Le Diverse Mode: Tra “Pioggia d’Estate”, un nuovo album e musica ecocompatibile

le diverse mode

Anni di live e una vita dedicata alla musica hanno forgiato la musica de Le Diverse Mode, la band tarantina composta da Giuseppe Cavallo (voce), Giovanni Pagliaro (chitarra), Andrea Manco (basso), Daniele Manco (batteria). Il gruppo pubblicherà a breve un nuovo album di inediti, anticipato dal singolo “Pioggia d’estate”, un brano dalle sonorità semplici eppure incisive: suoni acustici, dal fascino retrò, s’imprimono nella mente seguendo il flusso evolutivo di una storia d’amore dal corso breve. A curare i progetti discografici de Le Diverse Mode è la Steel Rose Records, un’etichetta musicale indipendente, caratterizzata da un’impronta dichiaratamente ecologista, finalizzata ad un nuovo modo di approcciare alla musica con progetti a impatto zero, volti a ridurre le emissioni di CO2 generate dalle attività di persone, eventi, aziende e organizzazioni. In questa intervista è Giuseppe Calvallo, frontman de Le Diverse Mode a parlarci del percorso artistico della band e dei nuovi importanti passi artistici che determineranno una svolta considerevole per il gruppo.

Perché il nome della Band è “Le Diverse Mode”? Qual è la cifra stilistica del gruppo ed il target di pubblico a cui si rivolge?

Le Diverse Mode nascono come tutte le band emergenti in Italia, abbiamo cominciato a fare delle cover italiane e a fare musica per il gusto di stare insieme. Il nome è la conseguenza del fatto che tutte le persone che hanno cominciato a seguirci erano incuriosite dal nostro modo di fare musica, di stare sul palco, di stare tra la gente….eravamo un po’ diversi, per l’appunto… Non abbiamo un prototipo a cui ci ispiriamo, il nostro genere è un british pop che spazia da sonorità datate come quelle dei Beatles fino ad arrivare ai Blur, agli Oasis.

Siete tutti molto giovani ma da sempre legati alla musica…cosa vi ha dato fino ad oggi il vostro percorso insieme?

Nel tempo abbiamo fatto davvero molti sacrifici e abbiamo suonato nei posti più strani (in riferimento ai quali potremmo aprire un capitolo a parte). La tournèe l’abbiamo fatta perché avevamo fame di farci ascoltare e di suonare la nostra musica il più possibile. Certo, è stato difficile ma non ci sono mancate delle belle esperienze come Area Sanremo, Sanremo Social Day (scelti nei primi 30 dal web), abbiamo fatto un bel po’ di gavetta ma la cosa più importante è non fermarsi mai e non avere limiti, non sentirsi appagati e stare sempre sul campo per lavorare e produrre. Soprattutto adesso che abbiamo dato forma alla nostra musica e alle nostre idee e abbiamo un direttore artistico che lavora a Roma ma che è di Taranto, si tratta di Francesco Basile che cura la direzione artistica del progetto e che ha dato il là a quello che può rappresentare un nuovo inizio per Le Diverse Mode.

La vostra etichetta discografica è la Steel Rose, una realtà molto attenta all’ ecosostenibilità…come vi siete uniti a questa tipologia di discorso?

Abbiamo sempre fatto musica portando avanti le nostre idee anche a Taranto, una città dove c’è una situazione ambientale veramente delicata. Siamo attivi da tempo sul nostro territorio ed è stato molto bello incontrare Christian Gentile, fondatore della Steel Rose, che aveva un po’ le nostre stesse idee e voleva fare una musica ecosostenibile perseguendo un abbinamento tra musica e ambiente. Ritrovandoci in sintonia con queste intenzioni è nata questa collaborazione. Spiegare l’ecosostenibilità in musica è facile: ci riferiamo all’ambiente a 360 gradi, dalla scrittura del brano nei posti più belli che abbiamo, alla produzione del video che può mettere in evidenza la terra in cui viviamo. Nel video di “Pioggia d’Estate”, ad esempio, mettiamo in evidenza gli ulivi, il mare, la spiaggia.

le diverse mode 3

“Pioggia d’estate” è il vostro nuovo singolo… di cosa parlate in questo brano e in che modo intende rappresentare il preludio al nuovo album?

Questo brano, in effetti, è il singolo che anticipa l’album…la storia del brano è particolare, abbiamo deciso di pubblicarla appena l’abbiamo scritta. Eravamo a Taranto, in fase di pre-produzione e, mentre sceglievamo i brani, abbiamo cominciato a scrivere le prime parole. Insieme a Daniele Loreti, collaboratore della nostra etichetta, abbiamo scritto prima il riff, poi il ritornello. Si tratta di una canzone pop ed è incentrata sull’amore.

Cosa ci anticipi di questo nuovo imminente lavoro?

L’album avrà tante sonorità, la cosa particolare è che anche il packaging del disco sarà realizzato con materiali ecologici, come cartone riciclato… Al suo interno ci saranno anche i semi di una piantina da coltivare, porteremo un po’ di ambiente nelle case delle persone che vorranno conoscere la nostra  musica. Il disco parlerà sicuramente delle esperienze nostre e della gente che vive nella nostra terra, dei sorrisi, della felicità, qualcosa che sarà leggero da ascoltare e che in qualche modo potrà rappresentare il nostro trampolino di lancio e che speriamo potrà lasciare il segno.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Pioggia d’Estate” su iTunes

Video: “Pioggia d’Estate

Intervista a Francesco Gabbani: “Scrivere canzoni è la mia forma di espressione”

francesco_gabbani_-_i_dischi_non_si_suonano

Francesco Gabbani è un polistrumentista e un cantautore. Figlio d’arte, classe 1982, Francesco si dedica da sempre alla musica scrivendo, arrangiando e suonando praticamente tutti gli strumenti che servono per realizzare le sue canzoni con un unico obiettivo: trasmettere emozioni. Dopo un intenso e gratificante percorso artistico vissuto insieme ai Trikobalto, il cantautore ha intrapreso la carriera da solista. In questa intervista Francesco ha parlato di sé a 360 gradi, senza tralasciare un doveroso approfondimento relativo al suo album “Greitist Iz” e al fortunato singolo “I dischi non si suonano”.

Sei un cantautore e polistrumentista da sempre vicino alla musica. Il tuo percorso è ricco di esperienze molto eterogenee tra loro…ci racconti la fase di studio, quella degli inizi e quella attuale?

Sono nato in un ambiente musicale, mio padre era un musicista ed ha sempre avuto un negozio di strumenti musicali. Ho cominciato a suonare la batteria quando avevo soltanto 4 o 5 anni, poi ho iniziato a suonare chitarra seriamente intorno ai 9 anni. In seguito mi sono reso conto che scrivere canzoni era la mia forma di espressione e, intorno ai 14 anni, ho cominciato a buttare giù i primi testi. All’età di vent’anni ho vissuto la mia prima esperienza discografica: un contratto con Sony BMG insieme ai Trikobalto mi ha regalato esperienze molto importanti… tanti live, tanti festival come l’Heineken Jammin Festival, siamo stati supporter degli Oasis e degli Stereophonics. Nel 2010, invece, ho deciso di intraprendere il percorso da cantautore solista ed eccomi qua.

“Greatist Iz” è il titolo del tuo primo disco da solista. Quali tematiche affronti e da dove hai attinto le idee per i testi e gli arrangiamenti?

Si tratta di un album piuttosto eterogeneo, sia per quanto riguarda i suoni, sia per quanto riguarda i testi. Si va dal cantautorato al reggae, ad atmosfere più soul. Nei brani ho lasciato convergere l’espressione di quello che sono io spaziando anche verso tematiche più contemporanee come l’approccio facile e superficiale alle droghe da parte dei giovani fino ad arrivare a canzoni prettamente incentrate sull’amore e sull’esistenzialismo.

“I dischi non si suonano” è il tuo ironico e realista nuovo singolo. Cosa racconti in questo brano?

Questo è un brano diverso rispetto ai contenuti del disco. Già dal titolo è facile intuire una matrice chiaramente ironica. Faccio riferimento al diverbio verbale tra i dj e i musicisti: spesso i dj dicono “sono a suonare qui, sono a suonare lì”… Partendo dal presupposto che io non ho nulla contro i dj,  dato che nel videoclip della canzone compare anche il noto dj Joe T Vannelli, ho colto l’occasione per cercare un modo simpatico per riflettere, più in generale, sulla facilità di approccio che offrono i mezzi digitali. C’è un po’ di esubero di ragazzi che si atteggiano ad essere quello che non sono, sono tutti in po’ fotografi, videomaker, artisti, dj… da qui nasce il concetto che “i dischi non si suonano, sono già suonati”.

Hai avuto anche esperienze in veste di autore? Come ti approcci a questo tipo di veste artistica?

Siccome scrivere è, per me, il frutto di una vera e propria esigenza, butto giù canzoni…poi alcune finiscono nelle mie produzioni altre ovviamente finiscono nelle grazie di altri artisti. Questo è ciò che, ad esempio, è successo con Raffaella Carrà, che ha ascoltato dei miei brani e ne ha scelto uno da inserire in un suo lavoro. Al momento ho alcune canzoni nelle mani di artisti molto importanti, tra cui una delle regine della musica italiana, ma non posso ancora rivelare il nome!

Francesco Gabbani

Francesco Gabbani

Per quanto riguarda la dimensione live… che tipo di concerto offri al pubblico e dove potremo ascoltarti dal vivo?

Sui miei canali social potrete scoprire tutto sulle mie date live anche se il vero e proprio tour partirà in autunno e lo stiamo ancora organizzando. Sul palco porto semplicemente me stesso, ad accompagnarmi c’è una band composta da miei collaboratori, denominata Le buone intenzioni. Ho sempre suonato live e la mia dimensione ideale è quella, tra l’altro la forma migliore di divulgazione di un disco è proprio quella di salire sul palco e dargli vita con gli strumenti.

Hai altri progetti e passioni parallele?

Sono amante della ricerca, intesa in senso intimistico. Sono in cerca di quello che può essere il senso della vita per ognuno di noi. Mi ritrovo un po’ allergico al modus operandi tipico del sistema nuovo. C’è tendenzialmente una grande superficialità d’approccio, l’ha vinta chi s’atteggia in un certo modo mentre io cerco le emozioni che nascono dallo stomaco. Sono un grande amante della natura, mi piace molto andare nei boschi, sulle montagne, per ritrovare legame e coerenza con il corso della natura. Cerco artisti musicali e figurativi (pittori e scultori)che, nel corso della storia, hanno cercato di carpire questa unione tra l’essere umano e la natura. Più in generale sono un moderato, non sono selettivo in maniera estrema, prendo il buono in tutto quello che c’è.

Raffaella Sbrescia

Video: “I dischi non si suonano”

Acquista “Greitist Iz” su iTunes

Intervista a The Sweet Life Society: “Swing Circus racchiude il nostro immaginario”

Cover album Swing Circus

Il duo torinese The Sweet Life Society, composto da Gabriele Concas e Matteo Marini, considerato pioniere di una nuova declinazione del genere electroswing, contraddistinto da una commistione fra strumenti acustici ed elettronici, presenta “Swing Circus”, l’album pubblicato lo scorso 15 luglio 2014 su etichetta Warner Music. Partito nel 2009 dal quartiere San Salvario di Torino, il duo piemontese si è affermato sulla scena musicale internazionale attraverso un ibrido di swing, electroswing e spettacoli circensi. “Swing Circus” racchiude, dunque, il loro modo di vivere la musica. Grandi ospiti hanno preso parte a questo interessante progetto discografico; tra gli altri spiccano Estel Luz nel brano “Holding My Breath”, la cantante soul britannica Hannah Williams – leader della band Hannah Williams and The Tastemakers – che valorizza la cover dello standard jazz “St. James Infirmary”, i concittadini Incomprensibile Fc nella traccia “Criminale”, La Mattanza e le Sorelle Marinetti in “My Sound”. Ospiti e musicisti sono stati coinvolti in session libere in cui essi hanno potuto esprimere il proprio talento e le proprie idee con la massima spontaneità. In questa intervista Gabriele e Matteo ci raccontano, in maniera approfondita, non solo la genesi di “Swing Circus” ma anche l’essenza del proprio universo musicale.

“Swing Circus” è il titolo del vostro album d’esordio: tante storie, tante sfumature e tante collaborazioni in un progetto fresco e ambizioso…

Abbiamo iniziato facendo remix, quindi restando chiusi in uno studio e producendo a testa bassa. In quattro anni abbiamo messo su la nostra realtà. Il disco è stato lavorato con tante persone e tanti musicisti, sia dal punto di vista puramente strumentale (sezione fiati, fisarmoniche, contrabbassi) sia dal punto di vista vocale. Questa scelta è dovuta soprattutto alla nostra inclinazione sperimentale. I featuring vocali sono stati fatti tutti da persone che, in qualche maniera, hanno lavorato con noi e con cui c’è stato un percorso umano.

Nella cover di “St. James Infirmary” la voce di Hannah Williams dà nuova vita ad un bellissimo brano jazz. Come vi è venuta l’idea e la voglia di ripensare questo brano a modo vostro?

Siamo innamorati di una versione di questo brano suonata da Louis Armstrong. Il brano è un traditional jazz, una marcia funebre, interpretata da svariati musicisti… Grazie a questa nostra infatuazione abbiamo deciso di riarrangiare il brano e farlo un po’ nostro, anche grazie ad Hannah Williams, la cui interpretazione pensiamo sia incredibile. Ogni ascolto di questo brano ci dà i brividi; forse anche perché esso è stato trattato un po’ diversamente rispetto agli altri…tutta la parte strumentale è stata registrata senza editing, suonata in una session unica, proprio come si faceva una volta…

Cosa ci dite di “Castelli di tweet”?

Questo brano racchiude il tentativo di mischiare una sonorità molto british, con tratti più vicini al reggae e all’hip hop, ad un cantato in italiano. A livello musicale volevamo raggiungere un risultato con un accezione più marcatamente pop. Per quanto riguarda il contenuto, invece, si tratta di una piccola riflessione sul mondo dei social network e su come essi portino paradossalmente ad isolarsi dalla realtà. Noi siamo molto legati ai live, suoniamo tantissimo e per noi la realtà tangibile è molto importante. Ci siamo resi conto, però, che c’è tutto un ramo musicale, ad esempio quello relativo ai rapper che, di base, esiste molto di più sul web. Noi ogni settimana siamo su un palco, ogni settimana abbracciamo le persone e ci piaceva reiterare il fatto che la ricerca della verità non debba essere soltanto compiuta attraverso uno schermo; bisogna imparare a stare insieme per davvero e ad utilizzare il proprio corpo.

Sweetlife

Sweetlife

Nel vostro swing contaminato “fate scratch sul grammofono”… questa frase può sintetizzare l’essenza della vostra musica?

Lo swing contaminato è solo una parte di tutto ciò che ci rappresenta. Diciamo che siamo sicuramente appassionati di musica vintage  e ci piace mischiarla con le sonorità moderne. Allo swing aggiungiamo il blues, il jazz, il gospel, il calypso, il raggae. Questi generi rappresentano tutti dei grossi stimoli da cui partiamo per la creazione delle nostre canzoni. In “Gran Balon” c’è il mambo, in “ Soul Chef” ci sono i cori bulgari, insomma c’è tutta una serie di elementi legati alla tradizione popolare e al vintage. In conclusione,“faccio scratch sul grammofono” rappresenta comunque molto bene la nostra attitudine.

Che riscontro avete avuto all’estero? Negli Stati Uniti in particolar modo?

Abbiamo da poco concluso un giro lungo e interessante. Abbiamo macinato tanti chilometri arrivando a Montreal, facendo tutto il giro degli Stati Uniti in senso antiorario. Abbiamo ottenuto molto dal punto di vista anche umano che, come diceva prima Matteo, per noi è molto importante. Parlarsi, toccarsi, abbracciarsi,  ballare insieme… questo e tanto altro è stato possibile a Vancouver, su una piccola isola con 1000 persone, così come in situazioni più da dancefloor e da clubbing a New York . La cosa importante da sottolineare è che in quei contesti eravamo noi a portare il suono. In America sono un po’ indietro da questo punto  di vista. Per noi è stato piuttosto paraddossale perché di solito siamo abituati a percepire gli Usa come un posto in cui nascono le cose. In questo caso, invece, siamo stati visti come precursori. Abbiamo anche avuto la fortuna di stare 3 giorni a New Orleans, per noi la patria dell’immaginario. C’erano tante persone che suonavano per strada, abbiamo sentito da subito un fortissimo feeling con questo posto e l’idea di tornare lì e di lavorare, magari, alle pre-produzioni di un nuovo lavoro rappresenta un sogno. Ci siamo anche accorti che, a differenza nostra, i musicisti lì sono ancora legati all’attività live. Per i nordamericani è importante avere sul palco delle persone che suonano, cosa che invece non è riscontrabile in Europa. I live trovano sempre più ostracismo e difficoltà, soprattutto per un discorso legato ai soldi.

The Sweet Life Society

The Sweet Life Society

Vi siete definiti una factory di grafici, videomaker, animatori, musicisti…che prospettive avete per il futuro in questo senso?

Questo è quello che facciamo a livello personale sia io che Matteo. Io sono fotografo, lui è grafico e ci siamo conosciuti in un laboratorio a Torino in cui si faceva grafica, fotografia, musica. Sperimentando insieme è venuto fuori questo suono che ci caratterizza. Ci definiamo factory perché crediamo che con le nuove tecnologie si possa lavorare insieme e fare rete. Non a caso quello che facciamo si basa su contenuti video e grafici creati da noi e da altri amici e collaboratori con cui condividiamo questo tipo di filosofia, che riteniamo vincente. Ci riteniamo esportatori dell’immaginario…

Dove e quando potremo ascoltarvi dal vivo?

Suoneremo in Sicilia, in Umbria, in Puglia e torneremo anche Oltre Manica, in agosto, per una replica al BoomTown Festival. Ad inizio settembre, invece, saremo in concerto al Bestival sull’isola di Wight.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Swing Circus” su iTunes

Intervista ai Pagliaccio: il nuovo singolo “Spaghetti Bolognaise”, il tour estivo ed un album in cantiere

Pagliaccio © Stopdown Studio

Pagliaccio © Stopdown Studio

Sul loro sito web i Pagliaccio introducono se stessi così: “Pagliaccio nasce agli inizi degli anni dieci e scrive e suona canzoni in italiano. Non è un cantautore italiano, pur essendo italiano. Non è nemmeno una indie rock band perché suona parecchio pop. Non è nemmeno una pop band perché ha un approccio abbastanza indie”. Partendo, dunque, da questi emblematici presupposti, è facile intuire la verve ironica e frizzantina dei membri del gruppo piemontese. “Spaghetti bolognaise” è il nuovo singolo proposto dai Pagliaccio; un brano disincantato che racconta di chi, in questi anni difficili, ha deciso di trasferirsi all’estero per cercare fortuna. In questa intervista la band si è raccontata a tutto tondo, approfondendo non solo gli aspetti legati alla dimensione live ma anche i tratti caratteristici della propria musica.

Oltre 150 date live in giro per l’Italia in due anni. Cosa vi hanno lasciato tutti questi incontri con il pubblico? Come avete costruito la vostra alchimia sopra e sotto il palco e che riscontro avete ricevuto da tipologie di pubblico così diverse?

Ci hanno lasciato tantissimo. Carica, fiducia in noi stessi, confronto, amicizie…Pensiamo che la dimensione live sia quella ideale. Adoriamo suonare dal vivo e lo facciamo più che possiamo, fortunatamente le possibilità non ci mancano e noi non ce le lasciamo sfuggire. Per chi scrive canzoni incontrare le persone è fondamentale, i rapporti che nascono ai concerti, nei locali, ai Festival, per quanto sottili, sono le forme più vere di “seguito” per una band. I passaggi sui grossi media, servono sicuramente tantissimo ma, per quanto riguarda i rapporti umani e il “seguito reale”, lasciano molto meno.

Suonare molto ci ha anche permesso di crescere musicalmente tantissimo e di acquisire esperienza sul palco. La scorsa settimana abbiamo avuto modo di suonare una sera su un palco grande quanto un condominio e alto quattro metri da terra mentre la sera dopo eravamo ad un House Concert su un terrazzo con 30 persone; in entrambe le situazioni ci siamo trovati a nostro agio e questo vuol dire tanto. La nostra musica è di facile accesso, almeno apparentemente, e questo ci consente di avere riscontri di pubblico dai 3 ai 99 anni (per i minori di 14 anni è consigliata la presenza di un adulto).

“Eroironico”, il vostro album d’esordio, è stato un lavoro molto apprezzato…ora che state lavorando ad un nuovo album proseguirete sulla stessa scia o avete in mente qualcosa di diverso?

Non c’è una pianificazione in questo, c’è semplicemente la scrittura di quindici nuovi brani tra cui sceglierne una decina per il disco. Sinceramente speriamo ci sia una maturazione nella scrittura delle canzoni e che ci sia una commistione equilibrata di elementi di novità con gli elementi più caratteristici del nostro linguaggio.

Qual è stato il vostro approccio all’opening act del concerto dei The Luminers + Passenger, lo scorso 16 luglio al Postepay Rock in Roma?

La P A U R A. Scherzi a parte, la soddisfazione più grossa è stata in realtà gestire quel live come qualsiasi live fatto in questi due anni, anche magari davanti a quindici persone: siamo riusciti a essere noi stessi e realizzare questo ci ha fatto un enorme piacere. L’incognita legata al come saprai gestire situazioni e palchi del genere è sempre grande ma evidentemente l’esperienza e la sicurezza che abbiamo acquisito hanno seppellito l’ansia e ci hanno permesso di vivere una esperienza indimenticabile. Ovviamente non saremmo mai scesi di lì e lo vorremmo rifare ogni settimana.

SPaghettiBolognaise_Cover web (2)

Qual è la tematica che affrontate nel vostro singolo intitolato “Spaghetti Bolognaise”? A cosa è dovuta la scelta del titolo e a chi si rivolge in particolare questo brano?

“Spaghetti bolognaise” racconta di chi, in questi anni difficili, ha deciso di trasferirsi all’estero per cercare fortuna. Qualcuno è riuscito, nel suo intento, qualcuno no, qualcuno ha seguito l’istinto innato di ricerca di una fantomatica libertà, qualcuno lo ha fatto per seguire una moda, qualcuno ha vissuto una bella esperienza ed è tornato migliore, qualcuno non è più tornato. Qualcuno è scappato, senza accorgersene, da se stesso più che dalle miserie del nostro paese.

Il brano è uno sguardo disincantato che mescola ammirazione, per un gesto di coraggio, a ironia, per l’aspetto più “maldestro” di certe fughe annunciate con fragore e solennità finite male, magari, in un anonimo ristorante italiano dove, per pochi spiccioli, ci si ritrova a faticare per servire la specialità che è “per ironia della sorte” un piatto che in Italia neppure esiste; gli “Spaghetti Bolognaise, appunto.

Come avete lavorato con il produttore artistico Ale Bavo?

Molto bene sia a livello umano che artistico. Ale è una persona di grande “mestiere” ed esperienza, e nonostante il lavoro fatto con il tempo contatissimo (per uscire in tempo per la nostra performance a Rock in Roma, giorno di presentazione del singolo) siamo riusciti a raggiungere un risultato che ci ha soddisfatto a pieno.

Nella vostra bio si legge che “non vi considerate una indie rock band soprattutto perché suonate parecchio pop, non vi considerate neppure nel panorama pop italiano perché avete un approccio abbastanza indie”. Ci raccontate che tipo di musica è la vostra? Di chi parlate e cosa raccontate nelle vostre canzoni? Quali sono i vostri punti di riferimento e quali sono, invece i vostri ascolti più recenti?

In effetti la nostra musica ha dei riferimenti piuttosto trasversali. Pensiamo di avere radici sia nel mondo più indie che in quello di un certo tipo di pop-mainstream e fondiamo i due aspetti. I nostri testi parlano della vita di tutti i giorni, utilizzando spesso argomenti “piccoli” come la raccolta differenziata per universalizzare dei tratti umani (la pigrizia sociale) e allargare l’ambito di riferimento. Spesso utilizziamo le metafore e le allegorie, rendendo anche facili e leggeri argomenti che in realtà non lo sono affatto (le migrazioni nel mediterraneo, la dipendenza da gioco d’azzardo, ecc..)

Pagliaccio_foto2 web (2)

Quali saranno i prossimi appuntamenti del vostro tour?

Saremo in giro certamente fino a fine settembre per poi fermarci un po’ per lavorare sul disco nuovo. Suoneremo il 27 luglio come ospiti al Festival della Tempesta Dischi in Provincia di Modena, faremo una puntata al sud ad agosto nella zona di Avellino, infine saremo ospiti al Milano Film Festival e al Mei sempre in settembre. Chiuderemo il mese partecipando alla Biennale Giovani Artisti Martelive a fine settembre a Roma.

Ci sono collaborazioni in programma?

Al momento non ancora, ma chissà….

Coltivate passioni o progetti paralleli alla musica?

Al di là di inventarsi delle entrate per mantenere il lavoro da musicista, hobby in cui stiamo diventando bravissimi, c’è spazio per poco altro. Io (Pagliaccio#1) mi diletto nel running e ho corso qualche maratona, con risultati oggettivamente imbarazzanti ma per me epici e memorabili.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Spaghetti Bolognaise” su Itunes

Intervista a Syria: il nuovo album, la passione per la moda ed i preparativi per il tour

syria1

“Syria 10” è il titolo del nuovo album di Syria, un’ artista curiosa, versatile che, nel corso della sua carriera, ha saputo dare ascolto al proprio istinto avvinandosi ai più disparati generi musicali. A distanza di più di 15 anni, Cecilia Cipressi, questo il suo nome di battesimo, torna a stupire tutti con un album di produzione elettronica. Un progetto a cui hanno preso parte diversi esponenti della scena musicale italiana testimoniando, ancora una volta, la stima di cui Syria gode all’interno del contesto artistico nazionale. In questa intervista, l’artista ha raccontato non solo la genesi del disco ma anche la fase di lavorazione al progetto senza trascurare un cenno ai lavori precedenti ed un approfondimento al suo approccio alla creatività, più in generale.

“Syria 10” è, per l’appunto, il tuo decimo album. Le canzoni che lo compongono sono legate da alcuni tratti comuni come la produzione elettronica e l’amicizia con molti artisti che hanno collaborato con te alla costruzione del progetto. Come è arrivata questa idea e in che modo questo lavoro è coerente con quello che ti piace vivere e ascoltare nella musica?

Da quasi 14 anni vivo a Milano, una città che, durante tutto questo tempo, mi ha davvero dato molto sotto tanti punti di vista; per quanto riguarda quello artistico ho fatto il pieno di grandi amicizie con colleghi e produttori che hanno saputo condividere la loro esperienza con la mia. Questo è proprio il caso di “Syria 10”: mi sono ritrovata a desiderare di fare un album elettronico con giovani produttori e dj. Un genere, quest’ultimo, che avevo già sperimentato con Airys (pseudonimo dietro al quale la cantante si è celata per dare alle stampe l’EP “Vedo amo esco”, contenente collaborazioni con diversi esponenti della scena electro), qualche anno fa, e, pian piano, mi è venuta voglia di costruire un nuovo progetto senza giustificarmi più. A questo disco hanno lavorato con me Big Fish, Andro.id dei Negramaro, Two Fingerz, Stefano “Stylophonic” Fontana, DJ Shablo,  Pink Is Punk, Power Francers, Emiliano Pepe, Andrea Nardinocchi, Sergio Maggioni e Dario Moroldo (già produttori, questi ultimi due, del precedente “Scrivere al futuro”). A questi nomi bisogna poi aggiungere quello di Max Pezzali, autore (insieme a Fortunato Zampaglione e Francesco Di Benedittis) del primo singolo “Odiare”. Sono felicissima del risultato raggiunto perché penso che la musica elettronica sia il nuovo pop e, in qualità di interprete, mi è venuta voglia di scegliere un sound coerente con i miei gusti e di farmi scrivere canzoni che mi stessero addosso senza impegno. Questo è un album molto leggero e, a parte il brano intitolato “Sono io”, l’album si presta ad un ascolto disinvolto.

Syria

Syria

Canzoni e storie molto diverse compongono questo nuovo tassello della tua carriera artistica… ci racconti le suggestioni e la trama di “Tutti i colori del mondo” scritta da Emiliano Pepe?

Questa è, forse, la canzone più vicina alle mie origini e mi piaceva l’idea di riprendere un pezzo con quella melodia, veramente un po’ alla “Sei tu” e abbinarlo ad un tappeto sonoro un po’ più elettronico. Il brano è scritto da Emiliano, che è napoletano come lo è il mio primo produttore Claudio Mattone, che scrisse il brano “Non ci sto”, avevo proprio voglia di fare questo passo indietro per parlare d’amore in maniera semplice ed autentica.

Nel corso degli anni hai cambiato tante volte pelle e stili musicali…Se un giorno tu avessi l’occasione di incidere un “Best Of”, quali brani inseriresti in scaletta?

Del mio album “Un’altra me”, prodotto da Cesare Malfatti (dei La Crus), contenente reinterpretazioni di canzoni incise, nella loro versione originale, da gruppi come Marta sui Tubi, Perturbazione, Deasonika, Non Voglio Che Clara, ce ne sono tanti che amerei riprendere. Chiaramente ci sono brani scritti per me da Jovanotti, Mariella Nava, Tiziano Ferro, Giorgia che, nel corso degli anni, ho continuato a rivisitare in ogni modo sul palco e a cui sono molto affezionata. In questi 18 anni sono successe tante cose speciali con molte persone e, se mi guardo indietro, sono felice di tutto quello che ho costruito partendo dalla melodia passando al tributo al mondo indie, per poi passare dall’elettronica al pop. Non so quante canzoni ho fatto in questi anni ma almeno il 70% le salvo!

Syria

Syria

Come è stato scelto il singolo che seguirà l’apprezzatissimo singolo “Odiare”?

Ammetto che purtroppo a volte ci sono delle cose non vanno di pari passo con i gusti personali di noi artisti però, partendo dal presupposto che sono felice di tutto quello che è stato fatto in questo disco, avrei voluto portare alle radio, come secondo singolo, il brano “Come stai” ma, proprio le radio hanno scelto “Innamoratissima”. Se le radio hanno voglia di suonarti un po’ di più, dato che siamo in tanti a fare questo lavoro e che non è mai facile trovare degli spazi, la cosa di certo non mi dispiace. Il brano in questione è una cover dei Righeira, che ho fatto con molto piacere e che mi piacerà assolutamente cantare dal vivo. Magari “Come stai” uscirà come terzo singolo, o almeno spero, io intanto lo difendo….

Quando sei in consolle combini new disco e deep house… come decidi la selezione dei dischi da proporre al pubblico?

Non è facile descrivere questa cosa perché, in realtà, ogni giorno faccio una selezione di ogni genere. Spesso mi capita di trovare dei remix di canzoni note e, su quella lunghezza d’onda, le ripropongo a modo mio.

syria-odiare-piccolo

Come canti in “Fuori dal tempo” sei una batteria viva, accumuli energia. Da dove nasce questa tua apertura artistica così sconfinata?

Semplicemente dalla curiosità. Sono sempre stata così perché sono una persona curiosa. Da ragazzina mi sono appassionata a tante realtà musicali, ho sempre ascoltato musica di ogni genere e questo accumulare energia per me rappresenta un modo per dispensare tutto quello che mi piace di più. Non mi pongo mai limiti, ascolto di tutto perché è tutta cultura, inoltre nelle mie cose c’è sempre un tocco di femminilità.

La tua estrosità traspare anche nel tuo modo di vestire… Sei una fashion addicted o segui l’istinto anche nella scelta dei tuoi outfits?

Sicuramente è tutto frutto del mio istinto. Certo, ho imparato molto anche grazie al fatto che vivo a Milano, mi sono fatta un’idea di tante cose ma metto sempre in pratica le idee che vengono dal mio istinto e dalla mia personalità. Mi diverto, mi piace consigliare e se posso mettermi a disposizione delle amiche lo faccio volentieri. Magari negli anni ho cercato un po’ più di rigore perché sono sempre stata quella che ha sempre mischiato righe e fiori ma mi perdo tra mille stoffe e colori che rappresentano la mia vivacità ed il mio modo di essere. Vestirsi per le occasioni è un gioco meraviglioso, ho anche un thunder dove pubblico sempre i miei outfit, un profilo Instagram ed un blog sulla moda dove pubblico le cose che mi piacciono.

Nel 2006 ti sei anche cimentata nel ruolo di attrice con Paolo Rossi, hai mai pensato di valutare eventuali nuovi proposte orientate in questo senso?

Beh, è stata una cosa che mi ha entusiasmata molto e non mi dispiacerebbe assolutamente prendere in considerazione nuovamente questa esperienza.

Quando e dove potremo ascoltarti dal vivo? Stai organizzando il tour?

Sto iniziando a mettere insieme i tasselli per il progetto legato al nuovo tour che partirà da ottobre. Girerò con Big Fish e un altro ragazzo che stia con noi e che smanetti coi synth in consolle, saremo in trio e abbiamo intenzione di girare per i club e per le discoteche. Non ho ancora date da dare ma sui social vi dirò tutto. Per adesso, intanto, è importante pianificare il live e capire come proporci al pubblico.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Syria 10″ su iTunes

Intervista a Pierfrancesco Ambrogio: “Vi presento il Trio Mortacci”

Trio Mortacci @ L'Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L’Archivio 14 Ph Roberta Gioberti

Il Trio Mortacci è una originale realtà musicale, artistica e teatrale composta da Pierfrancesco Ambrogio (voce, attore e clarinettista), Salvatore Zambataro (fisarmonica, clarinetto), Marco Turriziani (contrabbasso chitarra). I tre artisti sono tutti romani e, ad una preparazione classica e accademica, associano una curiosità musicale onnivora che li porta ad osare e a sperimentare senza limiti o etichette. Le loro performances sono studiate per sorprendere ed ammaliare il pubblico attraverso un repertorio che va dal periodo pre e post bellico alle composizioni originali di Marco Turriziani. A parlarci del trio e dei progetti dell’Associazione Teatro Oltre di cui è Presidente, è Pierfrancesco Ambrogio.

Il nome del vostro gruppo si rifà ad una espressione dialettale romana dalla valenza semantica piuttosto ampia… come mai questa scelta e in che modo questo nome si lega alla vostra entità artistica?

Come dici tu è un’espressione che significa molte cose. A Roma si usa spessissimo nell’intercalare del linguaggio parlato. Nel momento in cui dovevamo scegliere  il nome del trio, dopo qualche tentativo, esso è venuto fuori  in maniera del tutto spontanea. Come spontaneamente a Roma si dice “Mortacci”! quando ci si trova di fronte a qualcosa di stupefacente, che non ci si aspettava di vedere o sentire o assaggiare… Insomma quando si è “colpiti” da qualcosa. Proprio questa è, infatti, l’intenzione che intendiamo dare a questa espressione romana, che nella sua essenza, rappresenta un terribile turpiloquio che scomoda i cari estinti ad una rievocazione piuttosto traumatica…Noi, modestamente, vorremmo stupire con il nostro spettacolo e sentirci dire: Mortacci! È indubbio che essendo noi di Roma ci è sembrato subito adatto per  definirci.

Trio Mortacci @ L'Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L’Archivio 14 Ph Roberta Gioberti

I componenti del gruppo sono nati e cresciuti a Roma… ci raccontate il vostro background artistico e culturale?

Sì, siamo tutti nati a Roma e proveniamo da una preparazione classica e accademica: conservatorio, orchestra. In seguito la curiosità ci ha portato ad affrontare altri ambiti musicali e altri mezzi espressivi. Io, Pierfrancesco, dopo gli studi di clarinetto,  ho cominciato a cantare per gioco con  un mio amico cantante di Vienna e abbiamo messo su uno spettacolo “Fratelli d’Italia” che ancora rappresentiamo con molto successo. Però è stato soprattutto il teatro a rapirmi ed è per questo che ne ho approfondito diversi aspetti da quello attoriale, alla regia, alla scrittura di testi. È nata una compagnia e associazione culturale Teatro Oltre intorno alla quale nascono i nostri spettacoli. Marco, diplomato in contrabbasso, parallelamente agli studi classici, ha sempre avuto un interesse  per la musica leggera ed il teatro fino ad arrivare a produrre due dischi con suoi brani originali. Quindi la composizione è diventata una delle sue attività principali. All’interno del trio Marco suona anche la chitarra, l’ukulele, il glokenspiel. Salvatore nasce come clarinettista e da piccolo si è appassionato alla fisarmonica con la quale ha suonato in giro per il mondo con diverse formazioni popolari. Ha suonato anche con l’orchestra di Santa Cecilia e per molti spettacoli teatrali.

 Quali sono i vostri punti di riferimento?

Il Trio Mortacci guarda sia al passato, con  riferimento agli spettacoli di Varietà italiani del periodo pre e post bellico, che al futuro con composizioni originali di Marco Turriziani. Sicuramente abbiamo costruito uno spettacolo e non un semplice concerto. L’elemento teatrale infatti è molto presente con l’inserimento di poesie, lazzi, giochi tra di noi. Come quando ad un certo punto ci scambiamo i ruoli e io che prima canto poi mi metto a suonare il clarinetto. Oppure ci scambiamo tutti gli strumenti. Oppure cantiamo tutti e tre a cappella.

In cosa consiste il vostro repertorio?

Stimo costruendo un repertorio di brani che da una parte strizzano l’occhio agli spettacoli di Varietà con canzoni di Danzi o brani napoletani poco frequentati. Canzoni macchietta. Canzoni romane come “Pe’ lungotevere” e dall’altra eseguiamo i brani originali di Marco cercando un equilibrio che raccordi i diversi stimoli.

Trio Mortacci @ L'Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L’Archivio 14 Ph Roberta Gioberti

Ci parlate del vostro nuovo spettacolo? Come s’intitola? Cosa include? Cosa intende trasmettere al pubblico?

Abbiamo fatto una serata di presentazione a Roma a L’Archivio 14 e l’abbiamo chiamata “Mortacci che serata!”. Questo la dice lunga sui nostri propositi. Brani vocali, strumentali, gags, macchiette, travestimenti, momenti di lirica intensità. Tutto in stile rigorosamente “mortaccino”! Quello che ci piace vedere nel pubblico è il sorriso alla fine dello spettacolo, quando con gli occhi luminosi ti dicono “che bello!!!”

Il gruppo nasce da un’altra esperienza in cui erano presenti ben 10 musicisti, protagonisti dello spettacolo “Fratelli d’Italia”…cosa vi ha spinto a decimare la compagine iniziale?

“Fratelli d’Italia” è uno spettacolo esaltante per la quantità di artisti che vi partecipano e per il programma musicale. Purtroppo, e lo dico con una grande amarezza nel cuore, il numero elevato dei componenti non ci permette di trovare adeguata collocazione nei teatri. Con le nostre forze siamo riusciti a rappresentarlo già molte volte compreso un capodanno a Vienna nel teatro di Stefan, il tenore di cui sopra, con notevoli sforzi personali di ognuno. Ma quello che potevamo fare da soli lo abbiamo fatto. Ora servirebbe una produzione che sappia dare il giusto valore a l’operazione e che ne sappia vedere gli adeguati profitti. Quindi non una decimazione, ma semmai, un momentaneo frazionamento in gruppi più piccoli per cercare di inserirsi meglio.

Trio Mortacci @ L'Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L’Archivio 14 Ph Roberta Gioberti

Attualmente vi trovate a Berlino per presentare il vostro nuovo spettacolo all’estero, come cambia l’accoglienza e l’attenzione nei vostri riguardi, sia per quanto riguarda i gestori dei locali che per quanto riguarda il pubblico?

In generale c’è una gentilezza e una disponibilità che a Roma sono orami due animali rari in via d’estinzione. Nonostante per i locali sia bassa stagione, tutti ci offrono quanto meno la possibilità di partecipare ad un open stage. Un giorno alla settimana  dedicano il microfono aperto a tutti quelli che si vogliono esibire. Se sei convincente hai la serata assicurata. Poi la cosa più sbalorditiva è che riesci a parlare con tutti e hai subito delle risposte tipo: Si! No mi dispiace! Siamo chiusi! Mandateci il programma e lo inseriremo da settembre a dicembre. Venite venerdì prossimo per un open stage! Chiarezza e semplicità accompagnati da un sorriso. Questa la grande differenza. Il 25 avremo la nostra prima serata al Rosengarten. Vi sapremo dire dell’accoglienza del pubblico.

Tutti i 3 componenti del trio cantano e suonano a sorpresa…come sfruttate a vostro vantaggio questa ampia versatilità individuale?

Cercando di cogliere di sorpresa lo spettatore. Quando sta per capire che io canto e gli altri suonano cambiamo le carte in tavola. Io prendo il clarinetto e insieme a Marco accompagniamo Salvatore che tira fuori un vocione da tenore per “Io te voglio bene assai”! Poi Marco, zitto zitto, imbraccia la chitarra e trascina tutti nella romanità più dolce e romantica con “Serenata sincera”! Stupire è la nostra parola d’ordine. Stupire non solo per il gioco dei ruoli, ma soprattutto stupire con la qualità delle nostre proposte.

Trio Mortacci @ L'Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L’Archivio 14 Ph Roberta Gioberti

Pierfrancesco, sei anche presidente dell’Associazione Culturale Teatro Oltre. Nell’arco di 15 anni hai prodotto tanti spettacoli con musica dal vivo… ci racconti le tappe salienti di questo percorso e ci illustri gli altri progetti di cui attualmente ti occupi?

L’Associazione nasce sulla scia di un’entusiasmante esperienza che ha coinvolto musicisti e attori in uno spettacolo dal titolo “Solo sassi e polvere”. Sulle musiche e le canzoni di Kurt Weill e Bertold Brecht avevamo costruito una drammaturgia ricca di 6 personaggi emblematici e apparentemente bislacchi che affollavano un caffè-bordello dove suonava un’orchestra di 12 elementi. Ognuno raccontava un po’ della sua esistenza e interagiva con gli altri creando delle dinamiche nevrotico ossessive. Aleggiava su tutti la voce di Stefan che rappresentava l’anima buona di tutti e che tutti avevano obliato. Un banditore di una lotteria vendeva biglietti per la felicità. Alla fine nessuno vinceva niente e in puro stile brechtiano si finiva a girare in tondo in una giostra senza fine. Fondata l’Associazione con i componenti di quell’esperienza abbiamo continuato a montare spettacoli con la stessa cifra stilistica: drammaturgie con musiche eseguite dal vivo che si integrano nello spettacolo diventando parte stessa dei personaggi. Sono nati così “Orfeo” di Cocteau, “Fratelli d’Italia”, “Il sogno dei gigli bianchi”, “Didone Bernardone e altre sciagure”, fino alle fiabe in musica per i più piccoli.

Trio Mortacci @ L'Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L’Archivio 14 Ph Roberta Gioberti

Tra tutti spicca la rassegna “Pomeriggi con le fiabe musicali”, dedicata ai più piccini…in cosa consiste questo appuntamento? Avete intenzione di riproporlo a breve?

Anche qui la formula è stata quella della musica integrata alla narrazione. Il repertorio è quello della tradizione fiabistica italiana accompagnata da diverse formazioni strumentali. L’Intento didattico è stato, per questa prima edizione, quello di offrire ai piccoli spettatori l’opportunità di avvicinarsi alle voci dei vari strumenti musicali che compongono il suono di un’orchestra classica. Le fiabe sono state dunque accompagnate da un piccolo ensemble strumentale, massimo tre musicisti, che reggevano la narrazione di due attori. Abbiamo così presentato gli archi, i legni, gli ottoni, le percussioni e gruppi misti. La prossima edizione la giocheremo con i generi musicali: ogni fiaba sarà composta con un genere musicale diverso: barocco, jazz, moderno…

 Raffaella Sbrescia

Fotogallery a cura di: Roberta Gioberti

Trio Mortacci @ L'Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L’Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L'Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L’Archivio 14 Ph Roberta Gioberti

Trio Mortacci @ L'Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L’Archivio 14 Ph Roberta Gioberti

Trio Mortacci @ L'Archivio 14 Ph Roberta Giobertii

Trio Mortacci @ L’Archivio 14 Ph Roberta Gioberti

 

 

 

 

Intervista a M’Barka Ben Taleb: ” Vi presento Passion Fruit, il mio nuovo album”

M'Barka Ben Taleb_Cover disco - Passion Fruit (b) (2)

Lo scorso 1 luglio è uscito “Passion Fuit”, il nuovo album dalla cantante e attrice tunisino-napoletana M’Barka Ben Taleb. Pubblicato da Graf/Full Heads e prodotto da Jerry de Concilio con Michele J Romano, l’album vede anche la firma del beatmaker Tonico 70, del violoncellista Arcangelo Michele Caso e di Salvio Vassallo alla produzione artistica. In questo nuovo progetto M’Barka si è divertita a giocare con diverse lingue e reinterpretare ben 6 grandi successi nazionali e internazionali, qui reinterpretati al femminile con ironia e sensualità.

M'Barka Ben Taleb Ph Eugenio Blasio

M’Barka Ben Taleb Ph Eugenio Blasio

A questi brani si  aggiungono ben tre inediti, nati dall’incontro con Enzo Gragnaniello, oltre che dalla collaborazione con giovani creativi “newpolitani”, musicisti della nuovissima scena musicale partenopea, come l’autore Alessio Arena e la band Il Tesoro di San Gennaro. Reduce anche dai ciak con Woody Allen, Sharon Stone e gli altri divi hollywoodiani per l’ultimo film di Turturro, M’Barka  si conferma sempre più trasversale. Più patrie, più tradizioni e più culture traducono in arte il suo stile di vita. L’abbiamo, dunque, raggiunta al telefono per farci raccontare le sue sensazioni in merito a queste nuove emozionanti tappe del suo percorso e per scoprire qualcosa in più sul disco , anticipato in radio dai brani “Je t’aime moi non plus”,un’inedita versione etnofunk del brano di Serge Gainsbourg e da “Storia d’amore”, una versione electro-swing del celebre brano di Adriano Celentano (di cui uscirà a breve il videoclip).

M'Barka Ben Taleb Ph Luigi Maffettone

M’Barka Ben Taleb Ph Luigi Maffettone

“Passion Fruit” è il titolo del tuo nuovo album in cui il tuo “stile meticcio” giunge ad una nuova definizione. Cosa racconta di te e del tuo percorso artistico questo lavoro dal suono moderno, maturo, in sintonia con i tempi?

Dopo tanti anni di musica etnica e la precedente avventura nella world music, questo nuovo lavoro, pubblicato da Graf/Full Heads e prodotto da Jerry de Concilio con Michele J Romano, è caratterizzato da un ampio utilizzo della musica elettronica e dal contributo del  beatmaker Tonico 70, del violoncellista Arcangelo Michele Caso e di Salvio Vassallo alla produzione artistica. In questo disco gioco molto con le lingue francese, italiano, arabo e napoletano.

M'Barka Ben Taleb Ph Eugenio Blasio

M’Barka Ben Taleb Ph Eugenio Blasio

Quale, tra i brani che hai rivisitato, senti di avere maggiormente stravolto e fatto tuo?

A dire il vero, sento miei tutti i brani compresi in questo lavoro, li ho scelti perché mi ci rispecchio e perché sono il frutto di tante esperienze precedenti.

Hai collaborato con tanti artisti per questo progetto…come hai lavorato con loro?

Ho lavorato con Enzo Gragnaniello, un grande artista che io definisco il Maestro della nuova canzone napoletana, mi sono ritrovata a collaborare con lui dopo aver già fatto dei concerti dal vivo insieme, il brano è per metà in francese e in napoletano e s’intitola “Sotto ‘o cielo ‘e Paris”, un duetto imperdibile, ulteriormente valorizzato dal rap di Tonico ’70. Poi c’è Alessio Arena , autore di “Nisciuno” e il Tesoro di San Gennaro, che firma il brano che dà il titolo all’album “Passion Fuit”, un esplicito racconto di una vitalità femminile e di una sessualità orgogliosa, impreziosito dall’emozionante seconda voce di Valentina Gaudini. Infine cito Fausto Mesolella che, con la sua impagabile chitarra, si è lanciato in una inedita cavalcata country reggae per impossessarsi di “Nun te scurda’” degli Almamegretta.

M'Barka Ben Taleb Ph Luigi Maffettone

M’Barka Ben Taleb Ph Luigi Maffettone

Per quanto riguarda le tue esperienze di attrice, in particolare quella con John Turturro…come hai vissuto questo tipo di contesto e cosa hai espresso della tua personalità?

Prima di “Gigolò per caso”, l’ultimo film di Turturro, ho preso parte al film “Passione”, sono stata scelta da Federico Vacalebre, un critico musicale severissimo che mi ha proposto al regista. Da lì, per mia fortuna, sono stata scelta anche per quest’altro film, in cui ho cantato due brani: “Luna Rossa” e un brano jazz, intitolato “I’m a fool to want you”. Per me si è trattata di un’esperienza unica, lavorare con Turturro al fianco di Sharon Stone e Woody Allen mi ha lasciata senza parole. Io sono molto credente e, nel mio piccolo, mi sono sempre detta che dopo tanti sacrifici e diverse esperienze, fatte nel corso di 20 anni, pur non essendo così conosciuta, sarei riuscita a fare delle cose importanti. Se credi in quello che fai, se segui le tue idee, impegnandoti seriamente, arriverai al tuo traguardo.

M'Barka Ben Taleb Ph Luigi Maffettone

M’Barka Ben Taleb Ph Luigi Maffettone

Per quanto concerne la dimensione live, che tipo di concerto è il tuo? Dove e quando potremo ascoltarti dal vivo?

Stiamo promuovendo il disco e stiamo facendo le prime prove per organizzare il concerto che proporremo durante il tour. Le date sono ancora in fase di definizione ma vi terremo ben informati!

Raffaella Sbrescia

Acquista “Passion Fuit” su iTunes

Video: “Je T’Aime Moi Non Plus”

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu”: l’intervista ed il live report del concerto

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Lo scorso 18 luglio il Summer Live Tones, terza edizione della rassegna Jazz patrocinata dalla Commissione Nazionale UNESCO e dall’ Assessorato Cultura e Turismo del Comune di Napoli diretta da Alberto Bruno e organizzata da Ornella Falco ha ospitato, nel cortile del Maschio Angioino a Napoli, la prima esecuzione live di “Beethoven in Blu”, il nuovissimo ed inedito progetto strumentale del pianista toscano Riccardo Arrighini.

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Noto per le sue frequenti ed originali fusioni tra la  musica classica ed il jazz, lavorando alle musiche di autori immortali come Puccini, Verdi, Rossini, Wagner, Vivaldi, Mozart, Chopin e maestri contemporanei come Ennio Morricone, questa volta Arrighini ha scelto il repertorio di Ludwig Van Beethoven, considerato uno dei più audaci innovatori della storia della musica: «Questa sera celebriamo l’anteprima assoluta di un progetto ambizioso per vari motivi: primo perché dopo 9 anni che cavalco quest’onda della musica classica e lirica, riarrangiata in chiave jazz, stavolta mi sono dedicato ad un autore che aspettavo da un po’. Io aspetto sempre l’ispirazione e devo dire che questa volta è venuto fuori un lavoro molto diverso, molto più jazzistico. Negli altri casi si trattava di un piano solo invece qui sono in trio con due musicisti, anche loro toscani. Poi perché interagiamo con dei temi famosissimi e abbiamo voglia di pensare ad un tour mondiale per cercare di portare questa musica un po’ in tutto il mondo. Per fare questo avremo chiaramente bisogno di un cd, che non abbiamo ancora inciso, perché ho capito che, contrariamente a quanto si fa normalmente, il disco viene molto meglio se prima hai fatto delle date e hai appreso alcune dinamiche, che in studio non hai completamente sotto mano. In sintesi, questo progetto è bello e ambizioso e mi piace tantissimo».

Un momento dell'intervista Ph Luigi Maffettone

Un momento dell’intervista Ph Luigi Maffettone

Alla domanda sul perché abbia scelto Beethoven, Riccardo risponde così: «Non sono io che scelgo gli autori, sono loro che mi scelgono, ad un certo punto. A dire il vero, due brani di Beethoven li avevo già arrangiati nel 2011 ed era una cosa che avevo già in testa da un po’, poi la conferma è arrivata lo scorso inverno quando ho affrontato la musica di McCoy Tyner ,su ritmiche molto africane, questa cosa mi ha acceso una lampadina e ho pensato all’”Inno alla Gioia”. Alla fine non mi sono più fermato, ho chiamato i ragazzi, abbiamo fatto un po’ di prove ed eccoci qua».

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Pur melodico e votato da sempre al lirismo, Arrighini possiede tecnica cristallina e un naturale suono di pianoforte rotondo e percussivo e con il robusto contributo di Mirco Capecchi al contrabbasso e  Vladimiro Carboni alla batteria, il progetto si arricchisce di una ritmica piuttosto importante. La perfomance risulta, così, in grado di supportare al meglio lo stile e le idee di arrangiamento del pianista e di mescolare la liricità e drammaticità dei temi beethoveniani con una pulsazione ritmica molto decisa ed in qualche modo irruenta, virando il “sound” di alcuni arrangiamenti verso contesti musicali inaspettati come quelli più tipicamente africani.

Mirco Capecchi Ph Luigi Maffettone

Mirco Capecchi Ph Luigi Maffettone

Con la complicità di un repertorio che vede alcune tra le più importanti, famose e straordinarie composizioni del grande genio tedesco quali l’ “Inno alla Gioia”, “Sinfonia n.5”, “Romanza in  Fa”, il “Chiaro di Luna” alcune Sonate per pianoforte, tra cui il primo ed il terzo tempo de “La tempesta” opera 17 e la conosciutissima “La Patetica”, il concerto non conosce spazi di incertezza, il trio riesce, infatti, ad amalgamare note e strumenti con padronanza assoluta.

Vladimiro Carboni Ph Luigi Maffettone

Vladimiro Carboni Ph Luigi Maffettone

L’unica parentesi più distante dal resto del concerto è quella relativa al piano solo di Riccardo Arrighini, durante il quale l’artista ha eseguito “Il tema degli alberi”, una composizione contenuta nel film di Alessandro Tofanelli, di prossima distribuzione, intitolato “Il segreto degli alberi”, ispirata ai suggestivi paesaggi della “macchia” di San Rossore in Toscana. Fotogramma dopo fotogramma, Arrighini rende visivamente l’idea di un sentimento intimo e delicato, concretizzando in maniera tangibile il miracolo della musica.

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Tornando a “Beethoven in Blu”, non ci rimane che attendere i prossimi appuntamenti di un progetto che avrà sicuramente un importante seguito: «Ad ottobre andrò a Bruxelles e poi in Germania, spero che questo progetto possa funzionare molto bene e cercherò di lavorarci su in modo intelligente, farò un video e penserò a dei materiali con cui promuoverlo, ha spiegato Arrighini. Ora è il momento dei social e del web ma spesso mi chiedo: “Come fa gente del tenore di Pat Metheny, e altri, a fare un disco e ad essere il giorno dopo già su Spotify? Praticamente io, che non ho nemmeno l’abbonamento, con un po’ di pubblicità in mezzo, posso ascoltare un disco per intero gratuitamente. E allora mi richiedo: “Perché gli artisti acconsentono?” Le risposte sono due: o le etichette vogliono stare lì alla finestra a vedere cosa succede nei prossimi anni, perché nessuno sa cosa accadrà, o gli artisti accettano perché i dischi si vendono con i concerti. Alla fine il web è una biblioteca gratuita di dischi, che bisogna continuare ad incidere sostenendo dei costi, e, se non ci sei, alla fine sei considerato pure stupido».

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Da non sottovalutare inoltre, il ruolo che Arrighini svolge all’interno del contesto formativo,  in merito ai suoi corsi di Musica d’Insieme rivolti ai più giovani: «Tengo dei seminari a Pisa, due volte al mese, in cui diversi ragazzi molto bravi, già usciti dal Conservatorio, vengono da me a fare una cosa molto importante: suonare. Chi viene dalla musica classica lo sa, si tende a stare in una stanza con il pianoforte e lo spartito ma qui è diverso: l’ importante è mettere i musicisti insieme e lasciare che imparino a suonare tra loro e trovare l’alchimia giusta. Ecco perché mi sono messo nell’animo, l’idea di creare una situazione che funzioni e che sia dedicata alla musica d’insieme».

Raffaella Sbrescia

Fotogallery a cura di: Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Alberto Bruno Ph Luigi Maffettone

Alberto Bruno Ph Luigi Maffettone

Vladimiro Carboni Ph Luigi Maffettone

Vladimiro Carboni Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Vladimiro Carboni Ph Luigi Maffettone

Vladimiro Carboni Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per "Beethoven in Blu" Ph Luigi Maffettone

Riccardo Arrighini in trio per “Beethoven in Blu” Ph Luigi Maffettone

Mirco Capecchi Ph Luigi Maffettone

Mirco Capecchi Ph Luigi Maffettone

 

 

 

 

 

 

Armonie d’Arte Festival: emozioni d’autore al Parco Archeologico Scolacium di Borgia (CZ)

boccia

La 14 ma edizione dell’Armonie d’Arte Festival si terrà dal 19 luglio al 12 agosto nello spettacolare Parco Archeologico Scolacium di Borgia (CZ). Ideata e diretta, dalla prima edizione ad oggi, da Chiara Giordano, la rassegna è stata la prima attività culturale performativa strutturata all’interno di un’area archeologica calabrese e, nel corso di tredici anni, è diventata una delle più significative attività culturali del meridione per qualità artistica e organizzativa. Ad introdurci la nuovissima edizione è proprio la dottoressa Giordano che, nelle vesti di direttore artistico del Festival, ha sottolineato non solo la qualità produttiva della manifestazione ma anche, e soprattutto,  l’idea di fondo che attraversa tutto l’evento, ovvero quella di proporsi al pubblico non solo come un contenitore di spettacoli, seppure di alto profilo, ma anche un “propulsore “ di idee e creatività in grado di coinvolgere i più giovani.

Armonie d’Arte Festival giunge alla 14 ma edizione, cosa racchiude il titolo della manifestazione e qual è lo spirito con la organizzate ogni anno?

Il cartellone e le diverse attività connesse sono pensate e organizzate seguendo il concetto dell’Armonia sia nella scelta degli artisti che della conduzione. Armonie d’arte, come espresso già dal titolo, racconta stili e generi diversi  unendo teatro, danza e musica attraverso la contaminazione o l’intersezione di vari linguaggi. Il cartellone sarà sicuramente variegato ma con una forte coerenza interna, grandi artisti proporranno i loro repertori  ma ci saranno anche produzioni nuove  perché pensiamo che un Festival non debba essere soltanto un contenitore di proposte di alto profilo ma anche e soprattutto un propulsore di idee, un ruolo chiave, quest’ultimo, che deve essere svolto proprio da chi opera nella cultura.

SONY DSC

Il Festival si svolge nel parco Archeologico di Scolacium di Borgia…qual è il legame tra la manifestazione e questo territorio?

La location rappresenta un sito archeologico di punta nel contesto meridionale, oltre che un luogo di grande suggestione che, sia gli ospiti che gli artisti, portano nel cuore, un luogo speciale che negli anni ci ha sempre regalato momenti magici.

Il 9 e 10 agosto presenterete un’opera prima intitolata “L’ultima notte di Scolacium” con musiche originali di Nicola Piovani e la partecipazione di Gerard Depardieu. Quale sarà la trama dell’opera, il messaggio che intende trasmettere al pubblico e quali le emozioni da veicolare?

Per noi è molto importante poter incuriosire il pubblico creando nuove proposte artistiche e, in questo caso, raccontiamo un grande momento del Sud Italia, ovvero il periodo normanno. Il legame tra la vicenda ed il contesto in cui verrà raccontata sarà ovviamente molto forte ma un elemento altrettanto importante sarà la creazione virtuale di un’Abbazia normanna (affidata alla società leader Capware) proprio per restituire all’occhio del pubblico un’idea fedele di come potesse essere il luogo a quel tempo. A tutto questo si aggiunge un suggestivo racconto, a metà strada tra storia e leggenda, un momento di teatralità visionaria legato ad una storia assolutamente certificata per raccontare la terra del Sud. Vorremmo che il pubblico si emozionasse sia per l’aspetto scenico sia per quello che possiamo suscitare attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie con una produzione imponente. Il nostro augurio è che il pubblico riconosca lo sforzo fatto per creare nuove produzioni e che resti affascinato da un luogo già di per sé suggestivo, potenziato attraverso la creatività del discorso virtuale. La regia sarà di Cristina Mazzavillani Muti  che, attraverso la sua sensibilità poetica, ha questo modo di raccontare i fatti come se si trattasse di una grande favola. In sintesi, racconteremo la favola del sud con l’ausilio delle più moderne tecnologie e con la partecipazione straordinaria di Gerard Depardieu ma anche di Rosa Feola come voce di contralto soprano, Edoardo Siravo e Daniele Pecci.

img2_Armonied'arte Festival_DSC7476_BASSA (2)

Il tema del Festival è “Ex Antiquitate Novum” ci spiega il perché di questa scelta?

Prendendo spunto proprio dal titolo dello spettacolo “L’ultima notte di Scolacium”, crediamo che la creatività ponga le proprie basi su una memoria consolidata. Tutto il nuovo nasce, dunque, dal concetto di antiquitate, qualcosa che appartiene alla nostra memoria e che, tuttavia, può essere foriero di futuro. Proprio per questo, tutta la programmazione, a partire dal 19 luglio, con il concerto di Hiromi, un fenomeno artistico di risonanza mondiale che, partendo dalla musica classica, si muove verso la fusion, il jazz, il rock intende coniugare classicità e contemporaneità, storia, mito, leggenda. Allo stesso modo i Carmina Burana, lo Spell Bond Contemporary Ballet rileggeranno il mondo del passato attraverso la danza ed il canto contemporaneo.

SONY DSC

Gran finale con Mario Biondi il 12/08…

Questa è una proposta che, pur essendo di altro profilo, rivolgiamo ad un pubblico più ampio e che gestiamo con la collaborazione di promoter locali per coinvolgere il territorio a 360 gradi. Un evento assolutamente coerente con l’impostazione che abbiamo dato al nostro cartellone.

Come sarà strutturata la sezione Armonie Young?

Abbiamo messo a punto una serie di iniziative finalizzate al sostegno delle realtà più giovani, faremo uno spettacolo e presenteremo anche un lavoro di una giovane ricercatrice e proporremo anche artisti pop per dare un segnale di vicinanza ai giovani a 360 gradi.

Tutti gli spettacoli si svolgeranno all’interno del parco archeologico Scolacium a Borgia (Cz) alle ore 22.00; per info e prenotazioni 366 4362321 o 333 2275985 o sul sito www.armoniedarte.com .

Raffaella Sbrescia

Teano Jazz Festival, il direttore artistico Antonio Feola: “Il Festival diventa itinerante”

teano jazz

Tutto pronto per la XXII ma edizione del Teano Jazz Festival, un evento finanziato dall’assessorato al Turismo e ai Beni Culturali della Regione Campania, organizzato da Comune di Teano in collaborazione con l’associazione Teano Musica presieduta da Walter Guttoriello, con il sostegno dei comuni coinvolti nel progetto e di sponsor privati. La rassegna diretta da Antonio Feola si terrà dal 17 al 27 luglio 2014 e, per la prima volta, avrà una formula itinerante coinvolgendo ben 12 comuni dell’Alto Casertano. L’obiettivo principale sarà quello di  coniugare il lato artistico e spettacolare con quello turistico e culturale, legato alla riscoperta di un territorio ricco di tradizione.

Oltre al comune di Teano capofila del progetto il jazz e la musica afroamericana invaderanno Alife, Caianello, Calvi Risorta, Piedimonte Matese, Pietramelara, Pietravairano, Riardo, Roccamonfina, Rocchetta e Croce, San Potito Sannitico, Sparanise presentando star internazionali, jazzisti italiani, talenti campani, brass band e progetti esclusivi in suggestive location, ecco alcuni nomi: il maestro della musica improvvisata David Murray con l’Infinity Quartet, il leggendario sassofonista del Tennessee Charles Lloyd, il duo franco-americano Michel Portal Hamid Drake, il travolgente funk di Fred Wesley (storico trombonista di James Brown) con the New JBs, Paolo Fresu col suo quintetto che festeggia i 30 anni di carriera, Gianluca Petrella che omaggia Nino Rota con il progetto “Il Bidone”, Nicola Conte con il suo Jazz Combo, il batterista Enzo Carpentieri alla guida del Circular E-motion con ospite il trombettista statunitense Rob Mazurek, la “Klezmer Night” di Gabriele Coen e tantissimi altri.

Paolo Fresu ph Roberto Cifarelli

Paolo Fresu ph Roberto Cifarelli

Nell’intervista ad Antonio Feola, direttore artistico della rassegna, alcuni importanti dettagli relativi alle iniziative con cui il Festival coinvolgerà il pubblico che prenderà parte agli eventi in programma.

In occasione della XXII ma edizione il Teano Jazz Festival diventa itinerante… Quali saranno i comuni e le location coinvolte?

Coinvolgeremo tutti i comuni dell’Alto Casertano che di fatto sono 12. Si partirà dalla zona del Matese fino ad arrivare a Teano. Si tratta di un circondario piuttosto vasto, tuttavia compatto, scelto proprio per veicolare questo Festival che, attraverso questa formula itinerante, diventa una importante risorsa per tutto il territorio.

11 giorni per 100 musicisti… chi saranno gli artisti che prenderanno parte alla rassegna di concerti?

Abbiamo selezionato un parterre con artisti molto eterogenei tra loro. Ci saranno esponenti dello scenario musicale campano e laziale che si alterneranno con un buon numero di artisti provenienti dagli Stati Uniti. Il percorso del Festival può, dunque, definirsi in crescendo e alcune delle tappe salienti saranno quelle con Nicola Conte ed il suo Jazz Combo, il progetto di Gianluca Petrella, intitolato “Il bidone” con cui l’artista omaggerà Nino Rota, Paolo Fresu festeggerà i 30 anni di carriera col suo quintetto e non mancheranno tantissimi altri personaggi di altissimo spessore come il leggendario sassofonista del Tennessee Charles Lloyd…

Nicola Conte ph Maki Galimberti

Nicola Conte ph Maki Galimberti

Non solo musica ma anche arte e cultura… quali saranno gli itinerari che proporrete al pubblico durante le visite guidate?

Il fatto che il Festival rappresenti uno stimolo per l’intero territorio, lo si evince anche dall’idea di dedicare una giornata almeno ad ogni paese del circondario. Questa impostazione innescherà l’organizzazione di svariate attività: le Associazioni locali si occuperanno, tra l’altro, della creazione  di percorsi enogastronomici associati ai territori coinvolti. Man mano che andremo avanti con i vari appuntamenti del Festival vi informeremo di tutte le iniziative in corso.

Ci saranno attività parallele? Avete pensato a qualcosa per i più piccini?

Anche in questo senso abbiamo lasciato una certa libertà alle Associazioni locali ma possiamo già anticipare che ci saranno sicuramente dei laboratori e delle iniziative mirate al coinvolgimento dei bambini. Sotto questo aspetto, il Festival si propone come un importante stimolo per la diffusione e la creazione di nuovi spazi dedicati ai giovanissimi.

Che tipo di sostegno state ricevendo dalle pubbliche istituzioni?

In occasione di questo evento ci siamo interfacciati soprattutto con i Comuni e posso dire che, se da un lato c’è una fervente attesa, dall’altro non manca qualche piccolo timore, per la prima volta il Festival affronta la formula itinerante e, alla fine di questo percorso, analizzeremo a fondo i risultati per poter fare dei bilanci precisi.

Charles Lloyd

Charles Lloyd

Quali sono, invece, i presupposti e le Sue prospettive, in qualità di direttore artistico del Festival?

La cosa importante per noi è il fatto che, a differenza degli altri anni, ci sposteremo da Teano, dove  il Festival aveva abitualmente luogo con 3 o 4 serate a livello locale. Questa apertura al territorio ci dà la possibilità di esprimerci in modo notevole e, anche se sono passati tanti anni, c’è ancora tanto entusiasmo perché in questo modo si aprono delle nuove prospettive a cui avevamo già pensato ma che, purtroppo, non avevamo mai potuto realizzare a causa della mancata sintonia con le realtà circostanti e dalla mancanza dei mezzi materiali necessari. Ora, invece, grazie ai bandi P.O.R, che rappresentano, forse, la via maestra per accedere ai fondi pubblici, abbiamo nuovi orizzonti davanti a noi. Ad ogni modo siamo consapevoli di avere ancora tanto da costruire per migliore il territorio sotto tanti aspetti.

Info: www.teanojazz.org – tel. 0823 885354 – 0823 885775 - teanojazz@libero.it

 

Previous Posts Next Posts