Enrico Ruggeri racconta il suo “viaggio incredibile” in attesa del tour nei teatri. Intervista

Foto Ruggeri

L’8 Marzo 2016, Ritratti di Note ha incontrato  Enrico Ruggeri a Giugliano, in provincia di Napoli, in occasione del firmacopie del nuovo album “Un viaggio incredibile”. Dopo il grande successo di pubblico e critica ottenuto al Festival di Sanremo, dove si è piazzato al 4° posto con il brano “Il Primo Amore Non Si Scorda Mai”, Enrico Ruggeri tornerà ad esibirsi live con un nuovo tour che prenderà il via il 2 aprile e vedrà al centro il progetto discografico “Un Viaggio Incredibile”: il doppio cd appena uscito composto da 9 inediti, alcuni tra i suoi più amati successi scelti dal repertorio discografico che va dal ‘86 al ’91, e 4 cover di David Bowie.

Intervista

“Un viaggio incredibile” è il tuo nuovo album, un doppio cd nel quale hai proposto nove inediti, una cover, quattro bonus track, tuo omaggio al grande David Bowie, e i tuoi successi del quinquennio 1986/1991.

Beh, finalmente qualcuno a cui non devo spiegare nulla e che ha citato perfettamente il contenuto dell’album… Si, l’album precedente “Pezzi di vita” conteneva un cd con le canzoni del quinquennio 1980/1985, quest’album  invece pezzi che vanno da “Rien ne va plus” , “Il portiere di notte” a “Quello che le donne non dicono”, “Peter Pan” e tanti altri. La cover è ‘A Canzuncella degli Alunni del Sole, la canzone che ho cantato anche a Sanremo nella serata dedicata alle cover, e che è un omaggio a Paolo Morelli, leader di questa band, che a mio avviso è stato un artista sottovalutato e forse anche un pò  dimenticato. Le quattro canzoni di David Bowie rappresentano un po’ i primi amori, quelli che non si scordano mai, per citare la canzone in gara a  Sanremo. Bowie, con Lou Reed è tra gli artisti che ho ascoltato, poi è arrivato il Punk, la voglia di cambiare e tutto questo ha influenzato me ma un po’ tutti. Nel primo cd, proprio come dicevi tu, ci sono i nove inediti, tra cui “Il primo amore non si scorda mai”.

 “Un viaggio incredibile” può essere un viaggio reale, un volo su Vienna, o un viaggio in mondi immaginati dal finestrino di una metro, come nella canzone “Il cielo di ghiaccio”.

Si, “Il cielo di ghiaccio” parla proprio di questo, di un viaggio immaginario. Io vivo in una città come Milano  proverbialmente piovosa e nebbiosa, il clima non è la cosa migliore di questa città e spesso  vedo persone con lo sguardo rivolto da un’altra parte mentre magari sono in tram o metro. In questa canzone c’è il contrasto tra questi pensieri, queste facce, e una musica un po’ caraibica. Ho immaginato persone che vogliono magari tornare nelle loro terre d’origine, Cuba, Sudamerica, Caraibi, Asia, ma non possono, magari perché lì non c’è lavoro. E poi c’è il volo su Vienna, che è un viaggio diverso; celebra una follia degli inizi del secolo; l’idea mi è venuta quando sono stato a casa di D’Annunzio, al Vittoriale, dove ho tenuto un concerto e ho visto questo aereo, fatto di  pezzi di ferro, dei tubi con dei lenzuoli, un aereo che noi non prenderemmo nemmeno per fare pochi metri. Eppure D’Annunzio, senza strumenti, è partito con  questo aereo per andare in fondo a fare uno scherzo. E’ arrivato a Vienna e ha buttato dei volantini per prendere un po’ in giro gli Austriaci che avevano perso la Prima Guerra  Mondiale, ha girato l’aereo e mentre gli sparavano è ritornato in Italia. Una grande avventura che è diventato il terreno ideale per scrivere una canzone.

Enrico Ruggeri

Enrico Ruggeri

Un’altra voce evocativa si unisce a quella di Enrico Ruggeri in questo disco; è la voce di Francesco Pannofino nella canzone “La linea di meta”.

Si, questa è una canzone sul Rugby; non che io segua il Rugby tutti i giorni, ma questo è uno sport particolare, uno sport in cui si vince tutti assieme, non ci sono grandi star, devono essere tutti forti, si deve fare fronte comune, e questa è una cosa affascinante. Avevo bisogno di una voce narrante e il mio amico Francesco Pannofino, la voce del cinema per eccellenza, è venuto a darmi una mano…

Dal 2 Aprile parte anche il tuo nuovo tour, che ti riporterà a Napoli il 19 Aprile al Teatro Delle Palme. Puoi già anticiparci qualcosa sul concerto?

Ti confesso che ancora non ho iniziato le prove, ma l’idea è presumibilmente quella di suonare le canzoni del nuovo album e le canzoni che immagini la gente voglia sentire. Devo ancora costruire il tutto ma tra pochi giorni si inizia a provare. Sarò in concerto a Napoli il 19 Aprile;  tra l’altro è anche il giorno del compleanno di mio figlio ma gli ho detto: “Napoli chiama e io devo andare”…

Enrico, non celebriamo ma citiamo l’8 Marzo. Tu hai scritto una canzone meravigliosa che è “Quello che le donne non dicono”. Dove vanno a finire le parole che le donne non dicono?…

A volte finiscono negli errori che fanno gli uomini; il mondo femminile è un mondo al quale molto spesso gli uomini non si sanno adeguare; spesso non c’è rispetto e ci sono incomprensioni che talvolta sfociano nelle tragedie. Nonostante questo, uomo e donna  sono due universi che hanno bisogno l’uno dell’altro, che devono convivere remando dalla stessa parte.

Video:Il primo amore non si scorda mai

La canzone che hai portato a Sanremo “Il primo amore non si scorda mai” parla del cambiamento, linfa vitale dell’esistenza…

Si, parla del cambiamento, del fatto che noi siamo quello che ci è capitato, quello che abbiamo vissuto: il primo amore, ma anche il primo concerto che abbiamo visto, la prima volta che abbiamo dormito fuori casa, tutta una serie di emozioni che sono poi quelle che ci hanno forgiato l’anima…

Giuliana Galasso

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Un Viaggio Incredibile – Tracklist

      CD 1

Il primo amore non si scorda mai

Il Volo su Vienna

La linea di meta

La Badante

Non c’è pace

Il cielo di ghiaccio

La nostalgia del futuro

Dopo di me

Un viaggio incredibile

‘A canzuncella

Bonus Track – Tributo a David Bowie

Life On Mars?

The Jean Genie

All The Young Dudes

Diamond Dogs

      CD 2

1) Rien ne va plus

2) Il portiere di notte

3) Non finirà

4) La canzone della verità

5) Quello che le donne non dicono

6) Giorni randagi

7) Lettera dal fronte (ta-pum)

8) I dubbi dell’amore

9) Marta che parla con Dio

10) Ti avrò

11) Punk prima di te

12) Notte di stelle

13) Trans

14) Prima del temporale

15) Peter Pan

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Queste le prime date del tour confermate: il 2 aprile a MAIOLATI SPONTINI – AN (Teatro Spontini); il 4 aprile a LEGNAGO – VR(Teatro Salieri); l’11 aprile a TORINO (Teatro Colosseo); il 19 aprile a NAPOLI (Teatro delle Palme); il 20 aprile a FIRENZE (Teatro Puccini); il 27 aprile LUGANO (Palazzo dei Congressi); il 28 aprile a BERGAMO (Teatro Creberg); il 30 aprile a MESTRE – VE (Teatro Toniolo); il 4 maggio a ROMA (Auditorium Parco della Musica); il 6 maggio a MILANO (Teatro Nazionale). Biglietti disponibili su ticketone.it e prevendite abituali.

Intervista a Marco D’Anna: “La mela è un disco per non piangersi addosso”

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Ritratti Di Note ha incontrato il cantautore napoletano Marco D’Anna. Dopo la fortunata esperienza con la band “Titoli Di Coda”, Marco, impegnato attualmente al Teatro Bellini di Napoli con il collettivo musicale “Be Quiet”, ha pubblicato il suo primo album da solista intitolato “La Mela”.

Intervista

Marco, quest’album è un inno alla semplicità. Dal punto di vista musicale e dei testi è profondamente “essenziale”…

 Si, ho deciso da subito di fare un disco che avesse della verità; è stato davvero ritoccato molto poco. Le imperfezioni che ci sono le ho lasciate così perché si sentisse che è un album vero; è quasi un disco live… Abbiamo registrato il trio di base pianoforte, contrabasso e batteria tutto live, aggiungendo strumenti come viola e violino che suonano senza artifici. Anche dal punto di vista dei testi ho deciso per l’essenzialità, eliminando molte parti di testo e sostituendo con temi strumentali. Il disco è pieno di temi strumentali.

L’album si ispira molto al cantautorato, al mondo di Gaber, Jannacci, ma anche ad artisti come Nino Buonocore e Sergio Caputo.

Io sono un ragazzo degli anni ’90, un giovanotto cresciuto con la musica di quegli anni. Sono molto legato come artista a Nino Buonocore; ho avuto la fortuna di conoscerlo, di passarci del tempo insieme e devo dire che questo mi ha molto stimolato dal punto di vista della scrittura, ma ho ascoltato anche la musica degli altri autori che hai citato, e probabilmente gli ascolti e le influenze di tutti questi artisti sono presenti in questo mio lavoro. Senza dimenticare che ho amato e ascolto ancora la musica di Fabio Concato, Pino Daniele, Caetano Veloso e questo emerge quando mi cimento nella scrittura.

Marco D'Anna

Marco D’Anna

 Dal punto di vista dei testi, di cosa si è nutrito questo disco?

Si è nutrito essenzialmente di una storia. Ho voluto cominciare questa esperienza da solista raccontando il momento in cui ho voltato pagina nella mia vita personale e quindi anche musicale, le due cose sono strettamente connesse e non è facile separarle, almeno nella mia persona. Il disco è ricco di metafore, non è tutto così esplicito. Più che la storia stessa, ho voluto far passare nelle canzoni le emozioni, i colori, così che ognuno potesse sentirsi parte in qualche modo parte di questa vicenda, che non è null’altro che una storia d’amore finita. Il momento in cui si volta pagina è quando si capisce e si accetta che le cose dovevano andare come dovevano andare. C’è una sorta di rassegnazione serena, forse addirittura quasi felice, nei colori di questo disco; o almeno è quello che ho tentato di trasmettere, il non piangersi addosso e raccontare le cose così come stavano.

Questo è un album delicato ed evocativo, godibile dalla prima all’ultima traccia, ma ti confesso la mia grande passione per due brani in particolare, “Distratto” e “Domani Domani”…

Mi fa molto piacere; “Domani Domani” è una delle canzoni più amate da chi ha ascoltato questo disco. Me l’hanno detto in molti; può darsi sia un prossimo singolo, magari con un video.

Hanno collaborato a questo disco tanti bravissimi musicisti…

Si, mi fa piacere ricordarli tutti; in primis Luigi Esposito che assieme a me è l’anima di questo disco e ha arrangiato con me tutti i pezzi; Caterina Bianco alla viola e al violino; anche lei ha partecipato attivamente agli arrangiamenti e alla fase di scrittura degli strumentali; Umberto Lepore al contrabasso e Marco Castaldo alla batteria, la parte ritmica del disco; Alberto Santaniello, che ha suonato la chitarra acustica proprio nel brano “Domani Domani” e che è stato anche il nostro fonico, perché il disco è stato registrato nel suo studio ABC 29 di Napoli; Mario Romano, che ha suonato la chitarra manouche e il guitalele; Davide Maria Viola al violoncello e il prezioso cameo di Raffaele Casarano, un sassofonista di Lecce che ho avuto il piacere di conoscere tempo fa grazie a Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Spero e credo di non aver dimenticato nessuno.

“La Mela” sarà presentato ufficialmente il 10 Marzo alle 18.30 al Teatro Bellini di Napoli.

Si, sono oramai di casa in questo teatro che mi vede in scena con il collettivo Be Quiet una volta al mese. Mi fa piacere cementare ancora di più questo rapporto presentando il mio disco lì. Tra l’altro credo che il teatro sia il posto ideale per ascoltare la musica e dedicarsi ad essa.

Per seguire Marco D’Anna sui social?

C’è il sito www.marcodanna.it costantemente aggiornato, oppure scegliere tra i miei profili Facebook, Twitter o Instagram

Giuliana Galasso

La Mela – Tracklist
La Mela
Distratto
Niente Di Particolare
Interludio
Acqua Passata
Domani Domani
Un Piccolo Neo
Preludio
Viola
Tre Volte Sera

 

Brian May e Kerry Ellis: un connubio artistico destinato a durare. Presentato il singolo “Roll with you”

Brian May & Kerry Ellis

Brian May e Kerry Ellis

Lui è Brian May, chitarrista e cantautore britannico, membro dei Queen, band da lui fondata insieme a Freddie Mercury e Roger Taylor; lei è Kerry Ellis, una delle grandi star del musical del West End e Broadway. I due grandi performer inglesi sono ormai una coppia artistica rodata e dopo essere tornati ad esibirsi dal vivo con il loro «One Voice – The Tour!», comprensivo di ben sei date italiane, i due artisti hanno incontrato la stampa italiana in occasione del lancio del nuovo singolo ‘Roll With You’ e dell’annuncio per Brian May di una nuova data di Queen+Adam Lambert (per il 25 giugno all’Anfiteatro Camerini di Piazzola sul Brenta (PD), nell’ambito del Postepay Sound).

Brian e Kerry stanno lavorando anche ad un nuovo album di inediti e, a tal proposito, la performer inglese ci ha svelato alcune prime indiscrezioni: «Mi piace molto stare in studio con persone come Brian, riesco ad apprezziare quanto sia bello non dover interpretare nessuno e riuscire a fare la musica col cuore e la propria personalità. Per quanto riguarda il nuovo lavoro, posso dire che a differenza di “Anthems”, più orchestrale, e di  “Acoustic by candlelight” più intimo, questo disco rappresenterà la perfetta unione dei nostri stili». Dello stesso parere anche Brian May: «Incidere canzoni con Kerry per me significa sancire l’incontro di due mondi diversi, il nostro nuovo disco sarà più libero, più liquido, più sperimentale».

Brian May

Brian May

Entrambi appassionati di animali, i due artisti si sono cimentati nella scrittura di una canzone come “One Voice” per dare voce ad un messaggio universale. Alla luce di questa forte vena creativa, viene spontaneo chiedersi cosa possa pensare un artista leggendario come Brian May della musica moderna inglese: «C’è sempre qualcosa di nuovo che cambia le regole e si fa ricordare. Adele ha appena vinto i Brit Awards ed è fenomenale. Forse quello che manca è l’investimento delle label per qualcosa che duri nel tempo. Ma ci sarà sempre appetito per musica nuova», ha spiegato il chitarrista.

Naturalmente immancabile un riferimento anche a David Bowie: «Non sapevo fosse così malato, è stato uno shock. Anche se è Roger quello che l’ha frequentato di più, abbiamo vissuto dei periodi molto caldi assieme, particolarmente bello quello di Montreaux quando avevamo case e studio vicini. Così nacque Under Pressure». Per concludere, May ha anche parlato del suo legame con l’astrofisica: «Sono fortunato per come sono andate le cose con la musica ma sono sempre molto legato all’astronomia, Adoro guardare le foto di Plutone e le immagini stereoscopiche e sono felice che mi sia stato dedicato addirittura un asteroide. Se suonassi nello spazio sceglierei: “Is this the world we created?” – ha continuato – Il mio fine sarebbe quello di sensibilizzare l’immaginario collettivo ad un’approfondita riflessione in merito all’attuale situazione climatica ed ambientale».

Video: Roll with you

Intervista a J Balvin, il nuovo reuccio del reggaeton

J Balvin

J Balvin

Invitato in qualità di superospite internazionale  al Festival di Sanremo nella serata del 12 febbraio, l’artista colombiano J Balvin ha portato sul palco del teatro Ariston “Ginza”, la hit  con cui il nuovo reuccio del reggaaeton ha già il primo posto della classifica di iTunes e di Shazam. Vincitore di un Latin Grammy, tre Billboard Awards, tre Premios Lo Nuestro, un Kids Choice Awards Colombia e un Latin American Music Awards con lo scorso album intitolato “La Familia”, il cantante è candidato a ben 8 Nomination ai prossimi Billboard Latin Music Award e tra poche settimane concluderà le sessioni di registrazioni del nuovo disco che non ha ancora un titolo. A sverlarci l’indiscrezione è lo stesso artista,, che abbiamo avuto modo di incontrare il giorno successo alla sua esibizione sanremese: «Ho sempre seguito il Festival di Sanremo da casa, in Colombia, mi sono sentito a mio agio e mi sono divertito molto. Questa occasione mi ha dato modo di svelare il mio volto al pubblico e spero  che questa partecipazione possa rappresentare la migliore porta d’ingresso per entrare nel cuore del vostro paese», ha spiegato. «Faccio musica reggaeton, un genere che sta diventando famoso in tutto il mondo perché usa un linguaggio in grado di trascinare le masse e che sta subendo anche una variazione di significato; il raggaeton è una musica che parla di sogni che si avverano, di positività e di energia, ha aggiunto, e  anche chi non ne capisce il senso può sentirne le forti vibrazioni». Dopo aver collaborato  con popstar  di rilievo mondiale come Ariana Grande e Justin Bieber, J Balvin è sempre più determinato nel volersi ritagliare un posto importante all’interno della scena musicale mondiale: «Lavorare con loro è stato fantastico, mi ha colpito il fatto che ci siamo confrontati spesso», ha concluso il cantante latino, la cui missione principale rimane quella di introdurre il reggaeton all’interno del mondo mainstream».

Raffaella Sbrescia

Video: Ginza

Intervista a Chiara Dello Iacovo. Una giovane promessa dotata di stile, freschezza e talento

Chiara Dello Iacovo

Chiara Dello Iacovo

La giovane cantautrice Chiara Dello Iacovo si aggiudica, con il brano “Introverso”, il premio della Sala Stampa Radio-TV-Web “Lucio Dalla” per la Sezione Nuove Proposte del 66° Festival di Sanremo. Dopo aver ricevuto il “Premio AFI 2016” per gli importanti successi artistici raggiunti in quest’ultimo anno, Chiara Dello Iacovo si è aggiudicata anche la vittoria del “Premio Assomusica – Migliore esibizione live – Categoria Sanremo Giovani 2016”, conferito dall’ Associazione Italiana degli Organizzatori e Produttori di Spettacoli Musicali dal Vivo.  Da 12 febbraio, è disponibile nei negozi tradizionali, in digital download e su tutte le piattaforme streaming “Appena Sveglia” (Rusty Records/Believe Digital), il disco d’esordio della giovane cantautrice astigiana prodotto da Davide Maggioni, realizzato per gran parte in presa diretta, senza editing e con una post produzione molto essenziale, che mette in evidenza la verità di Chiara e della sua musica.

Intervista

Raccontaci di “Introverso”, il brano che hai portato al Festival di Sanremo

“Introverso” è l’ultimo arrivato all’interno dell’album “Appena sveglia”. L’ho scritto durante l’ultima settimana del programma The Voice ed è ancora vivo in me il ricordo dell’entusiasmo con cui l’ho portato a termine. Certe volte ci sono canzoni che scrivi e che ti lasciano un po’ perplesso, poi ce ne sono altre che ti lasciano con la certezza che al loro interno vi sia qualcosa in più. Di questo brano mi è piaciuto tutto fin da subito; si tratta dello sfogo di un periodo di frustrazione che si è perpetuato per mesi.  La riflessione che racchiude il fulcro del brano nasce dalla presa di coscienza del non dover ostentare quello che si sa di essere.  Introverso nasce come  una canzone frustrata sebbene abbia una musicalità fresca  l’arrangiamento l’ha resa ancora più orecchiabile ed accattivante. Ho avuto diversi diverbi con il produttore perché ritenevo che l’arrangiamento fosse troppo leggero e che potesse far passare in secondo piano il testo che, per me, rappresenta la parte più importante della canzone. Con il senno di poi ho capito che aveva ragione lui, il rischio era quello di pubblicare una canzone supponente , con questo mix  abbiamo raggiunto un buon equilibrio.

Coraggiosa la scelta di portare  una canzone lontana dallo stereotipo sanremese…

Sono felicissima di questo. Il Festival ti dà una visibilità che forse nessun altro contesto ti permette di avere. Mi ero ripromessa che, qualora fossi riuscita ad andarci, non lo avrei fatto con un classico brano sanremese ed è andata esattamente così. In verità io parlo sempre d’amore in maniera molto discreta e velata , questa è l’unica canzone a non avere questa caratteristica.

Cosa troveremo in “Appena sveglia”?

Considero quest’album  come una carta d’identità.  Tra i 16 e i 19 anni ho attraversato fasi musicali diverse muovendomi sempre tra il pop d’autore ed una dimensione quello più specificamente cantautorale. Le matrici sono di origine disparata eppure abbiamo trovato una coerenza tra tutte,

A che punto sono i tuoi studi in Conservatorio?

In realtà ho dato il quinto anno da privatista. Dopo aver superato questo scoglio mi sono decisa a continuare perché ho capito che lo studio riesce a darmi equilibrio anche nei momenti di forte instabilità.

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Quale compositore preferisci?

Ho avuto un trauma mentre preparavo il quinto anno di pianoforte: odiavo profondamente Bach, non lo capivo, lo trovavo freddo, troppo razionale. Adesso, invece è uno di quelli che amo suonare maggiormente.

Lavori da tempo con Rusty Records. Come ti trovi con loro?

Esattamente come all’interno di una famiglia. Mi lasciano tantissima libertà, tant’è che mi sono occupata persino delle grafiche del cd, i video li scrivo io con la mia videomaker,  ho un altissimo margine di azione ed è bello che una casa discografica come la Rusty dia tutto questo spazio ad un emergente.

Hai cominciato a pensare al tour?

Certo! Visto che si tratterà del mio primo tour avremo tante misure da prendere, non potremo strafare però vorrei inserirvi un pizzico di teatralità e di follia che lo renda qualcosa di più di un semplice concerto, che lo renda quasi un racconto. Questa è una cosa che di solito noto quando vado a vedere i concerti degli altri quindi vorrei metterlo in pratica anche per me stessa.

Sei nel pieno della tua evoluzione identitaria:  come vivi questo momento?

Spero di portarmi dietro questo processo di costruzione per tutta la vita. Finche si è curiosi e si ha voglia di apprendere cose nuove si cresce, spesso mi faccio prendere dall’ansia pensando a tutte le cose che non imparerò mai durante per pigrizia o per questioni di memoria, limitata per natura.

Questa la tracklist del disco “Appena sveglia”: “Introverso”, “Vento”, “La mia Città”, “Donna”, “Scatola di Sole”, “Soldatino”, “1° Maggio”, “Genova”, “Il Signor Buio” e “La rivolta dei numeri”.

Chiara Dello Iacovo presenterà l’album in un instore tour. Queste le prime date confermate: il 15 febbraio alla Mondadori di Imperia (ore 15.00) e a La Feltrinelli diGenova (ore 18.00), il 16 febbraio a La Feltrinelli di Milano, il 17 febbraio a La Feltrinelli di Torino, il 18 febbraio a La Feltrinelli di Roma, il 19 febbraio alla Mondadori di Firenze, il 20 febbraio alla Mondadori di Perugia, il 21 febbraio alla Mondadori di Matera, il 22 febbraio a La Feltrinelli di Napoli, il 23 febbraio a La Feltrinelli diBari, il 24 febbraio alla Mondadori di Taranto, il 25 febbraio alla Mondadori di Lecce, il 26 febbraio alla Mondadori di Vercelli,  il 27 febbraio alla Mondadori diAlessandria, il 2 marzo a La Feltrinelli di Bologna e il 4 marzo a La Feltrinelli di Verona.

Raffaella Sbrescia

Video: Introverso

Dolcenera al Festival di Sanremo con “Ora o mai più”. Intervista

Dolcenera

Dolcenera

Dolcenera è al Festival di Sanremo con il brano intitolato “Ora o mai più”, una canzone concettuale che la cantautrice salentina porta sul palco in maniera sofisticata, intima e raffinata. La cantante è intervenuta in conferenza stampa all’interno della Sala Lucio Dalla. Ecco le dichiarazioni:

Come reagisci alla zona rossa?

Mi hanno dato la notizia mentre ero al Dopofestival,  mi sono sentita come una mamma che viene legata mentre intanto le picchiano il figlio. Questa sensazione me la posto dietro cercando di sdrammatizzare. Ora o mai più è il frutto di un flusso creativo unico, parole e musica sono arrivate insieme, diversamente da quanto avviene di solito. Il testo racchiude il messaggio di una donna che legge all’interno della propria anima  individuando lo status del proprio percorso individuale all’interno di un rapporto di coppia.

Il brano potrebbe essere interpretato come una seconda puntata di “Ci vediamo a casa”?

Credo nell’evoluzione personale, una cosa per me fondamentale. Non bisogna rimanere uguali a se stessi. In quanto ascoltatrice pretendo che all’interno del  percorso di un cantautore ci sia sempre un’evoluzione.

La canzone potrebbe essere emblematica di una tua nuova fase di scrittura?

Si è trattato di un attimo, chissà cosa succederà dopo! Penso che non sia il caso di fossilizzarsi in un unico modulo fortunato. Ogni volta mi rimetto in gioco, mi metto in vetrina domandandomi chi sarà a darmi il primo schiaffo. In questo mestiere alcuni discografici ti vincolano, eppure io ho sempre fatto quello che volevo.

La scelta di una cover come “Amore disperato” rispecchia la tua voglia di rivalsa e di rivincita?

Carlo Conti mi ha chiesto di fare una canzone non lenta: grazie alle mie due anime, di cui una fa di me la reginetta della cassa in quattro, mi ha suggerito questo pezzo di Nada. All’inizio ho storto un pò il muso ma non perché non mi piacesse, si tratta di un pezzo dotato di  un’identità punk, uno stile che non si avvicina molto al mio. Per come ragiono io realizzare una cover è come spogliare un pezzo e strappargli il cuore dandogli un altro flusso sanguigno. Alla fine il brano  è diventato electro dance con un piglio nuovo dato dall’introduzione di una parentesi dubstep; qualcosa a cui non siamo abituati. Si tratta di un pezzo spensierato che ho interpretato come tale, al posto di un’esplosione c’è un risucchio, un effetto speciale che coglie l’ascoltatore di sorpresa.

Che rapporto hai con il pianoforte?

Il piano è il mio linguaggio di partenza, condiziona il mio modo di sentire. Suonare il piano in “Ora o mai più” mi permette di distaccarmi dalla latente ansia sanremese.

Raffaella Sbrescia

Video: Ora o mai più

Francesca Michielin affronta il Festival di Sanremo con freschezza e disinvoltura. L’intervista

Francesca Michielin

Francesca Michielin

La freschezza di una ventenne, la saggezza di una persona curiosa e appassionata, la bravura di un artista che studia per acquisire conoscenze sempre più approfondite. Stiamo parlando di Francesca Michielin che con “di20are”, ritorna sul mercato discografico con i successi dell’album “di20″, uscito lo scorso 23 ottobre, includendo il brano “Nessun grado di separazione”, in gara alla 66ma edizione del Festival di Sanremo e scritta dalla cantautrice insieme a Cheope e a Federica Abbate.

Intervista

Francesca, prendendo spunto dal brano che porti al Festival di Sanremo, quali sono le sei persone che ti hanno permesso di diventare quella che sei oggi?

Sicuramente la mia casa  discografica Sony, che mi ha supportato dall’ inizio, il mio management Martà Donà, con cui lavoro molto bene, poi c’è Elisa con cui ho realizzato il mio primo disco; la sua è stata una scuola d’arte, l’esperienza in studio con lei è stata fondamentale. Proseguendo cito  Michele Canova:  insieme abbiamo fatto una grande ricerca di suoni.  A questo proposito mi sento di dire che l’artista deve concentrarsi sul proprio suono e creare un proprio stile riconoscibile. Sono molto legata anche a Giorgia, lo sono fin da quando io e lei lo potessimo sapere, sono nata il 25 febbraio del 1995 proprio mentre lei vinceva il Festival di Sanremo con “Come saprei”. A prescindere da questo l’ho sempre seguita, mi piace tantissimo! Ieri sera mi ha persino scritto un messaggio di sostegno dicendo che tifa per me. Uno spazio lo merita sicuramente la mia famiglia: senza la famiglia non si va da nessuna parte.

Nel 2012 hai duettato con Chiara Civello. Come sei cambiata rispetto a 4 anni fa?

Ieri sera sul palco dell’Ariston ho raccontato la mia crescita. Con la Civello fu solo un duetto, un gioco divertente; oggi mi sento più consapevole e questa cosa la canto anche nel mio brano. Esco dalle mie insicurezze.

Come concili la vita da cantante e da studente? Lo studio ha influenzato a livello contenutistico quello che fai oggi?

Sono una perfezionista. Quando ho fatto X Factor ero al terzo anno del liceo, ho studiato di notte, ho fatto parecchia fatica, è stata una  battaglia ma sono felice di averla portata avanti. Ora studio composizione al Conservatorio e contestualmente studio alla Cà Foscari. Chiaramente non riuscirò a finire il corso di laurea in tempo ma sì, mi piace studiare e quello che studio ispira quello che scrivo. La cultura in generale aiuta a difendersi.

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Che sensazione si prova a sfidare i tuoi giudici di X Factor?

Più che al centro di una sfida, mi sento onorata e divertita. Elio, Arisa, Morgan si comportano da zii, mi coccolano tanto  e questa dimensione familiare mi piace molto.

Com’è il tuo rapporto con i fan attraverso i social?

Grazie ai social networks l’artista è sceso dal piedistallo. I miei fan sono coinvolti insieme a me in questo percorso, mi piace leggere i loro commenti, sapere cosa  pensano, serve sempre un diretto contatto.

Raccontaci dell’esperienza live con “Nice to meet you”…

Questo tour è stata la mia palestra, attraverso gli strumenti che suono sono riuscita a creare una dimensione intima con il pubblico. Tutto questo mi ha aiutato a gestire lo stress, l’ansia, il fiato ed è stato molto gratificante.

Se non partecipassi in gara, guarderesti il Festival? 

Il Festival è nel Dna italiano, gli vuoi bene a prescindere perché è dentro di te. Personalmente lo seguo da sempre, mi piace. Conti ha fatto una scelta bella, quest’anno c’è di tutto: ci sono io che a vent’anni “esco dalla scatola” e c’è Patty Pravo che festeggia 50 anni di carriera.

Come definiresti “di20are”?

Si tratta della sintesi e del racconto di un viaggio che si porta dietro un bagaglio di esperienze iniziato con l’ “Amore Esiste” e che si proietta con entusiasmo nel futuro.

Raffaella Sbrescia

Video: Nessun grado di separazione

Intervista ai Marlene Kuntz: le intuizioni, i suoni e le verità di “Lunga attesa”

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“Lunga attesa” è il titolo del nuovo lavoro discografico dei Marlene Kuntz, il decimo di una band che, dopo 25 anni vissuti spendendosi sui palchi di tutta Italia, torna dimostrando di avere ancora parecchio da darci e da dirci. All’indomani dei grandi festeggiamenti in occasione del ventennale dall’uscita di “Catartica”, Cristiano Godano e compagni sfornano 12 inediti intrisi di verità concettuali assolute ed impreziositi da suoni cesellati da chitarre imperiose, potenti, energiche, assetate di occhi e orecchie. Anticipato da “Fecondità”, l’album da ascoltare necessariamente nella sua interezza, è caratterizzato da un’ attitudine autenticamente rock eppure non mancano sorprese di natura intima e commovente. All’interno di una realtà che ci disintegra, impressionano frasi come “fammi ascoltare il tuo silenzio”. Senza un equilibrio e tra oceani di stupidità, il rigoglio strumentale e semantico dei Marlene Kuntz si snoda lungo riverberi, distorsioni ed intuizioni in grado di smuoverci e di risvegliarci da un catatonico stato di rassegnata contemplazione ricettiva.

Intervista a Cristiano Godano

“La realtà ci disintegra, nulla c’è che ci reintegra”?

“Narrazione” è frutto di un’intuizione che non ho ancora  messo a fuoco del tutto. Nel  mito e, più in generale,  in tutto ciò che le favole tramandano, risiede qualcosa di emotivamente più importante e in grado di segnarci nel profondo. Per contrasto, quindi, se da una parte c’è la narrazione, dall’altra c’è tutto ciò che ci viene trasmesso dalla realtà che ci circonda. Mi è venuto facile pensare alla realtà che ci disintegra e che ci rende persone impermeabili all’emotività e alle problematiche contingenti.

In  “Lunga attesa” ci sono degli interrogativi che non lasciano spazio all’evasione…

Nel renderci conto di quanto siamo piccoli di fronte all’universo diventa tutto un po’ vertiginoso. Certi grandi interrogativi sono stati al centro delle riflessioni di filosofi, poeti, romanzieri, fisici, astronomi. Non si tratta di stare con le spalle al muro ma di acquisire una certa consapevolezza ci dà la possibilità di discernere con più lucidità e di mantenere le distanze dalla dilagante moda del creazionismo.

Marlene Kuntz ph Andrea Simeone

Marlene Kuntz ph Andrea Simeone

I suoni che proponete in quest’album picchiano duro, una pressione sonora in controtendenza rispetto a quello che ci viene proposto da più fronti. Come mai questa scelta , cosa vi ha dato l’entusiasmo per darci dentro senza mezza misure?

 In fondo neanche noi lo avremmo pensato , abbiamo fatto un tour dedicato a “Catartica”, il nostro primo disco e, per poterlo celebrare al meglio, abbiamo fatto molte prove e abbiamo suonato diversi brani che non toccavamo da diversi anni.  Quando siamo entrati in sala prove avevamo il sospetto che la pressione sonora ci avrebbe disturbato l’orecchio. Contrariamente alle aspettative, la cosa non è andata in questi termini, ci siamo divertiti a tirare su i pezzi di “Catartica” per cui, quando ci siamo trovati a lavorare ai pezzi nuovi,  non abbiamo avuto paura di fronteggiare questa pressione che ci ha permesso di scoprire diverse possibilità di creatività e divertimento; è stato tutto molto più spontaneo di quanto noi stessi avremmo potuto immaginare.

Da cosa nasce la costruzione dei vostri suoni?

Il nostro suono è figlio di 30 anni di esperienza e più di 1700 concerti. Alla base c’è tutto il nostro knowhow, un marchio di fabbrica che contraddistingue tanto i Marlene Kuntz quanto tutte le band che hanno un suono riconoscibile.

“Un attimo divino” si discosta dalle altre canzoni contenute nel disco : le Lacrime vengono asciugate da un uomo tanto arrabbiato quanto capace di donarsi senza riserve…

Fin da quando esistiamo, il nostro linguaggio si è sempre mosso lunga una doppia direzione: da una parte c’è l’impeto,  che coincide con la parola Kuntz,  dall’altro c’è la piega romantica e sentimentale, che coincide con la parola Marlene. Anche qui ci sono due o tre brani più vicini alla nostra parte morbida e che fanno parte del nostro patrimonio genetico.

Con quali prospettive vi approccerete alle date europee che a  fine febbraio anticiperanno il “LUNGA ATTESA TOUR 2016”?

Partiremo e ci caricheremo in luoghi dove non siamo abituati a suonare, luoghi  in cui la gente non ha ancora avuto modo di vederci. Siamo sicuri al 100% che saranno le comunità italiane a venire a vederci ma si tratta comunque di persone che non siamo abituati ad avere sottopalco. Queste date serviranno a  scaldarci ma ovviamente la cosa non implica che ci sarà minor tiro e che non avremo i pezzi in mano come quando saremo in Italia.

Il 17 febbraio arriverà  nei cinema di tutta Italia ”Marlene Kuntz. Complimenti per la festa”, il film diretto da Sebastiano Luca Insinga, che celebra i Marlene Kuntz, a vent’anni dal loro album di debutto “Catartica”. Anche se non siete intervenuti nella scelta dei materiali, cosa avete provato rivedendovi?

“Complimenti per la festa” mostra i Marlene Kuntz sotto una veste molto intima.

I ragazzi che hanno lavorato al film hanno chiesto materiali a persone a  noi vicine, ovvero coloro che ci sopportavano agli inizi. Si tratta di un racconto dal risultato curioso, ci siamo fatti prendere per mano dal filo della narrazione e pensiamo che lo stesso accadrà al pubblico.

Raffaella Sbrescia

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TRACKLIST “LUNGA ATTESA”:

1. Città dormitorio

2. Fecondità

3. Formidabile

4. Leda

5. Lunga attesa

6. Narrazione

7. Niente di nuovo

8. La noia

9. Il sole è la liberta

10. La strada dei ricordi

11. Un attimo divino

12. Un po’ di requie

“LUNGA ATTESA TOUR 2016”

25 FEBBRAIO - PARIGI – L’ALIMENTATION GENERALE

27 FEBBRAIO - BRUXELLES – VK

28 FEBBRAIO - LONDRA – HOXTON SQUARE BAR & KITCHEN

29 FEBBRAIO - DUBLINO – WHELAN’S

2 MARZO - AMSTERDAM – SUGAR FACTORY

11 MARZO – MILANO – FABRIQUE (TIMmusic ONSTAGE AWARDS WEEK)

12 MARZO – MARGHERA (VE) – RIVOLTA

17 MARZO – COSENZA – UNICAL

18 MARZO – GROTTAMMARE (AP) – CONTAINER

19 MARZO RIMINI – VELVET

23 MARZO – ROMA – QUIRINETTA

24 MARZO – TERNI – OPIFICIO

25 MARZO – VERONA – MALKOVIC C/O PIKA CLUB

26 MARZO – BERGAMO – DRUSO

01 APRILE – TORINO – HIROSHIMA MON AMOUR

02 APRILE – PERUGIA – AFTERLIFE

08 APRILE – GATTATICO (RE) – FUORI ORARIO

09 APRILE – FIRENZE – AUDITORIUM FLOG

10 APRILE – S.MARIA A VICO (CE) – SMAV

15 APRILE – SAMASSI (CAGLIARI – MEDIO CAMPIDANO) – BIGGEST

20 APRILE – BOLOGNA – LOCOMOTIV

21APRILE – BRESCIA – LATTERIA MOLLOY

22 APRILE – BRESCIA – LATTERIA MOLLOY

23 APRILE – LIVORNO – THE CAGE

Video: Fecondità

Intervista ai Perturbazione: Non c’è racconto senza mistero siamo “le storie che ci raccontiamo”

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“So that’s as wide as we look at stories. A story is the relationship that you develop between who you are or who potentially are and the infinite world and that’s our mythology”. Con le parole del regista angloindiano Shekhar Kapur si chiude il booklet de “Le storie che ci raccontiamo”, il nuovo e settimo album di inediti dei Perturbazione, pubblicato per Mescal il 22 gennaio 2016 a quasi tre anni di distanza da “Musica X”. La scelta di questa citazione non è casuale, l’album, prodotto da Tommaso Colliva (Muse, Calibro 35, Afterhours, Dente, Le Luci Della Centrale Elettrica, Ministri) e registrato in Inghilterra tra il Tilehouse Studio di Mike Oldfield e il Toomi Labs dello stesso Colliva,  si muove su quella linea sottile che separa ciò che siamo realmente da quello che raccontiamo di noi e lo fa attraverso una manciata di preziosi brani che scavano tra gli interstizi e scovano storie, vite e immagini in cui ciascuno di noi potrà ritrovarsi. Con questo lavoro i Perturbazione ritrovano una propria dimensione dopo che nel 2014, il chitarrista Gigi Giancursi e la violoncellista Elena Diana hanno lasciato il gruppo. Oggi, con un ritrovato entusiasmo e con un importante bagaglio musicale, letterario e artistico, la band di Rivoli torna ed emozionarci con una leggerezza di spessore. Ad impreziosire il lavoro ci sono alcune brillanti collaborazioni: quella con la cantautrice Andrea Mirò in “Cara Rubrica del cuore”, il coinvolgimento del rapper Ghemon in “Everest” e Emma Tricca, cantautrice italiana amatissima nel Regno Unito, ha invece duettato con loro nella titletrack. Al pianoforte troviamo, infine, Massimo Martellotta (dei Calibro 35). Il disco di apre con “Dipende da te”: donare o prendere, fermarsi o correre, fuggire o fingere sono gli interrogativi che ogni giorno scandiscono il nostro vivere. Bellissima la trama di “Trentenni”: ti stai guardando attorno, cerchi una dimensione che vada oltre ad un part-time da 20 ore in una galleria senza contratto con i fanali spenti in cerca di un contatto”. Dal particolare si passa ad una trasposizione universale senza soluzione di continuità ed ecco emergere l’immagine nitida di una generazione incerta e tramortita. Non c’è racconto senza mistero siamo le storie che ci raccontiamo, ecco l’essenza di un lavoro che non ci stancheremo di ascoltare.

Intervista

Qual è lo spunto narrativo di un brano attuale come “Trentenni?”

Tommaso: Trentenni come tante canzoni del disco non è una canzone autobiografica. Nella fattispecie si tratta di una storia privatache noi abbiamo cercato di rendere più intima e allo stesso tempo universale. Alla base ci sono gli elementi di crisi di una storia sbilanciata in cui la protagonista si rende conto di aver portato troppo avanti una storia ormai finita. Mi piace l’atmosfera, il contrasto che c’è tra il groove della canzone e quel filo di malinconia che viene fuori da un testo combattivo. Più in generale, mi piace il fatto che i nostri ritornelli siano specchi deformanti, lasciamo sempre al pubblico l’interpretazione,  è bello che l’ascoltatore abbia la possibilità di entrare nella canzone e scegliere tra diverse visioni di sè.

A proposito di groove, come avete lavorato ai suoni e agli arrangiamenti con Tommaso Colliva?

Cristiano: La prima grande differenza sta nell’essere passati da sei a quattro, due persone sono andate sono andate via, erano strumentisti e contribuivano molto alla scrittura musicale. Con Tommaso abbiamo fatto un lavoro che in un certo senso riprende quello dell’ultimo disco “Musica X”. A 40 anni ci siamo svegliati con la voglia di muovere un po’ il culo, d’altra parte mentre prima avevamo bisogno di una terapia d’urto per cambiare completamente il nostro universo sonoro, su questo disco volevamo reimpossessarcene un po’ e con Tommaso è stato facilissimo perché si presta molto al servizio del gruppo. Lavorare Con Tommaso Colliva è stato molto stimolante, lui ci ha invitato per ragioni lavorative in Inghilterra per produrre questo disco e noi siamo partiti vivendolo come un nuovo inizio. Per quanto riguarda noi, io e Alex abbiamo lavorato in un clima di grande armonia togliendoci molte frizioni ma anche lo sfizio di includere tutti i nostri ascolti di matrice britannica. Ci siamo fatti ispirare dal pop inglese con il quale siamo cresciuti, a partire dai “The smiths” per la parte elettronica, passando per i “Pet Shop Boys”; ci piaceva il suono elegante che coniuga l’elettronica con i suoni elettro acustici.

Tommaso: quello che cerchiamo di fare soprattutto con gli ultimi dischi è un pop coraggioso, che cerca di comunicare un’atmosfera. Lavoriamo su metriche e linee melodiche che non debbano essere per forza simili tra loro. Il tema di questo album è venuto fuori alla fine.Difficilmente partiamo da un concept, di solito si riassume alla fine quello che si è raccontato. La title track sembra un bellissimo epilogo che racchiude tutto quanto: non c’è racconto senza mistero. C’è sempre una misura tra chi sei e chi racconti di essere e questa verità diventa ancora più autentica in un’epoca in cui ci si racconta molto attraverso i social. Andando a spulciare Instragram è buffo vedere come poche immagini seriali riflettano piccole crepe di ciascuno di noi.

Quali sono gli spunti su cui avete lavorato tu e Rossano per i testi?

Tommaso: Tanti spunti vengono a me e Rossano vengono in mente, seguiamo i social che curiamo noi stessi, ci sono corsi e ricorsi rispetto a come si rappresentano le persone, i social sono steroidi del malumore, tendono a tirare fuori lati di persone che di solito si nascono molto. “Cinico” ruota attorno a queste idee ma anche al nostro cinismo, al nostro aver compiuto 40 anni, all’aver conquistato una scorza che ti serve nella vita. Ci sono molti punti di vista maschili e femminili, cercare di essere se stessi è la cosa più difficile di tutte.

Perturbazione

Perturbazione

Raccontateci del nuovo sodalizio con Andrea Mirò...
Tommaso: Ci siamo conosciuti prima del Festival grazie a Le città viste dal basso, uno spettacolo in cui abbiamo raccontato le città attraverso la musica di grandi cantautori italiani, quindi eravamo già a conoscenza dell’entusiasmo, della simpatia e del grandissimo talento di Andrea Mirò. Quando siamo stati presi al Festival di Sanremo, ci è venuto in mente che Andrea avrebbe potuto fare il direttore d’orchestra, così glielo abbiamo proposto e lei ha accettato subito. Lo scorso anno abbiamo fatto quattro concerti insieme per testare la nostra alchimia e gli arrangiamenti, c’è stato subito un bel feeling quindi le abbiamo proposto di accompagnarci in tour e lei ha ovviamente accettato con entusiasmo.

Come sono arrivati i contributi di Ghemon, Emma Tricca e Massimo Martellotta?

Abbiamo ascoltato “Orchidee” di Ghemon in furgone tutti insieme e ci è piaciuto molto, avevamo il punto di collegamento di Tommaso Colliva e quando lui ce l’ha proposto, ci è sembrato logico coinvolgerlo. Emma vive da molto in Inghilterra, è una cantautrice folk che produce sia per il mercato musicale britannico che per quello americano; anche in questo caso il punto  di contatto è stato Colliva: ci serviva una persona che avesse un background tale da renderla in grado di raccontare cosa fossero le storie. Infine c’erano diverse parti di piano composte da noi, erano appunti che qualcuno che avrebbe dovuto risolvere; in questo caso Massimo, quinto uomo dei Calibro, ha lavorato da solo e lo ha fatto in maniera straordinaria. C’è un brano che non è finito nel disco, in cui il suo contributo ha fatto davvero la differenza, e speriamo davvero  possa finire nel prossimo.

Come state pensando al tour?

Cristiano: Abbiamo fatto un giro in quattro per prendere le misure e capire cosa porteremo in giro. Il tour nuovo sarà tutto suonato, a differenza di prima in cui ci servivamo di più delle basi; da questo punto di vista avere Andrea Mirò sul palco ci aiuterà molto a trasmettere questa idea. Avremo un approccio più istintivo: un conto è avere il piede sull’acceleratore un conto è avere la velocità impostata del volante.

Raffaella Sbrescia

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 Video: Dipende da te

Dal 20 febbraio parte il tour.
Qui di seguito i concerti.

sab 20 feb – ALESSANDRIA / Laboratorio Sociale
ven 26 feb – MILANO / La Salumeria della Musica
sab 27 feb – RAVENNA / Bronson
gio 3 mar – ROMA / Monk
ven 4 mar – PRATO / Officine Giovani
ven 11 mar – TORINO / Cap 10100
ven 18 mar – BRESCIA / Latteria Molloy
ven 22 apr – CASERTA / Smav
sab 23 apr – PESARO / Stazione Gauss
dom 24 apr – MOLFETTA (Bari) / Eremo Club

Guido Elmi: un album da “crooner” per il producer. Sogni, tormenti e riferimenti letterari ne “La mia legge”

cover

 “La Mia Legge” è il titolo del primo album di Guido Elmi, noto produttore musicale di grandi artisti italiani. Distribuito da A1 Entertaiment e artisticamente prodotto, suonato ed arrangiato da Guido Elmi e Vince Pastano (chitarrista di Vasco Rossi e Luca Carboni), il disco, pubblicato lo scorso 22 gennaio 2016, contiene 11 brani, scritti interamente da Guido e ispirati dalle più grandi leggende musicali mondiali. Canzoni dure, intense, fortemente autobiografiche popolano un lavoro intriso di affascinante malinconia e caratterizzato da suoni variegati e finemente curati nel dettaglio. Ecco come ce ne ha parlato lo stesso Guido Elmi.

Intervista

Dopo 30 anni “dietro il mixer”, eccoti davanti al microfono. Cosa ti ha fatto scattare la scintilla per dare sfogo alla tua vena espressiva?

Ho cominciato a lavorare in studio nel 1978 quindi sono molto più di 30 anni. Come vero e proprio produttore dal 1979. La voglia di fare un mio disco l’ho sempre avuta ma prima pensavo di non riuscire a cantare decentemente, a parte qualche canzone satirica per gli amici in vacanza. Poi quando alla fine degli anni novanta ci ho provato seriamente, non mi piaceva la mia voce. Poi improvvisamente poco più di un anno fa ho scoperto che se mi muovevo su tonalità più basse  e uno stile da “crooner” ce la potevo fare.

Belli, variegati e curatissimi i suoni. Quali sono le influenze, le scelte e le suggestioni che si celano tra le trame delle melodie?

E’ un mondo vastissimo che viene da lontano. Da Dylan a Leonard Cohen, dagli Steely Dan ai Little Feet. Dai Manassas di Stephen Stills a Neil Young. Poi Johnny Cash, Tom Petty e Bryan Ferry. Per arrivare ad oggi coi The Sins of Thy Beloved, Katatonia, My Dying Bride e Anathema. E poi ancora The War on Drugs, Adrian Crowley e Mark Lanegan. Ma l’elenco di chi mi ha influenzato è sterminato e qua e là nel cd c’è tutto il mio mondo pieno di ascolti notturni, in auto e in ogni luogo dove sono solo. La musica è una compagna perenne. Anche il jazz e la musica classica lo sono e parecchio.

Il disco contiene 11 brani scritti interamente da te in puro stile singer-songwriter. Cosa racchiudi in queste “frustate di vita intensa”?

Credo l’album racchiuda con sincerità le cose belle e brutte della mia vita. Gli errori e le cantonate che ho preso. I fallimenti. Gli amori che credevo eterni. E anche una certa incapacità di amare veramente. Le illusioni e la mia vera compagna: la malinconia. L’artificio, l’orrore dietro la maschera, le dee del passato, le musiche terribili del silenzio, le vestali scalze, gli animali immondi, il coacervo dei desideri inconfessabili, l’appagamento non pago… Tutto mi ha reso la vita fortunata e infelice.

Ti sei definito “un tormentato incauto e romantico, decadente e velleitario che si ciba della malinconia, dal carattere sensibile ma anche determinato”.  Potresti argomentare e motivare nel dettaglio questa definizione di te stesso?

Tormentato sicuramente. Mi tormento anche quando devo prendere un treno. Mi spaventa sempre il “prima” delle cose, quello che potrebbe accadere ma che non si sa ancora come andrà a finire. Quando invece devo affrontare un problema reale allora cambio e divento efficiente, determinato e risolutivo. Quest’attitudine al tormento non la porto sul lavoro o in mezzo alle persone: è tutta dentro di me. Incauto e velleitario perché a volte mi butto in cose che non hanno speranza ma che testardamente cerco di portare a termine ugualmente. Romantico e decadente deriva dalle mie passioni letterarie che sono tutte orientate in quel senso. Poi ascolto Schumann, Chopin e tanti altri che non sono proprio esempi di musica d’intrattenimento.

“La mia legge” dà il titolo all’album ed è il brano dalla lirica più dura e prorompente di tutto il lavoro. Cosa ci comunichi in questa canzone e con quale prospettiva?

Credo senza prospettive. Comunico un amore tradito in modo totale e crudele. Comunico la disperazione di chi, tradito, si rifugia nel nichilismo più nero e senza speranza. E butto giù frasi che rappresentano stati d’animo che forse, in modo non così estremo, tutti hanno vissuto. Specie quando finisce un amore per colpa di un’altro o di un’altra che ti ha illuso fino a pochi attimi prima. “E cosa dovrei fare di te adesso se questa è l’unica occasione di vita che ho, se nessun Dio veglia più su di noi…” Non c’è più rifugio, redenzione… Alla fine devo uccidere. Simbolicamente.

Quali sono i riferimenti letterari e musicali presenti nel disco?

Molti sono i riferimenti letterari presenti nell’album, anche se, a parte la citazione diretta di Baudelaire ne Il Re del Bosco, rimangono abbastanza nascoste.  Cito ad esempio “l’eleganza come scienza” rubata a Balzac o il “nessun Dio veglia più su di noi” del cui significato sono sicuramente debitore agli scritti di Nietzsche. Qua e là si può avvertire l’influenza di Lautréamont, J.K. Huysmans, Nerval, Cioran, Dostoyevsky e Bret Easton Ellis. Musicalmente posso dirti chi ascolto e a chi in qualche modo mi sono ispirato. Sicuramente Bob Dylan, Leonard Cohen, Johnny Cash, Nick Cave, Neil Young, Mark Lanegan e Steve Von Till ma anche Adrian Crowley e tanti altri cantautori americani e inglesi.

Tutto è cominciato da “Se la notte”?

Se la notte è il brano che mi ha spinto ad andare avanti. Una canzone che ho scritto per una donna che mi faceva sempre aspettare. E’ venuta spontanea e quando Vince Pastano l’ha sentita l’ha voluta incidere subito. Dopo ne ho scritte altre e ho anche rielaborato quelle che vengono dal passato.

In “It’s a beautiful life” partecipa anche il giovane rapper statunitense Rockwell Knuckles. Come è avvenuta questa collaborazione?

Ho un’amico a N.Y.C. che ha trovato il rapper. Gli ho mandato il file musicale e il testo. Hanno registrato la voce e poi mi hanno rimandato il file. In una notte ho scelto le frasi migliori, le ho montate e poi inserite nel brano.

E’ vero che l’album è dedicato ai tuoi genitori?

La dedica è scritta nella seconda di copertina. Dovevo farlo… si sono sacrificati per me.

Hai lavorato con Vasco Rossi, Edoardo Bennato, Skiantos, Stadio e molti altri… quali sono i più grandi insegnamenti che ciascuno di questi artisti ti ha lasciato?

Non c’è un insegnamento preciso ma tanti insegnamenti e tante esperienze che formano e aiutano la professionalità.

In “Sono un uomo” emerge  la tua grande passione per Chopin. Cosa ti lega al celebre compositore?

Come per tanti altri quello che mi lega a Chopin è la sua musica. Nel suo caso anche la sua vita. Un emozione forte per me  è stata quella di arrivare a Varsavia e vedere un’enorme insegna con scritto: Fryderyk Chopin Airport. Amo anche Richard Strauss, Gustav Mahler, Aleksandr Skrjabin, Debussy, Brahms, Zemlinsky e tanti altri. Il concerto di Vasco del 2015 apriva con un brano di Shostakovich scelto da me.

Romantico e immaginifico il breve brano strumentale che chiude il disco… come mai questa scelta?

Il brano non è altro che una parte della base strumentale di “Sono un uomo” che ho voluto estrapolare per farne una vera e propria suite classica. Due minuti di puro romanticismo musicale. Il titolo, voluto da Beppe D’Onghia (l’arrangiatore), è un omaggio a Chopin.

Hai pensato anche a dei concerti tuoi? Oltre alle tue canzoni, quali altri brani inseriresti nella tua “scaletta dei sogni”?

Spero di fare qualche concerto in piccoli club. E’ ancora presto per decidere perché occorre far combaciare gli impegni miei e gli impegni dei musicisti che vorrei con me. Mi piacerebbe inserire un brano di Piero Ciampi.

 Raffaella Sbrescia

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Video: It’s a beautiful life

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