Intervista ai Fluon. Andy: “Futura resistenza racchiude la forza di un’idea”

Fluon © Sergione Infuso

Fluon © Sergione Infuso

“Futura resistenza” è il disco d’esordio dei Fluon, la band nata dall’incontro del talento creativo di Andy, ex Bluvertigo, con la chitarra elettrica di Fabio Mittino, il sound electro di Faber e quello rock elettronico di Luca Urbani. Grazie al sostegno dei fan e alla piattaforma di crowdfunding Musicraiser, il gruppo ha realizzato un lavoro discografico in grado di rispecchiare il proprio stile personale e creativo. A raccontarci i segreti del disco è proprio Andy, il frontman della band, che incarna l’estetica, il suono e lo spirito dell’omonimo laboratorio d’arte, fabbrica di idee, dipinti e musica.

Come intendono i Fluon la parola resistenza e in che modo essa può racchiudere l’essenza del disco?

L’essenza del disco è racchiusa nel concetto di  “forza di un’idea”. Visto che ci troviamo in un clima sociale abbastanza estremo e che la discografia non esiste più, c’è bisogno di creare qualcosa in maniera completamente indipendente, attraverso delle idee brillanti.

Fluon © Sergione Infuso

Fluon © Sergione Infuso

La vostra musica è molto eterogenea. Quali sono i punti cardine delle vostre composizioni e come nascono gli arrangiamenti?

La produzione del disco è stata curata da Fabio Mittino, un chitarrista proveniente da una disciplina e scuola di pensiero molto particolare, secondo la quale l’obiettivo finale è mirare all’essenza delle cose. Per questo motivo, a differenza del passato, in cui tendevo a farcire le tracce di infinite possibilità sonore, lui ha preferito togliere piuttosto che mettere. A completare il lavoro sono stati Luca Urbani, con dei testi molto lontani dal sovraccarico di parole, e Faber che ha mixato il disco. Per quanto riguarda me, ho semplicemente fatto il cantante e ho scritto il pezzo di un brano.

Futura Resistenza_cover album (2)Nel vostro disco suono, spirito ed estetica vanno di pari passo? Ci sono dei progetti legati anche ad una dimensione più specificamente visiva?

Sì, Fluon è anche un luogo fisico, un capannone industriale adibito alla creatività. Al suo interno vedranno la luce servizi fotografici, album,  videoclip e tutte le altre attività che potranno venire fuori da questo progetto. Per quanto riguarda il live, che muoverà i primi passi a maggio, tutti i brani conterranno una proiezione visiva; suono e immagine saranno compresenti in quello che sarà un concerto visuale.

“Non c’è gloria ma solo partecipazione”?

Partecipare implica la consapevolezza della propria esistenza

Qual è il “nuovo che avanza”?

La forza di un’idea, per noi, sta nel creare un’operazione di crowfunding in cui il nostro pubblico ci ha dato dei soldi a scatola chiusa, investendo su di noi perché crede in quello che facciamo. Questo è il nuovo pubblico, questo è quindi un nuovo che avanza , un nuovo interlocutore partecipe delle nostre idee.

“Tutto torna”?

Si tratta di una constatazione. La sofferenza degli anni passati, le tante battaglie perse, il denaro rubato da persone disoneste, ma anche le tante soddisfazioni, mi hanno portato a pensare che tutto torna. Ho creduto nella mia essenza e, nonostante la  povertà di tasca, la ricchezza di impulso mi ha comunque regalato dei feedback positivi.

Nei vostri testi la notte gioca spesso un ruolo chiave. Come mai? Vi va di approfondire questo discorso?

La notte raccontata nel disco è quella di Luca Urbani che ha scritto i testi. In generale, comunque, la notte è un convogliatore di pensieri creativi: mentre tutti gli altri dormono, noi possiamo attingerne energia.

“Ti puoi permettere” e “Buio” sono due brani che sembrano avere una consistenza diversa rispetto agli altri brani… siete d’accordo?

Beh, sì…In ”Buio”, in particolare, tutto diventa acustico, tutto si svuota, si toglie la corrente e ci si dà la buonanotte.

Che rapporto avete con i vostri fan?

Siamo in contatto diretto e loro possono venire nel mio studio quando vogliono, per me è un piacere riceverli. Quando ne abbiamo invitati alcuni, per le riprese del videoclip de “Il nuovo che avanza”, ho cucinato tantissimo pollo al masala, ho cercato di fare cibo per tutti è stato molto divertente.

Raffaella Sbrescia

Video: “Il nuovo che avanza”

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Paletti: “Non cerco una rivoluzione ma un evoluzione degli individui”

Pietro Paletti © Matteo Cervati

Pietro Paletti © Matteo Cervati

Cantautore, polistrumentista e voce irriverente della scena musicale indipendente italiana, Paletti, al secolo Pietro Paletti, classe 1980, presenta il nuovo singolo “Cambiamento”, manifesto della società 2.0, e ragiona sul senso del significato della parola evoluzione, intesa come un percorso da compiere individualmente.

Cantautore, polistrumentista, sound designer. Chi è Paletti oggi?

E’ tutto ciò perché bisogna pure pagare le bollette. Scherzo… Non so chi sono in realtà, posso solo dire una “banalità”: non riesco a stare senza la musica, in qualsiasi sua sfaccettatura.

“Il cambiamento spetta alle persone”, evoluzione del singolo per una rivoluzione globale…  è questo il messaggio del tuo nuovo singolo?

Sì, credo che si possa sperimentare un’alternativa alle rivoluzioni di massa. Siamo sempre scontenti di chi ci governa, critichiamo “la gente” ma in fin dei conti noi siamo la gente.

Raccontaci del videoclip: chi sono i protagonisti e qual è l’intento di questo girato?

I protagonisti sono amici che vivono all’estero ai quali abbiamo chiesto di inviarci delle immagini di loro che cantano il brano. Poi abbiamo preso immagini da youtube cercando di dare un effetto di “globalità”.

PIETRO PALETTI  Matteo Cervati

Pietro Paletti © Matteo Cervati

Non cerco una rivoluzione ma un evoluzione degli individui non della massa. Quest’ultima dovrebbe esserne la conseguenza.

Come descriveresti la società 2.0?

Difficile definire “la società” senza essere retorici. Sto notando che la tecnologia sta lentamente smettendo di essere al servizio dell’individuo. E’ l’individuo che sta diventando forse troppo dipendente da essa con il rischio di diventare la nuova schiavitù. Stiamo troppo attaccati a smartphone e social network. La cosa mi indispone un po’.

Cosa ti ha lasciato l’esperienza alla Fox?

Un ottimo ambiente di lavoro, internazionale e giovane.

E i tour americani?

Suonare oltre oceano è stato il sogno di una vita, poterlo fare in maniera seria e organizzata è stato esaltante.

Paletti - Cambiamento - singolo digitale_B (2)Cosa rappresenta il blog “Palettology” e quanto c’è di te in questo spazio web?

E’ per me un esperimento. Devo ammettere che sto facendo fatica ad accettarlo completamente. E’ lavoro, quindi mi ci metto per tenermi in contatto con chi mi segue dando dei contenuti extra musicali.

Sei al lavoro su un nuovo album? Se sì, in quale direzione ti stai muovendo?

Sto scrivendo cose nuove e sto già improntando un’idea di suono. Mi sto ispirando, come spesso è successo in precedenza, alle produzioni americane e inglesi più fresche e nuove. Quell’indipendente che non ha paura di osare e ricercare mi incuriosisce molto.

Dove e quando potremo ascoltarti dal vivo?

In primavera e in estate ricomincerò con mia somma gioia l’attività live. Adoro suonare dal vivo e credo che sia l’anima del progetto alla fine di tutto. Presto annunceremo le prime date del tour organizzato da DNA concerti.

 Raffaella Sbrescia

 Video : “Cambiamento”

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Greta Manuzi: ” Dedicherò alla musica il 100% delle mie energie”

Cover (2)Greta Manuzi, classe 1990, originaria di Longiano (Forlì-Cesena), è stata una delle voci più amate della scorsa edizione di “Amici” ma la musica ha da sempre fatto parte della sua vita. Dopo l’ep “Solo Rumore”, uscito il 21 maggio 2013, l’artista ha inciso “Ad ogni costo”, un album di inediti, su etichetta Carosello Records, in cui ogni brano racconta un pezzetto della sua vita. Giovane e appassionata, Greta è davvero molto determinata a percorrere la strada del canto e anche, in quest’intervista, l’artista ha lasciato trasparire tutta la sua grinta e la voglia di apprendere il più possibile.

“Ad ogni costo” è il titolo del tuo primo album di inediti, giunto dopo l’Ep “Solo Rumore”. Come nasce questo progetto, quali sono i temi cardine e a cosa s’ispira il titolo? C’è qualcosa che rimanda all’omonimo titolo della canzone di Vasco Rossi?

Il disco ha questo titolo soprattutto per il fatto che fin da piccina volevo “ad ogni costo” far la cantante ed intraprendere questa strada, è anche vero, però, che la canzone, “Ad ogni costo”, cover di “Creep” dei Radiohead, fatta da Vasco Rossi, mi ha aiutato tantissimo durante il mio percorso ad Amici e, più in generale, durante l’evoluzione della mia vita artistica. Per quanto riguarda il tema principale del disco, invece, ho scelto l’amore, seguendo l’idea di parlarne analizzandolo attraverso varie sfaccettature, sicuramente diverse da quelle che conosciamo di solito. Si tratta, inoltre, di un disco parzialmente autobiografico, la prima fase di preparazione mi ha visto, infatti, al centro di una lunga chiacchierata con gli autori, ai quali ho raccontato davvero molto di me, cosa pensavo dell’amore e come sto vivendo la mia gioventù. Tutti i professionisti con cui ho collaborato sono stati veramente molto bravi non solo a rendere questi sentimenti per iscritto, ma anche a fare in modo che potessimo scrivere insieme, facendo un lavoro da zero. Ho avuto anche la fortuna di lavorare con autori di un certo livello come Roberto Casini, storico autore ed ex batterista di Vasco, Luca Chiaravalli, Andrea Bonomo, Gianluigi Fazio per cui questo lavoro mi ha consentito di apprendere davvero molte cose e, tutt’ oggi, sto cercando di assorbire il più possibile.

Come hai vissuto l’anno post “Amici di Maria De Filippi” e quali emozioni hanno scandito quest’ultimo periodo?

Appena ho finito “Amici” mi sono lanciata subito nella promozione del disco “Solo Rumore”, ho girato tutta l’Italia e ho avuto il piacere di fare concerti in tante piazze, poi ci sono stati 3 mesi di fermo, durante i quali mi sono riposata ma ho anche iniziato il lavoro in studio. Avere a che fare con autori e produttori di un certo livello mi ha fatto sentire come se stessi ancora nella scuola di “Amici”; certo erano situazioni diverse ma ho imparato tante cose nuove. Ovviamente sono stata lontana da casa per molto tempo ma questo è quello che voglio fare nella mia vita e voglio farlo utilizzando il 100% delle mie energie, del mio cuore e di tutto l’amore che ho dentro.

In “Ti salverò da me” e in “Le nostre mani” le carezze sono in un caso “armi silenziose”, in un altro “un’arma in grado di distruggere. Come mai questa connotazione negativa?

Come dicevo, il disco è parzialmente autobiografico per cui ho raccontato un pò le esperienze che mi sono capitate come, ad esempio, quella volta in cui ho dovuto allontanare una persona da me perché non ero io la persona giusta per lei. “Le nostre mani” parla, invece, di due persone che fanno fatica ad accettare la fine di una storia d’amore.

greta 2Quanto ti rappresentano questi 10 brani?

Il mio disco deve per forza rappresentarmi in tutto e per tutto perché sennò non riuscirei neanche a cantarlo. Quando canto le cose devo averle vissute veramente altrimenti faccio fatica a trasmetterle alle persone.

Nel brano “amiamoci a metà” canti “meglio bere pioggia che la sete”…si tratta di uno dei tuoi mantra quotidiani?

Beh, direi proprio di sì. Questa canzone ha un tema particolare e ci sono molto affezionata perché si sofferma sulla scarsa importanza data al sentimento dell’amore e la protagonista del brano dichiara di essersi stancata di stare male e decide di dare ironicamente in affitto metà del proprio cuore.

E, ancora, “i giorni a rotoli sono miracoli”?

Tutto quello che ci capita nella vita ha sempre un perché. Tutte le esperienze che viviamo, dalla più negativa alla più positiva, servono sempre a qualcosa. Si tratta di piccoli miracoli che ci aiutano ad affrontare la vita giorno per giorno, per migliorarci e per renderci più forti.

Sei in giro con il tour di promozione del disco, c’è in programma un tour di concerti? Hai già delle idee su come sarà il tuo live?

Certo! Posso sicuramente dire che, partendo dal presupposto che io sono un po’ pazza di mio, si tratterà di un live molto particolare. Avrò anche la fortuna di avere al mio fianco i miei pazzeschi musicisti di sempre, che non ho abbandonato, per cui sarà spettacolare!

Raffaella Sbrescia

Video: “Due come tutti”

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Swell 99: “Sentite cosa riusciamo a fare”

Swell99

Swell99

Tra graffi grunge e melodie di matrice rock alternative, importate direttamente da oltreoceano, il rock dei marchigiani Swell99 giunge a “Life”, il secondo album in studio della band che, dopo quasi quindici anni di instancabile gavetta, ha varcato ufficialmente le soglie del limbo. Carlo Spinaci (voce ), Carlo Ciarrocchi (chitarre), Maxi Canevaro (chitarre), Michele Pierini (basso), Lorenzo Eugeni (batteria) si raccontano senza filtri, lasciando emergere la forza di un legame prima di tutto umano, oltre che musicale.

Quando è cominciato il vostro percorso di vita insieme e come si sono evoluti il vostro rapporto e, parallelamente, la vostra musica nel corso degli anni?

Siamo 5 amici, da sempre legati per qualche motivo (di parentela o conoscenza in comune), che nutrivano gli stessi gusti musicali, da lì è nato tutto. Sono molti anni ormai che condividiamo la musica come band e le tappe più importanti sono state segnate proprio dai momenti in cui la crescita personale, come musicisti e come uomini, ha potuto tradurre in “note” la fine di ogni percorso di ricerca, mettendole a disposizione della band.

Quali sono stati i vostri punti di riferimento iniziali e, quali, invece, sono stati quelli scoperti più recentemente?

Da sempre (e sempre lo sarà), la musica di Seattle degli anni ’90 mentre, per quanto riguarda le più recenti, tutte le nuove band Post Grunge e Hard Rock, contaminate oggi nelle loro post produzioni da campionature di suoni elettronici.

Che differenze ci sono nell’approccio alla musica tra di voi?

C’è chi riesce meglio a scrivere le ballad e chi invece riesce a portare riff più cattivi o tirati, chi preferisce ritmi di batteria più sincopati o chi preferisce un 4/4 dritto facendo della voce l’elemento determinante… La cosa migliore è che tutta la band riesce ad adattarsi e condividere i gusti individuali nella maniera più facile e collaborativa.

LIFE SWELL 99Da cosa nasce, a cosa s’ispira e cosa intende comunicare l’album “Life”?

“Life” vuol dire: “siamo arrivati fino a qui, eccoci, ci siamo ancora, nonostante l’età e gli impegni, non smettiamo mai di portare avanti ciò che facciamo da più di 20 anni e probabilmente non smetteremo mai… Sentite cosa riusciamo a fare”. LIFE è la voglia di far ascoltare qualcosa di più potente, veramente rock, nei suoni e nelle composizioni, qualcosa di completamente diverso dal primo lavoro. Seppur non al 100% originale, siamo soddisfatti del nostro sforzo.

“Non è la fine” è il terzo singolo estratto dal vostro ultimo lavoro discografico. Si tratta di un brano molto intenso, raccontateci qual è il messaggio che esso contiene.

Il testo è nato nel sonno e ricordo Carlo raccontare di essersi subito alzato ed aver scritto testo e musica. È molto personale e credo riporti sempre un filo logico più o meno forte con una storia passata che lui ha avuto e l’ha lasciato veramente KO quando è fini, sicuramente è l’unica storia d’amore che l’ha ferito e ritorna sempre nei suoi testi. Quando una donna ti lascia senza spiegazioni, ti rimane il pungiglione avvelenato dentro e ci devi convivere con la delusione e la rabbia…

Qual è il bilancio del gruppo e quali sono i nuovi obiettivi che vi siete posti per il futuro?

Il bilancio è buono. Ora abbiamo bisogno di nuovi stimoli. Vogliamo già lavorare al nuovo disco  e cercare di farlo tutto in Italiano… Tutti stiamo lavorando per prenotare date e rifare da spalla a qualche “grande”.

Dove e quando potremo ascoltarvi dal vivo?

4 Aprile al Drunk ‘n Public! Per gli altri aggiornamenti seguiteci su www.facebook.com/swell99 o www.swell99.com.

Raffaella Sbrescia

Video: “Urlo”

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L’intervista a Rita Pavone: 50 anni di carriera e un tour alle porte

Rita Pavone

Rita Pavone

Nel corso della sua cinquantennale carriera, Rita Pavone è riuscita a conquistare svariate generazioni di pubblico attraverso la sua proverbiale grinta e la sua travolgente personalità. Spirito libero ed indomabile, Rita ha costruito la sua vita e la sua carriera pezzo dopo pezzo e con grandi soddisfazioni. Oggi, grazie all’eccezionale riscontro avuto dal suo nuovo doppio studio album “Masters”, Rita Pavone si prepara a tornare sui palchi di tutta Italia con “Live2014”, il tour che la vedrà protagonista di 6 imperdibili concerti: 6 maggio - Milano (Gran Teatro Linear4 Ciak), 13 maggio a Napoli (Teatro Augusteo), 8 maggio – Bologna (Teatro Manzoni), 10 maggio – Ancona (Teatro Muse), 20 maggio – Torino, (Teatro Colosseo), 24 maggio – Padova (Gran Teatro Geox). Per info su location, date e biglietti www.tridentmanagement.it

Chi era Rita Pavone nel 1959 e chi è Rita Pavone oggi? Facendo un parallelo tra il passato ed il presente, cosa è rimasto uguale nel tempo e cosa è cambiato nella Sua persona?

Oggi come allora c’è la stessa grande gioia e voglia di cantare ma, certo, sono cresciuta in questi 50 anni , ho vissuto tante esperienze, sia professionali che umane diverse, ho imparato a gestire sia gli alti che i  bassi della vita, ho visto mezzo mondo, letto moltissimi libri, accresciuto la mia curiosità e la mia voglia di fare sempre qualcosa di nuovo.  Il desiderio di mettermi sempre in gioco è qualcosa che fa parte del mio carattere. Mai stata ingenua, forse neanche a 17 anni,  ma sicuramente ho acquisito maggiore consapevolezza di me stessa, dei miei limiti, come delle mie qualità e ho imparato a  gestire in prima persona la mia carriera e, più in generale, la vita di moglie, madre e donna.

In una recente intervista ha dichiarato  che “Masters” è il disco che voleva fare da ragazza e che ha tenuto nel cassetto per 50 anni. Ci racconta come e quando le è venuta la voglia di rendere questo sogno reale? Quali sono state le fasi di lavorazione del disco e come è avvenuta la costruzione dei brani in italiano?

E’ vero, l’idea l’ho sempre avuta, è nata con i miei esordi . “Masters” è l’album che volevo fare da 50 anni con le canzoni che ascoltavo da ragazzina, prima  ancora di avere successo. Mio padre aveva un amico marinaio che subito dopo la guerra gli portava i dischi americani che in Italia non conosceva nessuno. Sono cresciuta con quelli. Mentre in Italia tutti erano abituati a canzoni come “Buongiorno tristezza” di Claudio Villa, io, già a 12 – 13 anni, avevo il rock addosso e mi piacevano lo swing, il jazz, i grandi autori o interpreti americani come Bobby Darin, Burt Bacharach, Fats Domino, Gene Vincent, Tony Bennett. Loro sono i miei maestri perciò ho intitolato il mio doppio CD “Masters” riferendomi al duplice significato della parola – come “Maestri ispiratori” e come le matrici dei dischi.

Non ho potuto farlo prima perché, da me, i discografici si aspettavano altro. Poi, dopo essermi fermata per qualche anno,  mi sono detta “o adesso o mai più” e, in due anni, mi sono prodotta tutto da sola: scegliendo canzoni che avessero una storia, chiedendo le autorizzazioni alle major americane, trovando un arrangiatore, Enrico Cremonesi, straordinario,  con una versatilità e una eleganza rara, ma  soprattutto capace di avere di suo quel  tipico “ritardo” che nello swing è una dote innata, e poi collaborando per la traduzioni con numeri uno assoluti come Lina Wertmuller, Enrico Ruggeri e Franco Migliacci, perché volevo che le traduzioni  italiane avessero un’anima e potessero essere “moderne”.  Naturalmente ho voluto il meglio anche nella produzione affidando il mixaggio dell’ album al 4 volte Grammy Awards, James “ Bonzai“  Caruso  e masterizzandolo al  Metropolis  Studio  di  Londra  con  John Davis,  che collabora abitualmente con gli U2- The Enemy -Lana Del Rey e i  Led Zeppelin. Quest’ultimi gli hanno regalato proprio quest’anno un Grammy  per il mastering del loro ultimo album . Sono molto contenta del risultato finale e  sono ancora più contenta di come sia stato accolto questo disco sia dal pubblico che dai media.

Circa 9 anni fa lasciò volontariamente le scene per ritirarsi a vita privata. Cosa l’ha spinta a ritornare a fare musica e cosa le è mancato di più in questi anni?

Diciamo che all’inizio non mi mancava proprio nulla, anzi. Finalmente potevo fare tutte quelle cose che fin dai sedici anni  mi erano un po’ mancate … fare il bagno e prendere il sole tranquillamente senza aver paura di perdere la voce, alzarmi al mattino, prendere lo spazzolino e decidere di andare a Londra, stare con gli amici … Ma c’è poco da fare, se uno nasce “cantante”, alla fine il desiderio di tornare a cantare prevale.

Com’è il suo rapporto con i fan?

Straordinario. Sono loro che hanno sempre creduto in me e, giorno dopo giorno, mi hanno sempre sostenuta e spronata a ritornare  sulle scene. E’ un rapporto quasi familiare, continuo e consolidato, contraddistinto da un affetto che sento di dover contraccambiare sempre.

rita 3Sulla sua pagina Facebook Lei è sempre molto presente. Cosa pensa dei social networks e di Internet?

I social e Internet sono una innovazione straordinaria perché consentono di dialogare , di confrontarsi, di condividere  esperienze progressivamente e continuativamente, anche a centinaia, migliaia di chilometri di distanza e la  loro immediatezza è un innegabile  plus valore. Trovo, però, terribile che l’anonimato venga sfruttato, alle volte, per scatenare polemiche o, peggio ancora, insulti e aggressioni verbali che non fanno onore alla nostra razza.  E’ un vero peccato che alcune persone usino il fantastico e meraviglioso dono della parola, del pensiero, della dialettica, per offendere. E’ un insulto prima di tutto al proprio essere uomini.

Nel corso della sua carriera ha venduto più di 50 milioni di dischi. Quali sono stati i momenti chiave del suo percorso artistico?

Sicuramente la vittoria al  Festival degli Sconosciuti di Ariccia nel 1962, che mi consentì non solo di pubblicare il mio primo 45 giri con la RCA (“La partita di pallone”), ma anche di conoscere il mio futuro marito, Teddy Reno: quest’anno festeggeremo insieme con i nostri due figli Alex e Giorgio, 47 anni di matrimonio. E pensare che all’epoca fu un vero scandalo, un matrimonio osteggiato da tutti … Chi l’avrebbe mai detto! Nell’estate del ’63, invece, riuscii a convincere la discografica – che era contraria perché reputava il brano troppo “adulto” per me – di  farmi incidere “Cuore”, in assoluto il brano che amo di più di tutto il mio repertorio e che mi rappresenta. Fondamentali per la mia crescita anche tutti gli show televisivi  da me condotti negli anni sessanta, che mi hanno vista con Morandi,  con Raimondo Vianello, con Gino Bramieri, le Kessler, Mina, e sicuramente a fine ’64 lo sceneggiato televisivo “Il Giornalino di Gianburrasca” con le musiche di Nino Rota arrangiate da Luis Bacalov e i testi e la regia di Lina Wertmuller. Ma anche il cinema, con Giancarlo Giannini, con Totò, con la Masina.  E il teatro anni dopo. Voglio ricordare  nel 1995, con “La dodicesima notte”, diretta da Franco Branciaroli e  nel 1996/’97  “La Strada“ di Fellini con la regia di Filippo Crivelli.  Poi, naturalmente,  le tournée e i viaggi di promozione all’estero a cominciare dagli Stati Uniti, negli anni ’60, dove ho avuto l’onore di essere ospite per ben cinque volte dell’Ed Sullivan Show .

Quali sono state le emozioni più ricorrenti di una vita trascorsa in giro per il mondo con la propria musica?

Innanzitutto la grande opportunità di parlare e di  incontrare persone diverse per storia e per usi e consuetudini,  ma anche la possibilità di ampliare le proprie conoscenze, di soddisfare la mia curiosità innata che poteva sentirsi “stretta” nei confini nazionali.

Lei ha partecipato tante volte al Festival di Sanremo. Ci tornerebbe? Magari in veste di super ospite?

In verità nel corso della mia, ormai più che cinquantennale, carriera,  io, alla gara,  vi ho preso parte solo tre volte : nel ’69 , nel ’70 e nel ’72 . Poi una volta come ospite d’onore nel 1975 insieme ad  Erminio Macario, a seguito del grande successo teatrale  di “Due sul pianerottolo“, una commedia con musiche che, all’epoca, sbancò i botteghini di tutt’Italia. Infine, vi ho partecipato, in un’unica serata, nel 2005, proprio quando diedi l’addio alle scene, quale ospite di Toto Cutugno in un duetto.  Alla luce di tutto questo non si può di certo  considerarmi   habituè  della rassegna  sanremese…

 Tornare in gara? Al momento lo escluderei. Francamente  non è mai stato nelle mie corde partecipare  a competizioni dove le canzoni  vivono  di pochi attimi . Ciò nonostante, essendo Sanremo, ormai da  lungo tempo, l’unica manifestazione  a carattere musicale rimastaci , pur storcendo il naso, quando ho manifestato il desiderio di parteciparvi  per far conoscere un’altra parte di me come artista, ad esempio, quale cantautrice,  non mi è mai stato concesso… Debbo dire che attualmente, con le  modifiche apportate  al regolamento di gara,  secondo le quali non è prevista l’esclusione degli interpreti  la prima sera, si consente che i brani più “ difficili “ possano essere assorbiti dal pubblico in un arco di  ben cinque serate. Ho, invece, dei seri  dubbi  sulla bontà di far scegliere al pubblico, e non all’artista,  quale  tra le due canzoni proposte  sia quella che egli dovrà portare in finale. Mentre trovo bello e utile poter permettere all’ interprete  di proporre le su due anime  – magari  cantando un brano lento prima  e per secondo  uno più grintoso  – penso, invece, che questa scelta  dovrebbe  essere assolutamente  lasciata all’ artista,  la  cui responsabilità è quella  di poter “ correre” con la macchina che ritiene migliore.

Se sbaglia la scelta?  Beh, peggio per lui. Ma almeno avrà giocato tutte  le sue carte credendoci pienamente.

Che opinione ha dei talent show e cosa consiglierebbe ai giovani desiderosi di farsi strada nel mondo della musica?

I talent sono un’ottima occasione per i giovani e hanno rivelato alcuni  interpreti decisamente interessanti come Alessandra Amoroso, Emma, Marco Mengoni, tanto per citarne alcuni. Temo solo che la fama e la notorietà immediata che regalano trasmissioni di questo tipo possano non preparare i giovani ad affrontare eventuali momenti di calo e di crisi che facilmente  si avvicendano durante una carriera. Così come credo che la facilità di immagine che garantiscono i talent  show  (abiti, trucco, look, coreografie, scenografie, luci)  possano finire per bloccare la crescita della personalità e del carattere di questi giovani interpreti. Quello che mi sentirei  quindi di consigliare a questi ragazzi è di cercare di far valere sempre , e sempre di più, la propria personalità e la propria creatività artistica, magari  riflettendo a fondo sulle scelte dei brani che intendono proporre nei loro primi  dischi, perché talvolta, anche se firmati da autori rinomati, possono  rivelarsi  non  rispondenti  alle inclinazioni musicali o vocali dell’artista esordiente . E se si sbaglia il primo passo, sarà difficile riuscire a fare il  secondo.

rita 2A maggio ci sarà il suo nuovo ed attesissimo tour. Solo pochi giorni fa sono state annunciate 4 nuove date. Che tipo di concerto proporrà al suo pubblico?

Trovo giusto regalare al pubblico quello che ha amato di mio in tutti  questi anni, per cui porterò in scena molti brani  del mio repertorio storico, ma  desidero affiancare a questo – per la prima volta  “live” – anche dei brani del mio nuovo album “Masters”. Con Enrico Cremonesi – che curerà  la direzione musicale dello spettacolo –   e una band di professionisti, complice l’atmosfera “intima” dei teatri e una scena minimalista, vorrei rimettere al centro dello spettacolo la musica e le parole per regalare un concerto che possa essere il più possibile vario ed eterogeneo. Non solo un tuffo nel passato. Colgo l’occasione per dire che sono strafelice di venire con il mio  live anche a Napoli, al teatro Augusteo il 13 Maggio. Adoro Napoli  e adoro la sua gente. Ho tantissimi amici laggiù e non vedo l’ora di riabbracciarli.

Per concludere, qual è il suo “pensierino” del 2014?

E’ un momento di grande difficoltà per molte persone e famiglie. Penso a questo e trovo terribilmente ingiusto che la vita non possa  essere da sogno per tutti. Ma l’Italiano è un popolo forte e ce la farà a superare anche questo drammatico momento. Come ce l’ha fatta sempre, del resto . Ci potete giurare! E ve lo dice una che, nata nell’immediato dopoguerra, la vita  se l’è scelta e conquistata con estrema fatica.

Raffaella Sbrescia

Si ringraziano Rita Pavone e Alessandra Indrigo di Goigest per la disponibilità

Girolamo De Simone: “La musica di frontiera è quella che ritiene erronee le gerarchie di qualità tra generi diversi”.

Girolamo De Simone © Antonio Coppola

Girolamo De Simone © Antonio Coppola

Girolamo De Simone è un musicista italiano, considerato tra i principali esponenti delle avanguardie italiane legate alla musica di frontiera. Pianista, elettro-performer e compositore,  De Simone conduce, da almeno 30 anni, importanti ricerche sui nuovi linguaggi per la riscoperta di repertori inediti o rari e, in qualità di teorico delle musiche di frontiera,  ha pubblicato libri, saggi, articoli e recensioni anticipando le tematiche della contaminazione tra generi musicali, della critica allo sperimentalismo e delle nuove estetiche mass-mediali, senza tralasciare il ruolo centrale che l’artista ha ricoperto nella direzione artistica di importanti rassegne dedicate ai plurali della musica.

“I suoni hanno sempre lo stesso significato ed i veri maestri possono agire nella variazione di senso che si può assegnare ad una certa frase. Solo raramente quella frase può viaggiare ed arricchirsi di significato. E’ l’attimo della fioritura”. A distanza di tanti anni la pensa ancora allo stesso modo? Cosa aggiungerebbe, o come commenterebbe, queste parole?

A distanza di anni comincio a comprendere sul serio il senso del “Giardino spirituale” e l’attimo della fioritura simboleggia il massimo potere di ogni azione, di ogni cibo, di ogni composizione, di ogni ricerca. Anche la musica non ha costantemente la medesima forza, va incisa al momento giusto e, quando per noi perde forza bisogna, smettere di eseguirla dal vivo ma pochi lo fanno. Tanti trovano rassicurante perfezionare senza sbagliare. Invece, il rischio d’errore ha sempre caratterizzato i più grandi interpreti che, tuttavia, sbagliavano sapendo sbagliare, riempiendo di senso ogni loro nota.

In qualità di agitatore culturale, ci spiega in cosa consiste la Sua strategia di azione?

Ho fondato la prima rivista scientifica dedicata ai plurali della musica. Contemporaneamente, scrivevo (e scrivo) sul quotidiano “Il Manifesto” per ciò che concerne le culture del contemporaneo e ho diretto per circa dieci anni una delle più importanti rassegne italiane di border music, quella di uno dei centri di produzione partenopei, il Teatro di innovazione e ricerca Galleria Toledo. Poi le risorse pubbliche ed editoriali sono finite (nel senso che sono state accumulate da altri e non più destinate alla cultura), e allora ho pensato fosse giunto il momento di pensare ai giovani e alla didattica. Così, ho ideato per l’Agenzia Nazionale ANSAS e per il Miur la parte scientifica del progetto di formazione InNovaMusica, che ha formato circa 2000 docenti italiani di musica e strumento. Ho ceduto alla piattaforma Ansas-Indire buona parte dei materiali raccolti in trent’anni di ricerca che, al momento, sono oggetto di formazione e consultabili on line

Cosa si intende per “musica di frontiera?

La musica di frontiera è quella che ritiene erronee le gerarchie di qualità tra generi diversi.

A tal proposito quali sono le attività dell’etichetta discografica no profit “Border music”?

Sia con quella etichetta, che con la più ‘vecchia’ KonSequenz e, recentemente anche con Hana Goori Music, del mio compagno di percorso, il compositore e polistrumentista Max Fuschetto, abbiamo prodotto numerosi dischi che hanno lasciato un segno nella critica italiana. Molti di quei brani sono oggi su You Tube, e raccolgono anche migliaia di accessi. Considerando il fatto che la nostra produzione è piuttosto innovativa, si tratta di un ottimo risultato.

de simone 2 megaQuali sono state le ultime scoperte in merito alle sue ricerche sui nuovi linguaggi musicali e sulle contaminazioni tra generi diversi?

La vera scoperta è che queste musiche sono “entrate’”anche nelle pubblicità, oltre che nei film e persino, recentemente, nei Contest! Uso in modo del tutto naturale musiche provenienti dai più antichi frammenti conosciuti (parlo del duecento dopo Cristo) e le mescolo con tecniche di sintesi granulare, o più semplicemente con un utilizzo liberamente agogico e improvvisativo di uno di più abusati degli strumenti, il pianoforte. Tuttavia, uso anche il Moog, la spinetta, il clavicordo… etc

Quali gli interlocutori principali delle sue iniziative?

Le mie musiche sono amate da chi fa cinema, o arte. Sono state anche piuttosto ‘imitate’ da altri musicisti, ma non me ne scandalizzo, dacché siamo nell’era delle cosiddette “estetiche del plagio”.

“Konsequenz-Listz” è un progetto editoriale, definito “presidio di analisi e ragionamento contro la violenza e l’obnubilamento mediatico”… Le va di approfondire questo discorso?

Non è semplice farlo in poche righe. Il nostro sito e la nostra rivista, almeno agli inizi, che faccio risalire al 1984, cioè al primo ‘manifesto’ pubblicato su un quotidiano, furono davvero rivoluzionarie: era l’epoca in cui musica contemporanea veniva considerata solo quella cosiddetta ‘sperimentalistica’ e i plurali della musica riguardavano solo la musica ‘leggera’. Chi si occupò di mostrare i plurali sottintendeva sempre una spocchia analitica di provenienza adorniana. Con la fondazione di una rivista scientifica (non si dimentichi che Konsequenz fu editata e pubblicata dalle prestigiose Edizioni Scientifiche Italiane), procedemmo alla ‘storicizzazione’ e al superamento teorico di alcune affermazioni adorniane, e da lì trasferimmo le teorie ai fatti: rassegne, concerti, dischi…

TRILOGIA BIANCAHa recentemente completato la “Trilogia bianca” con i lavori, rispettivamente intitolati, “Ai piedi del monte”, “Inni e antichi canti” e “Di transito e d’assenza”. In cosa consiste questo progetto, cosa ne ha ispirato la composizione e quali sono le sue aspettative in merito?

Francamente, considero oggi il nostro paese in preda ad una sorta di retrocessione culturale, una decadenza impressionante. Pertanto, non mi aspetto nulla di nulla. Semplicemente, sto inserendo un po’ alla volta le musiche in rete, e quello che raccolgo, lo raccolgo in modo ‘indiretto’. Da trent’anni quello che faccio ‘entra’ in un circuito di cose note e accettate, e non credo che i meccanismi postmoderni consentano un ritorno di notorietà se uno non la cerca o non si costruisce quale personaggio, se uno, cioè, preferisce non vendersi o cedere. Del resto, nessuno è davvero proprietario di una buona idea. Essa ‘entra’, assume una vita propria, e se è davvero buona, si afferma prescindendo dall’oscuro teorico che l’ha formulata o realizzata per la prima o seconda volta.

Come nasce “Attacco per Beppe”, azione per pianoforte ed elettronica e cosa intende comunicare?

“Attacco per Beppe” è un omaggio a uno dei grandi musicisti e teorici italiani con i quali ho avuto il privilegio di lavorare ed essere legato da amicizia profonda: Giuseppe Chiari. Ho inserito anche la sua musica tra quelle che oggi sono studiate dai docenti. Speriamo esca dall’oblio come Luciano Cilio e altri amici musicisti scomparsi prima di me, ai quali ho dedicato una parte della mia vita.

Quali sono i progetti a cui si sta dedicando oggi e quali sono quelli a cui vorrebbe dedicarsi domani?

Sto incidendo e lavorando a un brano elettronico che verrà eseguito prossimamente per le celebrazioni dedicate a Jommelli, su invito del chitarrista-compositore Enzo Amato.

 Raffaella Sbrescia

“Sangue vivo”: un musical per Napoli

locandina sangue vivo“Sangue Vivo” è il titolo del musical che andrà in scena il 21-22-23 marzo, alle 21.00, presso il Teatro Mediterraneo della Mostra d’Oltremare di Napoli. L’opera è ambientata nei giorni nostri e, attraverso la forte figura spirituale di San Gennaro, intende infondere una nuova speranza nei cuori di quanti desiderano il riscatto di una società alla deriva. A parlarci della trama, lo spirito e gli obiettivi di questo originale progetto è il direttore artistico Salvatore Sorrentino

A cosa è ispirato il titolo “Sangue vivo”?

“Sangue vivo” è un richiamo certo al martirio di San Gennaro, il cui sangue viene lasciato in “eredità” alla sua città perché lo custodisca e ne tragga forza per superare il male che la attanaglia e per resistere al velenoso intreccio tra i mali antichi e moderni che hanno tormentato e tormentano la sua storia.

Qual è il messaggio che intende trasmettere questo spettacolo?

Un profondissimo legame della città di Napoli con il suo Santo Patrono Gennaro che, dal suo sangue, ha sempre trovato la forza per superare le delusioni, non chiudere le porte alla speranza, e, come avviene al malavitoso protagonista del musical, Carlo, ritrovare la via del rinnovamento, della grazia e della salvezza.

sangue vivoQuale sarà la trama e chi saranno i personaggi?

Il protagonista è Carlo, ascendente camorrista che, proprio nel giorno della festa di San Gennaro, si macchia di un terribile omicidio. Mentre si allontana dal luogo del delitto e si incammina sicuro nella città, Carlo incontra un personaggio misterioso, Procolo, che lo porterà a fare un percorso nei luoghi più caratteristici di Napoli, gli farà tornare il desiderio della serenità perduta con la sua azione assassina. Così, l‘affetto della fidanzata Elena, le lacrime e la preghiera accorata a San Gennaro di mamma Rosa, arriveranno come una eco e scaveranno nel profondo del cuore di Carlo. Per lui ormai tutto è predisposto: mancherà solo l’ultimo intervento salvifico di San Gennaro in un luogo caratteristico di storia e di fede.

Si tratta di uno spettacolo adatto anche ai non credenti?

 Certamente! In “Sangue vivo” troviamo messaggi di universalità che coinvolgono tutti indistintamente: il bene, il male, tematiche con cui ognuno di noi si confronta per cercare di dare senso al mistero della vita.

Quali sono le vostre aspettative in merito allo spettacolo e al riscontro del pubblico?

Vorremmo che lo spettatore avvertisse lo scorrere di un nuovo sangue nelle vene: per non spegnere la voce, non chiudere le porte alla speranza e fortificarsi nella sfida educativa cui è chiamato. Lo spettacolo si rivolge anche ai nostri giovani, ai quali dovremo affidare questa città, oggi ancora martoriata, ma che solo il sangue di San Gennaro, che si ravviva, potrà lavare e purificare.

Quali sono i componenti dello staff e qual è il loro ruolo?

 I testi del musical sono di Marica Giambattista, Antonio Scherillo e Salvatore Sorrentino. Regia, musiche e scene sono tutte affidate ad importanti professionisti napoletani: Mario Aterrano alla regia, Antonio Di Ronza alle scenografie, Rosario Imparato all’allestimento, Dino Carano alle coreografie, Gerardo Bonocore, Rino Giglio, Patrizia Marotta e Ciro Trojano alle musiche e testi delle canzoni, ed altri artisti.

Raffaella Sbrescia

Mirko Signorile: Il mio suono è l’espressione della mia anima”

Mirko Signorile

Mirko Signorile

Mirko Signorile è un pianista pugliese, classe ‘74.  Tra i più interessanti della scena jazzistica italiana, l’artista ha quattro album all’attivo e uno in lavorazione. Nel corso della sua carriera Mirko ha arricchito di molteplici sfumature il suono attraverso un’appassionata ricerca musicale e numerosissime collaborazioni illustri. La sua attività abbraccia anche altre arti come il cinema, il teatro e la danza contemporanea e nel  suo ultimo album, Magnolia”, egli compie  un viaggio sonoro che trova ispirazione nello sguardo sognante di una bambina.

Mirko, il tuo percorso artistico nasce da una formazione classica che si è poi evoluta e arricchita nel tempo. Quali sono state le fasi ed i passaggi che hanno scandito la ricerca del tuo suono?

Mi sono diplomato in pianoforte classico presso il Conservatorio Niccolò Piccinni di Bari ma già dall’età di 16 anni suonavo in un gruppo jazz- fusion. Il mio suono quindi è sempre stato un mix tra ricerca consapevole e istinto. Nel jazz, per esempio, non puoi prevedere la tua espressività,  devi un po’ lanciarti nel buio, pronto a trovare strade nuove man mano che si presentano. Il mio suono si è evoluto e continua a evolversi esattamente nella misura in cui si allarga la mia idea di musica. Soprattutto è diventato sempre più espressione di una particolare vibrazione: quella della mia anima.

Nell’arco della tua carriera ti sei interfacciato con artisti internazionali, anche molto diversi tra loro. Cosa ti hanno lasciato queste collaborazioni? Con quali di questi artisti vorresti ancora suonare e quali sono, invece, le collaborazioni che vorresti realizzare in futuro?

Ho avuto la fortuna di suonare con artisti “unici” che mi hanno insegnato tantissimo. Penso all’energia e alla capacità di tenere alta la dinamica di un assolo di Dave Liebman, alla bellezza del suono e all’umanità di Paolo Fresu, all’approccio scientifico di Gaetano Partipilo oppure al senso dello swing di Fabrizio Bosso. Ognuno di loro mi ha insegnato questo e molto altro e spesso l’hanno fatto con una parola o con uno sguardo, un sorriso. Con alcuni di loro ho ancora il privilegio di condividere il palco. Intanto sono nate nuove collaborazioni come quelle con Marco Messina dei 99posse e i Vertere String Quartet con i quali stiamo lavorando ad un cd che uscirà quest’anno. Ma è nata anche una bellissima collaborazione con Raffaele Casarano. Mi piacerebbe risuonare con Renèè Aubry e fare un giro di concerti con Abdullah Ibrahim.

Potresti definire con un solo aggettivo ciascuno dei tuoi album?

“In full life” – free

“The Magic circle” – evoluzione

“Clessidra” – romantico

“Magnolia” – energico

magnoliaParlaci di “Magnolia”, il tuo ultimo lavoro discografico. Suoni, titoli dei brani e sfumature rimandano la mente ad un’idea di nuovo e di diverso. A quali suggestioni ti sei ispirato e cosa intendono comunicare queste melodie?

“Magnolia” è il nome di una bambina che, nel mio immaginario, attraversa i brani di questo cd e non è un caso che esso porti il nome di un fiore. Sul palco porto sempre con me una bambola che simboleggia proprio quella capacità di stupirsi che è tipica dei bambini e dell’essere innocenti rispetto alla vita. I brani hanno caratteri diversi: sognanti, fiabesci, duri ma sempre melodici. Amo il lirismo, lo trovo un mezzo attraverso il quale esprimere la mia gioia e la mia voglia di vivere.

Sogno, desiderio, incanto, frammentazione dei confini spazio-temporali. Quali tra queste sono le parole chiave che contraddistinguono maggiormente il tuo lavoro?

Tutte queste parole contraddistinguono la mia musica e quindi mi risulta impossibile sceglierne una. Essa parte dal sogno, dall’elemento favolistico e fiabesco; si realizza attraverso il desiderio e l’urgenza espressiva creando un mondo musicale del quale io per primo sono spettatore incantato. La frammentazione dei confini spazio-temporali sta nel fatto che la mia musica non è identificabile con un genere ben preciso. E’jazz ma va oltre il jazz.

Mirko-Signorile-quartet-presenta-MAGNOLIA-300x273Come nasce il Mirko Signorile Quartet?

Nasce dall’incontro di musicisti che si conosco da anni, si stimano tantissimo ma soprattutto si vogliono bene. Con me ci sono Giorgio Vendola al contrabbasso, Cesare Pastanella alle percussioni e Fabio Accardi alla batteria.

Che tipo di concerto proporrete al Teatro Zurzolo Live di Napoli il 15 ed il 16 febbraio?

Proporremo un concerto suonando brani tratti da Magnolia ma anche brani tratti da Clessidra  (Universal 2009). E’la fotografia del Mirko compositore e del Mirko improvvisatore.

 Raffaella Sbrescia

Video: “Come burattini”

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I Taurina Bros alla conquista del…cosmo!

Taurina Bros
“Viaggio Famelico” è il primo album dei Taurina Bros, pubblicato lo scorso giugno 2013. Dario Genovesi, Lorenzo Maggiani e Matteo Ratti sono tre ragazzi che basano la loro musica su un ascolto eterogeneo e sulla ricerca sperimentale. Inseriti a pieno titolo nello scenario dell’evoluzione del Rap italiano, i tre artisti ci raccontano la loro voglia di “mangiare” l’anima delle cose e anticipano che prima dell’estate uscirà il loro nuovo album.
Chi sono i Taurina Bros e come nasce “Viaggio Famelico”?
 I Taurina Bros sono tre individui che fanno finta di fare musica rap, che sbattono fortissimo la testa contro ogni cosa finche non l’hanno rotta e non hanno visto che cosa c’è dentro. “Viaggio Famelico” nasce da questa ricerca musicale e dalla voglia di “mangiare” l’anima delle cose.
 La vostra musica è un melting pot di contaminazioni e combinazioni di note. Cosa ispira le vostre composizioni e a cosa aspirano, a loro volta, i vostri brani?
 
 Sicuramente siamo ispirati da altra musica, dalle persone e dalle loro opere. A cosa aspiriamo? Alla conquista del cosmo… ovviamente.
“Solo confusione”… è la nostra nazione?
 
Ci riferiamo più generalmente ad ogni agglomerato urbano che conti più di tre persone.
Paranoico e visionario, sicuro e osservatore… è questo lo spirito dei Taurina Bros?
 
Aggiungeremo disturbato e in qualche modo pericoloso. Adesso c’è tutto.
“Mia madre lo sa” affronta, con ironia, i messaggi distorti della tv…voi come fate fronte all’omologazione delle menti?
 
 Indossiamo la maschera dell’omologato e dietro la cartapesta ce la ridiamo di brutto.
Cosa si intende per “nuovo rap”?
 
Sicuramente un rap variegato di ogni “gusto” musicale immaginabile. È probabile che presto tutti si accorgano che il rap può essere facilmente mescolato ad ogni altro genere, è un giochino facile e divertente. Ma per ora lo facciamo in pochi e a noi va bene così.
Siete già al lavoro su nuovi pezzi?
Sì, abbiamo già finito il nostro prossimo album e probabilmente uscirà prima dell’estate e sarà molto più bello del precedente.
Cosa dovremo aspettarci da voi in futuro e quali sono le vostre aspettative nei riguardi di voi stessi?
 
 Dovete aspettarvi che vi daremo la nausea e ci odierete. A quel punto avremmo conquistato il cosmo e andremo in vacanza. E ci andremo! Promesso. È ciò per cui si lavora realmente no?
Raffaella Sbrescia
 

Video: “Viaggio Famelico”

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L’intervista a Roberta Di Lorenzo: “Entrate nella mia bolla di note”

Pianoforte, chitarra e canto lirico sono le specialità di Roberta Di Lorenzo, una giovane cantautrice dalle velleità compositive particolarmente sviluppate. Lo scorso 17 gennaio l’artista ha pubblicato il singolo  “Esaurimento da Web”, una divertente fotografia del rapporto dei giovani con i social network e di come questo influenzi la loro quotidianità. In questa intervista Roberta racconta le sue esperienze da autrice, la sinergia con Eugenio Finardi e presenta la tourneè teatrale con Milena Vukotic.

 “Esaurimento da web” è il tuo nuovo singolo. Di cosa parla il brano e in che modo il videoclip rende, in forma visiva, il senso delle tue parole?
 
Si tratta di una parodia del mondo dei social network, una caricatura su tipologie di persone che ne fanno uso. Non è affatto una denuncia o un attacco a Facebook bensì una riflessione sull’uso esagerato che a volte se ne fa e che indiscutibilmente ha cambiato i rapporti interpersonali. Il videoclip, diretto da Andrea Ferrante, presenta cinque personaggi, compresa me stessa, che scorrono in rotazione, esasperati dall’apparire, dal condividere e postare commenti. Mi sono messa in gioco, con autoironia, ed è stato divertente, le immagini spiegano bene il senso del testo e per questo vorrei che vi si facesse particolare attenzione.
 
Che rapporto hai con i social networks e in che modo pensi che il loro utilizzo possa rivelarsi un’arma a doppio taglio?
 
Sono una frequentatrice dei social, ma non maniaca ossessiva, li uso per comunicare, fare ricerche da condividere e per diffondere buona musica.Trovo che il rischio di cadere nella dipendenza da network sia dietro l’ angolo. Spesso ci si imbatte in persone stravaganti, gente fanatica e perditempo, perciò ripeto: bisogna dosare l’uso che se ne fa, spesso ci si trova a vivere una realtà virtuale, illusoria.
 
La tua pluriennale esperienza in qualità di autrice ti ha consentito di interagire con tanti colleghi. Cosa si prova a scrivere una canzone pensando di donarla a qualcuno?
 
Scrivere per un interprete è un atto di fiducia, sai che dovrai interpretare una voce e un pensiero attraverso la tua musica e le tue idee. Si tratta di un’esperienza che arricchisce ed è fatta di lavoro attento e premuroso. Amo le collaborazioni, amo poter crescere in questo modo, si tratta di un atto meno narcisistico, più umile, rispetto allo scrivere per sè stessi. Quando ho scritto i testi destinati all’ultimo album dei Sonohra, ad esempio, ho cercato di capire la loro volontà, le intenzioni che avevano rispetto al lavoro da fare, quando ci si pone in una condizione di ascolto, nascono inaspettate sinergie.
 
Ci parli della sintonia e del rapporto sinergico che hai avuto e hai, tuttora, con Eugenio Finardi?
 
La cultura musicale e l’esperienza di Eugenio Finardi hanno alimentato la mia crescita personale. Il fatto che mi abbia guidata verso la conoscenza di me stessa, ha fatto sì che oggi io possa continuare da sola senza dimenticare gli insegnamenti e il passato. Eugenio trasmette una grande carica energetica, sul palco e fuori dal palco, la sua dote è quella di riuscire a portare un musicista a superarsi. Nel 2012 quando interpreto’ la mia canzone, intitolata“E tu lo chiami Dio” al Festival di Sanremo, capìì che un maestro è colui che, arrivato ad un certo punto, ti lascia andare e ti lascia proseguire la tua personale esperienza.
 
Che tipo di rapporto ti piace instaurare con il pubblico quando sei sul palco?
 
Ai miei concerti, non trascuro una sola persona. Guardo tutti, voglio tutti, e se c‘è qualcuno che è distratto, è per lui che canto, finchè non rientra nella bolla con me.
 
Nella bolla…
 
Sì, quando si è sul palco ci si trova in una bolla, in una dimensione sacra, anche se si suona il rock. La tua vita reale smette di esistere e comincia quella dei sogni, del “ qui e ora” dove tutto è possibile. Poi ai miei concerti parlo con il pubblico, sono una gran chiacchierona, fossi in televisione…mi sfumerebbero!
 
Quali saranno le prossime fasi che scandiranno il tuo percorso e che progetti vorresti realizzare a breve termine?
 
A maggio mi aspetta una tourneè teatrale con Milena Vukotic, attraverso un reading, dal titolo “ Moderato Cantabile”, daremo voce ad uno dei personaggi più carismatici della letteratura francese: Marguerite Duras. Cantare la vita di questa donna attraverso le mie  rappresenta un appuntamento a cui tengo molto. Infine prima di maggio aspettatevi un nuovo singolo…molto probabilmente anticiperà il mio terzo album!
 
Raffaella Sbrescia
 

 

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