Umbria Jazz 2017 all’insegna dell’incontro, dell’unione, del dialogo

Umbria Jazz 2017

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Prosegue la full immersion nell’Umbria Jazz Festival. E prosegue all’insegna dell’Incontro. Una delle parole chiave del Jazz, si sa, è “contaminazione”. Un termine che qui, nel contesto musicale, assume un significato positivo. Contaminazione è tutto quanto di nuovo nasce da un incontro. E’ unione. E’ dialogo. Un dialogo che solitamente esclude il raffronto. E’ dialogo, nel linguaggio universale delle note. I musicisti parlano così, e parlano con tutti. Uno dei valori più grandi della musica è proprio questo: l’universalità.
Così ci si chiede cosa possano raccontarsi una giovane pianista giapponese, ed un giovane suonatore d’arpa colombiano. Beh, possono raccontarsi e raccontarci storie magiche. Questo fanno i due giovani e incredibili Hiromi e Edmar Castaneta all’Arena Santa Giuliana, nel loro concerto per arpa e pianoforte, su composizioni originali, che lascia il pubblico basito, per la tanta bellezza e grazia. E’ un vento fresco e cordiale quello che accompagna i due musicisti sul palco. Molto presi nel tentativo di dialogare in italiano con il pubblico, il loro scopo sembra proprio quello di volersi far capire, senza possibilità di fraintendimenti, e ci riescono benissimo. Hiromi è una pianista dotata di grande talento ed originalità, molto vigorosa, nonostante la figura esile e la giovane età. Non vuole rinchiudere la musica dentro degli “argini stilistici”, per lei la musica è incontro, e quello che ne scaturisce. Un insieme pieno di elementi da accarezzare. Lui, un suonatore d’Arpa dotato di non minore talento e fantasia. Ma il talento spesso non basta. Ci vuole anima, ed è quella che ci mettono i due giovani musicisti, nel regalare al pubblico momenti di stordimento, strappando applausi durante le esecuzioni, (meritevole di menzione la sessione dedicata agli elementi “aria acqua fuoco e terra” e l’omaggio a Jaco Pastorius), ed una standing ovation della Santa Giuliana gremita, che non è cosa di tutti i giorni.

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A seguire un altro “incontro”. Lei è una Diva della musica internazionale, ed un’icona della musica nera africana. Lui un percussionista dalla ritmica travolgente. Angelique Kidjo, accompagnata da Pedrito Martines, protagonista già lo scorso anno qui ad Umbria Jazz di numerosi concerti che lo hanno reso familiare al pubblico, rende omaggio alla regina della Salsa, Celia Cruz, che il palco di Umbria Jazz ricorda con affetto, per aver più volte preso parte alla manifestazione. La Kidjo è oramai consacrata star, dopo aver vinto tre Grammy, essere diventata ambasciatrice Amnesty International, Unicef, ed è considerata dai media anglosassoni una delle 50 icone d’Africa. Bella come il sole, nel suo abito coloratissimo, riversa il suo potente carisma sul pubblico al ritmo incalzante del percussionista cubano, dando vita ad uno spettacolo più vicino sicuramente alla Word Music che non al Jazz, ma che non stona nel prestigioso contesto musicale.

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Dall’anima nera dell’Africa, all’anima Italo Argentina di Daniele di Bonaventura, che al Morlacchi, supportato dalla solida e paziente maestria dei solisti dell’Orchestra di musica da camera di Perugia, con il suo bandoneon rende liquidi anima ed occhi in un’ora e mezza di viaggio nel mondo del Tango, a partire dalle composizioni classiche di Burton Gardel e Villoldo, a finire alle sue personali, passando attraverso Astor Piazzolla (25 anni dalla morte), con una interpretazione di Oblivion “strazzacore”.

Bonaventura è un artista che conosciamo bene per la sua versatilità. dalla Word Music di qualità, alla musica etnica, al tango, al jazz, non gli fa paura nulla. Lo ricordiamo lo scorso anno presso il complesso di S Pietro, con Fresu e Michele Rabbia, il suo inseparabile bandoneon ed una competenza sopra le righe.

Ci racconta come nasce il bandoneon: come sostituto dell’organo nelle chiese. E con una dimostrazione di come veniva suonato in origine si accomiata dopo il secondo bis, ed un pubblico che, questa sera, si addormenterà sulle note di “libertango”, in attesa di una nuova entusiasmante giornata qui a Perugia.

R.G.

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Umbria Jazz 2017: dal tributo a Zappa alla rilettura di Gillespie passando per Jacob Collier

Umbria Jazz 2017

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Il quinto giorno ad Umbria Jazz è ricco di appuntamenti e piacevolmente impegnativo. Si parte con l’evento di mezzogiorno, presso la sala Podiani della Galleria Nazionale Umbra. Location di alto prestigio, per una rassegna di alto livello, in linea con il contesto, tanto per qualità quanto per affinità artistica. Vincent Peirani e G. Emile Parisien, duo di giovani interpreti e compositori, dà vita ad un concerto per sax e fisarmonica, che propone, con l’utilizzo arrangiamenti eleganti, sofisticati e ricchi di pathos un percorso attraverso la tradizione musicale d’oltralpe, di ogni periodo e genere. Il risultato è visibilmente efficace: pubblico rapito e standing ovation finale ripetuta per ben due volte, a richiamare i due musicisti sul palco, stanchissimi, madidi di sudore, ma emozionati almeno quanto il pubblico. “Belle Epoque” il titolo del CD, che ci sentiamo di consigliare, anche se, per la fisicità che caratterizza il modo interpretativo dei due francesi, la vera efficacia d’impatto riteniamo sia nel live. Chiunque si trovasse a passare per Perugia, non lesini comunque dal partecipare ad uno degli eventi della sala Podiani, e dal visitare la galleria Nazionale, che contiene numerosi e insospettabili tesori dell’arte italiana dal 1300 al 1500. Talmente significativi, da dare la sensazione di percorrere il libro di testo di Storia dell’Arte del secondo anno di liceo in dimensione “3D”: qualcosa di imperdibile.

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Alle 17, al Morlacchi va in scena un tributo a Zappa del tutto particolare e prestigioso. Riccardo Fassi, grande estimatore dell’originale e geniale musicista, icona di una generazione di “rottura”, tanto provocatore da poter essere solo amato od odiato, suonava Zappa quando ancora il tributo a Zappa non era previsto. Dopo la morte, due anni dopo, incise “Plays the Music of Frank Zappa”, e fu uno dei primissimi omaggi a Zappa. Questo progetto viene riproposto oggi, con il coinvolgimento di numerosi elementi e del cantante di Zappa, Napoleon Murphy Broock, entusiasta dell’iniziativa, a giudicare dall’energia che, ultrasettantenne, profonde nella sua performance.
L’emozione è molta, per chi, come me, ha amato Zappa quando aveva 15 anni, e quindicenne si sente tornare, mentre si susseguono i brani più significativi della produzione zappiana. Sofa, Peaches in regalia, Muffin Man, Florentine Pogen, (canzone d’amore in 7/4, come solo Zappa poteva partorire), riecheggiano nelle orecchie, e quel gruppo di “diversamente giovani” musicisti è calato nel ruolo, al punto che sembra essere tornato anche lui all’epoca adolescenziale. Napoleon “scoppietta”, vivace e teatrale, e, che dire…..la voce è quella dei vinili. Chiudere gli occhi ed avere la conferma di essere appartenuti ad una generazione musicalmente davvero molto fortunata. Con Zappa si entra in una dimensione più marcatamente Jazz, e si arriva preparati all’appuntamento in santa Giuliana, con Enrico Rava prima e Fabrizio Bosso poi. La serata della tromba. Rava, con Tomatsz Stanko e parte dei rispettivi collaboratori, si confrontano in un “duello” musicale, dai tratti “duri e puri”, jazzisticamente parlando, e non nascondiamo che, per quanto amanti del genere, l’impegno d’ascolto è notevole. Il jazz è qualcosa di sconfinato, proprio nella sua definizione concettuale. Però nella sua accezione pura può essere ben individuato nella performance dei due artisti, che si protrae per un’ora e mezza e mette a dura prova i padiglioni auricolari di una platea probabilmente solo in piccola parte tecnicamente preparata ad accoglierla.

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Diverso è il discorso per il lavoro di Bosso, che con l’orchestra di Paolo Silvestri dà vita ad una rilettura di Dizzy Gillespie, di cui ricorre il centenario della nascita, e presentata in anteprima all’Umbria Jazz. Qui la musica cambia, si rianima, prende ritmo e vigore, in una dimensione orchestrale molto familiare a Gillespie. L’affiatamento di Bosso e Silvestri è evidente, il lavoro piacevole, il feedback decisamente positivo.
Si corre al Morlacchi per Jacob Collier. Il giovane Jazzista fu l’ospite rivelazione della scorsa edizione, e si ripropone in una formula scenicamente non molto diversa, ma più vicina ad una dimensione blues. Se di blues si può parlare per un folletto irrequieto, che salta da uno strumento all’altro con l’agilità di una scimmia, chiuso nella sua dimensione musicale autocentrata, ma al momento stesso estremamente comunicativo e versatile. Personalmente ho preferito il lavoro dello scorso anno. pur riconoscendo molto talento a Collier, cosa che non è sfuggita nemmeno a Quincy Jones, uno tra i primi a scoprire il giovane musicista, che lo ha voluto per una collaborazione proprio nei giorni scorsi. Collier ha sicuramente un pregio: quello di essere molto apprezzato dal pubblico più giovane, che si identifica nella sua dimensione comunicativa multimediale. Ed in tal senso il messaggio che passa è indiscutibilmente positivo, trattandosi di musica comunque ad altissimo livello, con il pregio di accattivarsi una buona fetta di auditorium under 21. La giornata comincia classica e densa di pathos e si conclude elettronica e multimediale. Una giornata intensamente piacevole, come solo Umbria Jazz sa inventarne.

R.G.

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Dardust live al Castello Sforzesco: come perdersi in un irresistibile flow di note

Dardust @ Castello Sforzesco ph Alessio Panichi

Dardust @ Castello Sforzesco ph Alessio Panichi

Metti una sera al Castello Sforzesco di Milano sotto una fresca pioggia di luglio. Il tutto mentre le melodie strumentali di Dardust aka Dario Faini costruivano intelaiature di universi immaginifici tutti da vivere. Questo è il plot del concerto che ieri sera abbiamo visto nell’ambito della rassegna estate sforzesca. Con una suggestiva mise en place, Dardust ha suddiviso il suggestivo show in due parti. La prima, “Slow is” di chiaro stampo emotivo, minimale ma curatissima, con l’ausilio degli archi, specie quello di Lucio Enrico Fasino; la seconda “The new loud” dirompente, totalizzante, catartica. Uno spettacolo completo e variegato, curato nel dettaglio, con riproduzioni di suoni, di versi, di strumenti, di visuals pensati per avvolgere lo spettatore e catapultarlo in una dimensione spazio-temporale avulsa da qualunque contesto reale. Il mondo di Dardust è fatto di suggestioni estemporanee, lampi di emozione, sguardi fugaci, stelle cadenti, scenari visti o semplicemente immaginati. Un irresistibile flusso di note, ora acustiche, ora elettroniche frutto di autentica passione e instancabile ricerca. L’unico momento d’incertezza c’è stato in occasione del brano eseguito insieme al sopranista contraltista Di Maio. Un crossover audace ma forse troppo azzardato, l’impressione è quella che ci sia bisogno di un maggiore rodaggio per un amalgama più fluido e godibile. L’appuntamento a Milano si rinnoverà il prossimo novembre per l’ultimo atto di questo secondo capitolo di un’avvincente trilogia.

Raffaella Sbrescia

Umbria Jazz: giorno quattro. Il trionfo delle signore con Ladies e Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 - Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 – Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz quarto giorno. Giornata relativamente poco “impegnativa”, quella di ieri a Perugia, a causa della cancellazione del concerto previsto per la mezzanotte al teatro Morlacchi che avrebbe visto la partecipazione della Lydian Sound Orchestra in “Sempre Monk”, omaggio reso a Thelonious Monk, nel centenario della nascita.

Giornata comunque importante, perché ha visto il “trionfo” del jazz in rosa.

Due eventi a succedersi sul palco dell’Arena Santa Giuliana, di altissimo livello: Ladies e Dee Dee Bridgewater in “Memphis”.

Il Jazz, ad eccezione delle “voci”, è sempre stato considerato un territorio “maschile”. Di donne al sax, al contrabbasso, al clarinetto o alla tromba, al trombone se ne sono viste poche nel corso della storia del jazz. Diverso il discorso per le pianiste, ma il pianoforte è uno strumento che fa corpo e storia a sè.

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Ladies , con la sua manifesta volontà di interpretare al femminile un territorio “maschio” per definizione, presenta una formazione di talentuose “soliste”, internazionali e “cosmopolite” che, con un vigore che nulla ha da invidiare ai colleghi uomini, ma una grazia ed un’eleganza tanto “fisica”, quanto musicale che molti colleghi uomini potrebbero loro invidiare, offrono nell’arco di un’oretta e mezza un repertorio di classici originalmente e laboriosamente arrangiati e reinterpretati, attirando l’attenzione del pubblico della Santa Giuliana e strappando non pochi applausi a “scena aperta”. Un progetto impegnativo, anche perché le “Signore in Jazz” non indulgono in superficialità, sono molto “serie” e tecnicamente preparatissime, e rappresentano sicuramente una gradita sorpresa che speriamo sia precorritrice di altre iniziative del genere. Un sax tra le mani di una donna vestita in rosso, ha già suonato, ancor prima che ci si soffi dentro.
Una menzione meritata quindi per le componenti del gruppo:
Renée Rosnes al pianoforte, Nariko Ueda al contrabbasso, Allison Miller alla batteria, Ingrid Jensen alla tromba, Anat Cohen al clarinetto, Melissa Aldana al sax, e la meravigliosa voce di Cécile McLarin Salvant.

A seguire, ed attesissima, Dee dee Bridgewaters e la sua band, rigorosamente nera, rigorosamente “classica”, che sembra uscita da un documentario anni ’40, con tanto di coriste formose, pianista eccentrico, coreografia da grande blues.

Dee Dee Bridgewaters si esibì all’Umbria Jazz alla prima edizione, quella del 1973. E da allora è spesso tornata a calcarne le scene, sempre accolta con una familiarità ed un calore che si riservano a chi viene considerato “di casa”.

Umbria Jazz 2017 - Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 – Dee Dee Bridgewater

La quasi settantenne voce graffiante ed elegante del jazz, erede di Billy Holiday, di cui si rende magistrale interprete, vincitrice di Sanremo, insieme ai Pooh, ambasciatrice della FAO, dedica la sua esibizione alla musica di Memphis, e, senza risparmiarsi, coinvolge un’arena, appena reduce da un ascolto quasi ipnotico, in un vortice di energia, battiti di mani, lunghi discorsi perfettamente comprensibili anche da chi, come me, di inglese mastica poco, duetti entusiasmanti, blues & soul come se non ci fosse un domani. E, difatti, supera abbondantemente gli orari cui l’Arena è abituata, protraendo fino a ben oltre la mezzanotte il suo spettacolo, con un pubblico adorante raccolto sotto il palco a farle festa. Che forse di strumentiste il jazz nel corso della storia ne ha viste poche, ma le voci restano un ambito privilegiatamente femminile.

Un concerto di quelli che si ricordano.

R.G.

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Umbria Jazz 2017 - Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 – Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Umbria Jazz 2017 - Ladies

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Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

 

 

Umbria Jazz 2017: a spasso con Lettuce, Jamie Cullum, Paolo Fresu e Uri Caine

Umbria Jazz 2017- Jamie Cullum

Umbria Jazz 2017- Jamie Cullum

Secondo giorno perugino. Sono di scena molti eventi degni di menzione. C’è da dire che lo sono quasi tutti, in questa festosa manifestazione, che proprio di recente si è visto riconosciuto dalla Camera il diritto al sostegno, in quanto “festival di interesse nazionale”. Con tardiva attenzione, sosteniamo noi, ma tant’è, l’importante è arrivarci. Alle 17 al teatro Morlacchi, Cristiana Pegoraro e Danilo Rea Duo. Due pianisti con diverse ma altrettanto intense sensibilità artistiche ed interpretative, alle prese con un variegato repertorio che spazia dalla musica classica Barocca al jazz più tecnico, dalle melodie partenopee al tango argentino. A riprova del fatto che dove c’è talento e capacità tecnica, le barriere di “genere” si polverizzano, ed il dialogo diventa forza espressiva.

L’appuntamento in Arena santa Giuliana è con due eventi musicali di forte impatto qualitativo: I Lettuce e Jamie Cullum.

I Lettuce, band formatasi a Boston nel 1992, esponente del funky più tecnico e raffinato, che si esibisce in un intenso e ritmico concerto, caratterizzato per lo più da cadenze riff elaborate a maglie molto strette e nucleo centrale dei singoli brani. Importante il sostegno dato dalla batteria e dal basso elettrico, vigorosi ed “ordinati” i fiati. Nell’insieme qualcosa di sicuramente molto buono, destinato prevalentemente ad un pubblico appassionato del genere.

E’ poi la volta di Jamie Cullum, e la musica cambia completamente aspetto.

Artista britannico, pianista e compositore, nonché cantante di notevole caratura, Cullum inizia la sua carriera molto giovane. a soli 20 anni incide il suo primo disco. 500 copie che oggi fanno parte delle “rarità da amatore”, ricercatissime dai collezionisti.
Ha poi lavorato ovunque. Dalle navi da crociera ai matrimoni, non disdegnando nulla di quanto di buono la musica praticata tra la gente può portare con sé. E sicuramente da artista “pop” è il suo approccio con il pubblico dell’Arena, già nel far comunicare che non avrà problemi di alcun genere ad essere fotografato e ripreso. E questo ben dispone le persone presenti, facendo crollare immediatamente quel velo quasi impalpabile ma fortemente “filtrante” che caratterizza sovente le esibizioni da un palco così fisicamente definito ed imponente.
Nessuna soggezione, quindi, e subito un “tuffo” tra la folla; un tuffo artistico, cui farà seguito, a fine concerto, un tuffo fisico che metterà non poco in difficoltà il personale della security, ma che costituirà un elemento di definitivo apprezzamento non solo musicale, ma soprattutto umano. Che non è poco per un artista che sicuramente ha da dire la sua in ambito jazz e blues, come dimostrerà durante l’articolata ed apprezzatissima performance.

Un insieme di brani tratti dal proprio repertorio discografico, interpretati da vero front man di lunga esperienza, con tanto di salti su e giù dal pianoforte, coinvolgimento fisico e somatico, grande valenza vocale, tante note strutturate e complesse da spendere, all’insegna della massima semplificazione d’impatto. Come a dire “sono complicati, questo blues e questo jazz, ma state tranquilli: con me vi arriveranno diretti al cuore”.

Un paio di cover di notevolissimo rispetto, tra cui “Blackbird” , subito riconosciuta ed applaudita calorosamente dalla platea, tanto entusiasmo e tanta qualità. E tantissima simpatia, come quando ferma gentilmente il battito di mano dell’arena, durante l’esecuzione del brano ” Don’t Stop The Music”, per dare vita ad un virtuosismo “gigionesco”, percuotendo vano armonico e corde del piano in un assolo che manda decisamente in delirio il pubblico. Insomma, generosità dispensata a piene mani, e con un calore assolutamente mediterraneo. Pubblico che sul finale si ammassa sotto il palco, felice di accogliere il caloroso Jamie tra sé, e tanto di “Happy Birthday” con cinque minuti di protagonismo per Barbara, che compie gli anni alla mezzanotte. Dedica presumibilmente richiesta, e affettuosamente assecondata.

Che dire? Che ne vorremmo tutti i giorni di esibizioni così.

Umbria Jazz 2017 - Paolo Fresu

Umbria Jazz 2017 – Paolo Fresu

Quindi è veramente con moltissimo rammarico che non attendiamo il bis, ma ci precipitiamo verso il Morlacchi, prima che la folla invada le scale mobili ospitate nella suggestiva Rocca Paolina (e questo è un altro punto a favore della manifestazione di Perugia: lo stupore per il bello, che ogni momento si rinnova), dove ci aspettano Paolo Fresu e Uri Caine, reduci dalla pubblicazione del loro terzo album in duo “Two Minuettos”, registrato a Milano al Teatro dell’Elfo dal vivo, durante tre serate tematiche dedicate una alla musica classica e barocca, una alla popmusic nazionale ed internazionale, ed una alle sonorità più ortodossamente songbook americane, definite “standard”. Un percorso gentilmente e signorilmente condotto da Fresu, come è nel suo stile che oramai ben conosciamo, e che tanto ce lo rendono gradito, mentre attraversa i vari generi codificati, passando con estrema agilità dall’uno all’altro, senza soluzione di continuità. Commovente l’omaggio a Lauzi e Mia Martini, reso tramite l’esecuzione di “Almeno tu nell’universo”, che termina con una nota trattenuta per oltre un minuto dall’eccellente Paolo, fino a quando proprio il fiato non regge più. C’è veramente da dire che la classe non è acqua, e l’eleganza è la caratteristica più peculiare di questo gentleman del Jazz italiano, sempre disponibile e sorridente. Una sorta di continuità, anche oggi come ieri, con quanto visto in Arena.

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Ma Perugia non è solo Arena e Morlacchi. E’ anche molto altro. E’, ad esempio, corso Vannucci, animato da artisti di strada dalle 11 del mattino, quando partono i Funk Off, storica band di Vicchio, capitanata da Dario Cecchini, quest’anno “Marxiano” nell’aspetto, dietro la foltissima barba bianca, a quando incappiamo in una piacevolissima mezz’ora di intrattenimento di cui si rende protagonista la band Accordi & Disaccordi. che propone, oltre ad un brano di Fred Buscaglione notissimo al pubblico, “Guarda che luna”, scaturito dalle corde più passionali e romantiche del rude Fred tornato Ferdinando, una bella contaminazione tra swing e opera, con la voce perfetta della mezzosoprano Chiara Osella calatissima nel ruolo di una Carmen ribelle, all’inseguimento del “L’oiseau” più celebre del mondo. Qualcosa di diverso, di piacevole, ed, anche qui, di estremamente accessibile.
Giro di cappello, e poco importa se dieci giorni prima eri con artisti di fama internazionale su un palco forse considerato da alcuni ben più prestigioso della strada.

Il bello di questa manifestazione resta il rapporto diretto con il pubblico, cui non si sottrae nessuno dei partecipanti. E questo è importante, un messaggio di forte significato, in un mondo che purtroppo, anche suo malgrado, per molti aspetti, diventa ogni giorno più diffidente nei confronti del prossimo.

R.G.

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Umbria Jazz 2017

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Ritratti da Perugia. L’Umbria Jazz 2017 al via con Kraftwerk e Gianluca Petrella trio

Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

Per il terzo anno consecutivo siamo qui a Perugia per raccontare un evento storico della musica in Italia. l’Umbria Jazz è un Festival che ha una tradizione ultra quarantennale, e che, nel corso del tempo, ha assecondato le tendenze di ascolto, proponendo sempre eventi di altissima qualità, tanto musicale quanto “spettacolare”, senza scostarsi però sostanzialmente dalle sue origini, che affondano le radici nel Jazz. Un percorso al passo con i tempi, quello che dal 1973 ad oggi ha caratterizzato questa manifestazione, dall’esordio dei Wheather Report in Italia, all’esibizione di apertura di ieri sera dei precursori della Techno Music, i Kraftwerk all’Arena Santa Giuliana, per il solo concerto estivo previsto in Italia.
Nella location dedicata agli eventi di maggiore richiamo, dal rock al jazz, alla musica elettronica, al pop, il numeroso pubblico, dotato di occhialini 3D, ha potuto assistere a due ore abbondanti di spettacolo ipnotico e magico, tra immagini vissute dall’interno, e musica elettronica ad altissimo contenuto espressivo. Un’opera d’arte “totale”, sicuramente un’esperienza coinvolgente oltre l’ascolto “tout court”, come si deve ad un certo genere musicale che più di altri basa la propria efficacia su un abbandono senza preclusioni, e senza “concettualismi”. Anche se poi la musica dei Kraftwerk concettuale lo è, eccome. Ma l’impatto arriva efficace e “deflagrato”, non come un’esplosione ma come una pioggia di scintille, dopo l’esplosione. Probabilmente anche per l’effetto accattivante e coinvolgente del 3D. Autoprodotti e “rivoluzionari” per i loro traghettamenti elettronici e la sperimentazione musicale “robotica”, sicuramente sono stati i creatori della “colonna sonora” del 2000. Quando il 2000, nell’immaginario collettivo, era rappresentato da una immensa “odissea nello spazio”, e una terrificante “fuga da New York”.

Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

Suggestioni visive, fatte di sfondi creativi, ora “metallici”, ora “sintetici”, ora “algoritmici”, ora commoventi nella rievocazione storica in cui proiettano lo spettatore, in pieno Tour de France, o nel “melò retrò” della cinematografia degli anni 20.
Insomma, due ore e mezzo di musica dalla quale ci allontaniamo a fatica per raggiungere il Morlacchi. Dove un ottimo e sempre coinvolgente Gianluca Petrella in Trio dà vita ad una sessione musicale in linea con quanto già visto in arena. Note Jazz a profusione dall’ “imbuto” di un fiato vissuto con passionalità fisica, contaminate garbatamente con l’elettronica e con una ritmica e una sonorizzazione “new age”, ma sapientemente miscelate, a comporre nell’insieme un progetto molto gradevole. Sicuramente per padiglioni auricolari molto raffinati, e scevro della suggestione immaginifica dei Kraftwerk, ma comunque capace di far viaggiare l’ascoltatore in dimensioni che, pur partendo da “concettualismi”, traghettano in un mondo magico ed evanescente.

Umbria Jazz 2017 - Gianluca Petrella

Il tutto in una Perugia blindata, quest’anno. E lo stridere di queste barriere è forte. Perché la musica, almeno quella, non dovrebbe avere confini. Ma nella musica e nel suo potere assoluto crediamo. E se un futuro di contaminazione positiva potrà esserci, sarà nella dimensione sonora contaminativa. il Jazz per come nasce, appunto: che da sempre tenta di unire le persone e non e non di dividerle.

Quest’anno lo scenario della kermesse perugina si alimenta di tre anniversari speciali: la nascita di Thelonius Monk, di Ella Fitzgerald e Dizzy Gillepsie, cui verranno dedicati concerti appositi.

Altri personaggi omaggiati dal festival, Celia Cruz, George Gerswin il cantautorato italiano, tra cui Tenco, l’intramontabile e immenso Frank Zappa, il passionale Astor Piazzolla, e Gil Evans.

Vi terremo aggiornati quotidianamente da questo piccolo e modesto “diario di bordo di un mozzo da ponte”

R.G.

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Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

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Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk
Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

 

 

Coldplay live a Milano: la band di Chris Martin ci restituisce il sogno.

Coldplay live- San Siro foto di Francesco Prandoni

Coldplay live- San Siro foto di Francesco Prandoni

Sono passate più o meno 24 ore dal doppio appuntamento live dei Coldplay a Milano ma negli occhi e nel cuore di tutti coloro che hanno partecipato ai loro show di San Siro c’è ancora incanto. Perché? Forse perchè il grande merito di questa band è di averci restituito la possibilità di sognare. Rendere tangibile la fantasia non è cosa di poco conto in questo specifico periodo storico, lo avevamo capito a livello cinematografico con il film “La la land”, ne acquisiamo nuova consapevolezza oggi guardando la gioia ed il coinvolgimento delle persone che hanno scelto di riunirsi in nome dell’amore per la musica e della passione, per la vita certo, ma soprattutto per il sogno. Colori, luci, fuochi d’artificio, coriandoli, glitter, laser e stelle hanno illuminato il cielo di San Siro insieme ai coloratissimi braccialetti luminosi che ognuno di noi ha amato portare al polso per sentirsi parte di un tutt’uno. Vent’anni di carriera hanno dunque reso  Coldplay paladini dei nostri sogni e con il loro show assolutamente ricco, polposo, avulso da pause e artefatti hanno saputo pescare a piene mani dalla loro corposa discografia, tra hits e ballads che nel tempo si sono insediate nell’anima del pubblico più vario possibile. Assolutamente pop eppure innervati di energia rock e di fascino blues, Chris Martin e soci si sono mostrati in stato di grazia, sono riusciti ad essere credibili e coinvolgenti scegliendo le più disparate forme espressive dimostrando di potersi permettere tutto in qualunque momento.

Coldplay live- San Siro foto di Francesco Prandoni

Coldplay live- San Siro foto di Francesco Prandoni

Certo, il frontman rimane la punta di diamante del gruppo e lo è per i più svariati motivi. Tra tutti la sua dirompente energia e la sua straordinaria bravura: le sue performances sono autentiche e generose, Chris Martin non si risparmia mai da nessun punto di vista. Né musicalmente, né vocalmente, né personalmente. In continuo contatto diretto con il pubblico, il cantante trasmette gioia, pienezza, fierezza, sincerità, bellezza. Questo quindi è quello che vogliamo: esaltarci, sentirci attivamente parte di un avvenimento straordinario, riempire le voragini create dal vuoto che ci circonda, irrorarci la pelle con polvere di stelle, colorarci gli occhi con luci e fuochi, emozionarci nel sentire il cuore battere all’impazzata e non poter fare a meno di sentirci leggeri e trionfi di piacere.

Raffaella Sbrescia

Vasco Rossi: il suo Modena Park fa sognare questa generazione di sconvolti

Vasco Rossi - Modena Park Foto di Francesco Prandoni

Vasco Rossi – Modena Park Foto di Francesco Prandoni

Chiunque ne ha già scritto qualunque cosa. Quindi qual è il senso di aggiungere un pensiero in più in merito al concerto di Vasco Rossi a Modena? Il motivo è semplice: siamo sempre i soliti, quelli che devono dire per forza qualcosa. In questo caso c’è da dire che siamo quelli che lo stesso Vasco definirebbe quelli che non hanno rispetto per niente, nemmeno per la mente. Noi, generazione di sconvolti senza santi e senza eroi abbiamo in realtà un estremo bisogno di radunarci e di reimparare a condividere le nostre emozioni. Lo sa bene Vasco Rossi che in 40 anni di carriera di cose ne ha capite e ne ha scritte per dirci di sé certo, ma per parlare a ciascuno di noi. Parole che colpiscono la faccia, che toccano la pancia, che bagnano gli occhi, che si sedimentano nella testa. Pare facile, eh. Quattro sono state le ore di concerto al Modena Park con una scaletta pensata per lasciare fuori meno cose possibili per ridare coraggio, per vincere la paura, per riaccendere la miccia della vita, per capire fino in fondo cosa significa cantare la libertà e possederla davvero. Una sospensione temporale, una trepidazione collettiva, un corpo unico per sognare, per non lasciarsi sfuggire una buona occasione per sganciarsi dal proprio Facebook e dai propri guai. Vasco Rossi racchiude un po’ tutto questo ed è bello sapere che c’è chi riesce a mettere nero su bianco i nostri limiti, i nostri pensieri, i nostri sentimenti. Belli, ancora di più i volti genuini, sinceri, appassionati di tutti coloro che hanno voluto partecipare a questo rito pagano, c’è da sorriderne e da goderne. Siamo ancora vivi e a Vasco non dobbiamo dirgli nient’altro, tanto tornerà.

 

Brunori Sas live: un timido trascinatore di folle al Carroponte.

Brunori Sas - Carroponte

Brunori Sas – Carroponte

“Ragazzi, ricordo ancora quando otto anni fa ero a cantare su una collinetta del parco dell’Idroscalo di Segrate e c’erano dodici persone a sentirmi. Di questi, dieci erano miei parenti milanesi e due franchi tiratori. Grazie per essere venuti così in tanti stasera, non sapete che gioia mi regalate nel vedervi tutti qui”. Ecco servitovi il succo dell’excursus artistico di un grande cantautore, di un emozionante narratore, di un insospettabile intrattenitore quale è Brunori Sas. Sul palco del Carroponte di Sesto San Giovanni per una delle tappe estive del suo “A casa tutto bene tour”, l’artista calabrese è riuscito a catalizzare l’attenzione e l’emozione di migliaia di persone accorse ad ascoltarlo con un concerto pensato in ogni dettaglio.

In scaletta tanti pezzi del suo notevole ultimo album di inediti, su tutti “La verità” vincitore della targa Tenco 2017 come miglior canzone dell’anno, proposta sia in apertura che in una vibrante versione piano e voce con il sopraggiungere dei bis. Che belli i parallelismi tra ieri e oggi, tra Lamezia Terme e Milano, tra realtà liquide e parallele in grado di ricongiungersi nei nostri cuori di figli d’italia, migranti per lavoro. Belli ancora di più, i nuovi arrangiamenti realizzati per questa tornata estiva, specialmente l’impennata prog-distorta di un pezzo storico come “Rosa”. Che sia una ballata o un brano più strutturato, Dario Brunori è un timido trascinatore di folle, uno che non ha paura di dire le cose a modo suo, che ne scrive con cognizione di causa e che nel musicarle riesce a toccare tutte le nostre corde, anche quelle più irrigidite. Per chi si ritrova in queste parole di stima, l’appuntamento è su Rai Tre. Solo pochi giorni, in occasione della presentazione dei nuovi palinsesti Rai, la direttrice Daria Bignardi ha annunciato che a condurre uno dei nuovi programmi ci sarà proprio Brunori SAS. Non ci resta che scoprire cosa bolle in pentola.

 Raffaella Sbrescia

La verità

L’uomo nero

Lamezia Milano

Colpo di pistola

La vita liquida

Il costume da torero

Lei, lui, Firenze

Kurt Cobain

Don Abbondio

Le quattro volte

Rosa

Pornoromanzo

Back in black

(AC/DC cover)

Arrivederci tristezza

Encore:

La verità

(bis solo piano)

Guardia ’82

Canzone contro la tristezza

Secondo me

Francesco Gabbani live al Carroponte: non solo tormentoni

Francesco Gabbani live @ Carroponte

Francesco Gabbani live @ Carroponte

Il grande pubblico lo acclama come l’uomo dei tormentoni ma Francesco Gabbani è qualcosa di più. Le sue canzoni sono doppiamente brillanti perché s’insidiano nella psiche di chi le ascolta nonostante inglobino al loro interno una complessa struttura semantica. Con questa nuova tornata live, Gabbani abbraccia il vecchio e nuovo pubblico ma con un obiettivo preciso: presentarsi come poliedrico cantautore e discreto polistrumentista. Sul palco del Carroponte di Sesto San Giovanni, Gabbani ha sfidato i temporali estivi con un viaggio ricco di colpi di scena. Tantissimi i bambini presenti, a testimonianza del fatto che l’artista sia riuscito a trovare il modo di piacere un po’ a tutti. Il concerto, con una scaletta comprensiva di 21 brani, prende il via a ritmo di percussioni con “Magellano”, title track del suo ultimo album di inediti. A seguire “Software” e qualche incursione in “Eternamente ora”. Le cartucce da artiglieria pesante come “Tra le granite e le granate” vengono sparate quasi subito. Spazio al romanticismo, alle parentesi strumentali, alle emozioni, alla sorpresa, alla gratitudine. Gabbani è soprattutto un performer ma è anche un artista attento all’analisi della società contemporanea e al rispetto dei valori. Il cantautore non perde mai occasione di ringraziare il suo pubblico e di mettere in evidenza il bisogno di sincerità, immediatezza e desiderio di pace dello spirito. Tra gli highlights del concerto c’è ovviamente “Occidentali’s karma” ma ci sono anche l’ottima cover di “Susanna” di Celentano e “Vengo anch’io. No, tu no” di Iannacci, due mostri sacri a cui Gabbani si sente particolarmente affine seppur per differenti ragioni. Non solo canti e balli spensierati, il pop-rock di Gabbani si regge su una struttura solida e ascoltarlo rappresenta un’esperienza in grado di unire l’utile al dilettevole.

 Raffaella Sbrescia

SET LIST:
Magellano
Software
Tra le granite e le granate
Per una vita o per altre cento
In equilibrio
La strada
Occidentali’s karma
A moment of silence
Clandestino
Eternamente ora
Susanna
Immenso
Maledetto amore
I dischi non si suonano
Spogliarmi
Amen
Vengo anch’io, no tu no
La mia versione dei ricordi
Il vento si alzerà

Bis:
Foglie al gelo
Pachidermi e pappagalli
Occidentali’s karma

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