Roberta Di Mario è una compositrice, autrice, pianista, cantautrice, producer parmense che, forte di un’espressione musicale poliedrica e senza confini, ha pubblicato lo scorso 28 marzo l’album intitolato “Lo stato delle cose”. Il progetto racchiude due percorsi artistici distinti eppure appartenenti ad una sola anima: “Songs” e “Walk on the Piano Side”, il primo con tracce cantate, il secondo solo con brani strumentali. Vincitrice del premio “Sisme” – migliore interpretazione al Festival di Musica popolare e Canzone d’Autore – Musicultura 2012, finalista al Premio Bindi 2012 e vincitrice del Premio Varigotti Festival 2012, Roberta ha risposto alle nostre domande svelando una sensibilità raffinata e particolarmente attenta anche alle più impercettibili sfumature dell’animo animo.
Il tuo repertorio passa dal pianismo contemporaneo al jazz, dallo swing al pop cantato… Quali sono le idee che ti ispirano, i passaggi che determinano i cambiamenti stilistici e le suggestioni che intendi comunicare attraverso la tua musica?
Mi sono diplomata in pianoforte per cui tutto è partito da un mondo classico. In un secondo momento sono passata alle colonne sonore e ai musical avvicinandomi allo swing e al jazz ascoltando e assorbendo sonorità un po’ diverse. Non ho fatto uno studio jazz, mi sono avvalsa della mia predisposizione personale per poter trasmettere al pubblico il mio mondo interiore. Sia nella musica che nel testo metto i miei sentimenti e i miei mondi musicali senza incanalarmi in un genere specifico.
Da dove nasce l’idea di convergere “Songs” e “Walk on the Piano Side” in un unico progetto?
Ho voluto unire le mie due anime: cioè quella del pianismo e della canzone anche perché credo che all’interno del panorama italiano una cosa così sia abbastanza originale. Ho voluto fortemente unire questi due know how insieme perché sono parte di me, l’uno non esiste senza l’altro. Nel mio disco precedente c’erano 10 tracce, di cui 8 canzoni e 2 testi di piano perché già allora volevo unire due progetti artistici che fanno parte di uno stesso cuore.
“Qual è “Lo stato delle cose” oggi?
Per me lo stato delle cose è scrivere, suonare e cantare ed esprimermi attraverso musica pura. Queste sono faccende di alta acrobazia, eccitanti e pericolose al contempo, mettono in evidenza chi sei davvero, la tua parte più intima che è quella più vera e più profonda. Lo stato delle cose è, quindi, raccontare chi sono io oggi, con tutta la trasparenza e la fedeltà possibile. Combatto affinchè la qualità della mia musica possa fare la differenza, anche se non distinguo musica di serie a e di serie b, tutta la musica bella, rimane tale e merita di essere ascoltata.
In che modo la direzione artistica di Piero Cantarelli ha influito nella creazione del disco?
Piero ha dato una svolta al mio percorso artistico. Lui viene da un mondo fortissimo, che è quello dei cantautori come Ivano Fossati. Da un lato mi ha scosso per cercare dentro di me il coraggio e la sincerità, dall’altro questi arrangiamenti classici e contemporanei al contempo, hanno vestito le canzoni in un modo molto attuale ed elegante. Piero ha una grandissima sensibilità musicale, anche lui viene dal mondo del pianoforte e ci siamo trovati non solo vocalmente ma anche sul piano strumentale.
C’è un brano, tra quelli cantati, a cui sei più legata?
Senz’altro sono legatissima a “Lo Stato delle cose”, che è anche la title track del disco, perché c’è un contrasto tra un suono violento ed una sonorità più dolce e intima. Questo brano racchiude il senso dello stato delle cose attuale, in cui si alternano momenti fortemente violenti e drammatici a momenti molto sereni. Poi c’è “Il Mercante di sogni”, il brano musicalmente più bello, più coinvolgente, che rimanda tanto alle immagini. Per me è come se fosse una colonna sonora, infatti tra i miei sogni nel cassetto c’è quello di scrivere colonne sonore perché la caratteristica della mia musica è quella di rimandare tantissimo alle immagini.
“Hands” ha musicato la Mostra Internazionale del Maestro Botero…cosa racconta questa composizione?
Il titolo di “Hands” è nato mentre mi guardavo le mani che volavano sulla tastiera. Dopo poco ho scoperto che il Maestro Botero ebbe un incidente nel 1979 in cui perse suo figlio e l’ultima falange del mignolo della mano destra, ciò lo spinse a scolpire più volte enormi mani. Per me è stato come se si chiudesse un piccolo cerchio, ho capito che la melodia del brano si legava alla creatività del maestro ma anche al suo percorso personale.
Qual è, secondo te, il lato luminoso delle cose di cui parli ne “Il pensiero magico”?
Il lato luminoso delle cose è essere positivi verso la vita. L’aspetto positivo di ogni cosa, di ogni incontro, nel bene e nel male. “Il pensiero magico” è la catarsi di un percorso all’interno del disco: trasforma un punto di domanda nella più bella fantasia.
Come ti senti ad aprire i concerti di Roby Facchinetti e Sagi Rei. Quali sono le tue prospettive in proposito?
Si tratta di bellissime lezioni artistiche. Roby Facchinetti resta uno dei cantanti che ha fatto la storia della musica italiana e continua a farlo. Adesso ha iniziato questa nuova avventura da solista e da lui potrò imparare il modo di porsi sul palco e tanti segreti professionali, poi, ovviamente, il suo pubblico sarà anche il mio pubblico e potrò far conoscere il mio progetto. Lo stesso avverrà con Sagi Rei, anche se si tratta di un artista più giovane, ma che ha il suo background ed un pubblico diverso. Questi quattro appuntamenti sono un po’ l’ anteprima del mio tour e serviranno per vedere la reazione di un pubblico nuovo e trasversale verso la mia musica. Aprirò e chiuderò i concerti con 5 brani, di cui l’ultimo sarà sempre un pezzo strumentale.
Raffaella Sbrescia
Si ringraziano Roberta di Mario e Clarissa D’Avena per la disponibilità