Vasco Brondi presenta Paesaggio dopo la battaglia: “Siamo qui per rivelarci, non per nasconderci”

Vasco Brondi cover album

Vasco Brondi cover album

Dal 7 maggio sarà disponibile PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA, il primo album di Vasco Brondi dopo la conclusione del progetto artistico Le Luci Della Centrale Elettrica. Il disco è autoprodotto da Cara Catastrofe e distribuito da Sony Music. 10 tracce, scritte e prodotte tra Ferrara, Milano e New York, raccontano la nuova visione del cantautore tra battaglie intime e universali, battaglie di crescita e di ricerca, battaglie di perdite e di conquiste. Paesaggio dopo la battaglia è composto da racconti per voce e cori, per orchestra e sintetizzatori. In ogni canzone c’è qualcuno che ricerca fiduciosamente anche in tempi difficili, tra le leggi della città e quelle dell’universo. Dopo la battaglia c’è una pace incerta, piena di ferite o piena di sollievo. C’è qualcuno che chiama un nome tra le macerie, qualcuno che risponde. Nel suo nuovo lavoro Vasco Brondi rivela il suo modo di vedere le cose, la sua sensibilità e la profondità con cui analizza il mondo che lo circonda attraverso un cortocircuito tra atmosfere diverse, e un insieme di battaglie, intime e universali, tenute insieme da una voce narrante accompagnata da strumenti fantasma: un’orchestra di fiati, un pianoforte, un coro gospel e vari sintetizzatori. La cover del disco è una foto inedita di Luigi Ghirri, omaggio alla figura e all’opera del grande artista italiano, filosofo del silenzio.

Il disco, la cui produzione artistica è curata da Taketo Gohara, Vasco Brondi e Federico Dragogna, si arricchisce della partecipazione e la collaborazione di numerosi musicisti di importanza internazionale: da Mauro Refosco (Red Hot Chili Peppers, David Byrne) a Paul Frazier (David Byrne), fino ad arrivare ad Enrico Gabrielli e Alessandro “Asso” Stefana (PJ Harvey, Vinicio Capossela, Mike Patton).

Nella prima tiratura limitata, disponibile al link https://bit.ly/pdlbvb, il CD è accompagnato dal libro Note a margine e macerie, un diario on the road in una nazione deserta, racconto dei tragitti tra uno studio di registrazione e l’altro, di notti silenziosissime tra Milano, Ferrara e i ricordi di un viaggio in India, di un inverno a Lampedusa e dei paesi disabitati dell’Italia interna. È in queste pagine che Vasco ha voluto annotare tutto ciò che esonda dalle canzoni, che per natura, invece, richiedono una certa sintesi. Le sensazioni e i pensieri che l’hanno accompagnato nelle fasi di scrittura sono parte integrante di questo grande progetto. Gli eventi incontrollabili, l’evolversi del mondo, la storia e le circostanze del momento hanno fatto il resto.

L’ascolto si apre con 26000 giorni, un brano dalle liriche alte e dalle atmosfere sognanti, un canto libero che vuole ricordarci che siamo qui per rivelarci, non per nasconderci. 26000 giorni è l’età media mondiale degli esseri umani, settantun anni, che in termini di giorni suona diversa, rivela fragilità e diventa quasi un’emergenza: avere i giorni contati dà più valore a ogni cosa. A seguire troviamo Ci abbracciamo, brano dal titolo più evocativo del momento, che prende vita l’idea delle canzoni come richiami per gli esseri umani, forti grida alla libertà e all’amore in tutte le sue forme. Amate e fate quello che volete, uno dei versi chiave di questa poesia in musica, richiama il proposito di Sant’Agostino. Città aperta è una dichiarazione, ci sarò sempre per te attraverso le ere cosmiche da una vita all’altra infrangendo leggi fisiche. La title track si presenta, invece, come una fotografia attualissima ed estremamente chiara della nostra attuale situazione. Al suo interno si mischia l’Italia di varie epoche quella dei partigiani descritti da Fenoglio che corrono tra gli spari giù dalla montagna senza divisa e quella dei rider che corrono in bicicletta tra le macchine in missione per una multinazionale. All’interno di questo Paesaggio dopo la battaglia, Mezza nuda è il capitolo emotivo e ha il compito di ridare la giusta proporzione agli esseri umani. Questo brano è un romanzo di formazione che rivive una storia d’amore dai sedili di un treno interregionale per Milano e va a sfidare le dinamiche e lo stile di vita di una grande e caotica città, che sa offrire opportunità come nessun’altra ma anche mettere a dura prova legami e rapporti. Due animali in una stanza è un grande e ininterrotto sospiro. Due animali in una stanza è una canzone d’amore anomala perché è pieno di canzoni che parlano dell’inizio di un amore o della sua fine ma questa ci racconta della sua durata, tutta la parte in mezzo che di solito non viene cantata. Adriatico è un’ode all’omonimo mare visto come spazio poetico, un inno alla bassa marea e alle acque torbide, dove si può camminare centinaia di metri con l’acqua alle caviglie senza scorgere il fondo, un canto popolare per i lidi anni Sessanta, con i bar sulle spiagge e le distese di ombrelloni. Le sonorità sono quelle tipiche della banda di paese, fiati e percussioni in chiave tradizionale danno un’impronta eroica e leggendaria al brano. I cori e il clarinetto degli Extraliscio, tra cui Moreno il Biondo arrangiatore e capo banda da sempre dell’Orchestra di Casadei, si aprono maestosamente nel finale del pezzo rendendolo un inno profondo e liberatorio. Il protagonista di Luna crescente è partito per cercare qualcosa che non sa se troverà, qualcosa che risale a un passato che non smette di ardere, ha semplicemente fiducia nell’universo e gli va incontro. Chitarra nera è il primo estratto dal disco ed è un brano importante, un flusso di pensiero sereno e allo stesso tempo lancinante, che non rispetta nessuna regola musicale o di metrica, scritto senza pensare alla forma che dovrebbero avere le canzoni. L’ascolto si chiude con Il sentiero degli dei, l’ultima traccia del disco e l’unica in cui Vasco decide di suonare la chitarra acustica, pura e grezza, non addolcita. Il brano prende per mano l’ascoltatore e con l’ultimo verso ricorda la provvisorietà dell’uomo rispetto all’universo: siamo solo due forme di vita nel terzo pianeta del sistema solare.

Ecco cosa ci ha raccontato Vasco Brondi in occasione della presentazione del disco: Parlare di questo mio nuovo lavoro mi ha permesso di capire meglio e a posteriori tante decisioni che ho preso rispetto alle canzoni che ho scritto. Paesaggio dopo la battaglia è un buon contenitore per tutti gli altri brani e racchiude battaglie intime, collettive e universali. La foto di copertina rappresenta la capacità umana di risorgere nel momento in cui ci si mette d’impegno ed è anche la metafora dell’Italia, capace di uscire dall’apocalisse scollandosi la giacca e tirando dritta. Mi sono reso conto che la copertina fosse importante perché mi riportava al punto di partenza: il primo brano Chitarra Nera è uscito fuori dopo due anni che non scrivevo più niente. Sono tornato per raccontare il cerchio e continuarlo, non è una chiusura.

Video: Chitarra Nera

Mi sono accorto che la mia battaglia è stata proprio quella di scrivere il disco: un percorso fatto di allontanamento e inversione sfociato in una illuminazione: siamo qui per rivelarci e non per nasconderci. Questo è il mantra del disco. Chitarra nera segue un filo di verità che mi è servito per esprimermi e liberarmi. Questo è un disco in cui esco con il mio nome per la prima volta e ho reagito circondandomi di persone. Tra tutti mi sono confrontato con Mauro Refosco ed è stata un’esperienza forte, importante, travolgente. Mi sono accorto che fosse indispensabile seguire la mia direzione, senza sentirmi in obbligo di subire. Ho seguito la possibile di essere autentico, ho iniziato a scrivere un po’ prima del lockdown, poi la scrittura ha preso una eco importante durante la pandemia. Il tema del disco è rimettere gli esseri umani nella giusta proporzione rispetto al resto; da dominatori dell’universo, la pandemia ci ha ridimensionato e non poco.

Il processo di scrittura non è mai stato forzato, ho atteso che uscisse fuori la necessità di farlo, ho rispettato il tempo del silenzio e della riflessione, sì ci ho messo 4 anni, un tempo fuori luogo e controproducente ma questo era l’unico modo possibile per esprimermi. Ci vuole una certa fede per mettersi in cerca, guardarsi dentro e attorno e cercare di evolversi.

Chitarra nera mi ha fatto iniziare a scrivere il disco. Negli ultimi tre anni mi sono ripreso la musica e la scrittura come mio intimo strumento, questo mi metteva in soggezione rispetto al pensiero che questa musica sarebbe stata condivisa proprio perché si tratta di uno strumento di conoscenza di me stesso ma anche di conoscenza dell’esterno. L’ambizione espansionistica non mi corrisponde, la musica è il mio anticorpo, rafforza il sistema immunitario dell’anima. In base a questo presupposto ho iniziato a concepire la musica in modo verticale, ne ho studiata tanta, principalmente quella che non è fatta per essere venduta, bensì pensata per altri momenti della vita umana. Questo mi ha fatto capire di non sottovalutare il mistero che c’è dentro le canzoni e mi ha fatto riacquisire fiducia attraverso un meccanismo che non riesco a tradurre razionalmente. Per me è importante che nelle canzoni ci sia il soffio della vita, le canzoni sono fatte di dettagli che si contraddicono, questo è quello che siamo tutti noi: dei grandi cortocircuiti. Siamo governati dalle stesse leggi che governano la natura, non siamo macchine.

Vasco Brondi

Vasco Brondi

Nell’uscire dalla città, ho ritrovato la necessità di scrivere, ho un file da centinaia di pagine in cui mi sono ripromesso che qualunque cosa uscirà, resterà per me. Mi autoproduco da sempre, faccio questo lavoro a contatto diretto, ci sono cose che non sono accettate come la timidezza, il distacco e la riservatezza, questi sono temi di riflessione costante per me. Non ho il controllo totale delle canzoni, temevo di scrivere per l’attualità ma non potevo ignorare qualcosa che ci toccava da vicino. Le canzoni non devono essere documenti storici ma lirici, credo che in ogni canzone ci sia la scintilla dell’eternità, la possibilità di trascendere e di andare nel profondo, di togliere la polvere ai giorni. Uso questo mezzo per custodire il fuoco, per aprirmo e non difendermi dagli altri, questa battaglia mi dà coraggio e tranquillità e fa passare la paura di esporsi. Quest’estate sarà rocambolesca, ci ritroveremo in luoghi intimi e cercerò di sfruttarli per guardare le persone negli occhi, sarà tutto in itinere ma spero di arrivare un po’ ovunque con un concerto minimale che ci permetterà di ritrovarci tutto nello stesso momento e nello stesso luogo.

 Raffaella Sbrescia

Video: Ci Abbracciamo

È per il suo interesse per il mondo e per gli esseri umani e la sua profonda sensibilità, che Vasco, cantautore, musicista e scrittore, sarà protagonista di una serie di prestigiosi incontri organizzati presso alcuni importanti Atenei italiani con antropologi, filosofi, filologi, psicologi e scrittori. Questi dialoghi saranno anche occasione per presentare il suo nuovo progetto PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA e svelarne retroscena e processi compositivi, aprendosi al confronto con docenti e nuove generazioni.

I primi cinque incontri di questa serie di appuntamenti, che continuerà fino alla fine dell’anno, sono:

10.05 – Università Statale di Milano Dipartimento di Filosofia dialogo con il Prof. Andrea Borghini 11.05 – Università degli Studi di Napoli Federico II Dipartimento di Studi Umanistici dialogo con la Prof.ssa Fortuna Procentese

14.05 – Università di Siena Dipartimento di Filologia e Critica delle letterature antiche e moderne dialogo con il Prof. Claudio Lagomarsini

18.05 – Università degli Studi di Trento Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dialogo con il Prof. Nicola De Pisapia

25.05 – Università di Bologna Dipartimento di Filosofia e Comunicazione e Dipartimento di Scienze per la Qualità della Vita dialogo con i Prof. Stefano Marino e Lucio Spaziante

Il NUOVO TOUR, organizzato da IMARTS International Music & Arts in collaborazione con Gibilterra Management, vedrà Vasco esibirsi in alcuni degli scenari più suggestivi e incantevoli d’Italia.

Queste le prime date annunciate, info e biglietti a breve vascobrondi.it:

28 GIUGNO – ESTATE SFORZESCA 2021 CASTELLO SFORZESCO, MILANO (MI)

30 GIUGNO – ESTATE FIESOLANA TEATRO ROMANO, FIESOLE (FI)

13 LUGLIO – SEQUOIE MUSIC PARK PARCO CASERME ROSSE, BOLOGNA (BO)

16 LUGLIO – FLOWERS FESTIVAL COLLEGNO (TO)

18 LUGLIO – FESTIVAL ESTATE AL CASTELLO VILLAFRANCA NON SI ARRENDE 2021 CASTELLO SCALIGERO, VILLAFRANCA DI VERONA (VE)

21 LUGLIO – VILLA OLMO FESTIVAL COMO (CO)

30 LUGLIO – TENER-A-MENTE FESTIVAL sezione “INDIECATIVAMENTE” VITTORIALE DEGLI ITALIANI, GARDONE RIVIERA (BS)

Semplice: l’epifania di Motta e il punto di approdo nel terzo disco del cantautore

Esce su etichetta Sugar, “Semplice”, il nuovo album di  Motta. Un disco che fin dalla traccia di apertura palesa l’ urgenza di Motta di crescere sia come persona, sia come artista, semplicemente accettandosi e riappacificandosi con le proprie contraddizioni attraverso un processo di semplificazione e di ritorno alle cose semplici. Per il suo nuovo disco Motta riparte dall’attenzione nei confronti delle piccole cose, dall’importanza di ogni attimo vissuto, dalla quotidianità in quanto dimensione che sfugge, ma sempre presente e fondamentale per quel che sarà. Il suo volto non compare in copertina: siamo a una sintesi che è in sé una nuova fase in cui l’autore compie un passo indietro per lasciare che a parlare siano le canzoni, parole e musica che cogliendo stati d’animo, emozioni, immagini fugaci, più che raccontare una storia tratteggiano un’interiorità che dialoga con se stessa e riflette sulle proprie incongruenze per accoglierle in un abbraccio.

Motta ph Claudia Pajewski

Motta ph Claudia Pajewski

Musicalmente “Semplice”, prodotto dallo stesso Motta, nel suo studio di Roma, insieme a Taketo Gohara, è un disco suonato, energico e potente dietro al quale c’è stato un grande lavoro di produzione volto ad ottenere un suono stratificato, pieno e di respiro internazionale, con una grande cura per i dettagli e un modo originale di arrangiare attraverso gli archi curati da Carmine Iuvone.. Una produzione articolata nella quale emerge chiara, semplice ed in primo piano, la voce e che, rispetto ai due lavori precedenti, rispecchia la volontà di avvicinare sound e arrangiamenti alla dimensione live intesa come fondante. Tra i musicisti coinvolti, molto presenti nella registrazione, il percussionista brasiliano Mauro Refosco (David Byrne , Red Hot Chili Peppers, Atom For Peace,…) e il bassista Bobby Wooten (David Byrne) che han lavorato con Motta da remoto da New York.

Ecco cosa ci ha raccontato Motta in occasione della presentazione del disco:

“Semplice” è un lavoro iniziato a partire da 3 anni fa. Ci sono alcune canzoni che ho scritto mentre stavo scrivendo “Dov’è l’Italia”. Per la prima volta ho avuto tanto tempo per stare dietro a queste canzoni. Ci sono brani nati prima della pandemia che non hanno proprio retto il colpo. “Qualcosa di normale”, invece, pur essendo nata prima della pandemia, ha acquisito importanza con le vicende che sono successe dopo. Altre canzoni non ce l’hanno fatta non perché non fossero legate alla realtà ma perché c’è stato un acceleratore che mi ha portato a vedere e a scremare gli errori.

A gennaio 2020 sono andato a New York a vedere un concerto di David Byrne, l’ultimo suo progetto è stato una cosa incredibile. L’ ho reincontrato Mauro Refosco con cui avevo lavorato in “Vivere o morire”. Mi ero ripromesso di fare una jam session in studio con lui e Bobby Wooten.

Questo non è successo ma ha portato a un’organizzazione del disco di cui sono particolarmente contento. Con Mauro alla fine ho lavorato a distanza ma su tutte le canzoni, ci sono produzioni di elettronica e abbiamo avuto tempo di lavorare con il violoncellista Carmine Iuvone. Una delle prima cose che avevo in mente era proprio trovare un modo di concepire gli archi in un modo diverso da quanto fatto prima. Nel live del tour con Les Filles de Illighadad ci siamo trovati a fare rock con il violoncello, per questo abbiamo creato un modo di interagire che in questo disco ho voluto sviluppare con tutto il quartetto. Sugli arrangiamenti c’è stato tantissimo tempo dedicato, l’anno scorso ho sentito la mancanza delle persone e quindi, mentre su “Vivere o morire” mi sono sforzato per creare una situazione di vertigine, l’anno scorso la vertigine era dovuta non solo a quello che stava succedendo ma nel mio mettermi in gioco. Il lavoro in studio con la band è stato un punto focale rispetto al lavoro precedente. In questo lavoro le canzoni dal vivo e su disco si avvicinano molto ma non è un risultato facile da ottenere.

Sulla scrittura dell’album mi ha dato una mano Gino Pacifico. Per la prima volta ho continuato a lavorare con delle persone con cui avevo già lavorato, come è successo anche con Taketo Gohara. Questo ha creato una sensazione di divertimento nel fare musica da parte mia. Guardami intorno, a sto giro, non potevo davvero lamentarmi. Mi sono reso conto che sono fortunato a fare questo mestiere, a prescindere dalle pacche sulle spalle e dai live che per me sono dei festeggiamenti.

La verità è che ho fatto questo disco per me. Cito volentieri Colle Der Fomento: “Io faccio il mio e non lo faccio ne pe loro ne pe l’oro. Lo faccio solamente perché sinno me moro”. Ci sono stati dei momenti in cui mi sono chiesto perché faccio questo mestiere, ho vissuto per qualche mese in campagna e caitava che passavo davanti alla mia chitarra e a volte mi dava pure noia. Ho lavorato su me stesso, c’è stata una fase in cui non riuscivo più a stare in città perché stava diventando lo specchio di quello che non potevo fare. Io e mia moglie Carolina abbiamo vissuto dei mesi in campagna e mi sono fatto questo grande regalo di fare un percorso personale che sicuramente mi servirà. L’anno scorso ho sentito l’urgenza di far sì che ci fossero dei bei ricordi e non è stato facile. Ascoltavo poca musica nuova in quanto dal momento in cui ascolti una canzone, quella ti creerà un ricordo che ti poterai dietro. Ho quindi ascoltato musica fino al’75, a parte di il nuovo di Paul Mc Cartney, il disco di Bianconi. Per questi artisti è stato faticoso far uscire queste canzoni. L’ascoltatore era impaurito dal creare un ricordo. Per questo ho cercato queste cose altrove, solo piano piano sono tornato a riprendere il disco e a tornare con lucidità a concluderlo in un nuovo modo

Ecco perché in questo disco c’è un racconto a prescindere dal fatto che l’ascolteranno in quattro, per me è importante che ci sia un racconto. Un po’ come quando metti insieme la scaletta dei concerti: è fondamentale come inizia e come finisce. La conclusione del disco è molto nera, quello tribale è un mondo che sto esplorando e mi piace pensare che il prossimo disco ripartirà da lì. Sono veramente convinto che una traccia strumentale possa avere un racconto. “Quando guardiamo una rosa” l’ho scritta insieme a Dario Brunori con cui mi sono trovato benissimo. Siamo amici ma non avevamo mai lavorato insieme. Avevo il sogno di trovare un altro punto di vista. Dal mio canto sentivo l’urgenza di raccontare un periodo nero collettivo. Ho pensato che forse non c’erano le parole giuste per raccontarlo, perciò ho preferito il suono prendendo come esempio il Bolero di Ravel.

“Semplice” è nato come un cercare di arrivare all’essenziale ma non è minimale,anzi è molto corposo. La cosa più difficile da fare è stata andare ad eliminare il superfluo, cercare di concentrarsi sulle cose importanti. Questo lavoro alla fine mi ha fatto sentire contento del risultato ottenuto. Ci sono tante canzoni in cui accetto di dire che va tutto bene e non me ne vergogno. Sono molto attaccato alla cose che mi fanno stare bene, non sono tantissime ma ho finalmente capito quali sono.

Nel brano “Qualcosa di normale” canto con mia sorella Alice. Volevo che ci fosse accanto a me una persona scelta nel profondo. Questa cosa implica che a seconda di come e con chi canti, i significanti cambiano significato. La canzone ha cambiato volto e significato cantandola con lei.

MOTTA_ph claudia pajewski

MOTTA_ph claudia pajewski

Al titolo del disco, invece, sono arrivato alla fine. Mi sono accorto che la semplicità era il focus. Mi sono letto le lezioni di Calvino sulla leggerezza e ho capito che quello che ho sempre cercato di dire è che la leggerezza è una conquista, non un punto di partenza. Rispetto alle altre volte, sono partito concentrandomi sugli arrangiamenti e sulla musica. I testi sono stati faticosi come al solito ma mi sono sentito più libero nel processo. Prima avevo molta paura di fermarmi, nei due lavori precedenti c’era paura del tempo, ero legato al passato e mi giudicavo molto. Non capivo perché esistevano tante contraddizioni nelle cose che avevo fatto, adesso invece per la prima volta le accetto. Nel momento in cui rimani fermo a pensare, riesci a realizzare come stai, durante questo processo mi sono preso un momento per immaginarmi un futuro, per capire dove volessi andare, per accettare di essere presente in una città. Prima mettevo sempre la provincia nelle canzoni, mi sono accorto che Trastevere ha tante cose in comune con Pisa e finalmente ho preso coscienza del fatto che Roma sia la mia città. Prima c’era la sensazione di essere stato adottato, ad un certo punto, dopo dieci anni, mi sono resto conto che questa è la mia città. Non sono molto attaccato alla Toscana, anche nel brano “Qualcosa di normale” mai avrei pensato di usare la parola sanpietrini. In questo ha inciso avere uno studio di registrazione a Trastevere. In Via Ettore Giovenale avevo uno studio molto piccolo e tante percussioni, poi c’è stato il passaggio a Torpignattara. Ora questo studio mi ha permesso di dividere meglio la vita personale da quella artistica e riesco a far pesare di meno al mondo che mi circonda il fatto che io stia scrivendo un disco. Da questo punto di vista sono migliorato, più sopportabile e credo che anche musicalmente si senta molto che ci sia un luogo esterno che è diventato il mio centro focale.

Video: E poi finisco per amarti

Pensando al discorso dei live, egoisticamente dico che tutto ripartirà da noi, mi guarderò a destra e a sinistra, vedrò la mia band e tutto partirà da un sorriso. Questo non significa che ci si debba nascondere per forza dietro a un sorriso, penserò tanto alle persone che hanno lavorato con me e non avranno la fortuna di salire sul palco perché fanno un altro mestiere. Mi sento fortunato perciò farò un sorriso a metà, è tanto tempo che non vedo la gente, deve partire tutto da un grande senso di responsabilità. Le condizioni sono quelle che sono, ci saranno posti limitati ma ho deciso che andrò a presentare il disco con la band a prescindere. Non è stato facile mettere insieme il tour con tutta una produzione, magari non ci saranno tante luci ma era importante andare in giro con i musicisti. Avere iniziato a 18 anni e non avere posti per suonare, suonando per strada e cercare di avere sempre un modo di fare questo mestiere a ogni costo, mi ha aiutato. Non sarà facile ma senza il palco, muoio; quindi ci sarò.

Raffaella Sbrescia

Motta tornerà questa estate dal vivo con un tour estivo a supporto del nuovo lavoro discografico. I primi due concerti, annunciati oggi, faranno parte del tour estivo e saranno il 21 luglio a MILANO al CARROPONTE e il 10 settembre a ROMA all’AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA. Organizzato da Locusta Booking, i biglietti per i concerti sono disponibili in prevendita da oggi su www.mottasonoio.com.

Questa la tracklist del disco:

A te

E poi finisco per amarti

Via della Luce

Qualcosa di Normale

Quello che non so di te

Semplice

Le regole del gioco

L’estate d’autunno

Dall’altra parte del tempo

Quando guardiamo una rosa

Speciale Ritratti di Note danzanti: intervista a Rosa Di Grazia

Per lo speciale “Ritratti di Note Danzanti”, abbiamo incontrato Rosa Di Grazia, Ballerina di “Amici 20″.

Rosa partiamo dall’esperienza di “Amici”. Quale è stato il momento più bello e cosa ti ha lasciato?

E’ stata una esperienza bellissima, indimenticabile, mi ha lasciato un bagaglio ricco di emozioni e di insegnamenti che mi serviranno per il futuro, e che porterò sempre con me. Per quanto riguarda il momento più bello, partiamo dall’ingresso nella scuola, perchè si è realizzato uno dei sogni nel cassetto, ed è stata un’emozione unica. Poi ci sono stati altri momenti bellissimi, come la Premiazione del Premio Tim deciso da Pippo Baudo, la conquista della maglia del serale. Non c’è stato un momento preciso migliore dell’altro. Tutto il percorso è stato bello e significativo.

Rosa Di Grazia

Rosa Di Grazia

Questa avventura ti ha cambiata? Se sì, in che cosa?

Cambiata no, però sicuramente mi ha migliorata, mi ha fatto crescere personalmente e artisticamente.
Sulla danza mi sento molto cresciuta; ho sicuramente delle cosa da migliorare e non finirà qui. Umanamente ho scoperto lati di me che nemmeno credevo di possedere. Sarò sempre grata a questa esperienza.

Come ti sei avvicinata a questa magnifica disciplina che è la danza, che richiede anche molto rigore e sacrificio?

Mi sono avvicinata alla danza all’età di cinque anni, anche se, come dico sempre io, ballavo già da quando ero nella pancia di mia madre. E’ una passione che mi ha trasmesso mia zia. Tutto è iniziato ballando su canzoni neomelodiche napoletane (ride n.d.r.); da lì non ho mai smesso di danzare, e anche quando ho cambiato più volte città, la prima cosa che facevo era iscrivermi alla scuola di danza più vicina. Ho avuto un passato travagliato, ho viaggiato, mi sono spostata tanto, ma, ovunque fossi, ho cercato sempre una scuola nella quale danzare.

Nelle prime puntate del Talent, hai omaggiato la Maestra Cuccarini con un bellissimo Medley dedicato alle sue carriera. Quale è stato il consiglio più prezioso che ti ha dato?

Il consiglio più prezioso che mi ha dato la Maestra Lorella era contenuto in una sua lettera destinata a me, e fattami recapitare durante una delle puntate.
Quello che mi ha sempre detto, fin dal primo giorno, è di “avere sempre fame”, di essere determinata, di lavorare a testa bassa, di rispondere a qualsiasi critica e giudizio con il lavoro e di andare avanti sempre con umiltà e sacrificio. Ogni consiglio di Lorella Cuccarini è stato prezioso.

Rosa e la musica. Cosa ti piace ascoltare?

Ascolto un po’ tutta la musica in generale. Se devo scegliere un artista in particolare dico Tiziano Ferro perchè amo follemente la sua voce. Per il resto ascolto anche artiste come Emma, Alessandra Amoroso, e nell’ultimo periodo, ovviamente, le canzoni di tutti i cantanti di Amici. Avendo trascorso cinque mesi in Casetta, non ho ascoltato altro che i loro inediti.

Rosa non faccio mai domande sulla vita personale o che vogliano fare Gossip, ma come puoi immaginare tutti i tuoi Fans sono a conoscenza del legame con Deddy (Cantante n.d.r.). C’è una domanda simpatica da parte loro, cosa hai pensato la prima volta che hai visto Deddy?

Come ho già raccontato diverse volte, il rapporto con Deddy non è stato da subito tutto rose e fiori. Il nostro percorso è cominciato in maniera diversa all’interno della scuola. Lui è entrato due settimane dopo di me con una busta di sfida, dicendo che avrebbe dovuto sfidare uno dei ragazzi già presenti nella scuola. La prima cosa che ho pensato è stata: “Questo chi è?… Che ci fa qui?… Chi deve sfidare e mandare via?… (ride n.d.r.). Il primo approccio non è stato proprio positivo, ci eravamo anche un po’ antipatici; poi a mano a mano, conoscendoci più a fondo, dall’antipatia è sbocciato l’amore.

Una frase o una parola che ti rispecchia in pieno?

La frase che mi rispecchia di più è “Non mollare mai”; la parola è “cazzimma” (per chi non è napoletano, questa parola indica un misto tra determinazione e forza resiliente)

Cosa provi quando balli?

Bellissima domanda. Beh, è difficile da spiegare a parole, anche perchè, almeno io, quando ballo, provo un mix di sensazioni ed emozioni, e mi lascio totalmente trasportare dalla musica. Ballo condividendo quello che ho dentro, cercando di esprimerlo con il mio corpo; è tutto un racconto messo insieme, che cerco di condividere con chi mi sta guardando. E’ una sensazione bellissima…

C’è un ricordo dell’infanzia al quale sei particolarmente legata?

Ho avuto una infanzia non facile. Uno dei ricordi più belli è quando si è riunita di nuovo tutta la mia famiglia, il mio nucleo familiare.

Ti leggo due messaggi arrivati per te.

“Rosa ti vogliamo bene, siamo tutti con te”, inviato dal Gruppo “Le Nipotine Migliori”. Il secondo messaggio è
“Non vediamo l’ora di vederti di nuovo ballare più forte di prima. Ti aspettavi tutto questo affetto dei Fans nei tuoi confronti?

Assolutamente non me l’aspettavo, ed è riduttivo dire a tutti i Fans un semplice Grazie. Sono grata a tutti per questo immenso affetto e amore, e spero un giorno di incontrare tutte le persone che hanno creduto in me e mi hanno sempre sostenuto, per poterle guardare negli occhi ed esprimere la mia gratitudine nei loro confronti. Durante il percorso ad Amici ho ricevuto anche delle critiche, ed è stato bello scoprire, dopo l’uscita dalla scuola, che queste persone sono andate oltre e alcune si sono ricredute. Mi fa piacere anche che per alcune persone io possa essere un esempio positivo a cui ispirarsi. Ringrazierò per sempre tutti.

Rosa tra i progetti futuri c’è anche l’insegnamento della danza?

Sì, non è escluso, anche se sono dell’idea che devo prima migliorarmi, devo prima arricchire il mio bagaglio di conoscenze, per poi poterlo trasmettere a chi vuole inseguire questo sogno e a chi vuole intraprendere quest’arte, donando quello che ho imparato io…

Un’ultima domanda, con risposta secca. L’inedito di Deddy che ami di più?

Zero Passi…

Giuliana Galasso

Ritratti di note danzanti. Intervista a Tommaso Stanzani: “una stoffa pregiata” con tante novità che bollono in pentola

Ritratti di Note sta incontrando tutti i cantautori di “Amici 20″. Vista la grande quantità di mail e messaggi arrivati in redazione abbiamo deciso di inaugurare lo speciale “Ritratti di Note Danzanti”, con le interviste dedicate ai ballerini di questa edizione del noto Talent.
Il primo ballerino che abbiamo intervistato è Tommaso Stanzani.

Tommaso Stanzani

Tommaso Stanzani

Tommaso partiamo proprio da “Amici”. Ripercorriamo insieme questa bellissima avventura. So che hai vissuto tanti bei momenti...

Sì, di momenti belli ne ho vissuti tanti, da quando sono entrato nella scuola, all’assegnazione della maglia e del mio banco, fino a quando sono uscito. L’uscita dalla scuola è stato un momento triste ma anche quello lo considero un momento importante, perchè è stata la degna conclusione di un percorso che mi porterò nel cuore per tutta la vita.

A proposito dell’uscita, tutti i ragazzi hanno pianto (insieme al pubblico a casa n.d.r.). Credo che tu abbia davvero stretto un legame speciale con tutti in Casetta

Sì, credo di avere costruito un bel rapporto con tutti. Poi è ovvio che con qualcuno ho scherzato di più, con qualcun altro invece mi sono trovato di più nel confidarmi e parlare di cose personali, però tutti mi hanno lasciato qualcosa, e spero anche io di aver lasciato loro qualcosa.

Ritratti di Note è un Blog che si occupa di musica. Quali sono i tuoi artisti preferiti, e quale genere musicale ascolti di più?

Beh, di solito ascolto di tutto. ad “Amici” i ragazzi cantanti mi hanno fatto anche conoscere e apprezzare generi musicali che magari prima non mi facevano impazzire. Mi piace un pò di tutto, e sono particolarmente proiettato verso la musica americana. Adoro Sam Smith, Beyoncè, ma anche la musica italiana ha per me un suo fascino.

Tommaso, da ex pattinatore, sai pattinare benissimo. Sai ballare, sai fare le imitazioni. Come te la cavi con il canto?

Allora, io dico sempre che sono stonato, però in Casetta mi dicevano che ero abbastanza intonato; non è che canto, lo faccio sotto la doccia, e non credo che questa cosa si possa classificare con il saper cantare… (ride n.d.r.)

C’è una esibizione ad “Amici” che ti è piaciuta particolarmente?

A livello emotivo, sono legato a tutte le esibizioni. Tutte le coreografie sono servite per il mio percorso di crescita; c’è una coreografia della Maestra Alessandra Celentano che mi è rimasta un pò di più, ed è “Art of Glass”. Sin dal primo momento in cui l’ho vista mi ha emozionato tanto, non so se per la musica o per l’esecuzione; di sicuro è una coreografia che mi ricorderò.

A proposito della Maestra Celentano che ha creduto tanto in te, quale è stato il consiglio per il futuro più prezioso che ti ha dato?

In verità la Maestra Celentano mi ha lasciato tantissimi insegnamenti, per il Tommaso ballerino e per il Tommaso persona.
Una delle cose che mi ha detto, e che ricordo sempre, è stato all’inizio, quando sono entrato. Mi ha paragonato ad un tessuto e mi ha detto “Tu sei una stoffa, ma io non mi accontento di una stoffa qualsiasi, voglio una stoffa pregiata. Questo mi ha fatto capire quanto sia importante prestare attenzione ai piccoli dettagli che possono modificare una coreografia. Da certi passaggi si capisce che tipo di ballerino sei, non conta solo un salto o un giro. Questo me lo ricorderò per sempre.

Da questo momento ti rivolgo un pò di domande dei Fans. Film preferito?

Film preferito Inception. E’ molto particolare. L’ho visto tre volte prima di capirlo per bene, però mi piace davvero tanto.

L’anello che porti all’indice ha un significato particolare?

Sì, è un anello che ho avuto in dono, ma che ho scelto io. Dentro c’è incisa una frase particolare “It’s time to have only good vibes”.
Io credo tanto nelle energie positive, nelle good vibes, nelle vibrazioni buone. Questo anello mi ha accompagnato in tutto il percorso.

La materia che temi di più per la Maturità?

Inglese. Ho una pronuncia pessima e devo rispolverare i vecchi appunti.

C’è una canzone sulla quale ti piacerebbe costruire una tua coreografia?

Ora sono in fissa con la canzone di Madame “Voce”. Mi piacerebbe costruire qualcosa su questa canzone

Oltre alla danza, quali sono le tue passioni?

Mi piace recitare. Oltre alla danza, ho seguito in passato anche dei corsi di recitazione. E poi amo gli animali. Con alcuni amici danzatori supporto un canile; aiuto amici a quattro zampe a trovare casa.

Come si vede Tommaso tra dieci anni?

Tra dieci anni avrò ventinove anni. Sarò ancora giovane; a parte gli scherzi, spero tra dieci anni di ballare ancora, e di essere felice.

Molti fans hanno chiesto del tuo rapporto con Leonardo Lamacchia all’interno della casa. Io vi trovo davvero simili nella sensibilità che mettete nella vostra arte…

Concordo con questa tua osservazione. E Leonardo mi ha aiutato a capire questa sensibilità nella danza. Ho trovato molto affascinante il modo in cui lui si è rapportato ai brani che gli venivano assegnati e ho cercato di riportare anche io questa cosa nella danza. Per me è stato come un fratello maggiore, un’ancora. Sapeva sempre cosa dirmi per non farmi abbattere. Ho grandissima stima di lui come artista e come persona.

Un pensiero per le Pagine Dedicate e i Fans che ti seguono con affetto ogni giorno. Tutti dicono delle cose bellissime di te…

Ringrazio tutti tantissimo. Prometto che quando avrò tempo leggerò post, messaggi e mail con attenzione.
Una delle cose più belle di questo percorso è stata scoprire l’affetto del pubblico. Tutte le pagine sono fantastiche, e poi ci sono delle cose davvero divertenti. Sono davvero bravi. Anche su Twitter stanno scrivendo dei meme divertentissimi. Non potrei esserne più felice.

Il primo progetto a cui stai lavorando dopo “Amici”?

Il progetto a cui sto lavorando adesso è la partecipazione nel video del nuovo singolo di Arisa. Questa proposta mi ha reso felicissimo. A Settembre dovrei cominciare un corso di perfezionamento per la danza, e poi ci sono altre novità che bollono in pentola, ma non ne parlo ancora perchè sono scaramantico…

Giuliana Galasso

Achille Lauro presenta “Lauro”: Il mio disco è spontaneo, irriverente e tormentato

Achille Lauro pubblica LAURO il sesto album di inediti in uscita oggi per Elektra Records/Warner Music Italy. Questo suo lavoro parla al mondo degli irrisolti, dei fuori rotta, dei falliti e fagocita vite, storie d’amore, riflessioni sul bene, sul male e ciò che sta nel mezzo. Ogni lettera del suo nome identifica un genere musicale mentre i testi danno voce a un vorticoso tormento interiore. L’immaginario estetico dipinge i tratti di una generazione fuori controllo, che non trova risposte nella violenza bensì nel desiderio di voler essere di più, di volersi superare, di raggiungere l’obiettivo velocemente e bene.

Achille Lauro

Achille Lauro

“Lauro”, title track dell’album, ripercorre le fasi della carriera dell’artista, citando alcuni dei momenti topici della sua storia. Specchietto del suo percorso accelerato, la traccia racconta come, nonostante tutti i cambiamenti che la musica ha comportato, Lauro sia rimasto legato alle sue origini e al suo vecchio mondo. “Noi siamo la nuova Generazione X. Non crediamo nella chiesa, nei genitori, nell’arte. Figli dei fiori del male, artisti del niente. Cristo ha smesso di porgerci la guancia. Ma a noi, esattamente come chi era venuto prima, sta bene così”, spiega Lauro nella scheda album, “Generazione X è un pezzo punk, fuori da qualsiasi schema discografico e legge di mercato. Si rifà al mondo degli irrisolti, dei fuori rotta, dei falliti. Siamo noi la nuova religione, la religione dell’irriverenza”.

Intervista:

“Sono una persona che scrive tanto. Quando ho qualcosa da dire, la dico e quando ho qualcosa da dare la do. Mi sono ritrovato con un centinaio di brani scritti scritti in maniera spontanea. Non scrivo solo canzoni, molte frasi le trovate anche nel libro uscito a inizio 2020. Sono riflessioni su di me, ogni sensazione fa parte di un tutto. Guardo al passato con malinconia, guardo al futuro da sognatore, sono spinto a scrivere e a immaginare quello che non c’è. Vi chiedo di avere cura di queste undici facce di me. Non mi interessa che le persone si rispecchino in ciò che scrivo ma voglio che sia preso per quello che è e che se ne abbia rispetto. Mi sono chiesto se il mio personaggio possa sovrastare il mio fare musica ma in quel caso sarei rimasto nella mia comfort zone, non avrei cambiato genere e non avrei sfruttato Sanremo per fare uno show nello show, non avrei pubblicato dischi side. Io porto avanti dei progetti artistici, dovrei quindi fare successo eliminando chi sono? Io sono questo e continuo a fare questo. Le persone che lavorano con me mi danno fiducia, le ho selezionate negli anni in base alla passione mostrata per il proprio lavoro. Non mi piace chiamare arte ciò che facciamo, siamo artigiani e lavoriamo concependo il fallimento come una possibilità. Quelli che hanno criticato le mie performance a Sanremo dicendo che eravamo sul palco a caso dovrebbero trascorrere sette giorni con me e il mio staff per capire quanto lavoro c’è dietro.

Quando scrivo non è mai nulla a caso, è difficile far capire i sottostrati di quello che c’è sotto ma sono felice di sapere che un po’ per volta sto riuscendo a farlo capire a un po’ più di persone. Anche il disco si divide in due macro aree: una parte più introspettiva che descrive le tempeste dentro di noi, e nello specifico la mia, che vivo in uno stato di tormento perenne. Sono figlio di gente onesta, mio padre ha fatto il professore universitario tutta la vita e non c’era appoggio economico. Forse la mia voglia di arrivare viene dal un lato caratteriale tipico di un sognatore punk rock grunge che ha investito in tutto quello che aveva a disposizione.

In “Generazione X” fotografo la mia generazione, non ho fatto un percorso scolastico ordinario. Amo sapere, amo conoscere e mi sono accorto che la mia generazione sia molto simile a quella del ‘60 e dell’80: non si crede nella Chiesa, nel matrimonio, in se stessi. Non sanno chi vorrebbero essere, vivono oggi e basta e non capiscono né chi vogliono essere né lavorarci su. In “Femmina” mi dissocio dal maschio che si nasconde pericolosamente dietro la virilità, che fa finta di niente e che vuole essere uomo ad ogni costo. Nella periferia da dove vengo, le persone non sono istruite al rispetto della figura femminile. Sono allergico a quel mondo lì, ho avuto la fortuna di capire presto chi volessi diventare e chi non volevo essere. Non rinnego nulla di chi sono stato e di dove sono cresciuto. A volte a Roma la gente vive un senso di abbandono, questa città decadente regala tanto e fa sì che tanti artisti riescano a veicolare queste emozioni nei loro brani. Ringrazio la periferia e la mia città, senza non sarei chi sono oggi. Rifarei tutto e non scambierei nulla con nient’altro.

Video: Marilù

Mi sento molto vicino alla difesa dei diritti umani in generale. Se vogliamo immaginare un futuro, è doveroso operare un cambiamento, siamo in un momento di transizione e imprigionare le persone dentro dei recinti, significa privarci della novità, di un futuro nuovo. Se non partiamo dai diritti umani, da dove vogliamo partire? Siamo figli di stereotipi pericolosi, se questi sono i presupposti non abbiamo imparato un bel niente.
Nel mio piccolo, faccio parte di una generazione in continua ricerca. Il tormento interiore si attenua quando finisco una canzone che, l’attimo dopo diventa già vecchia. Questa continua ossessione per quel qualcosa in più permane, vivo cercando di costruire qualcosa di immaginato e in funzione di quello che voglio sia il mio futuro. Di momenti per me ce ne sono pochi, niente nasce dal niente, io sono il frullato di quello che sono stato. Le canzoni mi fanno tornare esattamente al momento in cui sono state scritte, fanno parte di miei momenti molto personali ed è forse per questo che definisco questo come il mio ultimo disco; ho bisogno di vivere. Nonostante io abbia già 30/40 pezzi molto a fuoco, voglio prima vivere e poi ritornare su quello che faccio per dare veramente me stesso”.

Raffaella Sbrescia

Intervista ai Coma_Cose: in “Nostralgia” promettiamo a noi stessi di mantenerci integri, coerenti, puri e ispirati

NOSTRALGIA è il nuovo album dei Coma_Cose in uscita per Asian Fake/Sony Music. Nuove canzoni per uscire da un tempo sospeso con rinnovate consapevolezze. Ogni nota è una pagina e ogni canzone un capitolo della storia di rivalsa di Francesca e Fausto; una storia che li ha visti passare dalla rassegnazione di dover rinunciare alla musica, al riuscire a renderla il centro della propria vita. La loro è una favola dai protagonisti improbabili che nel momento in cui si ritrovano a lavorare come commessi scelgono di non rinunciare alla propria fiamma, la loro passione per la musica e con un percorso umano ed artistico si sostengono l’un l’altro fino al palco dell’Ariston.

NOSTRALGIA, prodotto dai Mamakass, come Fiamme Negli Occhi e molti altri brani della band, è un viaggio alla scoperta di ambientazioni e temi nuovi, tradizionalmente assenti o trascurati dalla musica leggera. Meno spazio alla città, alla vita all’aria aperta, molto invece alla solitudine, alla periferia, all’introspezione e all’autoanalisi. Questi sei brani inediti sono l’installazione sonora cresciuta nel corso di un anno anomalo, l’occasione per fermarsi un attimo, scavare a fondo nei ricordi e nelle emozioni del passato per fissarle nel presente.

NOSTRALGIA è un punto tracciato sulla linea continua della vita, un bilancio che passa necessariamente per la parola Nostalgia -per le fasi della vita che non torneranno- e per la parola Perdono, perdonare sé stessi per lasciare andare tutto ciò è stato motivo di afflizione. L’ascolto inizia con “Mille tempeste”, track dalle atmosfere dark e a tratti psichedeliche. Francesca e Fausto sono qui testimoni e cantori di una realtà sottosopra, in attesa di un chiaro segnale di cambiamento, perché nonostante tutto rimane forte la speranza di non vivere più sospesi, sotto la volta celeste. Il racconto introspettivo di Nostralgia prosegue con “La canzone dei lupi”, scritto a quattro mani da Fausto Lama e California che, in un mondo in cui tutto si addomestica e tutto si disintegra, si difendono quella sfacciata libertà di cui solo i lupi sono fieri custodi. “Discoteche abbandonate” è invece un monologo dedicato alle cattedrali del divertimento, in cui oggi risuona una triste eco di serate non vissute e cocktail mai bevuti. “Fiamme negli occhi”, portata sul palco di Sanremo, è la piccola istantanea di una storia grandissima, d’amore e di rivalsa, quella dei Coma_Cose. La struttura di “Novantasei”poggia su un’impalcatura rock-alternative/grunge per un’annata che stravolto gli equilibri di molti. “Zombie al Carrefour” è il brano che chiude il disco ma anche un viaggio emotivamente impegnativo. Il congedo avviene con una passeggiata solitaria all’alba, tra gli scaffali che accolgono un amaro che finisce con il bis e una pastiglia che comincia con la x.

coma_cose ph Mattia Guolo

coma_cose ph Mattia Guolo

Intervista:

“Il disco si intitola “Nostralgia” perché parla di noi in modo molto intimo e racconta le nostre storie prima che ci conoscessimo. Per poter scrivere qualcosa che avesse un valore reale, siamo andati a scavare indietro nel tempo e ad analizzare la vita passata con gli occhi del presente. Questo disco si discosta dal nostro solto, le canzoni hanno un sound e un’anima che si differenzia dal passato. Siamo reduci dall’ esperienza del Festival di Sanremo, una bella deviazione dal nostro percorso. Siamo contenti di come sia andata questa avventura importante e gratificante. La canzone è stata accolta bene dal pubblico e dalle radio. Abbiamo un po’combattuto per portarla al Festival e siamo contenti che sia andata bene.

“Nostralgia” è un racconto pervaso dalla sensazione di sospensione che ha intriso la penna e l’ispirazione. Il contesto è la situazione di mezzo tra l’essere ragazzi e l’essere adulti. C’è fragilità e tanta intimità che abbiamo cercato di salvaguardare tra pensieri, pennellate e sensazioni. Anche il viaggio musicale è a sé stante mentre il file rouge è il fuoco: quello che infiamma l’infanzia che ci muove per cambiarci e metterci in gioco per costuire la vita da adulti. Il rischio è che questo fuoco possa essere in qualche modo circoscritto e si possa diventare disillusi, ecco perché in “Nostralgia” promettiamo a noi stessi di mantenerci integri, coerenti, puri e ispirati da quello che ci piace, ovvero il lato nascosto delle cose. Il brano sanremese trova una perfetta collocazione pop e solare all’interno di un quadro che racconta le fasi e le sensazioni che abbiamo vissuto nella nostra vita. Questo è un album vero e ci teniamo molto a difenderlo, ecco perché speriamo che il pubblico possa ritrovarcisi. Nel nostro lavoro ci sono dei chiaroscuri, questo è un tratto distintivo della nostra narrativa. Il nostro è un percorso fatto di cadute e risalite e questo elemento fa sempre capolino nei nostri brani. “La canzone dei lupi” racconta l’amore in un modo ancora più profondo e completo ed è forse l’unica, vera, canzone d’amore che abbiamo scritto. La più difficile da cantare è “Zombie al Carrefour”, tutte le volta che la sentiamo ci emozioniamo, ha un pathos che ci distrugge.

Video: Fiamme negli occhi

Siamo due persone molto diverse di base con opinioni contrastanti su tutto. Francesca è più impulsiva, Fausto è più riflessivo e pragmatico, queste caratteristiche ci portano a smussarci un po’ e a trovarci nel centro. Non ci piace ripeterci, né essere scontati. Del passato ci portiamo dietro tutto e niente, la scrittura del disco è un modo per mettere un punto a certe cose che abbiamo fatto per perdonarci un po’. Solitamente la mente cerca di ricordarti solo le cose belle, in realtà a noi succede di ricordare quelle brutte, la funzione del disco è quella di auto analizzarci e farci prendere coscienza del fatto che tutto ti fa crescere e serve per diventare quello che sei. Prima di una coppia, siamo una band, questo disco quindi non va a indorare la pillola, parla alla pancia e ha anche dei lati ruvidi. L’atmosfera di mezzo permea l’intero racconto e nel suo senso trova l’incertezza e il dubbio, ecco perché questo è anche un disco di passaggio. Abbiamo anche cambiato modo di cantare, abbiamo detto basta ai giochi di parole, non volevamo essere male interpretati. Ci siamo stancati di questo modo di scrivere e per questo il disco procede su altri mondi lessicali. Un’altra grande protagonista di questo lavoro è la provincia: entrambi siamo scappati ma, per quanto la si odi, la provincia alla fine rimane dentro di noi e non te la togli. Nascere in provincia è come nascere al mare. Prima o poi ci ritorni. Quest’anno non abbiamo vissuto la città e non volevamo ripeterci, siamo a Milano Sud e se passeggi dietro casa è facile ritrovarsi in un contesto simile a quello di provincia, quella che ti ricorda da dove arrivi.

Ci auguriamo che qualcuno possa approfondire la nostra conoscenza dopo aver visto il lato leggero sanremese e ricomporre il vaso Coma_Cose. Diciamo no a tante cose che non ci fanno sentire a nostro agio. Non è facile seguire questa via dove gli altri invece prendono corsie velocissime. Alla fine quando si spegne tutto e siamo noi due davanti al piatto di pasta asciutta, capiamo che stiamo facendo bene, siamo noi stessi e siamo felici. Ci vogliono nervi saldi e speriamo di mantenerli.

Per quanto riguarda i concerti dal vivo, aspettiamo risposte certe. Abbiamo una decina di date in calendario ma non abbiamo avuto ancora modo di prepararci. A breve cominceremo a mettere su lo spettacolo e, comunque vada, ci faremo trovare pronti. Possiamo suonare il disco anche in una dimensione meno festaiola perché si presta benissimo anche in una situazione più dimessa. Appena si potrà, sicuramente faremo la nostra parte”.

Raffaella Sbrescia

 

 

 

 

Intervista a Leonardo Lamacchia: “Ho tanta nuova musica da farvi ascoltare”

Abbiamo incontrato Leonardo Lamacchia, il cantautore pugliese che ha partecipato ad “Amici 20″, presentando quattro inediti che hanno avuto un grande successo: “Via Padova”, “Il Natale e l’estate”, ”Orione”, “Giganti”.

Leonardo Lamacchia

Leonardo Lamacchia

Leonardo, ascoltando le tue canzoni, ho sempre avuto la sensazione che tu vivessi sulla pelle tutte le storie che hai raccontato

Sì, è così, tutte le mie canzoni sono parti della mia vita; tutto quello che scrivo l’ho vissuto in prima persona, altrimenti non riuscirei a descrivere bene un certo tipo di emozioni. È l’unico modo in cui adesso riesco a scrivere. Parlando di me, di quello che mi succede.

So che l’esperienza di “Amici” è stata per te molto importante. Cosa ti ha lasciato umanamente?

“Amici” è stata una esperienza bellissima, incredibile; mi sono davvero messo in gioco giorno per giorno, anzi, ora per ora. Ho imparato ancora di più il valore della verità delle parole, di essere liberi in quello che sentiamo ed esprimiamo, del sentirsi liberi da convenzioni sociali. Credo che questa libertà sia l’unica chiave per poter vivere una vita piena. Questo è il più grande insegnamento che mi porto da questa esperienza.

Quali sono gli artisti che ti hanno ispirato nel fare musica?

Tra i cantautori, quello che mi ha “sconvolto” di più la vita è stato Lucio Dalla. Aveva una forza comunicativa semplice in quello che scriveva ma esprimeva emozioni universali.
I suoi testi sono incredibili. Poi ci sono tante influenze, la musica che ascoltavo da piccolo, Frank Sinatra, diciamo che c’è un mix di cose che stanno bene insieme…

Quando sei uscito dal Talent, hanno pianto in tanti in casetta. Con quali ragazzi hai stretto un legame più saldo?

Sicuramente ci sono anime che si incontrano. Ho legato tanto con Enula (Cantante n.d.r.); con Tommaso, Giulia (Ballerini). Sono sicuro che continueremo a sentirci fuori e spero di rivedere tutti. Condividere una cosa così grande è una parte di vita. A prescindere dai legami più saldi che ho stretto, mi piacerebbe incontrare tutti quando si potrà, e magari trascorrere una serata insieme…

Sei nato in una terra meravigliosa come la Puglia; c’è un altro posto in Italia in cui ti senti a casa?

Oltre alla Puglia, devo dire che sento casa anche Milano. Oramai ci vivo da oltre tre anni e, nonostante mi manchino il mare e la famiglia, in questa città ho trovato una mia dimensione, uno spazio per me stesso. È un posto in cui mi sento al sicuro e che ho iniziato a chiamare casa…

Ti leggo alcuni messaggi dei Fans arrivati per te.

“Leonardo ti amiamo, non vediamo l’ora di ascoltarti dal vivo…”

Grazie, anche a me manca fare concerti!

“Leonardo anche fuori dal Talent vogliamo la rubrica In Cucina con Leo e Giulia…”

Perché no?… A parte gli scherzi, è stata molto divertente quella parentesi (Leonardo cucinava in casetta n.d.r.). Devo dire che Giulia, è cresciuta, ha imparato a cucinare, e sa fare tutto.

Non vediamo tutti l’ora che esca il tuo album…

Ci sto lavorando, stiamo capendo quando pubblicarlo; di sicuro prossimamente usciranno nuove cose. Non vedo l’ora di farvi ascoltare nuova musica perché ce ne è tanta, e non vedo l’ora di scrivere nuove canzoni e di lasciarmi ispirare.

Nelle tue canzoni riesci a descrivere perfettamente la quotidianità dell’amore, ma anche la fine di una storia.
Qual è, secondo te, la ricetta per prendersi cura al meglio dell’amore?

Beh, qui ritorniamo un po’ al discorso di prima. Credo che la verità sia un aspetto fondamentale per l’amore. La verità, la chiarezza, la comunicazione; c’è qualcuno che dice che l’amore non esiste. Io penso invece che esista, ed è la cosa più bella che ci possa capitare, in qualsiasi forma, quindi dobbiamo essere anche un po’ aperti all’amore, aperti al confronto con gli altri, anche se questa cosa è difficile al momento. In ogni caso, l’amore è una chiave…

Quale aspetto dell’essere Artista apprezzi di più?

Beh, Artista è un parolone per me, ci sono Artisti giganti. La cosa più bella dell’essere Artista è passare tutto il giorno con le tue canzoni, sapendo che la tua arte è valorizzata, e vivere sempre di questo.

Oltre alla musica, ci sono altre arti o attività, attraverso le quali ti piace esprimerti?

Nel tempo libero mi piace leggere, vedere tanti film, e lasciarmi ispirare da questi. In quarantena mi è capitato ogni tanto anche di dipingere. Per il resto, sono appassionato di Design, e mi piace perdermi nella città, con le cuffie nelle orecchie.

C’è una canzone non tua che avresti voluto scrivere?

Ce ne sono tante. Dovendo sceglierne una, ti dico “Sally” di Vasco Rossi. Mi sarebbe sempre piaciuto scrivere questo pezzo, uno dei capolavori indiscussi della musica italiana degli ultimi anni. Un pezzo per me rivoluzionario.

Una domanda simpatica da parte delle tue Fans che sanno che sei un appassionato di Harry Potter. A quale Casata di Hogwarts senti di appartenere e somigliare?… Io dico Grifon D’Oro…

Adoro Harry Potter. Sì mi sento molto Grifon D’Oro, anche se qualche volta mi hanno detto che potrei essere un Serpe Verde (ride n.d.r.) ma non credo!

Sei consapevole dell’impatto positivo che hai avuto su tanti giovani parlando in generale del tuo vissuto?

Ho ricevuto tantissimi messaggi su questa cosa. Parlare del mio percorso personale, nonostante si possa pensare che sia superfluo farlo, mi ha fatto capire ancora di più che oggi, nel 2021, ci siano ancora dogmi sociali e pregiudizi da superare. Sapere di aver fatto bene con le mie parole, anche ad una sola persona, mi rende felice.

Le canzoni che scrivi hanno un destinatario?

Bellissima domanda! Sì, a volte hanno un destinatario, anzi, diciamo quasi sempre, e se non è un’altra persona, il destinatario sono io. Scrivere è un bel modo per guardarsi allo specchio…

Nel 2017, hai calcato un altro palco importante, quello del Festival di Sanremo, dove hai portato, in gara tra i Giovani, un bellissimo pezzo, “Ciò che resta”. Che ricordi hai di quell’esperienza?…

Sanremo è stata la cosa più assurda che abbia vissuto. Un’esperienza incredibile che mi ha formato tantissimo. Sarebbe bello tornarci con la consapevolezza di oggi. Lo affronterei sicuramente in modo diverso. Avevo ventidue anni ed è stata una esperienza più grande di me. Ne ho un ricordo bellissimo.

Un pensiero per le Pagine Dedicate e i tuoi Fans…

Mi stanno scrivendo in tantissimi, e davvero non riesco a trovare le parole giuste per ringraziare tutti. Avere un sostegno e un supporto così forte da parte loro è fondamentale. Sono felice di aver lasciato loro qualcosa di positivo.
Ringrazio tutti e non vedo l’ora di far ascoltare le mie nuove canzoni…

Leonardo ci lasciamo con un piccolo aneddoto personale.
Sono anche io una grande Fan della tua musica. Credo che la forza delle tue canzoni sia quella di metterci dentro non solo i tuoi ventisei anni, ma i trenta, i quarantadue, i cinquanta degli altri, e non solo. Le storie che racconti ci somigliano. Non sono l’unica della famiglia ad amarti però, perché mia madre, che ha più di ottanta anni, ascolta almeno una volta al giorno “Il Natale e l’estate”, e puntualmente, si emoziona. La tua musica è trasversale…

Che bello sapere che anche una persona di questa età si emoziona con una mia canzone. Meraviglioso. Un bacio alla tua mamma…

Giuliana Galasso

Amici 20: intervista a Ibla

Abbiamo incontrato Ibla, la giovane cantautrice siciliana che ha partecipato alla trasmissione Amici 20.

Ibla

Ibla

Ibla, domanda non scontata in questo periodo, come stai?

Questa è una delle domande più belle che si possa fare a una persona in questo momento. Sto bene e mi sto abituando al mondo fuori da “Amici”. Va tutto bene, anche perché sono in Sicilia. Respirare l’aria della mia terra mi fa bene.

La partecipazione ad “Amici” è stata casuale, scelta, fortemente desiderata?

Beh, devo dire che la partecipazione ad “Amici” è stata un mix di casuale e voluta. Ho partecipato al Talent grazie a Rudy Zerbi che mi ha notato l’estate scorsa a Riccione durante Deejay On Stage, e mi ha proposto alla Produzione di “Amici”. Io avevo già fatto i provini per la Scuola un paio di anni fa, senza riuscire ad entrare. Visto che non avevo intenzione di riprovarci, è stato come se il destino volesse che facessi questa esperienza. Così mi sono rimessa in gioco.

Quale insegnamento, umano e artistico, hai tratto da questa esperienza?

La consapevolezza. Sono entrata ad “Amici” già consapevole di quello che avrei voluto dire e dare, con la mia voce e con la mia penna. Poi, il confronto con ragazzi che hanno la tua stessa passione, e il lavoro con dei Coach meravigliosi, ti portano anche ad avere consapevolezza dei tuoi limiti, di quello che sei e di quello che puoi dare. Ho capito che quello che noi chiamiamo limite in realtà non esiste. Studiando nella scuola, ho scoperto tantissime cose sulla mia voce e ho capito ancora di più che tutto quello che credevo impossibile, era invece frutto della mia mente, era un limite creato da me stessa.

Tu scrivi in lingua italiana e in lingua spagnola. Quale tipo di scrittura è nato prima?

In realtà sono nate insieme. Io scrivo canzoni da due anni, e da due anni è nato il nome d’arte Ibla, quindi diciamo che le due cose sono andate di pari passo. La mia prima canzone, “Libertad”, è stata scritta nella doppia lingua. Prima di questa, avevo scritto altre cose, ma non so se si possano definire canzoni. Nel momento in cui ho iniziato a scrivere cose che volevo che la gente ascoltasse, è nata Ibla, il mio lato artistico.

Tra le cover che hai presentato ad “Amici” mi è piaciuta molto la tua versione di “Sognami” di Biagio Antonacci. Al di là di questa, quale esibizione nelle cover ti è piaciuta di più?

Quella in “Don Raffaé” di Fabrizio De André. Sono molto legata al mondo dei cantautori; credo che in Italia abbiamo avuto artisti geniali, e ci sono canzoni che non dobbiamo perdere. Abbiamo bisogno del passato per costruire il futuro. A me piace cantare canzoni che hanno fatto la storia della musica italiana. È un patrimonio che non possiamo dimenticare. È stato un onore per me cantare questo pezzo.

C’è qualcuno nella scuola di “Amici” con cui hai stretto un legame più saldo?

Di sicuro Raffaele (Cantante n.d.r.), perché lo conosco da tre anni. In casetta ho legato anche con Tommaso (Ballerino) che è stato il mio compagno di stanza; tra l’altro, dormivamo in una sorta di letto matrimoniale che avevamo costruito insieme unendo i nostri letti singoli. Una persona stupenda che per me è stato un punto di appoggio umano importante. Ho stretto un bel rapporto di amicizia anche con Enula (Cantante) e Leonardo (Cantante). Diciamo che ho legato più o meno con tutti, poi ovviamente ci sono delle anime che non sono compatibili. Ho cercato di convivere cercando sempre un equilibrio con tutti. Un pensiero anche per Arianna Gianfelici (Cantante) con la quale ho trascorso dei bellissimi giorni, anche se il suo percorso nella Scuola è stato breve.

Dal punto di vista emozionale, cosa significa per Ibla ”Cantare”?

Per me cantare è una questione di necessità. Io faccio musica da dodici anni e mi è capitato per diversi motivi di stare lontano dalla musica per un anno. Avevo smesso di cantare, di studiare, e avevo cominciato un’altra vita. È stato terribile. Ritornare a fare musica è stato come rinascere, tornare a respirare. Mi sono resa conto di essere nata per questo, ne sono sicura, perché la musica per me è ossigeno, aria, ed è l’unico modo in cui riesco ad esprimere il mio lato forte e quello più fragile, tutte le sfaccettature della mia anima.

Dal singolo “No te gusta”, si evince anche una grande ironia.

Sì, è così. Viviamo una fase di giorni pesanti, e ho deciso di scrivere nelle canzoni idee e pensieri profondi da condividere però in maniera leggera, ironica, con un sound quasi ballabile. Voglio che quando qualcuno ascolta le mie canzoni, il pensiero esca da sé. Come si fa con i bambini, voglio esprimere un contenuto importante attraverso il gioco, la leggerezza. Mai come in questo periodo, abbiamo bisogno di tornare ad essere un po’ bambini, spensierati.

Nella voce e nei colori sei proprio una donna del Sud, mediterranea. C’è un’artista donna che è stata importante nella tua formazione?

Sì, è una donna siciliana, Rosa Balistreri. Lei è la massima espressione della terra, del fuoco, dell’anima. Non ha avuto la possibilità di studiare. Ha cantato, raccontato, solo per potersi liberare, anche per una questione di emancipazione; la stimo come persona e soprattutto come artista, perché è riuscita ad arrivare a cose impensabili per una donna siciliana di quell’epoca (anni 30-40 n.d.r). Io ammiro le donne coraggiose, e in generale, le persone che hanno coraggio. Lei è stata per me un grande punto di riferimento.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

Tra i prossimi progetti c’è sicuramente quello di far uscire un Ep che racchiuda con le canzoni questo periodo della mia vita. In questo disco ci saranno gli inediti che ho proposto ad “Amici” e canzoni nuove. Sto continuando a scrivere tanto.

Chiedo anche a te un pensiero per i Fans che attraverso le Pagine Dedicate, ti trasmettono affetto ogni giorno.

Intanto un Grazie pieno. Credo che questa sia una bellissima parola da dire agli altri. Spero che la mia musica in qualche modo aiuti, faccia riflettere, e faccia stare bene chi mi ascolta. Voglio semplicemente far stare bene le persone con le mie canzoni.

Giuliana Galasso

Amici 20: Intervista a Esa Abrate

Abbiamo incontrato Esa Abrate, il giovane compositore e direttore d’orchestra, tra i partecipanti ad “Amici 20″. Anche Esa ha risposto alle nostre domande e a quelle dei ragazzi che lo supportano quotidianamente dalle Pagine Fans.

Esa Abrate

Esa Abrate

Esa, partiamo dai tuoi inizi: tu sei direttore d’orchestra, compositore, autore e polistrumentista. Come ti sei affacciato al mondo della musica?…

Il mio rapporto con il mondo della musica parte all’età di otto anni. Mi sono avvicinato alla musica grazie allo studio della chitarra. È un po’ colpa della frase che ripetevo sempre a mia madre, “Mamma ho la musica in testa”. Da lì ho cominciato a studiare musica classica, perfezionando la mia formazione in Conservatorio. Già dagli anni del Liceo musicale però, mi sono reso conto che mi piaceva di più cantare, quindi canto e direzione d’orchestra sono poi sempre andati di pari passo, fino a quando, sul lungo rettilineo, diciamo così, il canto ha scalato meglio la marcia, prendendo il sopravvento.

Come è nato il tuo inedito “Ci sto male”?

“Ci sto male” è una canzone nata da una situazione in cui pensavo che le cose andassero in una certa maniera, per poi rendermi conto che era andato tutto diversamente, quindi il pezzo è nato “banalmente” dalla normalissima sensazione di stare male per qualcosa in cui si credeva fermamente, e che poi non è successo.

Video: Ci sto male

 

Quali sono gli artisti che hai ascoltato e ti hanno formato, sia umanamente che musicalmente?

L’artista che mi ha accompagnato sempre nel corso della vita è stato Michael Jackson. È stato un punto fermo, sia nella musica, che nel modo in cui si contamina nel genere che fa. Mi ha sempre affascinato.
Quando poi mi sono avvicinato al canto, i miei riferimenti sono stati anche altri artisti, ma sempre internazionali. Ho iniziato a scrivere in italiano solo durante la prima quarantena. Quello è stato un periodo utile per lavorare su me stesso e sulla mia musica. In quella fase ho capito che non volevo solo scrivere e cantare in inglese, ma volevo comporre anche in italiano, per essere più leggero e diretto, e per permettere a chi mi ascoltasse di sposare il mio pensiero.

Un bilancio personale dell’esperienza di “Amici”?

Beh, bilancio super positivo. Non mi aspettavo assolutamente di rimanere così colpito da tutte le cose belle della Scuola.
Per me, entrare ad “Amici”, è stata la conferma che quello che stavo facendo era la cosa giusta, visto che mi ero lasciato alle spalle qualcosa di più fattibile come la direzione d’orchestra, per una cosa meno sicura come il canto. Ho dovuto lottare per questa scelta, e avevo bisogno di dimostrare, prima a me stesso e poi agli altri, che un po’ avevo ragione.
Il percorso all’interno della Scuola è stato tortuoso ma bello, con momenti di up and down, ma sono molto contento delle cose che ho imparato e di come sono cresciuto, artisticamente e personalmente, soprattutto in una fase difficile come quella che stiamo vivendo. Il mio obiettivo era quello di entrare e vincere per me stesso, ossia fare un percorso onesto ed uscire nel miglior modo possibile, a testa alta, con la consapevolezza di poter fare fuori ancora molte cose, e lasciando agli altri un messaggio positivo.

C’è molta curiosità tra i tuoi fans sul singolo “Solo se ti va”…

Io non sono molto propenso in generale a dedicare una canzone a qualcuno; mi è capitato raramente di fare questa cosa. Magari mi faccio ispirare da una situazione più che da una persona. Per spiegare come è nata “Solo se ti va”, utilizzo la metafora della scena di un film, del tipo “tre mesi prima… tre mesi dopo”; ecco la canzone descrive proprio quello che succede tre mesi dopo, per far capire come sono cambiate le cose e come si è evoluta una situazione…

Quale è l’esperienza umana e artistica più difficile che hai dovuto affrontare, e che ti ha reso orgoglioso di te stesso?

Bellissima domanda. Non ho mai avuto problemi nel raccontare la mia vita (Esa è stato adottato in Italia n.d.r.) ma parlare della propria vita e scriverne sono due cose differenti. Nel parlare del tuo passato e della tua vita, puoi in qualche modo proteggerti, invece nello scrivere devi dire tutta la verità. Bisogna essere se stessi al cento per cento, completamente nudi. In questo senso, l’esperienza più difficile è stata scrivere “Nato due volte”, il primo inedito che avete ascoltato ad “Amici”. C’è una frase in cui dico “Mi hanno insegnato a perdonare, Grazie Mamma e Papà”; con quella frase intendo dire che, dopo quattordici anni, sono riuscito a perdonare il mio padre biologico per come sono andate le cose. È stato un passo importante ma difficile.

Domanda con risposta secca: tre sostantivi o aggettivi per definire la musica.

Riempitiva, Fedele, Rifugio

Un pensiero per le Fan Page e i Fans che quotidianamente ti scrivono e ti seguono con grande affetto.

Ogni giorno mi arrivano delle bellissime frasi, e penso “Come è possibile, proprio a me”…
La prima cosa che voglio dire è un Grazie enorme sentito col cuore. Per un artista sentire che le persone credono in quello che fai significa farcela anche per loro. La seconda cosa che dico è “scusa”, perché non riesco a rispondere a tutti nello stesso momento come vorrei. La terza è “Ci vediamo presto”. Appena possibile, mi piacerebbe incontrare tutti i miei Fans, chiacchierare con loro, fare foto, e fare un bel concerto. Adoro stare tra le persone!

Una curiosità prima di lasciarci. Tra le persone che ti hanno sempre sostenuto c’è anche Martina Beltrami, cantante amatissima della scorsa edizione di “Amici”.

Sì, Martina è mia vicina di casa a Rivoli, ma praticamente è mia sorella.

Giuliana Galasso

Amici 20: intervista a Gaia Di Fusco

Abbiamo incontrato la dolcissima Gaia Di Fusco, la diciannovenne interprete campana che ha partecipato al Talent “Amici”, e che ha risposto alle nostre domande, e a quelle dei Fans, giunte in redazione.

Gaia

Gaia

Gaia, partiamo proprio dall’esperienza di Amici. Il tuo percorso è stato breve e intenso, come hai scritto tu stessa sui tuoi social, ma ha messo comunque in luce il tuo grande talento.

Grazie per le belle parole. Il mio timore era proprio quello di non riuscire a metterlo in luce, vista la brevità del percorso. Ho imparato tanto e mi sono divertita tanto. Certo, non mi sarebbe dispiaciuto se fosse durato un po’ di più, ma è andata bene egualmente. Ti ringrazio per aver sottolineato che è uscito fuori comunque qualcosa di me da questa breve esperienza.

Ci avevi già incantato con la tua voce, grazie alla partecipazione, qualche anno fa, al Talent “All Together Now”. Che ricordo hai invece di quella esperienza?

Come tutte le esperienze che nascono per caso, è stata inaspettata anche quella, così come “Amici”. Ho un bellissimo ricordo di “All Together Now”. Ogni esperienza è unica e ti regala insegnamenti che ti porti a vita.

Quale musica hai ascoltato e ha influenzato la tua formazione artistica?

Non ho un genere musicale preferito. Ho sempre ascoltato e ascolto ancora oggi un po’ di tutto. Un’ artista che mi ha sempre ispirato, ed è per me un grande punto di riferimento artistico è Mina.

Il tuo inedito ” Forse neanche un bacio”, è una canzone che somiglia alle nostre storie d’amore. Come recita una frase della canzone… Le promesse d’amore mancate dove vanno a finire?

Eh, bella domanda… come dico nella canzone… “Buchi neri nell’atmosfera”. Me lo chiedo anche io dove vadano a finire le promesse d’amore mancate. Speriamo che alla fine ci sia un riscontro positivo e diventino concrete.

Molte promesse d’amore mancate finiscono però nelle canzoni…

Questo è vero. In fondo la musica è il mezzo più vero, il mezzo che ti lascia sognare e ti lascia esprimere al cento per cento.

Tra le cover presentate ad “Amici”, quale hai amato di più?

Tutte le cover che ho cantato ad “Amici” non facevano parte del mio repertorio, quindi per me è stato ancora più bello e magico scoprirle all’interno della scuola, studiarle, perfezionarle, ed eseguirle. Una di quelle che mi ha colpito di più, per quanto riguarda la musica internazionale, è stata sicuramente “No More Tears”, che ho cantato al serale, e che porterò sempre nel cuore, mentre per quanto riguarda i pezzi italiani, porto con me “Di sole e d’azzurro” di Giorgia.

Come è stato lavorare con Arisa, e quale è stato, da Coach, il consiglio più importante che ti ha dato?

Lavorare con Arisa era il sogno di sempre. Seguire ed ascoltare alcuni artisti e poi ritrovarseli davanti che ti ascoltano e ti danno consigli, è una cosa sensazionale. Arisa è la persona alla quale devo di più perché è lei che mi ha voluto fortemente nella scuola; le sarò grata per sempre.

Stai lavorando ad un nuovo singolo o all’album?

Per adesso non ancora. Sto aspettando un progetto concreto e vedremo come andrà. Vi terrò aggiornati. Sarete i primi a saperlo.

Oltre alla tua voce, è molto amato il tuo sorriso. Tu sorridi sempre, anche nei momenti più difficili.

Sì, è vero, sorrido sempre. Ognuno si costruisce il proprio scudo, e il sorriso è il mio.

Gaia

Gaia

C’è qualcuno all’interno della scuola di “Amici” con il quale hai costruito un rapporto di amicizia speciale?

Inizialmente è stato un po’ destabilizzante entrare in un contesto di classe già formato, anche dal punto di vista dell’amicizia. Però, per fortuna, ho un carattere gioviale, e sono riuscita ad integrarmi subito. Se dovessi fare dei nomi, direi Serena e Tommaso (Ballerini n.d.r.). Serena mi manca tantissimo. Anche lei è entrata nella Scuola a metà percorso, e siamo diventate unite da subito. Spero che alla fine del Talent potremo recuperare il tempo perso. Tommaso è stato invece una grande scoperta. Una persona buona, educata, gentile, con la quale mi sono sempre confidata nei momenti di fragilità. Una persona meravigliosa.

Una domanda simpatica da parte dei tuoi Fans: Pizza o Sushi?

Beh, su questa vinco facile: Pizza, da buona campana.

Un pensiero per le Pagine Dedicate e i Fans, che ti supportano e ti seguono con grande affetto ogni giorno?

Io devo moltissimo a loro. Senza di loro non sarei arrivata al punto dove sono arrivata.
Il sostegno fa tanto per un’artista. Spero un giorno, quando sarà possibile, di poter organizzare un incontro e ringraziare personalmente ognuno di loro. Il supporto non è mai banale né scontato.

Domanda con risposta secca. L’ artista, uomo o donna, con cui ti piacerebbe duettare al più presto?

Mi ripeto: Arisa. A me basterebbe anche solo farle i cori. A parte gli scherzi, la mia stima nei suoi confronti era già altissima, ma dopo averla incontrata, mi sono follemente innamorata di lei, come artista e come persona.

Giuliana Galasso

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