Blindur: ecco l’omonimo album d’esordio. La recensione

Blindur ph Luigi Reccia

Blindur ph Luigi Reccia

Arriverà il 13 gennaio l’atteso album d’ esordio dei Blindur, al secolo Massimo De Vita e Michelangelo Bencivenga. Il disco uscirà per l’etichetta La Tempesta Dischi, distribuzione Master Music_Believe. Più che un punto di partenza, questo disco rappresenta un importante traguardo giunto dopo oltre 150 concerti e la collaborazione con Birgir Birgisson, storico fonico e produttore di Sigur Ros. Realizzato tra Roma e Napoli, interamente in presa diretta, l’omonimo album dei Blindur si compone di 9 brani ed è caratterizzato da sonorità autentiche e coinvolgenti. Tra picchi folk e sfiziosi richiami country, i Blindur si muovono con sicurezza e consapevolezza sui fluidi territori di una contemporaneità un po’ incerta, un po’ malinconica. Il brano di apertura è “Aftershock”: “Vorremmo tante scarpe ma abbiamo solo 2 piedi e un paio di gambe storte”, cantano i Blindur mettendo subito sul piatto una verità ricca di echi e conseguenze. E poi, ancora “ci aggrappiamo al mondo ma il mondo costa caro”, evidenziano i due, come dargli torto? “D’altronde basta un passo e poi un altro e sei già in gara per definizione”, così come afferma il duo in “Canzone per Alex”. Sogni, rimpianti e riflessioni intime fanno capolino in “Foto di classe”. Lo stesso mood lo ritroviamo in “Vanny”: “quante storie e quante promesse al cielo di questa provincia che non ci ha mai capiti”. Una frase, quest’ultima, in grado di rispecchiare in modo fedele lo stato d’animo di tantissimi figli di un paese che troppe volte finisce per stargli stretto. Il grido che sorprende in questo brano è “Non tornare Vanny”, una netta contrapposizione rispetto a quanto ci aspetteremmo. Questo è il tocco in più di un album divertente, vario e imprevedibile fino all’ultima traccia in cui compare l’unico gradito ospite Bruno Bavota che, con il suo delicato e rassicurante tocco al pianoforte, disegna i contorni di “Lunapark”: un invito a vivere senza troppe remore.

 Raffaella Sbrescia

Video: Aftershock

Il TOUR di presentazione di “BLINDUR”:
12.01 Frattamaggiore (NA) – Sound Music Club – Presentazione album
3.02 Fontanafredda (PN) – Astro Club
4.02 Modena – Off
8.02 Pozzuoli (NA) – Factory
9.02 Arezzo – Sottopiazza
10.02 Milano – Arci Bellezza
11.02 Correggio (RE) – I Vizi del Pellicano
12.02 Paratico (BS) – Belleville Rendezvous
17.02 Narni (TR) – Tabard Inn
19.02 Roma – Le Mura
26.02 Contursi Terme (SA) – Circolo Arci Bandiera Bianca
3.03 Asti – Diavolo Rosso
4.03 Torino – Officine Corsare
23.03 Caserta – Unplugged
24.03 Colle di Val D’Elsa (SI) – Bottega Roots
7.04 Catania – La Cartiera
8.04 Barcellona Pozzo di Gotto (ME) – Perditempo
9 .04 Palermo – Fabbrica 102
13.04 Ragusa – Primaclasse
14.04 Rosolini (SR) – MAD
15.04 Siracusa – Hmora

Reflection: un flusso di algoritmi nel nuovo album di Brian Eno

Brian Eno - Reflection

Brian Eno – Reflection

Nei primi giorni del nuovo anno si sa, si tende ad assumere un atteggiamento più riflessivo ed incline a ragionamenti di tipo spirituale. Sarà forse per questo motivo che “Reflection”, il nuovo album pubblicato il 1 gennaio 2017 da Brian Eno, musicisita e pioniere di quella che definiamo musica ambient ed edito dalla Warp su CD, doppio vinile, in streaming e download digitale, si presta particolarmente a questo tipo di ascolto.  Una lunga composizione di 54 minuti racchiude la sostanza di quello che potremmo definire un esempio di “thinking music”, uno spazio provocatorio per il pensiero. Il lavoro di Eno, come ha spiegato l’artista stesso, è stato quello di mettere in atto un gruppo di suoni e frasi per poi dargli alcune regole. Una volta appurato che il sistema fosse funzionante, l’artista ha trascorso diverso tempo a verificare il risultato che si veniva a creare affinando di volta in volta i materiali e le regole sottostanti gli algoritmi. Quello che ne è venuto fuori è quindi il prodotto dell’interazione fra l’input dato dal compositore e i calcoli dati dagli algoritmi.  Suoni scuri e sinistri si avvicendano immersi tra echi e richiami quasi alieni. Un magma fluttuante che diventa praticamente infinito grazie all’app che lo stesso Eno ha inventato insieme a Peter Chilvers  e che si basa proprio sullo stesso sistema di permutazioni di elementi sonori selezionati da un sistema di algoritmi. La app racchiude, quindi, il vero fulcro di “Reflection”. Nell’era dell’individualismo, ecco il manifesto del soliloquio.

Raffaella Sbrescia

 

“…And the Things that Remain”: tutto il meglio di Ezio Bosso

Ezio Bosso - And the Things that Remain

Ezio Bosso – And the Things that Remain

Cosa resta di tutto alla fine, cosa resta dopo? Cosa rimane di noi e cosa ci è rimasto? A questi ed altri quesiti prova a rispondere Ezio Bosso con “…And the things that remain”, l’antologia distribuita da Sony Classical che raccoglie in 2 CD più 1 prezioso DVD alcuni fra i momenti più significativi della carriera del Maestro, considerato uno tra i più completi compositori, direttori d’orchestra e interpreti a livello internazionale. L’antologia contiene brani registrati da Ezio Bosso a partire dal 2004 ma anche composizioni di recentissima registrazione tra cui segnaliamo “Unconditioned, following a bird”, in una nuova versione per violoncello e pianoforte e “Grains (An halistorm)”, suonato insieme al violoncellista Relja Lukic. Il dvd è stato registrato presso il Teatro Sociale di Gualtieri e dà l’opportunità a chi ancora non conosce in maniera approfondita il repertorio e la storia di Ezio Bosso di avvicinarsi, sia in audio che in video, ai tanti aspetti della sua carriera di “scrittore di musica” e di interprete raffinato.

ezio-bosso ph sonia-ponzo

ezio-bosso ph sonia-ponzo

Si tratta di un piccolo viaggio del tempo di Ezio, un trio nato nel silenzio più assoluto e che raccoglie parole e testimonianze di cose che sono rimaste: “Cose scritte da me e scelte da chi amo, da chi mi segue; sia chiaro anche qualcosa voluto da me in prima persona, insieme a chi cura questa antologia”, scrive nel booklet del disco Ezio Bosso. Artista residente dell’Opera Barolo (la più antica opera pia d’Italia), il Maestro organizza periodicamente il “Zusammenmusizieren: far musica insieme”, un progetto unico al mondo di cultura per il sociale che consiste nell’aprire le porte dello studio dell’artista nella sede di Palazzo Barolo (Torino) ad ogni tipo di musicista di qualsiasi livello e età, a chiunque voglia suonare con lui e parlare di musica, di sicurezza di sé, di memoria e di tanto altro ma soprattutto dell’importanza dell’ascolto. “Cerco di fare tutto fino all’ultimo respiro, di sorridere, di dare, di provare a fare meglio ed esser meglio”, ha spiegato l’artista nella prefazione dell’antologia, e, a giudicare, dal risultato, in questa antologia c’è davvero tutto il suo meglio. Ascoltare per credere.

Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist di “…And the Things that Remain”: CD 1: Prelude BWV 855a “The Children’s Room” - J. S. Bach / A. Siloti, Smiles For Y, La Fille Aux Cheveux De Lin -  C. Debussy, Before 6, Sixth Breath, The Last Breath, Rain, in Your Black Eyes, Speed Limit, A Night Ride, Diversion, Street Kisses, Clouds, The Mind on the (Re)Wind e Pines and Flowers. CD 2: Unconditioned (Following, A Bird), Mechanical Dolls, The Nights, Tree’s Sacrifice, Emily Dickinson, Who Cares About the Bluebird Sing?, Preludio Op. 28 No. 4 “The Pain Room” - F. Chopin, Exit, Run 44, Landfall, We Unfold Grains (An Hailstorm). DVD: Prelude Op. 28 No. 20 - F. Chopin, Prelude in B Minor BWV 855a No. 18 - J. S. Bach / A. Siloti (link al video: https://youtu.be/pYm6sDKILwo), Prelude Op. 28 No. 4 - F. Chopin, The Well-Tempered Clavier BWV 846: Prelude No.1 - J. S. Bach, Prelude Op. 28 No. 6 - F. Chopin, Missing a Part (The Waiting Room G), Unconditioned (Following, A Bird) Grains (An Hailstorm).

Continuano i concerti di Ezio Bosso, queste le prossime date: il 14 gennaio 2017 al Teatro Comunale di Bolzano in concerto in piano solo, il 24 gennaio al Teatro degli Arcimboldi di Milano in piano solo e l’11 febbraio al Teatro Verdi di Pordenone per la 10^ edizione di “Note Nuove”.

Video: Prelude in B Minor BWV 855a No. 18

Cazzi Miei: Gianna Nannini e il coraggio di raccontarsi senza filtri

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Cos’è inevitabile? Cos’è facoltativo? Gianna Nannini in “Cazzi Miei”, autobiografia pubblicata per Mondadori, ripete spesso che “Il dolore è inevitabile, la sofferenza è facoltativa”. In effetti proprio questo mantra così veritiero e significativo mi ha spinto a leggere avidamente le vicende pubbliche e private di un’artista tanto amata quanto controversa. Partendo dal 1983, Gianna Nannini sceglie di mettersi a nudo senza tralasciare i momenti e gli episodi più drammatici e, perché no, scomodi della sua vita.  L’anno di “Fotoromanza” rappresenta per Gianna l’inizio di quello che lei stessa ha definito un “viaggio all’inferno”, l’inizio di un percorso alla ricerca disperata di sé. Una strada disegnata con le sue corde vocali e vissuta tra complessi, paure, accuse, colpe fino alla conquista di una indipendenza artistica difesa ad ogni costo. Dall’infanzia ai primi contratti discografici, dalla negazione di sé al desiderio di essere figlia e infine madre, Gianna Nannini ha lottato contro lo sfruttamento psicologico della “Musica Business” tra continue morti e rinascite che corrispondono a quattro “nuove vite”. Particolarmente interessanti i passaggi in cui la cantante descrive con dovizia di particolari i cosiddetti “doveri del mestiere”, ancora più suggestivi ed emozionanti le righe in cui affiora con tutta la sua violenza la necessità di esprimersi. “Parola alla musica, e prima la voce. La voce rivela sempre quello che senti. La voce non ti inganna mai e questa volta si alza, è forte e calda, è vera, è la mia”, scrive Gianna lasciando affiorare in modo forte, diretto, immediato un flusso emotivo intenso e vorticoso. “Le emozioni, provarle, sentirle, trasmetterle, sono un pericolo pubblico. Molto più facile circondarsi e venir attratti dai paradisi artificiali, inemotivi, indolori, del virtuale, in cui potersi nascondere. Ma io ho questo addosso, sono spudoratamente emotiva, e penso che tutto ciò sa attraente come una rivoluzione. Non si può stare bene a ogni costo in questo mio inguaribile amore per la libertà”, scrive la rocker, mettendo nero su bianco l’essenza più intima della propria anima. Che coraggio.

Raffaella Sbrescia

A day in Barcelona: il raffinato connubio di Duccio Bertini & Susana Sheiman

A day in Barcelona

A day in Barcelona

“A day in Barcelona” è l’ultimo progetto discografico che ha incrociato il talento dell’arrangiatore, compositore e direttore d’orchestra fiorentino Duccio Bertini, grande esperto in fatto di orchestre jazz, e quello di Susana Sheiman, una delle migliori voci jazz di Madrid, che ha collaborato con artisti come Frank Wess, Jesse Davis, Brad Leali, Nicholas Payton, Donald Brown, Dani Alonso y Ignasi Terraza, etc.

Accompagnati dalle molteplici sonorità della Big Band, composta da alcuni dei migliori musicisti della scena jazz spagnola, i due hanno privilegiato brani che non solo fossero tra i meno conosciuti della tradizione jazz, ma che avessero anche la peculiarità di esaltare le doti di ciascuno. Tra le esecuzioni più riuscite segnaliamo quelle di  “You’ve Changed”, “E.S.P” e l’omaggio a Duke Ellington “African Flower”. Per il primo brano, in particolare, la scelta per gli assoli è ricaduta sul sassofonista catalano, Toni Solà per creare un sorprendente contrasto tra la sua maniera di suonare old school e la modernità del contesto orchestrale. All’interno del disco non mancano arrangiamenti più tradizionali “swing” (It Could Happen To You, I’m Glad There Is You, Lazy Bird) come del resto anche partiture più moderne come “Spring Can Really Hang You Up the Most”, composto nel 1955 da Tommy Wolf, con le parole di Fran Landesman. La canzone è stata scritta a tempo lento (ballad) e in 4/4, ma in questo caso Bertini ha scritto un arrangiamento in grado di valorizzare l’interpretazione di Susana ed il contrappunto orchestrale.  Alla luce di quanto ascoltato, “A Day in Barcelona” si dimostra quindi all’altezza delle aspettative, la cura per i dettagli e la spettacolarità degli assoli, congiunti alla voce equilibrata di Susana e all’esperienza di Bertini, lo rendono un album raffinatamente espressivo.

Raffaella Sbrescia

Ascolta qui l’album:

Wrongonyou: lasciatevi conquistare da “The Mountain Man”

Wrongonyou

Wrongonyou

Prima di chiudere il 2016 non possiamo lasciarci sfuggire una delle novità musicali più interessanti dell’anno in chiusura. Stiamo parlando di Marco Zitelli, in arte Wrongonyou, cantautore romano classe 1990 che, con l’ep “The Mountain Man” (Carosello Records), è riuscito a fare breccia nel cuore degli addetti ai lavori e del pubblico più attento. Fiumi di parole sono già state spese per questo giovane artista dal talento innato, eppure potrebbe essere utile un parere spassionato in riferimento alle suggestioni che la sua musica è in grado di generare. Sapete, quando in genere ci si imbatte in musica di plastica, diventa difficile trovare un elemento su cui concentrarsi per poterne parlare, ecco perché c’è bisogno di sottolineare che l’impatto con questo artista è subito immediato; l’imprinting avviene in maniera quasi inconscia.

Wrongonyou

Wrongonyou

Aldilà dei riconoscimenti e delle tangibili attestazioni di stima in Italia e all’Estero, Wrongonyou detiene il grande merito di riuscire a dirci qualcosa di unico semplicemente attraverso la sua formula musicale in cui confluiscono folk, elettronica, pianoforte. La struggente delicatezza del suo intimismo mai sfrontato si fa largo tra le sei tracce dell’Ep. L’incantesimo ha inizio con “Killer” e prosegue con il soft pop di “Rodeo” puntando su arpeggi ben realizzati. “The Lake” e “Let Me Down” sono i singoli su cui il cantautore ha puntato per far conoscere il progetto in essere e la scelta si è rivelata più che mai azzeccata. Più energica la title track “The Mountain Man”, del tutto in crescendo il flusso vitale di “Oh Lord”; l’accompagnamento ideale per un momento di riflessione, proprio come quelli che scandiscono i nostri giorni in un periodo privo di riferimenti come quello che stiamo vivendo.

Raffaella Sbrescia

Video: The Lake

Ascolta qui l’album:

 

XF10: vincono i Soul System. Il commento alla finale e considerazioni generali

Soul System

Soul System

Il sipario è ormai calato sull’edizione numero 10 di X Factor Italia. Sul gradino più alto del podio si sono piazzati i Soul System,  una band, inizialmente scartata dal proprio giudice Alvaro Soler, poi riscattatosi con l’invito ad aprire i suoi prossimi concerti italiani, che fin dalle prime battute del proprio percorso ha seminato per raccogliere il favore ed il consenso del pubblico grazie ad un’evidente forza trascinatrice. Aldilà di quello che potrà essere il loro futuro discografico, è stato sinceramente impressionante vedere come tutto il Mediolanum Forum di Assago si sia esaltato proprio in occasione del loro medley finale. Ma procediamo con ordine: quasi tre milioni di telespettatori hanno seguito la finale, trasmessa anche in chiaro su TV8, oltre che sulle frequenze Sky e Now tv. Sarà forse per questo che la prima eliminata della finalissima sia stata la grande favorita Roshelle. Probabilmente il pubblico non le ha perdonato la scelta di esibirsi con i Clean Bandit, in occasione di quello che avrebbe dovuto essere un duetto e che invece non è stato tale. La formula musicale introdotta dalla giovane rapper amante della melodia non ha fatto breccia nel cuore del pubblico più tradizionalista. Eppure anche il duetto dei vincitori con Baby K e Giusy Ferreri sulle note di “Roma Bangkok” non è stato assolutamente esaltante. Molto intenso, invece, l’incontro di voci tra l’eccellente Giorgia e la seconda classificata Gaia Gozzi (team Fedez). La giovane concorrente si è mostrata all’altezza del brano “I will Pray” sfoderando padronanza vocale e potenza espressiva. Deludente la prestazione di Eva (team Agnelli): la ragazza, visibilmente emozionata al cospetto di Carmen Consoli, per la prima volta ospite in un talent show, ha dimenticato le parole del testo de “L’ultimo bacio”, sciupando così la sua occasione più importante. Sul fronte ospiti, bella l’apertura con i One Republic che hanno anche presentato l’ultimo singolo “Let’s hurt tonight”. Molto suggestiva anche l’esibizione di Ligabue, con tanto di band al seguito, che ha cantato “G come Giungla”, tratto dall’ultimo album “Made in Italy” e “Balliamo sul mondo” per evocare gli inizi della sua carriera musicale. Tra le considerazioni di carattere generale va annoverato un fastidioso accanimento di una parte del pubblico nei confronti di Arisa, fischiata praticamente ad ogni intervento. Decisamente sottotono la giuria tutta, impeccabili, come di consueto, le messe in scena, ideate da Luca Tommassini e realizzate dal suo collaudato staff. Nonostante la magnificenza e la pompa magna delle scenografie, dei costumi e delle coreografie, rimane comunque la sensazione che sia mancato qualcosa a questa edizione di X Factor. Si spera che, già a partire dai prossimi casting, venga maggiormente valorizzata la tradizione musicale italiana al fine di dare la possibilità ai più giovani di scoprire e apprezzare la propria cultura nonchè le proprie radici. Non serve scimmiottare le star internazionali, alla musica italiana serve una potenziale star che possa esportare all’estero il nostro eccellente background.

Raffaella Sbrescia

La Febbre del Sabato Sera: non solo glamour. Un focus sempre verde sul disagio giovanile

La Febbre del Sabato Sera

A cinque anni dalla produzione diretta da Carline Brouwer e Chiara Noschese con le coreografie di Chris Baldock, “Saturday Night Fever” –  La Febbre del Sabato Sera riprende vita in occasione del quarantennale dall’uscita del famosissimo film con John Travolta. Stavolta è Claudio Insegno a confrontarsi con le canzoni dei Bee Gees e i testi di Cohn, Stigwood e Oaks. La prima location della lunga tournée che toccherà le principali città italiane è il Teatro Nuovo di Milano. Prodotto da Lorenzo Vitali, il musical vanta i contributi di Valeriano Longoni per le coreografie originali, Roberto e Andrea Comotti per le scenografie, Graziella Pera i costumi, Angelo Racz alla supervisione musicale, Massimo Carrieri alla direzione dell’orchestra. Il nuovo Tony Manero è Giuseppe Verzicco, classe 1986, al suo fianco troviamo l’affascinante Anna Foria nel ruolo di Stephanie Mangano, Giada D’Auria nei panni dell’innocente e sognante Annette. Menzione di merito ad Alessandra Sarno e Gaetano Ingala nei panni dei poveri genitori di Tony, immigrati italiani di origine pugliese. Trai plus dello spettacolo ci sono anche le potenti voci di Gianluca Sticotti nel ruolo di DJ Monty e di Giovanna D’Angi nel ruolo di Candy. Il risultato è una piacevole e spassosa serata che, pur essendo  principalmente un omaggio alla disco music e al glam dominante degli anni Settanta,  non vi esimerà dal riflettere su tematiche quanto mai attuali quanto può esserlo il senso di spaesamento e di disagio giovanile in un mondo sempre meno attento alle reali esigenze delle ultime generazioni.

 Raffaella Sbrescia

LA TOURNÉE – Teatro Nuovo – dal 9 dicembre 2016 al 29 gennaio 2017 VARESE – Teatro di Varese – 31 gennaio e 1 febbraio 2017 BOLOGNA – Teatro EuropAuditorium – 4 e 5 febbraio 2017 ROMA – Teatro Olimpico – dal 7 al 19 febbraio 2017 TORINO – Teatro Alfieri – dal 21 al 26 febbraio 2017 GENOVA – Politeama Genovese – dal 28 febbraio al 5 marzo 2017 LA SPEZIA – Teatro Civico – 7 marzo 2017 BERGAMO – Teatro Creberg – 10 e 11 marzo 2017 LEGNANO – Teatro Galleria – 14 marzo 2017 REGGIO EMILIA – Teatro Regio – dal 17 al 19 marzo 2017 FERRARA – Teatro Nuovo – 21 marzo 2017 ASSISI – Teatro Lyric – 23 marzo 2017 MONTECATINI – Teatro Verdi – 25 marzo 2017 BRESCIA – Palabanco – 27 marzo 2017 LIVORNO – Teatro Goldoni – 29 marzo 2017 COMO – Teatro Sociale – 31 marzo 2017

 

Edoardo De Angelis: “Il cantautore necessario” è un pronto soccorso culturale.

Edoardo De Angelis ph mariacristina-di-giuseppe

Edoardo De Angelis ph mariacristina-di-giuseppe

In un mondo saturo di polemiche, sapete di cosa abbiamo veramente bisogno? Di bellezza e di poesia, di sogno e di leggerezza. A questo proposito, risulta particolarmente adatto a questo tipo di esigenza emotiva l’ultimo lavoro di Edoardo De Angelis, intitolato, non a caso, “Il cantautore necessario”. Cantautore e paroliere fra i più noti del panorama italiano, Edoardo De Angelis, nel corso della sua lunga carriera, ha contribuito allo sviluppo e all’immagine della canzone d’autore collaborando con i più grandi nomi della musica italiana. Oggi, con l’importante ausilio di Michele Ascolese (storico chitarrista di Fabrizio De André) e la direzione artistica di Francesco De Gregori, Edoardo ci restituisce alcuni dei più grandi capolavori del cantautorato italiano. Ben lungi dall’essere ascritta ad operazione nostalgica, la pubblicazione di questo disco è piuttosto un atto d’amore, un pronto soccorso culturale, un’iniezione di scintillìo. Conoscere, riconoscere, approfondire, ricordare sono solo alcune delle cose che si potrebbero fare ascoltando queste dodici canzoni scelte, non senza sacrificio, all’interno di un ricco forziere.

Edoardo De Angelis e Michele Ascolese ph mariacristina-di-giuseppe

Edoardo De Angelis e Michele Ascolese ph mariacristina-di-giuseppe

Ritratti di cantautori, fotogrammi di storie senza tempo, stralci di ricordi emergono traccia dopo traccia. E così, immersi nella commovente lettura del dolcissimo libretto che accompagna il disco, ci incantiamo ad ascoltare brani senza tempo come “La canzone dell’amore perduto” (De Andrè), “Oltre il muro” (Ascolese); “Amara terra mia” (Modugno – Bonaccorti – Modugno), “Décembre” (Di Biase), “Santa Lucia” (De Gregori), “Cosa portavi bella ragazza” (Jannacci), “Io che amo solo te” (Endrigo), “Fratello che guardi il mondo” (Fossati),  “Porta Romana” (Simonetta – Gaber); “Il mare, il cielo, un uomo” (Paoli), “La casa nel parco” (Lauzi,  “Se Stasera Sono Qui” (Mogol –Tenco). Suggestive anche le tracce strumentali eseguite da Michele Ascolese che, alternate alla voce di Edoardo De Angelis, tracciano i solchi lungo cui immetterci per seguire il cammino senza perderci. Non possiamo fare altro che ringraziare De Angelis per averci fatto dono di questi suoi ricordi tanto preziosi e per averci reso partecipi di legami artistici e rapporti umani che oggi, purtroppo, stanno tendendo a scomparire sempre di più.

Raffaella Sbrescia

La tracklist dell’album: “La canzone dell’amore perduto” (De Andrè); “Oltre il muro” (Ascolese); “Amara terra mia” (Modugno – Bonaccorti – Modugno); “Décembre” (Di Biase); “Santa Lucia” (De Gregori); “Cosa portavi bella ragazza” (Jannacci); “Tango solitario”(Ascolese);  “Io e te Maria” (Ciampi – Marchetti); “Io che amo solo te” (Endrigo); “La voce di tua madre” (Di Giuseppe – Ascolese); “Fratello che guardi il mondo” (Fossati); “Porta Romana” (Simonetta – Gaber); “Ortigia” (Ascolese); “Il mare, il cielo, un uomo” (Paoli); “La casa nel parco” (Lauzi); “Megisti” (Ascolese); “La casa in riva al mare” (Bardotti – Dalla); “Se Stasera Sono Qui” (Mogol –Tenco).

Ascolta qui l’album “Il cantautore necessario”

New Air: con “Venus” gira davvero aria nuova in Italia

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New Air è il nome ma anche l’intento della musica prodotta dalla band romana costituita da Andrea “Fungo” Morganti (Piano, Keyboard, Music Sequencer, Vox) e Gabriele “Arfa” Carone (Synth, Drum Machine, Music Sequencer, Vox/Vocoder). In questa occasione parleremo del loro nuovo progetto intitolato “Venus”, promosso e distribuito dall’etichetta discografica indipendente La Stanza Nascosta Records. Anticipato dal singolo “Stuck In This Abyss”, arricchito dall’ intensa vocalità di Brightie, questo album intende lasciarci intravvedere la possibilità che qualcosa di nuovo in fatto di musica può ancora essere possibile. La ragione di questa affermazione risiede non solo nella forte eterogeneità dei suoni e del contenuti proposti dai New Air ma anche dalla loro capacità di sorprendere e sconvolgere l’ascoltatore privandolo di riferimenti e approdi sicuri. Le tracce incluse in “Venus” sperimentano veleggiando tra psichedelia e musica trance. Attraverso un continuo spostamento di baricentri, i New Air si sdogagano completamente dalla scena musicale in cui nascono per traghettarci in un altrove che ciascuno di noi potrà liberamente definire.

Raffaella Sbrescia

Ascolta qui l’album “Venus”

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