Ivano Leva – Suggestioni all’imbrunire Ph Luigi Maffettone
Seguendo un ideale spirito di compenetrazione tra arte, uomo e natura, l’inaugurazione della VI rassegna “Suggestioni all’Imbrunire”, ambientata nel favoloso Parco Archelogico Pausilypon, nata nel 2008 grazie all’impegno del Centro Studi Interdisciplinari Gaiola onlus, con la direzione artistica di Stefano Scognamiglio e Francesco Capriello, ha visto protagonista del palcoscenico dell’anfiteatro antico il pianista Ivano Leva.
Ivano Leva – Suggestioni all’imbrunire Ph Luigi Maffettone
La Grotta di Seiano, la Necropoli, lo scenario mozzafiato della Baia di Trentaremi a Posillipo, il ricco buffet offerto da Cupiello e i vini della cantina La Masserie hanno costituito l’eccellente miscellanea introduttiva di un momento musicale incentrato sull’improvvisazione e la libera espressione di un artista capace di padroneggiare un repertorio assolutamente eterogeneo.
Ivano Leva – Suggestioni all’imbrunire Ph Luigi Maffettone
La totale assenza di impianti di illuminazione artificiale e di qualsiasi scenografia precostituita sono alcuni degli elementi imprescindibili su cui la rassegna incentra la propria cifra stilistica al fine di proteggere e salvaguardare i delicati equilibri architettonici di uno dei siti più antichi della collina di Posillipo. Ad accompagnare i virtuosismi dell’eccentrica vena pianistica di Leva, sono, quindi, l’ipnotica danza dei gabbiani, il tramonto del sole e l’imbrunire violaceo di un cielo finalmente terso.
Ivano Leva – Suggestioni all’imbrunire Ph Luigi Maffettone
Con una perfomance musicale pregna di declinazioni personalizzate di alcuni dei più grandi successi del ‘900, Ivano Leva ha realizzato un vero e proprio happening artistico, avvalendosi di una gestualità accentuatamente articolata, attuando, dunque, un vero e proprio corpo a corpo con lo strumento. “The Sound of silence”, la beatlesiana “The Fool on the Hill”, “Samba em Preludio” (musica di Baden Powell e testo di Vinicius de Morais) sono i primi brani che, attraverso il pensiero e le abili mani di Leva, si sono arricchiti di nuove colorazioni: «Questa sera apro il mio libro delle memorie, ascrivendomi alla categoria degli squilibrati dotati di lucida follia, ha spiegato al pubblico l’eclettico pianista».
Ivano Leva – Suggestioni all’imbrunire Ph Luigi Maffettone
Proprio con lucida folla, Ivano Leva ridisegna i contorni di brani storici e quasi intoccabili, distaccandosi completamente da limiti ed etichette. La multisfaccettata indagine esistenziale dell’artista trova un naturale prosieguo sulle note del brano, composto proprio da Leva, intitolato “Recondito”, seguito dal “Prelude Op. 28 No. 3” di Chopin e dalla conclusiva “‘Na voce, na chitarra e ‘o poco ‘e luna”, contenuta nel celebre film “Totò, Peppino e la Malafemmina”; il perfetto tributo a una città che non smette mai di stupire.
Vi proponiamo una nutrita fotogallery dell’evento che si è svolto lo scorso 9 maggio presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma.
Area Mediterranea
con
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band
con la partecipazione del World Spirit Orchestra
special guest: Rodolfo Maltese
Dal ‘melòs’ delle loro radici legate al Mediterraneo, all’Atlantico della musica americana (nord e sud) questi due percorsi paralleli, attraverso il mare, si incontrano ed ecco che nasce la presentazione comune di due progetti discografici apparentemente lontani ma che si sono sviluppati in un contesto culturalmente omogeneo.
Fotogallery a cura di: Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Arb Trio e Mario Donatone & Giò Bosco Band Ph Roberta Gioberti
Il Suo.Na, la rassegna di concerti organizzata da Ufficio K, in collaborazione con Bulbartworks e Wasabee, giunge al termine. L’ultimo appuntamento musicale della stagione invernale ha avuto luogo lo scorso 9 maggio presso la Sala 3 del Duel Beat di Agnano. Protagonista del palcoscenico il folk singer napoletano dall’anima nomade Claudio Domestico, in arte Gnut. Accompagnato da musicisti esperti nonchè amici fraterni come Piero Battiniello (basso), Marco Capano (batteria), Luca Carocci (chitarra acustica), Daniele Mr Coffee Rossi (tastiere e loop) e Mattia Boschi (violoncello), Gnut riesce subito a conquistare la platea del freaky friday attraverso la sua verve di chansonnier distante da qualsiasi limitazione spazio- temporale.
Gnut
Il concerto, primo appuntamento del nuovo tour dell’artista, si apre con i brani pubblicati in “Prenditi quello che meriti”, il terzo e ultimo album del cantautore. Le parole del singolo “Non è tardi”, infondono coraggio e forza prima di immergersi nelle torbide e, tuttavia, dolci acque di “Fiume lento”. Ipnoticamente affascinante la ritmicità semantica e strumentale di “Prenditi quello che meriti”: Prenditi quello che meriti e dona a chi merita quello che puoi, canta Claudio, mentre sorrisi e sguardi complici, sopra e sotto il palco, diffondono una sottile trama di energia positiva nei cuori di persone desiderose di vita e di emozioni. Assolutamente toccante, sia dal vivo che nel cd, è “Solo una carezza”, la storia che, in poco più di due minuti, racconta il dramma della violenza e la speranza della rinascita individuale. In “Foglie di Dagdad” Gnut racconta di un’intima connessione con gli spazi e i ritmi naturali così come avviene in “Estate in Dagdad”: profumi, parole, odori, spazi e sapori si rincorrono in un giocoso andirivieni di ricordi. In “Dimmi cosa resta” il frutto di un forte scontro padre-figlio si trasforma in un verace flusso di coscienza che trova la sua naturale conclusione in “Ora che sei”.
Gnut e Dario Sansone
Gnut, dall’alto della sua gracile figura, si fa forte del retrogusto selvaggio della propria vocalità diventando il rappresentante ideale di una vita trascorsa perennemente in giro, seguendo il flusso delle note e della passione per la musica. Il manifesto di una gavetta fatta con amore e dedizione è “Torno”, la descrizione di un migliaio, un milione di ritorni, cantata ad occhi chiusi e a cuore aperto. Dal folk ci si sposta ad un più complesso blues che trova i primi sprazzi espressivi in “Universi” e che si riproporrà, poco dopo, in “Gospel 1840” un brano dedicato sia alla madre terra che alla madre fisiologica. Il tutto accade non prima di aver ascoltato la magica rivisitazione di “Passione” di Libero Bovio, un brano in cui Claudio è capace di riversare tutto l’amore che è in grado provare… il risultato è magico, ipnotico, incantatore.
Gnut e la band
Nella seconda parte del concerto c’è spazio per la disillusione di “Credevo Male”, alternata a “L’importante è ca staje buono”, primo singolo dei Tarall & Wine, che Claudio ha cantato proprio insieme a Dario Sansone (Foja), ospite della serata. L’ultima trance del concerto assume, se possibile, una piega strumentale ancora più interessante: gli ultimi brani in scaletta: “Esistere”, “Solo con me”, “Delirio” e “Controvento” si rivestono di un movimento musicale vorticoso e libero da vincoli. Corpi, voci e note trascendono la malinconia narrata nei testi delle canzoni regalandoci, ancora una volta, una preziosa dose di poesia.
Michele Campanella (al centro) con i fratelli David e Diego Romano Ph Flaviana Frascogna
Continuano i prestigiosi appuntamenti musicali del Maggio della Musica. Lo scorso 8 maggio, nella splendida veranda Neoclassica di Villa Pignatelli a Napoli, si è tenuto il concerto in omaggio al compositore russo Petr Čajkovskij. Al pianoforte il direttore artistico della rassegna Michele Campanella, accompagnato dai fratelli Davide e Diego Romano, rispettivamente al violino e violoncello e fiori all’occhiello dell’Orchestra Sinfonica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. I tre solisti hanno dedicato le proprie energie ai tortuosi pentagrammi del Trio in la minore op.50, il penultimo capolavoro che il celebre compositore russo scrisse mentre si trovava a Roma nel 1882, in memoria dell’amico fraterno suicida Nikolai Grigor’evič Rubinštejn. Davvero particolare la scelta di Čajkovskij di comporre un trio per pianoforte e archi, genere che l’autore aveva sempre detto di detestare, così come aveva fatto anche in una lettera destinata alla sua benefattrice Nadezca von Meck: «I miei organi uditivi sono fatti in modo tale da non poter assolutamente ammettere alcuna combinazione con un violino o un violoncello. Per me i diversi timbri di questi strumenti si combattono e la loro unione mi sembra una tortura». Nonostante questa forte ritrosia il maestro ci ripensò, si mise alla prova, sfido le sue stesse paure componendo questo ampio lavoro compositivo che, articolandosi, in due momenti, riveste anima e atmosfera di intesa malinconia. Tinte forti, quasi tragiche, attraversano una composizione che non dà tregua ai nervi e ai sentimenti.
Nell’introdurre il concerto, il maestro Campanella entra subito nel vivo del brano, spiegandone i punti chiave: «Per questo concerto, che celebra il compleanno di Čajkovskij, eseguiremo una sola composizione. Il brano è lungo ed esaustivo per noi e per voi, aggiungendo qualunque cosa avremmo appesantito il tutto. Come avrete modo di notare, in questo lavoro non c’è nulla di italiano, benché abbia visto la propria genesi nella città di Roma, continua Michele Campanella. Quello che manca è una visione serena, in questo brano la scrittura è oscura, depressa. La fase compositiva, della durata di un mese, non è stata immediata, Čajkovskij era contrario all’idea di un Trio, era convinto che questi tre elementi insieme non stessero bene ma alla fine diede vita a questa battaglia tra il pianoforte ed i due archi. La scrittura non è da Trio, racconta il Maestro, il pezzo è del tutto anomalo all’interno della musica da camera e presenta una forte bulimia di note. Mai, come in questa occasione, vita e arte si fondono in un unico percorso inscindibile, incentrato su un’intima e malinconica confessione autobiografica, a metà strada tra tormento e disperazione. Ad aprire il concerto un Pezzo Elegiaco, moderato assai. Allegro giusto, seguito da un Tema andante con moto e tutta una serie di variazioni declinate in undici diverse mutazioni, in grado di attraversare tanto il pentagramma quando gli aspetti dell’animo umano. Volti, gesti e righe di sudore si accompagnano alle note che avvolgono la sala in un’atmosfera plumbea e solenne al contempo. Il ritmo è nemico dell’esitazione, il tempo scorre implacabilmente veloce fino alla vibrante ed intensissima variazione finale e Coda con archi alternati in “piangendo” ed il pianoforte in pianissimo “poco a poco morendo” fino allo spegnimento conclusivo; sublime.
Nell’immancabile bis Campanella, David e Diego Romano offrono un molto più breve estratto dal Trio opera 100 di Schubert in cui l’ Andante con moto assume subito il significato di valore aggiunto. Una marcia sottotraccia al pianoforte accompagna e scandisce gli altisonanti picchi degli archi che, fino all’ultimo istante, sprigionano l’essenza della vita.
Giunge alla VI edizione “Pausilypon Suggestioni all’imbrunire” la rassegna artistica ideata e curata dal Centro Studi Interdisciplinari Gaiola Onlus con la collaborazione della Soprintendenza Archeologica di Napoli ed il Patrocinio di Regione Campania e Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli. Una vera e propria opera di mecenatismo ambientata in una location unica nel mondo quale è il Parco Archeologico del Pausilypon, finalizzata all’incontro tra archeologia, natura, musica e teatro. «Nell’anno del bimillenario dalla morte di Augusto, spiega il responsabile della Soprintendenza del Pausylipon G. Vecchio, “Suggestioni all’Imbrunire” si arricchisce di un nuovo e più profondo significato, diventando rassegna stabile all’interno di un contesto incantato».
Ad introdurre il nuovo cartellone, in una dettagliata conferenza stampa tenutasi questa mattina presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, M. Simeone ha ripercorso i progressi e le numerose iniziative che hanno portato al pieno recupero di un’ area ambientale ed archeologica di assoluta importanza: «Nell’arco di 10 anni abbiamo impiegato risorse, competenze ed energie per ridare lustro a questo importante sito archeologico. Ora, grazie alla direzione artistica di Stefano Scognamiglio e Francesco Capriello, il centro studi Pausilypon diventa ancora più interdisciplinare. Naturalmente, anche per questa edizione, rimane invariata la scelta di “non invasività” del luogo, non ci saranno allestimenti scenici, elettronici ed infrastrutturali che potranno in qualunque modo alterare il fascino naturale del sito archeologico. Gli artisti che hanno accettato questa nostra scelta, si esibiranno sfruttando le già perfette condizioni di luce e di acustica del sito, nel totale rispetto di uno dei luoghi più belli del nostro pianeta. Questo per dimostrare che la rassegna si adatta al sito e non il contrario! Un doveroso ringraziamento, aggiunge Simeone, va al nostro main sponsor Cupiello che, in funzione dell’amore per l’arte, ci consente di reinvestire i proventi della rassegna in progetti di ricerca, recupero e valorizzazione del sito. Il progetto in corso riguarda il “CALIDARIUM” del Pausylipon, scoperto nel 1913 da R.T Gunther e mira alla restituzione del sito alla cittadinanza».
Presente alla conferenza anche Stefano Scognamiglio, direttore artistico della sezione teatrale della rassegna: «Il progetto parte dal territorio e costituisce una lente di ingrandimento su una realtà che non è figlia di alcuna parte politica e che, anzi, è il frutto di sacrifici di persone che intendono mettersi al servizio della città. Dopo cinque edizioni, questa rassegna sta cominciando ad attirare pubblico e, francamente, credo ci siano tutti i presupposti affinchè essa possa diventare un evento di rilevanza internazionale. Vorrei inoltre sottolineare che la nostra realtà è aperta ad altre istituzioni sul territorio, dal prossimo anno lavoreremo in sinergia con il Palazzo delle Arti di Napoli perché crediamo che i vasi comunicanti, specialmente nel nostro ambito, possano creare grandi cose. Tornando, invece, a “Suggestioni all’imbrunire”, crediamo che lavorare per sottrazione, nell’allestimento scenico degli eventi in programma, ci possa far ottenere un risultato migliore. Ricordo, infine, che ogni appuntamento sarà preceduto da una visita guidata al sito che accompagnerà gli ospiti in un crescendo di suggestioni, dall’imponente Grotta di Seiano fino all’incontro con gli artisti presso l’area dei teatri. Alla fine di ogni spettacolo sarà offerto un piccolo rinfresco di qualità ed una degustazione di vini delle eccellenze enologiche campane».
Suggestioni all’imbrunire
A seguire l’intervento di Francesco Capriello, responsabile della sezione musicale della rassegna: « Ad inaugurare il cartellone sarà il pianista Ivano Leva con un piano solo, arricchito da improvvisazioni su svariate tematiche. Il 17 maggio sarà la volta dell’ensemble acustico La Mescla, che ci porterà al centro di un viaggio mediterraneo, tema che ricorrerà anche nella perfomance di Alana Sinkëy in “Minha Terra”. Altri spunti interessanti saranno offerti dall’Orchestra acustica del Pausylipon Afrocubatà: musicisti di età compresa tra i 18 ed i 37 anni ci coinvolgeranno in una sfida compositiva e strumentale molto interessante».
A promuovere la rassegna, che avrà luogo da 10 maggio al 15 giugno, sarà il marchio “Cupiello, la cultura del gusto”, rappresentato in conferenza stampa dal dottor Alfio Schiatti: «Questa iniziativa rispecchia i valori su cui lavora, da anni, la famiglia Simeoli: cultura, sostenibilità, concretezza e visione internazionale».
Sulla stessa linea d’onda Emilio Scano per l’Associazione Ager Campanus che curerà, quest’anno, la selezione delle cantine: «Abbiamo accettato di buon grado la proposta artistica e culturale che ci è stata offerta e, a modo nostro, abbiamo agito nel rispetto dello spirito con cui la rassegna è stata ideata. Ogni spettacolo vedrà la partecipazione di una cantina del territorio campano con delle degustazioni pensate ad hoc».
Ivano Leva
L’intervista a Ivano Leva:
Protagonista della serata di apertura il prossimo 10 maggio sarà il pianista Ivano Leva in “Piano Solo”, un’esibizione in cui il musicista attingerà alla sua grande esperienza ed inventiva presentando una performance totalmente improvvisata. Abbiamo chiesto maggiori dettagli all’artista, presente in conferenza stampa.
Che tipo di live proporrà il prossimo 10 maggio?
Pur provenendo da una formazione classica, contestualmente, mi dedico anche alla forma espressiva propria dell’improvvisazione, si tratta di qualcosa che mi ricongiunge alla mia indole. Sento, infatti, che l’improvvisazione faccia parte di tutta la mia storia. Fin da bambino, quando mi regalavano i giocattoli la prima cosa che facevo era smontarli e rimontarli a mio piacimento. Per quanto riguarda il concerto farò delle improvvisazioni sfruttando dei materiali tematici già noti, non per un discorso di facile presa, ma solo come pretesto per attuare il giro di colori che prediligo. Tra le varie personalità multiple che convivono nella mia persona, ce n’è una dedita alla scrittura, un’altra dedita all’improvvisazione. Non si tratta di una prima, anzi, ho tenuto uno spettacolo simile qualche mese e fa parte di progetto che porto avanti per mostrare la mia quotidianità, in sintesi, il messaggio è: Vi apro le porte della mia stanza, accomodatevi ed ascoltate”.
Ci sono dei progetti paralleli in corso?
Certo, mi sto dedicando a progetti jazzistici e non. Tra le altre cose mi sto occupando di un progetto che fa capo al batterista Leonardo De Lorenzo, senza tralasciare la partecipazione a svariati Festival e allo spettacolo teatrale di Enzo De Caro, improntato sulla biografia di Chet Baker, intitolato “Chet c’è”. Di recente ho collaborato anche con Antonio Onorato in un altro progetto dal vivo.
Per quanto riguarda l’aspetto compositivo, è in fase di scrittura?
Naturalmente ho dei dischi miei, comprensivi di brani originali composti da me e ne sto maturando altri. Visto che non ho ne necessità commerciali ne una produzione alle spalle che mi obbliga ad avere tempi di realizzazione per vendere, mi prendo delle pause tra un disco e l’alto, anche pluriennali. Il tutto mi serve per raccontare delle cose piuttosto che altre…quello che sto scrivendo adesso è un disco per orchestra e pianoforte e non credo che lo realizzerò prima della seconda metà di quest’anno se non per l’anno prossimo.
Prevendite: www.etes.it
Ingresso con visita guidata dalle 17,30 alle 18,20 – ingresso solo spettacoli dalle 18.20 alle 18,40, (contributo 15,00 euro).
Si è tenuto lo scorso 3 maggio, presso la Veranda Neoclassica di Villa Pignatelli a Napoli, nell’ ambito della rassegna di concerti organizzati dall’Associazione culturale Maggio della Musica, il concerto del maestro argentino Javier Girotto (sax soprano, sax baritono, flauti andini), accompagnato dall’Atem Saxfon Quartet composto da David Brutti (sax soprano), Matteo Villa (sax contralto), Davide Bartelucci (sax tenore) e Massimo Valentini (sax baritono). Incentrato sull’eccellenza e sulla qualità del dettaglio, il concerto, durato circa un’ora e mezza, ha rappresentato una preziosa occasione di conoscenza artistica e culturale; un viaggio sonoro pregno di contaminazioni e virtuosismi strumentali estremamente suggestivi. In scaletta brani tratti dai due lavori discografici che Girotto ha realizzato insieme al quartetto di sassofoni: « Tutto è nato durante un periodo in cui stavo scrivendo musica per sassofono, avevo intenzione di girare il mondo con vari quartetti ma poi ho scelto l’Atem Saxfon Quartet per una collaborazione più stabile e da lì è nato tutto. Il primo disco “Suix” l’ho arrangiato tutto io mentre il secondo, intitolato “Araucanos”, l’ha arrangiato il baritono Massimo Valentini, sempre su brani miei originali», ha poi spiegato Girotto che, grazie alle sue brillanti intuizioni compositive, è riuscito ad integrare la passione e la tradizione argentina all’interno dei più introversi meccanismi jazz per un risultato stilistico unico e coinvolgente.
Atem Saxfon Quartet
In apertura quattro brani di fila: in primis “La poesia”, il battito teso e concentrato dell’intro, trova subito un approccio empatico ed immediato, il tempo è incessante fino ad un intenso crescendo lirico, in cui ciascun musicista riesce a sedimentare il proprio suono in un unico interstizio emotivo, richiuso da un assolo del maestro Girotto, dal sapore malinconicamente crepuscolare. A seguire “Il senso della vita”: il ritmo è subito incalzante, corpi, suoni e strumenti veleggiano spediti verso un altrove guidato dal fascino ipnotico del flauto andino di Girotto: un richiamo magico ed ancestrale. Sulla stessa linea d’onda è la scia introduttiva di “Nahuel” (che nella lingua indigena della Patagonia significa puma), il flauto è il vero protagonista di una leggenda che si districa tra velocissimi ed impressionanti dialoghi tra tocchi e respiri. Il quarto brano, eseguito di fila, è “Morronga la Milonga”: la concreta realizzazione dell’incontro tra tango e jazz. Un brano di indiscutibile fascino, dettato da un’impressionante carica strumentale ed emotiva: lo spettacolo nello spettacolo.
Javier Girotto & Atem Saxfon Quartet
Dopo la prima parentesi parlata di Girotto, dedicata alle presentazioni di rito, si ritorna all’ascolto ed è la volta di “Suix”, un brano composto al pc e completamente riarrangiato dall’Atem Saxfon Quartet con un pregevole bilanciamento tecnico, finalizzato alla valorizzazione delle ineccepibili capacità tecniche ed espressive di ciascuno dei musicisti coinvolti. “Che querido “Che” è una composizione solenne, ispirata ad un leggendario personaggio che, ancora oggi, è un’icona universale. «La mia ricerca stilistica nel tempo è cambiata… Tanti anni fa mi dedicavo sicuramente molto al jazz, poi pian piano sono tornato un po’ alle mie origini cercando di contaminare il jazz con le sonorità che richiamano l’atmosfera e lo spirito tipico della musica argentina», ha raccontato Javier Girotto, dopo il concerto. Uno dei brani che risponde al meglio a questi intenti è “Araucanos”: un’introduzione epica si allaccia ad un accompagnamento lieve e delicato fino all’ultimo respiro. Molto sfizioso e divertente l’aneddoto legato alla rivalità calcistica tra Argentina e Brasile, rimarcato dal brano “Maradona è meglie ‘e Pele”, irresistibili e goderecci latinismi strumentali ammorbidiscono tensioni e pensieri. In conclusione “La luna”, la composizione ispirata ad una delle poesie di Jorge Luis Borges: un vortice strumentale, dapprima incessantemente incandescente, poi più pacato e soffuso, costruisce una parabola emotiva di indiscutibile impatto.
Interprete di note e sogni, Girotto si conferma ancora una volta un virtuoso della contaminazione musicale: «Proprio insieme a Michele Campanella, direttore artistico del Maggio della Musica a Napoli ed autorevole virtuoso della musica classica, sto lavorando ad un disco su brani del repertorio di Maurice Ravel per un lavoro ricco di contaminazioni stilistiche», la promessa di un nuovo viaggio fatto di sogni.
Si è tenuta alle 12.00 di questa mattina, presso la Sala Metropolis del Napoli Comicon, il salone internazionale del Fumetto, la presentazione di “Highway to Hell”, il nuovissimo progetto a fumetti, promosso da Panini Comics, e nato dalla collaborazione tra il creative tank romano Italian Job Studio e Davide “Boosta” Dileo, scrittore, conduttore televisivo e membro fondatore dei Subsonica. Presenti all’incontro tutti coloro che hanno preso parte al progetto, nato due anni e mezzo fa, ispirato ad un racconto inedito di Dileo intitolato “Il Tramontatore”: Riccardo Burchielli, Giuseppe Camuncoli, Stefano Caselli, Francesco Mattina, Diego Malara che, insieme allo sceneggiatore americano Victor Gischler, hanno dato vita ad una storia nera, un viaggio, un thriller, un horror, un thorror.
Highway to Hell-Panini Comics
La creatività italiana incontra le cittadine dell’East Cost statunitense: crocicchi, sfasciacarrozze, fessure e spioncini sono le tappe di una storia che puzza di benzina e carcasse. “Anche un viaggio di mille miglia inizia con un primo passo”. Questa l’entusiastica citazione di Lao Tzu che Marco M. Lupoi, Publishing and Licensing Director del gruppo Panini,ha voluto fare per sintetizzare il lungo cammino che quest’opera avrà davanti a sé.
Highway to Hell-Panini Comics
L’indiano Jayesh Michandani e l’irlandese Isaac Brew sono i due detective che proveranno a cercare il pericoloso serial killer mascherato Dasker, lungo la leggendaria Route 5. Il lavoro si ispira alla grande tradizione americana, è scritto in italiano ma la lingua madre è l’inglese, quella del nostro immaginario, quella dei film intrisi di sangue, budella e musical heavy metal. La serie, di cui il primo numero avrà 48 pagine (32 di fumetto più contenuti extra), avrà un costo compreso tra i 3 euro ed i 3 euro e 50, vedrà un debutto internazionale, tra le altre tappe spunta quella del Messico, e si sta muovendo lungo un binario artistico parallelo a quello della serie “True Detective”. Insomma ne vedremmo delle “belle” e ci sarà ben poco da ridere.
Lo scorso 2 maggio il Napoli – Comicon, Salone Internazionale del Fumetto, ha ospitato nella sala Cartoona Italia Davide Toffolo, tra i maggiori autori italiani di graphic novel e membro del gruppo rock Tre Allegri ragazzi morti. L’artista ha introdotto la sua opera, pubblicata lo scorso 15 gennaio per Rizzoli Lizard, mettendo a frutto le proprie abilità di entertainer sfruttando la sua proverbiale verve comica. Al centro del suo lungo intervento la propria identità: uguale fra gli uguali, Davide si è trasformato in Eltofo, il cantante yeti che, prima di disegnare se stesso e capire il mondo, ha cercato di scoprirlo.
All’interno dello speciale set unplugged organizzato per l’occasione, Toffolo ha offerto al pubblico alcuni dei maggiori successi del repertorio dei Tre Allegri ragazzi morti: “La tatuata bella”, “La mia vita senza te”, “Puoi dirlo a tutti”, “Alle anime perse”, “Il mondo prima”, “La faccia della luna”, “Sono morto” e “Occhi bassi” nel finale a sorpresa. Autore libero e spregiudicato, Davide Toffolo si è persino cimentato in una partita a tennis con la Wii. Perfettamente a proprio agio, l’artista si è poi dedicato ad un significativo racconto fotografico della propria esistenza e del mondo a lui circostante tra individui descritti come alieni, gli ecomostri di Taranto, le brutture architettoniche di Pordenone e provincia, il tutto distrincandosi tra i quadri e gli animali morti conservati in freezer, le tavole dei suoi lavori esposte sul muro di casa e i piccoli dettagli della propria vita, fino alla concretizzazione del suo percorso artistico e la mutazione in Eltofo. Un percorso costruito per tasselli, anche microscopici, mirati alla definizione di un individuo completo.
All’interno di “Graphic Novel is Dead” ci sono anche altri personaggi chiave come Andy Kaufman, oracolo personale di Eltofo, e Pepito, la sua “spalla comica”, un piccolo pappagallo domestico, che lo accompagna nel suo viaggio interiore e in un passato talvolta doloroso e che offrirà alla fine del racconto un divertente colpo di scena.
Il lavoro ha visto anche la collaborazione della fotografa Cecilia Ibanez, che lo ha seguito nell’ultimo tour negli stadi con Jovanotti e al Comicon di Napoli. Il colore e la supervisione del lavoro sono a cura di Alessandro Baronciani, il risultato è un’autobiografia assolutamente non definitiva perché, come disse il leggendario Joe Strummer “Il Futuro non è scritto”.
Veracemente ed intensamente napoletana, Barbara Buonaiuto, con la sua voce mediterraneamente rock, si è esibita lo scorso 30 aprile al Teatro Trianon di Napoli con Maurizio De Giovanni per lo spettacolo intitolato “Il Brigante e la Sciantosa”. Al centro dello spettacolo l’anima del sud.
Orgoglio, dignità, passione e arte si sono fuse in un unico crogiuolo per dare forma ad un’opera artistica vellutata ed incandescente al contempo. Forza, determinazione e talento, sono da sempre gli ingredienti base del temperamento di Barbara Buonaiuto che, forte della lunga e fortunata esperienza con l’Orchestra Italiana di Renzo Arbore, è riuscita a sedimentare nelle proprie corde vocali un amore incondizionato per Napoli.
Con i testi originali scritti e recitati da De Giovanni, autore del personaggio del commissario Ricciardi, l’artista ha dato voce alla rabbia di chi, ogni giorno, rivendica la sua identità lottando per la sopravvivenza. Sotto la direzione di Luca Urciuolo, che ha curato anche gli arrangiamenti e che si impegnato anche alla fisarmonica, sul palco hanno suonato anche Arcangelo Michele Caso (violoncello e plettri), Giampaolo Ferrigno (chitarre), Roberto Trenca (chitarre e plettri), Roberto Giangrande (contrabbasso), Michele Maione (percussioni) e Rosario Lambiase (voce e danza).
Alternando classici napoletani e canzoni di brigantaggio, “Il Brigante e la Sciantosa” svela due anime di una città, in grado di essere estremamente poetica e passionale ma anche drammaticamente spietata. Senso civico e impegno politico sono ancora troppo poco diffusi in un territorio martoriato dall’ignoranza e dalla criminalità organizzata. L’arte, il canto e la recitazione rivestono, dunque, un’importanza quanto mai centrale, nella campagna di sensibilizzazione pubblica, mirata alla valorizzazione di un fortino di risorse unico al mondo.
Lo scorso 30 aprile, in occasione della celebrazione della Giornata Internazionale del Jazz, si è svolto presso l’Auditorium Antonianum di Roma, un prestigioso evento musicale impreziosito dalla presenza di una folta rappresentanza di musicisti jazz italiani. Attraverso una breve performance di dieci minuti, ogni artista ha reso il proprio personale omaggio ad un genere musicale dal fascino immutevole. Tempo, storia, evoluzione non hanno infatti scalfito la proprietà insita in questo genere musicale che, pur nascendo oltreoceano, ha saputo sedimentarsi nell’identità e nello spirito dei popoli del mondo.
Promossa da Jazzit, in collaborazione con Groovemaster Edition e con il patrocinio dell’Unesco, l’iniziativa, a sfondo benefico, ha visto il coordinamento artistico di polistrumentista, vocalista, compositore, conduttore e autore di programmi radiofonici e televisivi di indiscutibile fama.
Presenti all’evento: Danilo Rea, Rita Marcotulli, Stefano Di Battista, Fabrizio Bosso, Maria Pia De Vito, Rosario Giuliani, Dino Piana, Dario Deidda, Massimo Nunzi, Giorgio Rosciglione, Gegè Munari, Enzo Pietropaoli, Giovanni Tommaso, Amedeo Ariano, Fabio Zeppetella, Alfonso Deidda, Pasquale Innarella, Gianni Sanjust, Fabio Mariani, Domenico Sanna, Giuseppe Bassi, Leonardo Corradi, Greta Panettieri, Dario Germani, Arnaldo Santoro, Roberto Pistolesi, Luca Fattorini, Marco Valeri, Francesco Diodati, Ermanno Baron, Matteo Bortone, Mauro Gubbiotti, Gianludovico Carmenati, Mauro Cimarra e tanti altri artisti che, attraverso anni di esperienza, incontri, studi e ispirazioni, hanno dato vita al folto manto di note che arricchisce il vasto repertorio jazzistico italiano.
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