Tony Hadley presenta “The Christmas Album”: tra grandi classici e due inediti. L’intervista

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Il Natale è alle porte e, come ogni anno, fioccano progetti discografici dedicati alla ricorrenza più attesa. Questa volta il disco perfetto è The Christmas Album, il nuovo album solista del frontman degli Spandau Ballet, Tony Hadley. Registrato e prodotto interamente in Italia su etichetta Universal Music,  l’ album, prodotto da Claudio Guidetti,  ripropone i migliori classici di Natale e due inediti rispettivamente intitolati Every Seconds I’m Away, scritto da Tony Hadley  insieme allo stesso Claudio Guidetti e la nostra Annalisa ScarroneSnowing all over the World, interamente scritta da Hadley in persona. Con un totale di ben sedici tracce, Tony spazia tra con disinvoltura tra grandi classici natalizi e inaspettate chicche musicali inserite qua e là. Si va dalla riuscitissima Fairy Tale of New York , cantata insieme a Nina Zilli, per un inedito duetto folk in chiave irish a Have yourself a Merry Little Christmas, passando per Shake Up Christmas dei Train, Lonely This Christmas dei Mud, Run Rudolph Run di Chuck Berry, Driving Home for Christmas di Chris Rea la hit degli N’sync, I don’t want to spend one more Christmas without you, Somewhere only we know dei  Keane per arrivare a I Believe in Father Christmas di Greg Lake con la speciale partecipazione di Aldo Tagliapietra de Le Orme. Abbiamo incontrato Tony negli uffici della Universal Music a Milano, ecco cosa ci ha raccontato.

Intervista

Come è nata l’idea di realizzare un disco dedicato al Natale?
Si tratta di un’idea che mi ha sempre affascinato e, quando Claudio Guidetti me l’ha proposto, ho subito accettato pensando a qualcosa di non convenzionale. Ho scelto tanti classici della tradizione natalizia ma li abbiamo riarrangiati a modo nostro. Il risultato che abbiamo raggiunto mi piace molto, riesce a creare un’atmosfera magica. L’aspetto più interessante e controverso riguarda proprio i testi di queste canzoni: se ci si sofferma sulle parole è incredibile scoprire che alcuni di essi sono molto tristi.

Come hai lavorato con Claudio Guidetti?

Collaborare con Claudio è stato facile ed estremamente  piacevole. Lui è un professionista capace e multitasking,  riesce a passare dalla chitarra al piano, ama le belle melodie ed è un ottimo arrangiatore.

Di cosa parla Snowing all over the World?

Quando ho scritto questo brano mi sono sorpreso a pensare che a 55 anni ancora mi piace il Natale! Lo adoro come se fossi un bambino! La più piccola dei miei figli ha nove anni e ama il Natale, come del resto tutti i bambini, questa è una cosa a cui dovremmo pensare più spesso.

E Every Seconds I’m Away ? 
Per quanto riguarda Every Seconds I’m Away ho pensato che spesso sono via per lavoro, proprio in quei momenti ripenso all’importanza che ha per me la mia famiglia.

Come mai manca una nuova versione di Do They Know It’s Christmas?

Direi che quattro versioni di questa canzone siano già abbastanza! (ride ndr)

Quali sono i brani che preferisci tra quelli presenti nella tracklist dell’ album?
Sicuramente Have Yourself A Merry Little Christmas. La più difficile da interpretare è stata invece Ave Maria. Ne ho sentite moltissime versioni prima di incidere la mia. Devo ringraziare le lezioni di canto classico che ho preso per anni quando ero giovane, vista la struttura complicata del brano. Sono soddisfatto del risultato che abbiamo raggiunto perché siamo riusciti a dare al brano anche un’anima elettronica oltre a quella più classica.

Quali accorgimenti adotti per mantenere intatta la tua voce?
Beh, sono molto fortunato ma ho anche smesso di fumare molto tempo fa! Riesco ancora a fare quattro o cinque concerti consecutivi senza problemi. Questa cosa mi rende particolarmente felice perché questo lavoro è troppo bello per pensare di dirgli addio! Non smetterò mai!

Ti aspettano cinque live italiani. Che tipo di concerto proporrai al pubblico?

Canterò sia pezzi degli Spandau Ballet sia quelli che ho scritto e prodotto come solista. Ovviamente ci sarà anche qualche canzone tratta dal mio album natalizio. Per l’anno prossimo mi piacerebbe  fare  un tour di Natale e portare in giro le canzoni di The Christmas Album.

Come ti spieghi il grande amore che il pubblico italiano ti riserva ormai da anni?

 Il popolo italiano è molto musicale e melodico, caldo e amorevole. Forse per questo le sonorità molto dolci, classiche e melodiche degli Spandau Ballet gli sono sempre piaciute. A prescindere da questo discorso anche io amo questo paese, se non fosse per la mia povera linea!

Come va con gli Spandau Ballet?

Visto che la band lavora ogni due tre anni, ogni tanto mi dedico ai miei progetti. Tra tutti spicca l’idea di un mio album di inediti che farò uscire in primavera.  Lo spunto è nato quando mi è capitato di ripensare al primo periodo degli Spandau, quello dance, quando eravamo ancora molto legati ai club. Quella è la versione che mi piace di più e un po’ di quello ci sarà nel prossimo mio disco. Ci ho lavorato per anni: ci lavoravo e poi dovevo partire per i tour, poi tornavo e continuavo a lavorarci. Un po’ di pezzi di ho scritti assieme a Claudio Guidetti anche se il disco verrà registrato  nel Regno Unito.

Come mai hai deciso di partecipare al reality I’m A Celebrity?

L’industria è cambiata molto negli ultimi anni. Sono andato nella casa discografica inglese e mi hanno detto che non stampavano nemmeno più i cd, è tutto in streaming. Bisogna trovare modi diversi per farsi notare, bisogna stare al passo, inventarsene sempre di nuove per essere in tv. So che la mia partecipazione al reality ha destato molte polemiche ma per me è stato fantastico vivere nella giungla, è stato come un ritorno alle origini: via i cellulari, niente caffè, niente zucchero, niente pizza… Ho perso un bel po’ di chili, niente male!

Come affronti dopo decenni la rivalità con i Duran Duran?

Trovo strano che ci siano persone ancora convinte del fatto che fossimo rivali! Siamo amici, quest’anno eravamo a Barcellona tutti assieme, John Taylor è anche venuto in America a vedere la prima del nostro film. Magari un giorno potrebbe addirittura esserci un concerto “Duran Spandau”, mai dire mai!

Come sarà il tuo Natale?
Mi piace l’atmosfera e il senso di comunità che si respira, specialmente la mattina di Natale quando vado a messa. Non sono cattolico praticante, mi considero agnostico, ma ci vado perché è bello. In Inghilterra purtroppo c’è ormai un materialismo dilagante ed è anche per questo ho appena detto a mia moglie di non comprare niente; ho una splendida carriera e una bella famiglia, cosa posso volere di più? Vorrei che ci fosse più raccoglimento.

 Raffaella Sbrescia

Video: Have Yourself A Merry Little Christmas

Damien McFly racconta i suoi “Parallel Mirrors”: musica genuina per sognatori puri

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“Parallel Mirrors” è il titolo del nuovo album di Damiano Ferrari, in arte Damien McFly. Pubblicato lo scorso 15 ottobre per l’etichetta Ferrari Records, il disco racconta di quanto tutte le nostre vite siano simili, di come per anni con persone ci si specchi costantemente senza mai incontrarsi davvero. Siamo tutti specchi paralleli e cerchiamo un po’ di noi stessi negli altri. Attraverso un suggestivo sound ottenuto registrando i brani all’interno di storiche ville e teatri veneti, ricercando ispirazione nelle diverse sonorità degli ambienti antichi, Damien ha realizzato un lavoro di grande qualità e forte spessore contenutistico. Ecco cosa ci ha raccontato questo artista dall’animo profondo e dalla voce che scalda il cuore.

Siamo davvero tutti specchi paralleli degli altri?
Siamo specchi paralleli rispetto alle persone che conosciamo nella nostra vita. É inevitabile, nel momento in cui c’è uno scambio a livello verbale o anche solo emotivo con qualcuno, avviene una riflessione delle nostre personalità dalla quale si prende il meglio dell’altro.

New Start “racconta di un riavvicinamento con una nuova consapevolezza. Una storia in controtendenza rispetto ai costumi dei tempi che corrono…

Al giorno d’oggi la maggior parte delle relazioni corrono velocemente, in modo particolare per quanto riguarda i più giovani. Chiusa una porta si cerca sempre di aprirne una nuova ed in molti casi è la soluzione migliore, questo non è stato il mio caso. “New Start” è un invito a non abbandonare quello che si è fatto, ma a provare a sistemare le cose senza paura.

Parlaci della costruzione del tuo suono, di come lavori per creare gli arrangiamenti, di come scegli di vestire le canzoni. Il metodo, le suggestioni, le tecniche, le abitudini…

Scrivo molto spesso parole quando sono in tour. In treno, bus o in aereo, dovunque abbia il tempo di mettermi a riflettere su quello che mi sta accadendo. Quando viaggi le emozioni sono amplificate e ogni persona che incontri ti lascia qualcosa dentro. Ogni volta in cui prendo la chitarra in mano cerco di buttare giù qualche giro di accordi o arpeggio interessante. Parto sempre con la chitarra solitamente. Spesso ci sento già un paio di strumenti sopra e li aggiungo, da lì poi costruisco una linea melodica e il resto dell’arrangiamento.

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“Parallel Mirrors” è stato registrato all’interno di storiche ville e teatri veneti, ricercando ispirazione nelle diverse sonorità degli ambienti antichi… ci racconti le fasi di questo processo creativo?

Non ritrovandomi molto nel sound italiano e non avendo ancora a disposizione un budget tale da poter lavorare con produttori stranieri ho pensato di creare un mio sound da solo utilizzando tutti strumenti acustici ho pensato di valorizzarli facendoli risuonare in ambienti particolari, da ville e teatri a ristoranti o capannoni. Ho spostato la mia attrezzatura di location in location e ogni canzone racconta ora una sua storia anche a livello di registrazione oltre che di puro sound.

Suoni tanto e in posti anche molto diversi tra loro. Tra le location più frequenti c’è il Nord Europa. Cosa ti lega a questi luoghi e come ti approcci al pubblico che vi incontri di volta in volta?

Mi ritrovo molto nei luoghi e nelle abitudini nordiche tranne per il costante freddo. Non è facile capire chi si ha davanti per questo solitamente uso qualche pezzo come test per vedere le reazioni. Spesso le durate dei concerti variano e intrattenere un pubblico per due ore non è sempre semplice. La cosa a cui tengo è che chi mi ascolta deve riuscire a conoscermi attraverso la musica, non solo a capire se sono bravo o meno. In UK il folk si muove in ogni pub e la competizione è molta, ma l’impressione che si ha è che tutti siano disposti ad aiutarsi, a voler darsi spazio l’un l’altro, perché valgono più le storie che si raccontano rispetto al voler arrivare da qualche parte.

In questo album racconti molto di te stesso, della tua personalità e della tua vita in generale. Perché hai scelto di esporti così tanto e così a fondo?
Credo la risposta stia nel fatto che non mi fa paura mettere a nudo me stesso o quello che ho fatto in questi anni. La musica che scrivo voglio sia sempre il più genuina possibile senza dover affrontare temi particolari solo per far notizia o per scrivere più facilmente.

Quali sono i brani a cui tieni di più e perché?

Tengo molto a “The Taste Of Rain” e a “Reflection”. La prima perchè parla di come ho affrontato gli ultimi anni, di determinazione, di colpe e della voglia di vivere il presente appieno. “Reflection” invece è il brano che fa da collante tra i primi pezzi scritti e gli ultimi. Parla di un linguaggio universale che va oltre le parole e si muove attraverso le emozioni. Dal titolo di questo brano sono poi arrivato a dare il nome all’album.

Cosa o chi ispira la tua musica e le tue canzoni?
Molto spesso sono le cose che mi accadono, dal ricevere una mail toccante al rompere una relazione o a riprenderla in mano. Cerco sempre di scavare a fondo per non essere scontato o finto.

Hai mai pensato di mettere la tua penna al servizio di altri artisti?
Ci ho pensato e l’ho fatto. Mi viene facile scrivere musica e arrangiamenti ma per un testo cerco sempre di confrontarmi con chi ho davanti, un po’ come funziona in America dove i songwriters incontrano l’artista e assieme creano i brani.

Hai aggiunto “Take me back” al disco dopo il tour europeo come mai? Di cosa parla questo brano?

Stavo attraversando un momento difficile in una relazione. Mancava il brivido che si aveva appena la storia era partita. “Take me back” significa “riportami indietro a quando tutto sembrava sbagliato, perché ora siamo intrappolato nelle abitudini.”

Damien McFly

Damien McFly

Che rapporto hai con il tempo?
Assente, nel senso che mi sembra non bastare mai. Odio sprecarlo e cerco sempre di organizzare gli impegni in modo fiscalissimo. Mi ripeto costantemente che la vita è una e non vale la pena sprecarne una grossa parte a valutare troppo ogni singola scelta.

E con i social network?

I social sono una fortuna per i nuovi artisti, ma più uso Facebook più mi accorgo che pur di diventare virali o di avere likes si perdono i contenuti. Suoni per 1000 likes o perché ne senti la necessità? Appena mi sono accorto che mi stavano rubando molto tempo ho deciso di concentrarmi più sul fare le cose alla vecchia maniera, suonando il più possibile e viaggiando costantemente.

Hai scritto ”Reflection” dopo aver ricevuto una mail dal North Carolina dove una ragazza raccontava la storia di bullismo che stava vivendo. Ci racconti come è andata ?
Questa ragazza americana, dopo aver visto un mio video cover, mi ha scritto subito invitandomi a suonare in North Carolina, ad un raduno contro il bullismo. La cosa che mi ha colpito è stato il modo in cui si apriva con me, pur conoscendo solo la mia voce e poco più. Mi è arrivata dentro come poche persone hanno saputo fare. Grazie a questa cosa ho capito che c’è un linguaggio fatto non di parole ma di emozioni e sensazioni, un linguaggio che viene dalla nostra anima e non dalla mente.

Il tema del lavoro è sicuramente uno dei più delicati al momento. Quali sono le tue idee a riguardo e come pensi che si possa uscire dalla situazione di stallo in cui ci troviamo, soprattutto in Italia?
Questo è il momento perfetto per creare una carriera o per provare a seguire i propri desideri. Il modo migliore è rimboccarsi le maniche e accendere la propria mente. Bisogna mettersi in gioco e reinventarsi perché è troppo facile ricercare in maniera quasi passiva un lavoro che ci dia solo da mangiare. Sicuramente da lì si può partire ma, ora come ora, bisogna investire il proprio tempo in qualcosa che possa dare anche soddisfazioni.

“The taste of Rain” è uno dei brani più suggestivi del disco… ci parli del testo e delle emozioni che ne hanno determinato la scrittura?
Il testo è molto introspettivo. Parla delle scelte che ho dovuto fare per arrivare ad essere chi sono, ovvero una persona che sta seguendo i suoi sogni ogni giorno. Ho perso amici per colpa delle corde della mia chitarra, che sono la cosa più importante.
L’ho scritta lo scorso autunno, mentre viaggiavo nella mia auto sotto una pioggia intensa.

Dove e quando potremo ascoltarti dal vivo?
Fino a fine anno farò alcuni concerti nel mio Veneto per poi tornare in Francia e Belgio a gennaio. Spero di riuscire a fare un bel tour italiano nei primi mesi del 2016.

Che tipo di concerto è il tuo? Cosa intendi comunicare al pubblico e cosa metteresti nella tua scaletta ideale?
Il mio è un concerto in cui cerco di far divertire il pubblico, allo stesso tempo di fargli conoscere chi sono raccontando le canzoni e le storie che ci sono dietro. Nella mia scaletta ideale al momento metto ancora alcune cover, la finalità è invogliare il pubblico ad ascoltare tutti i miei pezzi.

Raffaella Sbrescia

Giusy Ferreri presenta Hits: una raccolta per ripartire con nuovo slancio e tre ottimi inediti.L’intervista

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Esce oggi per Sony Music “Hits”, il best of che raggruppa i successi di Giusy Ferreri e li unisce a 3 brani inediti, a partire dal singolo “Volevo te”. La raccolta rappresenta una buona occasione per apprezzare alcune buone produzioni del repertorio dell’artista che, dal 2008 ad oggi, si è sempre messa in gioco con audacia ed intraprendenza mantenendo intatta una coerenza di fondo.  Sulla scia del clamoroso successo riscontrato Roma-Bangkok, in duetto con Baby K, Giusy Ferreri ritrova l’entusiasmo e, dopo averlo dimostrato nei nuovi brani, lo ha ribadito anche a parole durante l’ intervista rilasciata negli uffici della Sony a Milano.

Come mai hai scelto di pubblicare un greatest hits e non un album con soli inediti? 
La scorsa primavera stavo iniziando a lavorare all’album di inediti, poi il grande successo di Roma-Bangkok ha preso il sopravvento e ho preferito fare un punto della situazione su ciò che era successo fino ad allora, ho pensato che questo potesse essere il momento migliore per ripercorrere tutta la mia carriera, per me è stata una fortissima spinta emotiva e siamo stati tutti d’accordo nel voler portare avanti questo tipo di progetto.

Questa raccolta potrebbe essere considerata come un modo per riaffermarti?

Sempre partendo dalla grande gratificazione data dal successo di “Roma- Bangkok”, ho ritrovato un fortissimo entusiasmo e una grande voglia di apertura nell’affrontare questo percorso, un pò come quando lavorai con Ferro e Canova. All’epoca avevo voglia di confronto e di lavorare in team. Mi avevano proiettato in una dimensione pop d’avanguardia e quest’estate ho ritrovato quel tipo di spirito, ho pensato a quanto sono stata fortunata in questi anni ad aver provato diverse esperienze confrontandomi con  diversi produttori: Corrado Rustici, Marco Trentacoste e, in quest’ultimo periodo Fabrizio Ferraguzzo, con cui sto lavorando all’album di inediti. Con lui abbiamo trovato una formula pop con ritmiche incalzanti immaginando degli spettacoli live che potessero essere molto energici. Ho voluto conoscere giovani autori, ma soprattutto Fortunato Zampaglione, autore di “Volevo te”, a questo proposito avevo le idee piuttosto chiare: pensavo proprio di presentarmi al pubblico con un brano che potesse rappresentare l’evoluzione di “Novembre”, un brano malinconico con sfumature anni ’80.

Con quale criterio hai scelto i brani inseriti in questa raccolta?

Siccome era molto difficile realizzare questo tipo di scaletta e i brani del passato dovevano essere 17, ho preferito avvalermi dell’esperienza della direzione artistica che mi ha affiancato in tutti questi anni. Sono felice che siano riaffiorate alcune canzoni che in questo nuovo contesto hanno la possibilità di essere valorizzate. Probabilmente ne manca ancora qualcuna ma rischiavamo di togliere coerenza al progetto. In questo senso  un brano come “Rossi papaveri” ha preso il sopravvento su “ La bevanda ha un retrogusto amaro” che, sebbene affronti sempre una tematica sociale, risulta più aggressiva rispetto alla stessa “Rossi papaveri” che, pur affrontando un argomento delicato, risulta un inno alla vita.

Ci parli degli altri due inediti?

Daniele Magro in “Come un’ora fa” è riuscito a racchiudere nelle strofe una modernità vicina al mondo hip hop. Come? Svelando nell’apertura degli incisi sonorità più fedeli alla malinconia di una “Non ti scordar mai di me”. Poi, visto che ho adorato il coinvolgente ritmo reggaeton di “Roma-Bangkok”, mi sono innamorata subito di “Prometto di sbagliare”: mi piace tanto il testo, mi rappresenta tantissimo per l’approccio che ho sia in campo musicale che nei rapporti umani in generale.

Com’è arrivata “Roma Bangkok”?

Ero in studio di registrazione, stavo provinando alcuni brani poi è arrivata questa proposta di duetto con Babi K che conoscevo già soprattutto perché anche lei ha lavorato con Ferro e Canova.  L’avevo seguita anche sui canali tv dove intervistava i cantanti in qualità di veejay per cui mi sono subito esaltata pensando alla sua personalità e originalità.  Il brano mi è parso subito semplice, orecchiabile , coinvolgente, mi ha ricondotto alla spensieratezza di una mia canzone come “Il Party”, ho pensato istintivamente che potesse riscontrare dei risultati importanti.

Quale sarà il filo conduttore del tuo nuovo album?

Il filo conduttore sarà l’idea di avanguardia e modernità. Con “Roma Bangkok” mi sono affacciata ad una nuova dimensione. I lavori sul nuovo disco sono già iniziati nei mesi scorsi, mi sono confrontata con giovani autori: durante alcune sessioni abbiamo provato a scrivere insieme, in altre mi sono limitata ad ascoltare il loro repertorio. In altre ancora qualcuno aveva scritto pensando a me senza conoscermi direttamente. Poi dal confronto reale sono nati brani che mi hanno stupito perché hanno carpito cose della mia personalità che forse io avrei messo in musica in maniera meno efficace. Sono già innamorata di alcune canzoni realizzate.

C’è qualcosa di cui ti sei pentita in questi anni o che rifaresti in modo diverso?
Mi sono tolta la soddisfazione di realizzare tutto quel che volevo e sicuramente ripercorrerei nello stesso modo ogni cosa.

Giusy Ferreri

Giusy Ferreri

Che rapporto hai con i fan?

Per quanto riguarda l’uso dei social mi sto aggiornando, sto cercando di introdurmi in questo nuovo modo di comunicare ma in generale mi piace il confronto diretto con i fan, ritengo che sia molto gratificante nei confronti di persone che mi danno tanto affetto e sostegno. A volte ci scambiamo delle telefonate, ci scriviamo su Whatsapp, ci aggiorniamo a vicenda, abbiamo un reale rapporto d’amicizia.

Com’è nata l’idea della copertina del disco?

In questi anni mi sono sempre divertita a giocare molto con la mia immagine. Ad un certo punto ho sentito di aver completato un certo di manifestazioni, ho pensato alla mia età e ho voluto mostrarmi in una veste più elegante. La rosa rimanda sia alla mia sensualità che ai tratti più spigolosi della mia personalità.

Che consiglio daresti ai giovani di oggi?

Quello che avrei dato a me stessa, ovvero vivere le esperienze con una mentalità predisposta al confronto e all’apertura. La voglia di potersi scoprire anche sotto aspetti differenti e di non prenderli come allontanamenti dalla  propria personalità se non come una ulteriore sfaccettatura che appartiene comunque alla propria personalità . Ricordo che “Il party” era frutto di 3 anni  di lavoro in cui stavo provando a confrontarmi con varie case discografiche. La mia scrittura era introspettiva e con un certo peso, poi ho avuto l’idea di racchiudere tutte le tematiche che amavo affrontare all’interno di un brano più frivolo ed eccola là: la formula magica. Fu la mia prima vera occasione anche se i consensi non furono così importanti. L’apertura più grande è arrivata con X Factor è da lì che sono arrivate man mano grandissime opportunità. Mi sono riscoperta e ho capito che si stava aprendo un mondo nuovo.

Raffaella Sbrescia

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Hits – Tracklist

Volevo te (inedito)

Come un’ora fa (inedito)

Prometto di sbagliare (inedito)

Roma-Bangkok – Baby K feat. Giusy Ferreri

Non ti scordar mai di me

Novembre

Il mare immenso

Ma il cielo è sempre più blu

La scala (The ladder)

Ti porto a cena con me

Piccoli dettagli

Stai fermo lì

Noi brave ragazze

L’amore e basta feat. Tiziano Ferro

Cuore assente (The la la song)

Aria di vita

Rossi papaveri

Nessuno come te mi sa svegliare

Il mare verticale

Il party

Intervista ai Quintorigo: dopo la trilogia dedicata a Mingus, Hendrix e Zappa arriva un album di inediti

Quintorigo

Quintorigo

I Quintorigo rappresentano una delle realtà musicali italiane più complete e versatili. Valentino Bianchi  (Sax ), Andrea Costa  (Violino),  Gionata Costa (Violoncello) e Stefano Ricci (Contrabbasso) sono quattro musicisti romagnoli che da sempre si muovono lungo tre cardini principali: eclettismo, contaminazione, sperimentazione. Alla luce del loro percorso artistico costellato di cross over tra generi musicali ed influenze, abbiamo intervistato Valentino Bianchi per lasciargli raccontare l’evoluzione della trilogia di lavori rispettivamente dedicati a Mingus, Hendrix e Zappa e per conoscere quali saranno le novità che riguarderanno il prossimo album di inediti del gruppo.

A proposito della trilogia che avete completato, parliamo anche del fatto che vi ispirate a musicisti che hanno detto cose importanti non solo dal punto di vista musicale ma anche da quello politico ed ideologico.

Ad oggi ci ritroviamo ad aver pubblicato una trilogia che non era stata concepita a tavolino. Abbiamo cominciato a lavorare con Mingus, un autore estremamente stimolante da riarrangiare e reinterpetare, successivamente abbiamo pubblicato un disco di inediti che si chiamava “English Garden” poi ancora abbiamo deciso di dedicarci ad Hendrix,  unanimemente ritenuto da tutti noi uno degli autori più importanti della musica del secolo scorso, colui che ha maggiormente segnato a livello chitarristico, ma anche in generale, il costume della fine degli anni ’60. L’ultimo lavoro su Zappa, che stiamo per altro promuovendo maggiormente al momento, è nato da una proposta di Roberto Gatto alla quale non abbiamo potuto dire di no, sia perché Zappa incarna perfettamente la figura del musicista sperimentale, eclettico, contaminato (tutti elementi che nel nostro piccolo abbiamo sempre ricercato) sia perché Roberto Gatto è un artista con cui ci è sempre piaciuto collaborare e che ci ha sempre dato tanto, non solo in termini di ritmo, ma proprio in generale. Naturalmente si tratta di musicisti che hanno veicolato idee tendenzialmente positive e molto attuali. Mi riferisco al rifiuto delle discriminazioni razziali molto evidente in Mingus ma presente anche nell’opera di Hendrix. L’altro tema chiave è il pacifismo, minimo comune denominatore di tutti e tre, inteso come contestazione della politica aggressiva e di guerra, un messaggio che evidentemente non è stato recepito.  Vista la situazione attuale, riproporre le loro idee e la loro musica può farci solo del bene.

Avete mai pensato di proporre al pubblico un concerto che in qualche modo potesse racchiudere il meglio di questi tre progetti?

Certo,  lo scorso anno ci è già capitato di fare un concerto di questo tipo durante il quale ci siamo avvalsi della collaborazione di un’orchestra sinfonica. Vorremmo adattare gli arrangiamenti al nostro organico e proporli al pubblico. Mingus, Hendrix e Zappa sono musicisti diversi tra loro ma possono stare bene assieme, soprattutto se colorati dai nostri timbri e dal nostro modo di suonare. Stiamo pensando alla possibilità di presentare un live del genere durante la tre giorni di concerti che terremo a Roma a gennaio 2016; dobbiamo capire come organizzarlo anche dal punto di vista scenografico, ci piace curare anche l’aspetto visual del progetto, sarà il battesimo della trilogia e cercheremo di coinvolgere e divertire il pubblico il più possibile.

Quintorigo

Quintorigo

Alla luce di questo lungo percorso di ricerca che avete affrontato. Che tipo di discorso state portando avanti per il nuovo album?

Sarà sicuramente un disco di brani inediti anche perché i nostri “pochi” fans se lo aspettano e non vogliamo certo deluderli.  Per un musicista che reinterpreta un autore o che semplicemente si diverte ad ascoltare un disco di un grande autore, è inevitabile che la musica di questi si sedimenti, più o meno consapevolmente e che di conseguenza possa caratterizzare  in qualche modo la propria musica originale. Nel caso dei  mostri sacri che abbiamo reinterpretato, ciascuno di loro, sulla scorta di uno studio approfondito e filologico, ci ha regalato qualcosa: la tendenza all’improvvisazione libera e folle di Mingus, la straordinaria chiarezza di alcuni brani di Hendrix così come l’approccio sperimentale e contaminato di Zappa, sono caratteristiche che, qualora non le avessimo innate, ora le abbiamo sicuramente mutuate. In questa fase di scrittura ci stiamo rendendo conto che spesso salta fuori un fraseggio, un pattern, un groove ispirato a uno di questi tre artisti.

In che senso potreste definirvi “una spina nel fianco del panorama jazz italiano”. E’ una provocazione?

Certamente. Ci siamo affacciati sulla scena jazz mainstream italiana con il primo di questi album  non senza un po’ di timore reverenziale, consapevoli del fatto che spesso questa scena è abbastanza chiusa ed elitaria. Alla fine siamo stati smentiti da una calorosa accoglienza. Abbiamo suonato nei festival più importanti, a partire da Umbria Jazz, e questo disco, che ormai ha qualche annetto, ha anche conquistato diversi riconoscimenti. Non siamo jazzisti nel senso stretto della parola, il jazz è un mondo che ci ha sempre affascinato e che ritorna anche nel nostro modo di scrivere, risultiamo sicuramente atipici sia su un palco rock che su un palco jazz. In ogni caso siamo sempre stati ben accolti, questo ci ha portato a collaborare con musicisti di grandissima  fama come Enrico Rava, Antonelli Salis, Roberto Gatto, Gabriele Mirabassi, artistiche nel corso degli anni sono diventati non solo collaboratori ma anche fonti di ispirazione e amici.

Una serie di verbi potrebbe sintetizzare la vostra musica: cercare, inventare, sconvolgere, distruggere per poi ricostruire. Alla luce di ciò, come si svolge un vostro concerto? Cosa volete trasmettere al vostro pubblico e in che modo?

Uno dei nostri “pochi” punti di forza è sempre stata la voglia di trasmettere la nostra essenza con la musica dal vivo. Non che la cosa non emerga anche nei nostri lavori discografici però, da sempre, siamo una band live che ama stare sul palco e suonare in tempo reale, il nostro modus operandi è proprio espresso da questi verbi, forse anch’essi un po’ provocatori. Il musicista del XXI secolo ha il dovere di conoscere l’enorme passato musicale che gli appartiene per poi cercare la propria originalità spesso proprio ricostruendo, trasformando, distruggendo e ricomponendo il repertorio di autori importanti; questo è il nostro modo di scrivere e lavorare con grande apertura nei confronti di ogni forma di espressione purchè riconosciuta esteticamente valida. Abbiamo sempre avuto un atteggiamento di grande apertura attraversando la storia della musica dalla classica alla contemporanea, al rock, al jazz, al raggae. Certo, non è facile dire qualcosa di nuovo ma forse l’originalità risiede proprio in un’onesta e profonda conoscenza del passato.

Quintorigo

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Coinvolgerete anche Moris Pedrella nel nuovo progetto?

Sì, con lui ci siamo trovati molto bene fin da quando lo coinvolgemmo nel disco e nel live del progetto legato a Jimi Hendrix. Risulta chiaro che il gruppo risulta ormai da tanto tempo composto da noi 4 mentre il cantante è un elemento che scegliamo e aggiungiamo a seconda del progetto che andiamo a realizzare. In Moris però abbiamo trovato un musicista davvero molto preparato, lui è in grado di interpretare non solo i  grandi maestri ma anche il nostro repertorio.  Per il prossimo lavoro di brani inediti ci stiamo avvalendo della sua collaborazione anche in sede di composizione, siamo contenti ed entusiasti  di quello che sta uscendo fuori.

Facciamo il punto sui prossimi appuntamenti?

L’ 11/12 saremo all’Orion Club a Roma, il 12/12 a Cesena.  Ci sono date in trattativa a Perugia e  Prato, poi faremo tre giorni a Roma dal 29 al 21 di gennaio al Big Mama, sempre con Roberto Gatto come ospite. In linea generale vorremmo continuare questo tour vita natural durante perché abbiamo bisogno di suonare dal vivo, è una cosa che ci manca nei momenti in cui ci fermiamo.  La nostra politica segue l’idea di tour perenne,  il live è la nostra vita.

Raffaella Sbrescia

Emma presenta Adesso: un album curato, intenso e consapevole. L’intervista

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Esce oggi 27 novembre “Adesso” (Universal Music). Il nuovo lavoro discografico di Emma Marrone è molto più di un semplice album, è la testimonianza tangibile di un inarrestabile percorso di crescita umana e artistica. Emma fa sul serio e lo fa con stile e competenza. Dalle tredici tracce che compongono l’album, in cui l’artista si è messa in gioco come autrice, interprete, musicista, produttrice lavorando fianco a fianco con il produttore Luca Mattioni, si evince una forte potenza espressiva ma soprattutto un sound davvero molto curato, coinvolgente e di respiro internazionale, frutto della collaborazione costante e generosa con il sound engineer Matt Howe che ha mixato l’album e che insieme a Mattioni ha sostenuto i desideri di un’artista pronta a sperimentare senza timori. Figlio di notti trascorse a lavorare, “Adesso” è l’album del canto consapevole, la polaroid di un’artista coraggiosa che sa quello che vuole e come ottenerlo.  Canzoni intense e sofisticate, ballate melodiche, groove elettronici si alternano in un susseguirsi di atmosfere che cambiano di canzone in canzone. Oltre ad accogliere storie scritte interamente da Emma, come la title track “Adesso (Ti voglio bene)”, e condivise, come “Per questo paese” scritta con Amara, Cheope e Giuseppe Anastasi e “Il paradiso non esiste”, con Diego Mancino e Dario Faini, “Adesso” racchiude al suo interno tante firme importanti come quella di Giuliano Sangiorgi in “Facciamola più semplice”, Giovanni Caccamo e Alessandra Flora in “Finalmente”, Ermal Meta, che ha firmato rispettivamente con Dario Faini e Matteo Buzzanca i primi due singoli “Occhi profondi” e “Arriverà l’amore”, Alessandra “Naskà” Merola in “Che sia tu” e “Argento adesso”, i fratelli salentini Nicco e Carlo  Verrienti che hanno scritto “In Viaggio” e la traccia di chiusura “Poco prima di dormire”. Stefano “Zibba” Vallarino, Giulia Anania e Marta Venturini sono gli autori di “Io di te non ho paura” mentre  Ancora Diego Mancini e Dario Faini hanno scritto “Quando le canzoni finiranno”. “Adesso” è, in sintesi, il risultato di due anni di vita che Emma ci ha raccontato nella bellissima Suite di Palazzo dei Segreti a Milano.

Intervista

Perché “Adesso” arriva a distanza di due anni e mezzo da “Schiena”?

 Avevo bisogno di fare un disco in maniera diversa, per me stessa. Arrivo da cinque dischi in sei anni, dai concerti ai dvd a condivisione di palco con colleghi e amici. Il bello di questo disco è che ho avuto il tempo di amarlo, odiarlo, capirlo. La gente s’immagina la cantante che entra in studio, canta e impacchetta il disco invece non è così, mi sono presa tempo per entrare veramente dentro le canzoni. In questo disco non c’è nulla di forzato, ho ascoltato circa 400 provini, ho risposto a tutti e mi sono sentita libera di scegliere tra brani pop ad altri con contaminazioni indie, comprendendo anche canzoni prettamente cantautorali.

Cosa è cambiato in questo lungo periodo?

Parto dal presupposto che siamo tutti predisposti al cambiamento. Si cresce, si matura, si assumono consapevolezze diverse e nuove. Io mi sento cambiata rispetto a due anni fa. Ho voluto prendermi questo tempo per capire che direzione volessi prendere a fare delle scelte artistiche  precise. Ho voluto fermarmi e considerare il fatto che volessi comprendere a pieno il senso del mio lavoro. In linea più generale sono molto melodrammatica, passo dalla battuta che fa ridere tutti a momenti di vuoto e di sconforto. Ogni tanto per capire il senso delle cose devo andare proprio a picco. Se non accetti il confronto con i tuoi demoni non capirai mai l’importanza della luce, alla fine è tutto un lavoro di costruzione di se stessi. Il mio percorso mi ha portata ad essere coraggiosa, ma soprattutto coerente, perché il coraggio necessita per forza di coerenza. In questo disco il coraggio si sente. Abbiamo fatto un lavoro diverso, ed è anche per questo che ci ho messo un po’.

Quanto c’è di autobiografico in questo album?

A dire il vero, molto poco. In “Adesso (Ti Voglio Bene)” racconto quanto sia importante considerare gli affetti personali, il valore della famiglia e del “ti voglio bene” che, ho capito, spesso ci dimentichiamo di dire. Viaggiando ed essendo spesso fuori casa, capita che telefono mia madre o qualche parente. In questo caso, mi sono resa conto che non mi capitava spesso di dire “ti voglio bene”.  L’altro brano che mi è stato cucito addosso è “Poco Prima Di Dormire”, scritto dai fratelli Nicco e Carlo Verrienti, che hanno saputo scrivere un pezzo che sento davvero mio, che parla di me. Per il resto, canto storie di cui è mi è capitato di essere partecipe o di cui sono venuta al corrente per caso.

L’aspetto più sorprendente del disco è la cura maniacale dei suoni…

L’80 per cento dell’elettronica presente nel disco è tutta analogica, frutto di una ricerca manuale; ho portato all’esaurimento Luca Mattioni in una maniera incredibile. Abbiamo fatto diverse volte le 4 di notte in studio, il groove l’abbiamo ricreato con musicisti che hanno suonato dal vivo con chitarre, basti distorti, tastiere, batterie. Il tocco d’autore l’ha dato Matt Howe, un grande ingegnere del suono,  ci chiamava da Londra gasatissimo poi è venuto anche in Italia alle Officine Musicali di Pagani e alle 17.00  in punto ci preparava persino il thè!

Anche la grafica del progetto è importante?

Rompo l’immaginario della diva: ci sono diverse anime che coesistono. A 31 anni ho accettato il fatto di poter essere una figa anche io. Sono una ragazza che vive da sola e che quando torna da Milano a Roma svuota le valigie e stira per tre giorni di seguito. La copertina non è stata studiata, ero stanca e nervosa, volevo mostrare l’istinto e il sentimento che attraversa il progetto. Luisa Carcavale ha curato il progetto il modo eccellente e ha comunicato tutto il senso racchiuso in questo disco.

Durante la fase di produzione del disco, avevi già in mente alcune idee per i live? 

Si, sono due lavori che faccio contemporaneamente, penso subito a come potrei rendere il senso del brano a cui sto lavorando. Lo ritengo un lavoro fondamentale che non amo suddividere in fasi. Spesso mi capita anche di avere delle immagini improvvise, delle idee che poi cerco di proporre al team con cui lavoro e che cerco di realizzare sul palco. Non suonerei mai il disco così com’è, mi annoierei a morte.

Cos’è per te il palco?

Un  posto sacro. Sul palco comandano i backliners e i fonici. Il palco è di chi lo monta, di chi lo gestisce. In genere quando sono in tour alle 16.00 sono già al Palazzetto, quando andiamo in allestimento seguo la costruzione della struttura perchè voglio conoscerla a fondo…

Perché “Argento Adesso” è l’outsider del disco?

Non ha una costruzione standard e non sarà mai un singolo. Per la prima volta parlo di sessualità senza essere fuori luogo, anche le donne hanno le stesse esigenze degli uomini. Mi sono sentita molto sensuale nel cantarla e dal vivo sarà una super bomba così come è successo con “Schiena”, il brano durante il quale facevo robe pazzesche sul palco.

Com’è arrivato il brano di Giuliano Sangiorgi?

Le cose arrivano perché c’è un senso, c’è un bisogno, c’è un’attitudine, in generale comunque non chiedo mai niente a nessuno. Non era un obbligo una sua canzone, ci conosciamo da 15 anni ma non significava che dovesse scrivere anche per me. Un pomeriggio mi  ha chiamato e mi detto: “Ho scritto un brano per te, dammi la tua mail che te lo mando, se ti fa cagare dimmelo che non mi offendo”. Me l’ha mandato, l’ho ascoltato più volte, l’ho richiamato e gli ho detto: “Tranquillo, non mi fa cagare me lo tengo”. Tra le varie cose Giuliano mi ha anche lasciato la produzione del brano, mi ha detto: “ Fai quello che vuoi”;  anche Caterina Caselli mi ha fatto i complimenti.

“Per questo paese” è il brano a sfondo sociale…

Non è la prima volta che ci metto la faccia per parlare del sociale, l’ho fatto con “Non è l’inferno” al Festival di Sanremo, ho partecipato  a “Se non ora quando”, non è un segreto la mia amicizia con Concita de Gregorio. Mi sento rappresentante della categoria dei giovani che si rimboccano le maniche e fanno delle cose. Questo pezzo è una visione sociale di due donne di trent’anni, Amara mi ha mandato una mail con scritto: “In Italia lo puoi cantare solo tu”. Ho chiesto di inserire anche cose più toste e pragmatiche, ho cambiato il ritornello, ho aggiunto la strofa sull’omofobia e sui problemi delle coppie omosessuali. Niente di politico c’è tanto sociale, storie che conosco, storie di persone che studiano e lavorano e di cui non parla mai nessuno. Questo brano è anche un modo per dire” nonostante tutte le offese noi questo paese lo amiamo”. In un’Italia così esterofila è bello quando i giovani rimangono legati alla propria cultura.

“Io di te non ho paura” invece  è contro la violenza sulle donne

Il giorno dell’elezione di Papa Francesco ero in auto con alcune amiche a Roma, all’improvviso un uomo ha cominciato a picchiare una donna, nessuno interveniva, io sono scesa dalla mia auto e sono intervenuta a mani nude per poi riaccompagnare la donna a casa. Ho scelto questo brano perché della violenza sulle donne non si deve parlare solo il 25 novembre, bisogna ritornare un po’ all’educazione civica. Gli esempi valgono più delle parole.

Cosa ci dici di “Quando le canzoni finiranno”?

In questo brano la mia voce si lacera. Se dovessi suddividere il disco in capitoli, questo sarebbe quello del cinema. Mi immagino una grande Mariangela Melato che si esprime al massimo delle sue capacità. Mi  piacerebbe inserire un brano di questo album in un film che parla di qualcosa di vero e di forte.

 In “We Love Disney” hai cantato con Antonino una canzone di Aladdin. Qual è il tuo personaggio Disney  preferito?

Mi sento un po’ Dumbo, sicuramente non una principessa.

Hai pensato di cantare “Poco prima di dormire” a fine concerto?

Sì, sarà sicuramente la traccia che chiuderà il live durante il tour perché sembra quasi fatta apposta. Non a caso nella parte finale ci sono gli archi, le voci dei miei fan prese dal 3.0. e gli applausi di uno dei miei ultimi dvd. Sì, sarà il brano che chiuderà il tour e io me ne andrò piangendo dal palco.

Raffaella Sbrescia

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Le date confermate dell’#AdessoTour sono: 16 e 17 settembre (Forum di Assago, Milano), 23 e 24 settembre (PalaLottomatica, Roma) e 30 settembre e 1 ottobre (Pala Florio, Bari).

Gli appuntamenti con il tour instore sono: il 28 novembre al Centro Commerciale Porta di Roma (Roma), il 30 novembre al Centro Commerciale Campania di Marcianise (Caserta) e l’1 dicembre al Centro Commerciale Casamassima di Casamassima (Bari).

La tracklist del disco:

01. Adesso (Ti voglio bene)
02. Occhi profondi
03. Quando le canzoni finiranno  04. Facciamola più semplice
05. Finalmente
06. Arriverà l’amore
07. In viaggio
08. Io di te non ho paura
09. Per questo paese
10. Argento adesso
11. Il paradiso non esiste
12. Che sia tu
13. Poco prima di dormire

Video: Arriverà l’amore

Intervista ai Simple Plan: “Stiamo lavorando al meglio per il nuovo album”

Simple Plan - Main Pub 1 - Photo Credit - Chapman Baehler

Simple Plan ph Chapman Baehler

I Simple Plan, la band pop/punk canadese che ha venduto milioni di dischi in tutto il mondo torna dopo quattro anni dall’ultimo album “Get Your Heart On!”  torna con il nuovo singolo “I Don’t Want To Go To Bed”, in radio da venerdì 23 ottobre. Il divertente video che accompagna il singolo è un omaggio a ‘Baywatch’, uno dei telefilm più amati degli anni ’80, e vede anche la  partecipazione straordinaria di David Hasselhoff. La band, che il prossimo febbraio 2016 pubblicherà un nuovo album di inediti, ha incontrato alcuni giornalisti a Milano.

Intervista

Siete reduci da un biennio piuttosto impegnativo… qual è il bilancio e in che modo queste ultime esperienze influenzeranno il nuovo album?

Abbiamo girato il mondo dal 2013 al 2015 ed è stato un periodo davvero intenso che ci ha fortemente ispirato. I temi e i suoni non si distanzieranno molto dal passato in compenso il disco è stato registrato con più attenzione e con la ferma volontà di fare la differenza in un momento in cui la scena Pop Punk non vive un periodo florido. Ci saranno anche delle collaborazioni con artisti che ci piacciono, sarà un disco che piacerà ai nuovi ma soprattutto ai vecchi fan, per noi questa è una fase di crescita, non faremo solo canzoni spensierate, nell’album tratteremo anche tematiche importanti.

Perché avete scelto di lanciare alcuni singoli prima dell’uscita del disco?

Volevamo far sapere al nostro pubblico che continuiamo a scrivere e che stiamo lavorando al meglio.

Dopo tanti anni godete ancora della stima di tante persone. Sarà forse per la grande energia che mettete nella vostra musica e nei vostri live?

Sì, chi ci segue è ormai parte della nostra carriera e della nostra vita. Ogni giorno viviamo un sogno di cui siamo grati ad amici e ai fan che ci danno l’energia per dare il massimo sia sul palco che in studio.

Siete molto attivi sui social media…per voi che non siete dei “nativi digitali” cosa significa interagire con il pubblico tramite il web?

Ci piace sentire le opinioni dei fans! Certo, può essere anche pericoloso, è facile sentirsi fighi ma è altrettanto facile non esserlo affatto.  La gente tende a essere molto diretta sui social ma, per fortuna, con noi sono piuttosto benevoli. La potenza dell’informazione digitale è ormai più forte della stessa musica, vorremmo concentrarci solo sul lato artistico del nostro progetto ma non è davvero più possibile. Cerchiamo di condividere sempre buoni contenuti.

Come rispondete alla forte negatività che ci circonda dopo gli ultimi tragici fatti di cronaca?

Noi ci divertiamo con la musica, siamo aperti e accogliamo persone di nazionalità diverse. Tutte cose che ai terroristi non piacciono. La nostra civiltà considera la musica qualcosa di sacro e di speciale. Noi come band, e in quanto artisti,  dobbiamo solo continuare a suonare e a far divertire le persone.

 Raffaella Sbrescia

Video: I don’t Wanna Go To Bed

Giuliano Crupi presenta “Possibilmente guardo il cielo”. L’intervista al cantautore

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Pubblicato lo scorso 28  Settembre 2015 in  tutti  gli store digitali “Possibilmente  Guardo  il  Cielo” è il primo album del cantautore Giuliano Crupi, prodotto dal Maestro Maurizio Filardo per l’etichetta Mafi Srl. L’album  è  composto  da  dieci  brani  ed è  frutto  di  quasi  due  anni  di  lavoro,  tra  scrittura,  scelta  dei  brani,  ricerca  dei  suoni, pre-produzione e produzione stessa e, pur avendo una connotazione sonora specifica, sia elettronica che acustica, al  suo  interno troviamo diversi generi  musicali. Ogni canzone è un inno alla vita e la sintesi del percorso umano e artistico dell’artista, il cui intento è trasmettere messaggi di positività, amore, forza e speranza, anche nelle poche canzoni in cui si intravede malinconia. L’idea  del  titolo  dell’album  -Possibilmente  Guardo  il  Cielo  – nasce da una riflessione  dell’artista circa l’evoluzione o meglio l’involuzione della società negli ultimi anni. “Possibilmente Guardo il Cielo” si prende l’arduo compito di dare diversi input positivi, soprattutto ai giovani.

Intervista

Come sono andati questi due anni di lavoro con Maurizio Filardo?

Ci siamo conosciuti ad un Master di cui lui era docente, avrei dovuto  frequentare il primo anno di questo corso, poi ho rinunciato per motivi personali per poi tornare l’anno successivo quando Filardo era docente.  Il nostro incontro è il frutto di una strana e fortunata coincidenza.  Dopo avergli fatto ascoltare dei brani che non sono in questo album, abbiamo deciso di lavorare insieme e, fin dal primo momento, Maurizio mi ha spronato a tirare fuori qualcosa di diverso rispetto a quello che pensavo di essere. Lavorare con lui mi ha dato tanti input ma soprattutto un approccio critico verso me stesso.

II titolo del disco “Possibilmente guardo il cielo” è provocatorio?

Sì, certo. Avevo questa frase in testa da molto prima di decidere il nome dell’album, me sono anche tatuata sul braccio. Questa illuminazione mi venne in mente un giorno mentre ero in metro a Roma. Mi piace molto guardare le cose e le persone ma noto spesso la tendenza di tutti a tenere la testa bassa su telefoni, tablet e giornali… nessuno rivolge lo sguardo verso l’altro! Certamente è una provocazione ma è anche un  invito a sognare e ad apprezzare la vita.

Quale tipo di veste sonora hai scelto per il tuo album d’esordio?

Sono arrivato in studio con dei provini realizzati a casa poi io e Maurizio abbiamo deciso di dare a questi brani degli abiti che non fossero prettamente pop. Ci sono pochissime tastiere, molte chitarre e tanta elettronica.

Giuliano Crupi

Giuliano Crupi

Parliamo dei testi a partire da “Io sono imprevedibile”…

La prima traccia del disco parte da una consapevolezza che ho acquisito nel tempo grazie all’ esperienza ma anche lavorando tanto su me stesso. La ciliegina sulla torta è arrivata quando ho visto il film “Yes man” di Jim Carrey. Questa pellicola mi ha totalmente ispirato e, sull’onda di quell’entusiasmo, ho scritto una canzone che rappresenta un inno alla vita. Il brano è un concentrato di tre minuti e mezzo in cui è sintetizzato tutto ciò che io penso della vita, l’atteggiamento vincente che  dovrebbero avere un po’ tutti: “La vissuta va vissuta intensamente, il tempo non si compra da nessuna parte usalo come se un domani non ci fosse”.

“C’è chi vuole fare l’artista per fama c’è chi lo fa perché ama”?

Il brano racchiude una metafora che si può riferire a qualsiasi ambito lavorativo. Parlando della musica, in questo momento storico chiunque può creare una base musicale o scrivere un testo. Io mi sento artista nell’anima, non ho mai pensato di farlo pensando di avere successo e fare i soldi facili, un artista mira a raggiungere quante più persone possibili perché ha voglia di trasmettere un messaggio, non lo fa solo per la fama.

In “Merito più di te”, di che tipo di privè parli?

Ognuno può leggerci qualcosa di diverso in base al proprio vissuto. Questo è, tra l’altro, uno degli aspetti che mi piacciono di più delle canzoni.  In questo caso il testo  si rifà ad un messaggio inviatomi da una ragazza che frequentavo e che, pur non conoscendomi a fondo, mi accusava di chiudermi in me stesso senza aprirmi a lei. Ecco, tante volte restiamo chiusi in un privè isolandoci dall’esterno ma, ripeto, le interpretazioni possono essere davvero le più svariate.

Tutto l’album è attraversato da un messaggio positivo e di speranza…

E’ stato bello ma anche faticoso guardarmi dentro e tirare fuori le emozioni più incredibili e inaspettate; scrivere una nuova canzone è ogni volta un’esperienza unica e  un  viaggio  sempre  uguale  e  sempre diverso  allo  stesso  tempo,  una  seduta  dallo  psicologo,  un mettersi in discussione, una ricarica di energia, di buon umore, una liberazione senza tempo.

Giuliano Crupi

Giuliano Crupi

Come hai vissuto questi anni e come vivi questo passaggio che per te potrebbe rappresentare una svolta?

Questi anni sono stati abbastanza difficili per tante cose, le difficoltà comunque servono a farti capire il significato vero della vita. Ho fatto tanti sacrifici perseguendo un obiettivo non facile e ora mi sento più propositivo che mai…

Studi anche doppiaggio?

Sì, ho intrapreso questo percorso da circa un anno e mezzo e mi piace davvero tanto. Spero che a breve possano presentarsi le prime piccole occasioni per testare e dimostrare il mio livello di preparazione!

Cosa ascolti e cosa leggi?

Ho letto quasi tutto di Charles Bukowski  perché ritengo che sia un artista capace di raccontare la verità. La prima cosa che un artista deve trasmettere è la sua verità; io, ad esempio, non potrei cantare o scrivere una cosa che non penso, non potrei farlo. Per il resto ho sempre voluto ascoltare tante cose, penso che ascoltare artisti simili potesse influenzare inconsciamente la mia musica, non ho mai voluto legarmi ad un artista in particolare.

Cosa stai preparando per i tuoi concerti?

In questo momento stiamo provando e stiamo cercando di rendere il suono dei pezzi nuovi vicino a quello dell’album. Adoro l’idea di poter suonare in un luogo intimo, posso comunicare con il pubblico in modo più diretto, la ritengo un’esperienza veramente importante.

 Raffaella Sbrescia

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Tracklist

1) Io sono imprevedibile

2) Giorno dopo giorno

3) Questa strana giostra

4) Merito più di te feat. Lucci Brokenspeakers

5) Le cose che non so spiegare

6) Come un prestigiatore

7) L’età è convenzione

8) Niente è importante

9) Somiglianze

10) La principessa e il rospo

Video: La principessa e il rospo

L’energia cosmopolita di Senhit. Intervista

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Senhit

Senhit Zadik Zadik, in arte Senhit, ha alle spalle quindici anni di carriera, dai palchi di musical come “Il Re Leone” e “Hair” ai tour con personaggi come Massimo Ranieri, Stadio e Zucchero, fino alla svolta solista in cui riversa tutta la sua energia su canzoni in lingua inglese con un sound pop elettronico internazionale. Bolognese di origine eritrea ha intrapreso un percorso artistico tra pop, soul, rock e elettronica attirando l’attenzione di grandi produttori americani, italiani e inglesi. Attualmente sta preparando il nuovo tour italiano e sta lavorando a nuovi brani con produttori di fama come Steve Daly & Jon Keep (tra i lavori recenti Christina Aguilera e Lana Del Rey) e Brian Higgins (Kaiser Chief, Kylie Minogue, Pet Shop Boys). Ecco cosa ci ha raccontato al telefono.

L’intervista

Dopo tanti anni trascorsi cantando in lungo e in largo, cosa bolle in pentola?

Ci sono un sacco di belle novità! Adesso sono a Milano, sto lavorando ad alcune incisioni di brani già “promossi”. C’è in corso un tour promozionale partito la scorsa estate, l’abbiamo ripreso con un team completamente nuovo, con musicisti nuovi e andremo avanti fino alla primavera prossima. Ci sarà un singolo nuovo, caratterizzato da un mood internzionale, la formula è un pop- rock energico e sono veramente molto eccitata.Il progetto è bellissimo e il team è una bomba.

Come hai organizzato la scaletta e il concerto in generale?

Ci saranno i miei nuovi pezzi inediti, scritti da grandi autori e compositori. Il live dura circa un’ora e partiamo con dei brani carichi senza dimenticare una bellissima ballad intitolata “Please stay”.  Il set è molto  semplice, essenziale e misurato, perfetto per concerti  in location piccole e intime,  inoltre c’è un bel gioco di luci. In linea generale cerco sempre di coinvolgere molto il pubblico, io per prima sono un’assatanata, salto come una pazza e credo di perdere tre chili ogni volta che faccio un concerto.

Quali sono i temi che senti più tuoi, quali sono i messaggi che ami trasmettere a chi ti ascolta?

Il mio repertorio rispecchia la mia età in maniera leggera e divertente. Non ci sono pezzi di spessore, canto la vita in maniera spontanea e autoironica.

Come stai lavorando con i tuoi collaboratori?

Nasco come interprete quindi la nostra è una collaborazione spalla a spalla. Sono privilegiata perché le canzoni mi vengono letteralmente cucite addosso.

La tua identità cosmopolita quanto influenza la tua musica?

Tantissimo, anche perché sono una vera spugna. Ogni volta torno a casa  piena di cose, pensieri, spunti, esperienza. Di recente sono stata in Germania perché sono molto legata ai musical, genere che appartiene al mio passato e che ho congelato solo momentaneamente. Ho mantenuto bei rapporti con i colleghi e, dato che c’era la prima di “Rocky”, sono andata a trovarli.

Cosa ci dici a proposito del fatto che tanti artisti italiani trovano spazi lavorativi in Germania?

Parto dicendo che il musical in Germania è stata un’ esperienza indimenticabile. Ero molto giovane e facevo il “Re Leone” pranzando con Elton John; la cosa la dice lunga sul tipo di contesto che si può venire a creare. Tantissimi italiani adesso fanno produzioni in Germania, ci sono tanti talenti, soprattutto nel mondo del teatro, che qui non vengono proprio considerati e che si devono spostare in Germania, una nazione che non smette di accogliere artisti in quanto tali. Ho detto che la mia esperienza è congelata perché mi piacerebbe fare un musical in Italia ma qui non c’è ancora il tipo di cultura necessaria nonostante David Zard sia riuscito a creare una certa frattura con il passato grazie a “Notredame de Paris” e “Romeo e Giulietta”.

Raffaella Sbrescia

Video: Please stay

Intervista a Omar Pedrini: “Chiudo il tour e poi mi dedico solo al nuovo album”

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Lo Zio Rock Omar Pedrini questa sera chiuderà il tour “Dai Timoria a Londra” al Druso di Ranica (inizio ore 22; ingresso 10 euro). Il concerto sarà ulteriormente arricchito da diversi ospiti a sorpresa. Tra gli altri Domenico Fiore, la “ragazza rock” Ambra Marie e il rapper Dargen D’Amico. Ecco cosa ci ha raccontato Omar durante una piacevolissima chiacchierata al telefono.

Oggi si conclude il tour. Qual è il bilancio finale?

La cosa fondamentale da dire è che non mi aspettavo assolutamente un sostegno così forte da parte del pubblico. Anche se il disco “Che ci vado a fare a Londra” ha riscosso subito un grande riscontro sia in radio, sia in termini di vendite, sono comunque sorpreso dai risultati. La cosa più bella è aver ritrovato i vecchi fan dei Timoria. Sono riuscito a riunire diverse generazioni in un solo concerto, è stato bellissimo vedere i vecchi fan, ormai quarantenni e con i figli piccoli al seguito, insieme al pubblico nuovo che magari mi ha scoperto con l’ultimo album.

Un’avventura live arrivata dopo un periodo molto difficile…

Sì, voglio ricordare questa cosa per dare uno stimolo a chi soffre e a chi sta male. Quando sono stato male e mi sono dovuto operare subendo un intervento molto pericoloso e delicato, ero sul palco per la trentottesima data di un tour che mi stava dando tantissime soddisfazioni. Dopo tutto il faticoso iter che è ne è conseguito, ho ricominciato direttamente dalla trentanovesima data, ovvero dal punto esatto in cui il destino mi ha fatto smettere.  Oggi siamo alla cinquantaduesima data e, vista l’occasione importante, ho deciso di invitare un po’ di amici. Ci saranno ospiti, poeti, attori, musicisti perché mi piace mescolare e contaminare le arti. La festa sarà aperta dagli Spleen, un gruppo che sto producendo io  e di cui sono molto contento,  erano 15 anni che non producevo dei gruppi e questo segna un mio ritorno alla produzione.

La tua natura artistica viene costantemente contaminata anche dal forte legame che hai con il territorio?

Certo! In passato ho fatto anche un programma televisivo per due anni su Gambero Rosso; si chiamava Gamberock, giravo l’Italia e  facevo conoscere al pubblico non solo le eccellenze enogastronomiche ma anche quelle umane come possono esserlo poeti, pittori, cantanti, intellettuali. L’esperienza si è ripetuta anche  in versione radio con il programma “Contromano” su Rai Isoradio e mi ha addirittura fatto vincere il premio Cuffie d’Oro.

Lo rifaresti?

Sì ma adesso però non ho tempo. Ho accantonato un po’ tutto in nome della musica. Ho mantenuto solo la docenza in Cattolica, dove ormai insegno da 12 anni e  la collaborazione con Sky Arte,  dove ogni tanto realizzo delle interviste a rockstar straniere.

Omar Pedrini

Omar Pedrini

Che rapporto hai con i tuoi allievi?

Mi emoziono sempre a sentirli, gli lascio il cuore ogni anno. Loro non lo sanno ma anche uno zio come me, che comincia ad avere una certa età,  impara sempre qualcosa. Adoro i giovani di oggi, sono delle bombe. Tutte le generazioni hanno il vizio di credere di poter plasmare i propri figli invece no: ogni generazione ha le sue bellezze e le sue bruttezze e merita di fare il proprio percorso liberamente.

È vero che la musica è tua moglie e le altre arti sono le tue amanti?

Assolutamente! La musica è un amore che mi mancava. Il teatro, il cinema, l’insegnamento, la radio, la tv, la poesia sono le mie amanti, la musica è mia moglie. Quando mi chiama la moglie non mi pesa affatto abbandonare tutto il resto. Siccome il mondo della musica è tornato a cercarmi, mi ci voglio dedicare h 24/24. In futuro ricomincerò a fare radio, tv e teatro.

Com’è nato il duetto con gli Stil Novo?

Sono un gruppo di amici, spesso presenti ai miei concerti. Ci siamo conosciuti poi un giorno mi hanno invitato in studio, ho sentito che sono bravi, ho visto che hanno dei testi intelligenti e impegnati, così come lo è “La guerra è un mestiere” e mi sono divertito a duettare con loro; gli ho detto che è un po’ la “Generale” di De Gregori  fatta con lo stesso sarcasmo. Gli faccio il mio in bocca al lupo!

Cosa ci dici del nuovo album?

Il nuovo progetto rappresenterà la chiusura della parentesi londinese. Dopo quattro anni le canzoni  sono già quasi tutte pronte, c’è un’influenza british, un sound vicino agli anni’70, che rispetta l’attuale trend londinese, e non mancherà la psichedelia. Ci saranno anche delle collaborazioni e penso che usciremo ad aprile. Ovviamente ci sarà anche il pezzo realizzato insieme a Noel Gallagher, s’intitolerà “Oh Cecilia” e sarà forse uno degli episodi più importanti dell’album.

Raffaella Sbrescia

Video: Che ci vado a fare a Londra?

I Modà presentano “Passione maledetta”, un album schietto dal suono più autentico

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«Passione Maledetta non sarà un disco fighetto o impegnato, io non sono un musicista, l’ho sempre detto, ma un “orecchista”: cerco di fare al meglio quello che faccio. Di diverso questo disco, forse, avrà che suonerà un po’ più live. Ripeto, se qualcuno si aspetta un disco impegnato o figo ne rimarrà deluso, se invece uno si aspetta un disco in pieno stile Modà, credo che questo sia il più bello che abbiamo mai fatto».  Con queste parole Kekko Silvestre ha introdotto “Passione Maledetta” (Ultrasuoni/Artist First), il nuovo album  di inediti dei Modà, in uscita il prossimo 27 novembre e distribuito in 200.000 copie, a distanza di quasi tre anni dal multiplatino “Gioia”. Coerenza e schiettezza sono i cardini lungo i quali Kekko si muove da sempre e lo ha fatto anche ieri in occasione della conferenza stampa di presentazione del disco presso il Samsung District di Milano. Nelle dieci tracce che compongono questo nuovo lavoro,  anticipato dal primo singolo E non c’è mai una fine , rieccheggiano richiami a storie quotidiane ma anche numerose schitarrate, considerate il surplus ultra di tutto l’album.

Dopo aver conquistato il disco di diamante e aver venduto oltre 1 milione e mezzo di dischi, con 327 settimane ai vertici delle classifiche e 240 milioni di visualizzazioni su Youtube, i Modà si riaffacciano sulla scena musicale italiana apportando un po’ di cambiamenti. Dall’apporto di Calvetti per quanto riguarda l’aspetto legato alla produzione del disco al coinvolgimento di Topside Multimedia per la realizzazione dei quattro videoclip che andranno a comporre un’unica storia.

Modà

Modà

Presentandosi con  naturalezza e senza pretenziosità, i Modà hanno fatto ascoltare il disco alla stampa insieme a loro commentando brano dopo brano. L’apertura del disco è affidata a “Ti Passerà”: «Ho scritto questa canzone per il mio amico Insigne del Napoli, squadra di cui sono tifoso. Il brano risale a quando Insigne si è fatto male e non ha potuto giocare. Si tratta di un pezzo che vuole dare la carica e che per questo è adatto a tutte le persone che vogliono affrontare la vita con la giusta grinta o che hanno bisogno di essere motivate. In parte è anche autobiografico, anche io mi sono infortunato spesso con la musica» – spiega Kekko. «“È solo colpa mia” precede il singolo “E non c’è mai una fine”. Qui  il tema centrale è il senso di colpa che uno si porta dentro alla fine di una storia. Ci sono ricordi che, bene o male, ti lasciano sempre qualcosa.  Per quanto riguarda “E non c’è mai una fine” – continua – vorrei farvi notare il tocco che ha dato Davide Rossi attraverso gli archi. Lui aveva già fatto gli archi di “Viva la vida”, per intenderci». Subito dopo si arriva a “Francesco”, la canzone più significativa e più bella del disco: «Questo brano parla del passaggio da figlio a genitore» – racconta Kekko senza nascondere l’emozione. “Ho scoperto di essere vivo fuori e dentro anche grazie a te”, canta Kekko in  “California”, il brano che, all’interno di questo album,  è stato scritto per primo da Silvestre: «Il testo parla di un viaggio bellissimo che ho fatto l’anno scorso in “California”, per l’appunto. Il viaggio era partito male perché avevamo perso la coincidenza dell’aereo a Londra. Avevo deciso di prendermi una pausa perché avevo appena passato quattro anni davvero intensi, addirittura mi veniva da vomitare quando mi avvicinavo a un microfono. Questo viaggio mi ha permesso di capire che dentro ero ancora vivo e che avevo ancora tante cose belle da fare. Sono tornato con ancora più voglia di prima», ha spiegato il cantante. La title track è “Passione Maledetta”: «Questo brano dà il titolo al disco perché la passione, benedetta però, è alla base di tutto. Nella canzone racconto il contrasto tra due persone che intendono la passione in maniera opposta: per una si tratta solo di sesso, per l’altra c’è anche l’amore» – racconta – “Forse non lo sai” è, invece,  una canzone ignorante- continua Kekko –  Sai quando vedi una donna in minigonna e una coi Moon Boot e pensi che quella con la minigonna deve essere una cosa e invece quella coi Moon Boot è un’altra? Insomma, è una canzone che parla delle apparenze…».  Diversi sono gli interrogativi che si rincorrono in “Doveva andar così”: «Il protagonista è un uomo che si fa tante domande. La canzone dice quasi per tutta la canzone la stessa cosa. Ma, in realtà, quando sei nel bel mezzo di un dubbio e le strade sono due, le domande sono sempre le stesse  – spiega Kekko .  La penultima canzone del disco è  “Che tu ci sia sempre”: «Quando certe cose finiscono cerchi sempre di metterle via in un posto dove non te le può toccare nessuno – racconta Silvestre – Si sa che i romantici anche quando va tutto bene si tormentano sempre. Qui c’è il tormento di due romantici che non hanno voglia di dimenticarsi e che si parlano». La traccia di chiusura è “Stella cadente”: «La canzone d’amore più bella che io abbia mai scritto, la più matura, la più sentita. È difficile parlare delle canzoni e di questa preferisco non dire altro. Di sicuro, per quanto riguarda questo album, è la canzone che preferisco di più insieme a “Francesco”. Mi piacerebbe che diventasse quella con cui chiuderemo i nostri concerti in futuro» – conclude Kekko.  L’appuntamento live con i Modà è per  sabato 18 giugno 2016 allo Stadio San Siro di Milano. I biglietti sono disponibili su www.ticketone.it . Tutte le informazioni su www.fepgroup.it

Raffaella Sbrescia

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Video: E non c’è mai una fine

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