosa lavorazione degli arrangiamenti e la vulnerabilità emotiva tipica di una generazione che fatica a districarsi tra baricentri da raggiungere. Preziosi ed incantevoli i tre pezzi strumentali e l’intro onirica proposta in apertura.  Alle atmosfere rarefatte si oppongono fluidi effluvi funk che, a loro volta, lasciano spazio alle più sofisticate tangenziali sintetiche ispirare ai dorati eighties. Le tematiche affrontate nel disco spaziano dalla tipica trama post adolescenziale a più intensi racconti autobiografici di Healy. In questo senso richiamiamo l’attenzione su “The ballad of me and my brain”, “Nana” e “She lays down”. L’investimento emotivo trova i maggiori benefici nell’ascolto di tracce come “Please be naked”, “Lost my head” e nella meravigliosa title track che, tra l’altro, è anche la traccia più lunga del disco. Visto che The 1975 sono attesi in Italia per ben due concerti il 12 e 13 aprile, rispettivamente al fabrique di Milano e all’Estragon di Bologna sarà il caso di non lasciarsi scappare l’occasione di farsi stravolgere da una ventata di pura freschezza.

 Raffaella Sbrescia

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Questa la tracklist di “I LIKE IT WHEN YOU SLEEP, FOR YOU ARE SO BEAUTIFUL YET SO UNAWARE OF IT”:

1. The 1975

2. Love Me

3. UGH!

4. A Change Of Heart

5. She’s American

6. If I Believe You

7. Please Be Naked

8. Lostmyhead

9. The Ballad of Me and My Brain

10. Somebody Else

11. Loving Someone

12. I Like It When You Sleep, For You Are So Beautiful Yet So Unaware Of It

13. The Sound

14. This Must Be My Dream

15. Paris

16. Nana

17. She Lays Down

Video: The Sound

The Voice of Italy: la prima blind audition e la fame di talento

I giudici di The Voice of Italy

I giudici di The Voice of Italy

È appena cominciata la nuova e quarta edizione di The Voice of Italy. Il talent show targato Rai Due si propone nella consueta formula ma con una giuria rinnovata quasi per intero: mantiene  saldamente intatto il suo posto la super veterana Raffaella Carrà mentre sono ben tre le new entries: parliamo di Dolcenera, Emis Killa e Max Pezzali. Prima di addentrarci nei meriti di questa prima blind audition riserveremo una parentesi di commento ai suddetti coach: se Max Pezzali e Raffaella Carrà  sembrano essere rimasti un po’ in ombra rispetto agli altri due giudici è perché la loro storia musicale è sicuramente più ricca, oseremmo dire istituzionale, la loro esperienza, seppur diversa, li riveste di autorevolezza causando meno sperimentazione e più coscienza. Dolcenera è l’outsider del gruppo. La sua personalità è esplosiva e la sua arte non è per tutti. Reduce da un’esperienza sanremese, che l’ha consacrata artigiana della musica, la cantautrice salentina ha subito mostrato di avere un approccio verace ed esuberante. La vera sorpresa di questa nuova edizione è Emis Killa. Il rapper vive la sfida ed il peso di non far rimpiangere il carismatico J Ax e, a giudicare, dal suo porsi in maniera diretta e non stereotipata, sia con i giudici che con i ragazzi, sembrano esserci i presupposti per un percorso televisivo altamente performante.

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Entrando nello specifico della blind audition, l’adrenalina data dall’elemento sorpresa non basta a soddisfare la nostra fame di talento vero.  I ragazzi s’ingegnano nel proporre brani ad effetto ma quello che ancora una volta ci preme sottolineare è che  ci troviamo in Italia e che, a programma finito, il pubblico a cui ci si rivolgerà sarà quello italiano. Bisogna dare risalto all’interpretazione, all’emozione, al testo, alle parole, ai dettagli. Solo così si potrà davvero fare la differenza. Il canto è l’effluvio dell’anima, il colore dei nostri sogni, la linfa che ci nutre ogni giorno e la musica è l’ala che riesce a farlo veleggiare. Tutto il resto è sinceramente superfluo, l’idea di apparire in tv per provare a diventare una star è mero fumo negli occhi, il talent serve per trovare una persona che possa offrire le condizioni migliori per mettere a frutto la propria passione in maniera concreta e gratificante, non riduciamo tutto ad un meccanismo trita carne e trita sogni. Ragazzi, concentratevi  e focalizzatevi sulle vostre risorse, sulle vostre storie, sulle vostre voci, sulle vostre reali  motivazioni e, soprattutto, scegliete la nostra lingua per raccontarcele ed emozionarci.

Raffaella Sbrescia

Riepilogo Team:

#TeamKilla: Debora Cesti, Davide Ruda, Mariangela Corvino

#TeamCarrà: Foxy Ladies, Samuel Pietrasanta

#TeamPezzali: Kevin Pappano, Cristiano Carta, Aurora Lecis, Virna Marangoni

#TeamDolcenera: Annamaria Castaldi, Giorgia Alò, Fabio De Vincente

L’appuntamento con la seconda #Blind è per mercoledì 2 marzo alle 21:10 su Rai 2.

Kanye West spiazza ed incuriosisce il pubblico con “The life of Pablo” .

Kanye West

Kanye West

E’ uscito a sorpresa lo scorso 14 febbraio l’ultimo album di Kanye West, dopo circa 3 anni di lavorazione e molta attesa. Come l’ultima fatica della collega Rihanna, anche “The Life of Pablo” è stato “dato in pasto” a Tidal, la discussa piattaforma fondata da Jay-Z che ha gratuitamente reso disponibile per lo streaming il disco. Benché non sia ancora chiaro se verrà messo in vendita in formato fisico e digitale, ecco perché “The Life of Pablo” è un album che vale la pena di ascoltare. Cominciamo dal titolo, originale e provocatorio: qui il rapper lascia una voluta ambiguità riferendosi forse al pittore Pablo Picasso, rimandando così al mondo dell’arte e della cultura oppure a Pablo Escobar, noto narcotrafficante colombiano e quindi lasciando presagire di muoversi più su un territorio rapper convenzionale, oppure ad entrambi. Il disco si presenta – come è possibile sentire fin dalla prima traccia intitolata “Ultralight Beam”- come un vero e proprio inno “gospel” con tanto di cori, organi e preghiere in sottofondo. Moltissimi i featuring presenti: su tutti, l’amica Rihanna che appare nel bellissimo brano “Famous” – una delle tracce più radiofoniche che contiene un campionamento di “Mi sono svegliato…e ho chiuso gli occhi” della band italiana Il Rovescio della Medaglia – il rapper Kid Cudi, il pluripremiato Kendrick Lamar e perfino Chris Brown.

Molte anche le collaborazioni che all’ultimo sono state cancellate e sostituite nelle versioni finali dei brani per motivi che non ci è dato sapere, facendo infuriare il web: si pensi per esempio a Madonna, che ha prestato la sua voce nel brano “Highlights”, sostituita all’ultimo dal rapper The-Dream oppure all’australiana Sia, che doveva comparire nel magnifico brano “Wolves”, sostituita poi da Frank Ocean.
Kanye vuole ancora una volta spiazzare il suo pubblico attraverso la costante ricerca di una varietà di suoni nuovi ed inusuali. Se il medesimo intento era stato applicato anche al precedente album “Yeezus” con esiti discutibili (si rischiava la cacofonia in alcuni brani!), qui il rapper “vince” giocando più sulla varietà di generi: accanto a pezzi più pop e disco (“Highlights”, “Wolves”, “Fade” che sembrano usciti dal suo lavoro più riuscito “808’s and Heartbreak”), troviamo infatti tracce hip-hop e rap più tradizionali (“Real Friends”, “No More Parties in L.A.”, “Facts”) ed interludi auto-celebrativi (“I Love Kanye”).
“The Life of Pablo” è quindi un disco che merita più di un ascolto per essere compreso e che ci ricorda che Kanye West quando vuole sa ancora essere un validissimo artista e produttore della scena hip-hop.

Giacomo Vitali

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