Mario Biondi festeggia 10 anni di carriera discografica con “Best of Soul”. Intervista

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 “Best of soul” è il nuovo doppio album con cui Mario Biondi celebra i suoi 10 anni di carriera dal suo esordio discografico con “Handful of soul”. Un percorso musicale attraverso la sua carriera con 7 nuovi brani tra cui il singolo estratto “Do you feel like I feel”. L’idea alla base di questo progetto è quella di rendere omaggio, attraverso 22 brani, al genere musicale di cui l’artista catanese è unico rappresentante italiano nel mondo. Ecco cosa ci ha raccontato l’artista.

Intervista

 Festeggi 10 anni di carriera discografica con un messaggio positivo?

Ho sempre fatto quello che desideravo con grande libertà. Qui c’è la rappresentazione delle cose che ho voluto fare nel corso degli anni. Sono molto felice di essere arrivato a questo punto della mia carriera.

Il singolo “Do you feel like I feel” è molto vitale…

Sì, si tratta di un brano molto solare scritto da Nicola Conte. La prima volta che l’ho sentito in un’altra versione ho subito pensato che fosse vincente. Mi sono ritrovato a cantarlo per  una casualità.

Che ruolo hai avuto in questo album?

Ho fatto per lo più l’interprete tranne che nel caso di “Gratitude”, l’unico brano in cui ho investito sia come autore che compositore e produttore, l’ho scritto ad hoc per questa celebrazione. Si tratta di un brano di ringraziamento, un tributo al pubblico che mi ha seguito fino ad ora.

Perché un best con 7 inediti?

Abbiamo pensato a diverse possibilità poi il progetto è diventato un tutto uno.

Quali sono i momenti salienti di questo percorso?

L’inizio della mia carriera è stato particolare ed inaspettato. La conferma è arrivata con “If” il secondo album di inediti pubblicato nel 2009. Per quel progetto ho potuto godere del grande sostegno di Renato Zero poi la firma del contratto con Sony mi ha permesso una divulgazione ancora maggiore ed una grande spinta verso l’estero.

Quali differenze vive il soul tra l’Italia e l’estero?

Fare questo genere di musica per tanti anni è stata un po’ la mia croce. Spesso mi hanno suggerito di cambiare mestiere o genere. All’estero l’accoglienza è diversa, spesso ho contatto diretto con il pubblico e riesco a trarne sempre un grande beneficio. A volte ho un timore reverenziale verso quello che faccio ma è pur vero che lo faccio con il cuore, questa è la ragione per cui alla fine non ho timore nell’esprimere me stesso.

Cosa pensi del fatto che ti definiscono il Barry White italiano?

Non sono il succedaneo di nessuno. Non credo sia carino neanche nei suoi confronti, il confronto mi dà la carica ma non voglio essere la seconda scelta. Mi spiego meglio: questa cosa nel tempo si è trasformata in una specie di cavallo di troia. La verita è che sono un discepolo di Al Jarreau, lo reputo un maestro sia al punto di vista musicale che spirituale.

Video: Do you feel like I feel

Pensi di cantare in italiano?

Al momento stiamo seminando molto bene all’estero, non è il caso di interrompere questo flusso. L’ho fatto in veste di ospite e mi sono divertito a farlo.

Manterrai la tua verve ironica nel nuovo tour?

Sarà un tour celebrativo, dovrà rappresentare i punti salienti della mia carriera discografica ma rimarrà intatto il mio contatto con il pubblico, mi piace coltivare questa attitudine e rendermi simpatico agli occhi di chi mi segue.

Che rapporto hai con la tv?

Mi attrae, la guardo quando posso ma so per esperienza vissuta che si tratta di un mondo angusto che non ti dà molta possibilità di fare. Io, ad esempio, sto producendo dei ragazzi, entriamo in studio alle 9 e usciamo alle 21; questa è la vera attività di coaching: provare, riprovare, creare e disfare. In tv non potrei permettermi una cosa del genere, tutto deve essere già pronto ed efficace. Sarebbe bello creare un laboratorio televisivo in cui i musicisti suonano tutto il giorno.

Anche tu stai ancora studiando?

Sì, certo! Studio anche le cose degli artisti nostrani, scrivo continuamente e preparo tante cose. Chi mi conosce mi dice sempre: “Ma quanta roba hai lì? Quante visioni hai?”. Personalmente cerco di mettermi sempre in gioco.

Mario Biondi durante l'intervista

Mario Biondi durante l’intervista

A proposito di artisti italiani… chi ti piace di più?

Zucchero mi ha sorpreso negli anni ’80 con “Oro incenso e birra”, Fabio Concato l’ha fatto con l’uso della bossanova, Eduardo De Crescenzo con la sua sopraffina vocalità soul, Riccardo Cocciante con la sua verve ma ci sono anche tanti altri artisti che stimo molto…

Hai un legame particolare con qualche città?

Sicuramente sono molto legato a Tokyo, lì ho tenuto una delle mie prime tournèe, il pubblico è sempre stato molto affettuoso con me. Ricordo con piacere il fatto che ovunque mi girassi c’era gente che cantava le mie canzoni a memoria.

E Catania?

Catania è la mia vita, ha segnato la mia crescita.  Dalle mie parti vige il proverbio: “Cu nesci, arrinesci” ovvero “Chi esce, riesce”. Dalla Sicilia non ci si può semplicemente allontanare, se ne deve “uscire” eppure il mio primo contatto con la musica è stato qui con mio padre e poi ci sono i miei amici veri, quelli dell’adolescenza.

A proposito degli arrangiamenti del disco…come sono stati realizzati?

In questo caso sono stato più interprete che arrangiatore, conosco molto bene i musicisti che hanno suonato e poi c’è il contributo fondamentale del bravissimo Nicolò Fragile che ha curato tantissime produzioni importanti e che si occupato anche di questo mio progetto.

A questo proposito abbiamo interpellato direttamente Nicolò Fragile per un commento relativo a questo album.

Era tanto tempo che non provavo la gioia di fare un disco così bello con questo sound sempre verde. Mario si circonda di persone veramente capaci e che lavorano con grande entusiasmo, sa scegliere molto bene ed è bello lavorare così. Io e Mario ci siamo conosciuti nella nostra terra nativa e siamo subito diventati amicissimi, la nostra è una bella e duratura amicizia. Amiamo la stessa musica. Abbiamo cercato di realizzare un lavoro raffinato ma allo stesso tempo capace di essere fruibile dal grande pubblico. Il risultato è che non bisogna essere per forza un amante del jazz per ascoltare ed apprezzare questo disco. Gli arrangiamenti li ho scritti io in autonomia, sono un nottambulo, poi man mano ho cercato di attingere sensazioni dai musicisti stessi in modo da poterle aggregare e metterle sulla partitura, un lavoro non facile ovviamente. Per me è stato un grande onore essere stato scelto per curare questo lavoro e sono contentissimo perché era un po’ che non tornavo al mio genere per antonomasia. Ho cercato di mettere a frutto tutta la mia esperienza per fare questo disco con Mario Biondi e questa qui è solo la punta dell’iceberg.

Le produzioni di musica italiana sono di basso livello, la nostra musica si è disgregata, i direttori artistici delle major internazionali ritengono che non sappiamo fare musica italiana, questo perché noi facciamo una musica che non è internazionale, le basi non sono italiane, non c’è nessuna identità nostra, c’è solo un cantato in italiano, questo desta meno interesse nei confronti di chi deve acquistare un cd italiano. Quello che non si è fatto è stato portare avanti la nostra musica e farla evolvere come hanno fatto i sudamericani ad esempio. Ciò che fa la differenza, per concludere, è il suono. Questo disco tra 10 anni risulterà ancora attuale perché non ha una data di scadenza.

Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist: CD1 - Do you feel like I feel, Chilly girl, You are my Queen, The mystery of man, I will never stop loving you, Stay With me, This is what you are, A Handful Of Soul, No Merci For Me, Rio De Janeiro Blues, Never Die. CD2 – Gratitude, Be Lonely, Shine on, What have you done to me, Deep Space, Come to me, Open up your eyes, Love is a temple, Another kind of love, All I want is you, Nightshift.

 

Nel circuito Ticket One e nei punti vendita autorizzati sono in prevendita i biglietti del “Best of soul tour” che vedrà Mario Biondi live sui palchi dei più prestigiosi teatri italiani da Marzo 2017. Seguirà poi un tour anche in Europa e in Asia.

Queste le date:

6 marzo          GENOVA         TEATRO CARLO FELICE

8 marzo          MILANO          TEATRO DEGLI ARCIMBOLDI

11 marzo        CREMONA      TEATRO PONCHIELLI

13 marzo        BOLOGNA       EUROPAUDITORIUM

14 marzo        TORINO          AUDITORIUM DEL LINGOTTO

16 marzo        FIRENZE          OBIHALL

17 marzo        VARESE           TEATRO DI VARESE

19 marzo        UDINE             NUOVO G. DA UDINE

20 marzo        TRIESTE           TEATRO ROSSETTI

22 marzo        PARMA           Teatro Regio

24 marzo        BRESCIA          TEATRO PALA BANCO

28 marzo        TRENTO          AUDITORIUM SANTA CHIARA

30 marzo        PADOVA          GRAN TEATRO GEOX

31 marzo        BERGAMO      TEATRO CREBERG

18 aprile         CATANIA         TEATRO METROPOLITAN

20 aprile         BARI                TEATRO TEAM

22 aprile         NAPOLI           TEATRO AUGUSTEO

24 aprile         ROMA              PARCO DELLA MUSICA

 Ascolta qui l’album:

Luciano Ligabue presenta “Made in Italy”. Recensione ed intervista

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Esce oggi “MADE IN ITALY” (Zoo Aperto/Warner Music), l’atteso ventesimo disco, e undicesimo di inediti, della carriera di Luciano Ligabue. Frutto di una trance e di un flusso creativo inarrestabile, questo nuovo lavoro è un concept album concepito seguendo un humus artistico basato sulla frizione data da un contrasto specifico: un forte amore per l’Italia ed un altrettanto forte sentimento di ira contro le problematiche che ci attanagliano. Una sorta di amore “frustrato” in cui Riko, il protagonista della storia raccontata in questo disco, viene mandato all’avanscoperta da Ligabue che ne impersonifica i panni. Nel pieno di una crisi esistenziale Riko punta il dito con veemenza ma alla fine è dentro di sé che si compie il vero percorso evolutivo. Lui, che non ha fatto in tempo a decidere per sé, che si è sposato troppo presto, che si affida al venerdì sera per non scoppiare, raggiunge piena consapevolezza alla fine del disco mostrandoci un barlume di speranza. Le disavventure di Riko danno a Ligabue la libertà di giocare con nuovi generi, di parlare in modo più diretto e “sporco”, di affrontare tematiche scottanti. Libero più del solito ma anche responsabile più del solito, Ligabue offre una propria visione delle cose ma descrive bene anche la nostra guerra per la sopravvivenza quotidiana. Prodotto da Luciano Luisi, con musiche, testi e arrangiamenti di Luciano Ligabue, “MADE IN ITALY” è stato suonato da Luciano Luisi (tastiere, cori), Max Cottafavi (chitarre), Federico Poggipollini (chitarre elettriche, cori), Davide Pezzin (basso), Michael Urbano (batteria, percussioni), Massimo Greco (tromba e flicorno), Emiliano Vernizzi (sax tenore) e Corrado Terzi (sax baritono). A questo proposito occorre sottolineare il fatto che gli arrangiamenti del disco restituiscono quella stessa urgenza espressiva con cui nasce questo disco che, in sintesi, è una lettera d’amore al rock’n’roll.

 Intervista

 Da cosa nasce l’idea di un concept album?

Mentre facevo il giro del mondo con i miei concerti, nonostante l’euforia sentivo nostalgia dell’Italia e dei suoi difetti. Mi capitava spesso di fare il confronto tra le grandi metropoli e le nostre città, mi domandavo se ai tanti italiani che venivano ai miei concerti mancasse l’Italia e quanto e come. Fin dai tempi di “Buonanotte all’Italia” ho cercato di raccontare un rapporto sentimentale con questo paese, io non racconto la cronaca bensì i miei sentimenti nei riguardi di questo paese.

Come hai assemblato le canzoni?

Non avevo messo in preventivo che questo dovesse essere il mio prossimo album, le canzoni sono arrivate una dopo l’altra con estrema facilità. Quando ho pensato al disco avevo il punto a) Riko presenta la propria crisi esistenziale e il punto b) la presa di coscienza e la consapevolezza di Riko. In seguito sono state le canzoni a portarmi a spasso, in certi casi sono andato a scavare nei cassetti, un esempio di questo tipo è il brano “Dottoressa” che aveva un altro testo. Alcuni dei brani nuovi sono rimasti fuori, altri li ho scritti dopo, specialmente quelli di passaggio come possono esserlo “Apperò”, “Quasi uscito”, “Menomale”.

Ti sei chiesto come mai stavolta hai voluto parlare in prima persona?

Una sera abbiamo suonato in un famosissimo locale di Los Angeles, il “Whisky a Go Go”, lì dove avevano suonato tutti i più grandi, mi sono lasciato influenzare da questa magica atmosfera americana. Il giorno seguente ho prenotato lo studio dei Foo Fighters, lo stesso in cui c’è ancora il mixer con cui i Nirvana hanno registrato “Nevermind”, lì è stata registrata “Non ho che te”, un brano che affronta una frizione emotiva e che mi ha spinto a domandarmi perché stessi raccontando qualcosa in prima persona. Al mio ritorno a casa si sono spente le luci. Ecco, in quel momento di buio così forte e intenso per me, ho cercato di capire se questo Riko facesse parte della vita che avrei vissuto nel caso non avessi fatto questo mestiere oppure se si trattasse di un alter ego o di una parte di me.

Le canzoni sono caratterizzate da un linguaggio diretto. Perché?

 Riko è molto più incazzato di me, ha molti meno privilegi e questo mi ha messo in una condizione di libertà maggiore rispetto al solito. In questo progetto ho la totale responsabilità di quanto fatto. Mi sono lasciato prendere la mano nel giocare con generi mai affrontati come reggae, ska, skwing, rithm’n’blues e ritmiche diverse.

Ligabue ph Toni Thorimbert e Jarno Iotti

Ligabue ph Toni Thorimbert e Jarno Iotti

Avete registrato i brani in presa diretta e senza partitura…come è andata?

Ho voluto trasmettere le canzoni ai miei musicisti con la stessa urgenza con cui erano nate. Ho incontrato Luisi mentre stava facendo i missaggi di Campovolo e siamo partiti subito per una nuova storia. Le parti di arrangiamento sono rimaste quelle, Luisi si è innamorato dei riff che avevo fatto per realizzare le demo. Il fatto è che io non sono un chitarrista, uso la chitarra per accompagnarmi, motivo per il quale i chitarristi hanno dovuto fare una sorta di lavoro in bella copia per rispettare quell’urgenza creativa iniziale.

Il nocciolo dell’album è privato anche per forza di cose si rivolge ad un pubblico. Qual è la Giungla di Riko e qual è la tua?

“G come giungla” racchiude davvero un’espressione di rabbia. Riko preferisce avere avuto una disillusione tanto forte ma averci potuto credere; insomma il prezzo della disillusione è un buon prezzo. Allo stesso tempo, però, Riko è anche il diminutivo di Riccardo, il mio secondo nome. Si sa come la penso, molte promesse fatte da quella politica sono state disattese, non ho né i strumenti né la voglia di capire le colpe, so solo che quella forbice tra primi e ultimi è sempre più larga, il sistema è sempre più radicato e questo per me è motivo di fallimento di una civiltà. In questo brano esprimo ovviamente anche un mio pensiero, da 35 anni frequento un gruppo di 20-25 amici, abbiamo affittato una casa in cui abbiamo ricreato la nostra idea di bar, spesso affrontiamo lunghe discussioni sui temi attuali, tra questi l’ingiustizia fiscale è un argomento molto sentito, le informazioni le ho raccolte di prima mano, guardando la loro vena sul collo ed il furore con cui si toccano certe tematiche calde.

Raccontaci di questa copertina.

Collaboro da diverso tempo con Paolo De Francesco, in genere gli chiedo tre cose: mai mettere la mia faccia in copertina (un vezzo che ho da sempre), poi scelgo un’immagine sola o tante immagini. In questo caso venivamo da “Mondovisione” in cui c’era un mondo accartocciato perciò abbiamo voluto mettere tante cose. A questo aggiungo un’altra elemento: vivo con l’illusione che ci sia ancora qualcuno che comprandosi un disco faccia qualcosa che facevo io quando compravo un vinile, ovvero andare aldilà delle canzoni e capire una storia interagendo anche con la parte grafica del lavoro.

Qual è il cambiamento necessario per sopravvivere a questo mondo?

Dobbiamo capire il nostro posto nel mondo, il motivo per cui non riusciamo ad incidere su un sistema tanto radicato. Il contributo di ciascuno di noi pare dalla consapevolezza verso se stessi.

Quanto spazio avrà il disco nel nuovo tour?

Sicuramente lo suoneremo tutto. Devo ancora capire se infliggere al pubblico queste canzoni in un blocco unico o se spezzettarle. La cosa più giusta sarebbe raccontare questa storia per intero però io voglio anche fare felice chi viene a sentirmi quindi mi riservo di capire cosa fare.

In questo disco fai una critica ai media…

Più che altro c’è una rilevazione: si è costretti ad un’informazione sempre più veloce ed urlata che fa il paio con quella dei politici. La colpa non va alla categoria, è la società che va così, i social impongono una velocità diversa, le notizie su internet devono avere un’efficacia diversa ma questo non fa bene né agli utenti né a chi fa questo lavoro; non riusciamo a metabolizzare le notizie perché si passa subito ad altro e non permettiamo alla nostra risposta emotiva di fare il lavoro che dovrebbe.

Quale Italia esce da questo ritratto?

In Italia piena di difetti ma amatissima da Riko che non ne vuole sapere di abbandonare le sue radici, non pensa mai neanche una volta di andarsene.

Video: Made in Italy

E Carnevale chi è?

Per il momento ha le sembianze di un espediente narrativo ma magari non è finita qui…

I riferimenti musicali di questi album?

“Quadrophenia” degli Who è l’album che ho ascoltato di più. Sono andato a sentirli a Milano recentemente e ne “La vita facile” c’è anche un omaggio a loro.

Qual è la morale che emerge da questo disco?

La prima rivoluzione da fare è con se stessi. L’odissea che compie Riko va esattamente in questa direzione. Il fatto che lui sia incazzato con il mondo esterno è giusto ma il percorso che compie è di tipo interiore. Riko non sa come fare per far sentire la sua voce e per fare in modo che uno come lui possa incidere al di fuori. Paradossalmente la sua partecipazione alla manifestazione e la conseguente manganellata innescano uno switch on che gli consente una nuova chance per la svolta personale.

Pensi che questo album possa mettere alla prova i tuoi fans?

Avendo sempre bisogno di confrontarmi con un strumento di consenso popolare non ho mai la garanzia che quello che scrivo possa piacere o che sia quello che i miei fan vogliono sentire. Se c’è una cosa che ho capito è di non capirci quasi niente con le canzoni. Non è una dichiarazione di falsa modestia, ogni volta non so come sarà la risposta del pubblico e, dato che stavolta il cambiamento sarà più grosso, sono un po’ più agitato perché questo progetto resterà. In ogni caso il verdetto lo darà il pubblico, come sempre.

Anche tu hai il tuo venerdì?

Sì, certo. Il mio è molto meno spericolato, quello è il posto in cui ancora rido grazie al rapporto molto forte che ho con i miei amici.

Il flusso creativo con cui è nato questo album testimonia freschezza ed energia…

Se penso al mio primo album, così grezzo e così pieno di identità, non posso pensare di avere quella stessa energia, qui c’è inevitabilmente l’esperienza di anni, non può esserci l’incoscienza, c’è per un impulso: ho lasciato che le cose fluissero.

Ligabue ph jarno-Iotti

Ligabue ph jarno-Iotti

Quello che emerge alla fine è “Un’altra realtà”?

Non rinuncio alla speranza. Certo che si vedrà un’altra realtà, sono i bambini a cantarlo. In questo momento la speranza è considerata un sentimento per sfigati ma io sono fatto così, preferisco passare per ingenuo ma questo è il messaggio che voglio trasmettere.

Ti sei già espresso in merito alla questione del Secondary Ticketing Market. Alla luce delle nuove indagini in corso, cosa vorresti aggiungere?

Quando stabiliamo il prezzo dei biglietti dei concerti teniamo in considerazione diverse cose. Il mio diktat è sempre lo stesso: mantenere un prezzo contenuto per il pubblico. Abbiamo sempre cercato di fare in modo di arginare questo fenomeno, chi lascia decuplicare i prezzi dei biglietti ci rema contro. Dal 2009 facciamo informazione sui tutti i nostri canali, abbiamo cercato di fare una black list. Adesso sarà importante capire cosa farà il governo per aiutarci ad estinguere questo cancro.

Raffaella Sbrescia

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La tracklist dell’album: “La Vita Facile”; “Mi Chiamano Tutti Riko”; “È Venerdì, Non Mi Rompete I Coglioni”; “Vittime E Complici”; “Meno Male”; “G Come Giungla”; “Ho Fatto In Tempo Ad Avere Un Futuro”; “L’Occhio Del Ciclone”; “Quasi Uscito”; “Dottoressa”; “I Miei Quindici Minuti”; “Apperò”; “Made In Italy”; “Un’Altra Realtà”.

Dopo “Liga Rock Park” (oltre 130.000 presenze), e la pubblicazione del disco “MADE IN ITALY”, Ligabue nel 2017 sarà protagonista nei palasport di tutta Italia per presentare i brani contenuti nel nuovo album, oltre ai suoi grandi successi.

 

Con oltre 200.000 biglietti venduti, queste le date attualmente confermate del “MADE IN ITALY - PALASPORT 2017”: 3, 4, 6 e 7 febbraio al PalaLottomatica di Roma14, 15 e 17 febbraio al Pal’Art Hotel di Acireale (CT); 20 e 21 febbraio al Palasport di Reggio Calabria23, 24 e 25 febbraio al PalaFlorio di Bari; 27 e 28 febbraio al PalaSele di Eboli3 e 4 marzo al PalaMaggiò di Caserta; 6 e 7 marzo al PalaEvangelisti di Perugia; 10 marzo al Modigliani Forum di Livorno13 e 14 marzo al Mediolanum Forum (Assago) di Milano17 marzo al PalaTrieste di Trieste; 20 marzo all’Adriatic Arena di Pesaro22 e 23 marzo al Nelson Mandela Forum di Firenze28 e 29 marzo al Pala Alpitour di Torino1 e 2 aprile alla Fiera di Brescia4 e 5 aprile al Mediolanum Forum (Assago) di Milano; al 7 e 8 aprile all’Unipol Arena di Bologna10 aprile al 105 Stadium di Rimini19 aprile al Palaonda di Bolzano21 e 22 aprile all’Arena Spettacoli Fiera di Padova24 aprile al Palaprometeo di Ancona.

Vista la grande richiesta da tutte le regioni di Italia gli organizzatori informano che prossimamente saranno inserite in calendario anche date anche in Liguria e Sardegna.

I biglietti del “MADE IN ITALY - PALASPORT 2017” sono disponibili in prevendita su www.ticketone.it e nei punti vendita abituali.

Luciano Ligabue tiene a battesimo le serate FoxLive che arricchiscono l’offerta dei canali Fox con i big della musica italiana. Il 23 novembre alle 21:00, in contemporanea su FOX FoxLife (canale 112 e 114 di Sky), due eventi in prima visione assoluta con Luciano Ligabue protagonista. Il docufilm Made in Italy e il best of del Liga Rock Park di Monza, concerto evento del 2016. Il docufilm è il racconto per immagini della creazione del nuovo concept album dell’artista emiliano. La struttura del disco si riflette in quella del docufilm in un gioco coerente di rimandi, seguendo il percorso creativo di Ligabue, dall’ideazione alla registrazione con la band. Il documentario ha la stessa anima rock dell’album, accelera col ritmo di un assolo di chitarra per fermarsi poi a riflettere come in una ballata elettrica. Il docufilm è scritto da Emanuele Milasi e Alessia Rotondo, per la regia di Valentina Be.

A partire dalle ore 22.00 di mercoledì 23 novembre, in contemporanea con FoxLive, RTL 102.5 trasmetterà in radio il best of di “Liga Rock Park”, il doppio evento live il 24 e 25 settembre al Parco di Monza.

The Ramona Flowers: l’intervista alla electro indie pop band di Bristol

The Ramona Flowers

The Ramona Flowers

Li abbiamo conosciuti come band di supporto ai concerti dei White Lies, loro sono i The Ramona Flowers, una elecro indie pop band con base a Bristol. Il loro secondo album “Part Time Spies”, registrato presso i Distillery studios nell’autunno 2015, è un lavoro dalle sonorità accattivanti e dai contenuti attuali: si va dalla morte, al narcisismo imperante sui social networks, alla fine della privacy, alle notti brave e alle mattinate trascorse in hangover. Un disco in cui Steve Bird (vocals), Sam James (guitar), Wayne Jones (bass), Dave Betts (keyboards, guitar) and Ed Gallimore (drums) s’interrogano su tante questioni contemporanee senza troppi convenevoli. La loro capacità di svecchiare le sonorità anni ’80 attraverso l’uso spensierato dell’elettronica ha fatto sì che le loro performance dal vivo diventassero una fonte garantita di divertimento. La riprova l’abbiamo avuta grazie a 30 ricchi di minuti di show sul palco del Fabrique di Milano.

Intervista

Qual è il brano più intenso di “Part Time Spies”?

Bird: Sicuramente“Sharks”, un brano ispirato dalla precoce scomparsa di mio padre. Si tratta di una canzone molto intensa dal punto di vista emotivo, ogni volta che la canto mi trasmette qualcosa di forte. Avrei voluto scriverne molto tempo fa ma solo quando ho cominciato a lavorarci con il gruppo le parole sono finalmente uscite fuori.

Recentemente ti sei trasferito da Londra a Bristol per stare di più con il gruppo. Come hai vissuto questo passaggio?

Bird: Il fatto che io fossi a Londra mentre il resto del gruppo era a Bristol mi ha fatto realizzare quanto fosse importante stare insieme per poter sviluppare al meglio la nostra creatività. Prima che mi unissi al gruppo ero molto giù di morale, poi ho vissuto una sorta di “switch on”, ho capito che valeva la pena combattere e affrontare le avversità a pieno viso. Nel brano “Cold of the night” è racchiusa proprio questa presa di coscienza, ho risollevato me stesso.

Come è venuto fuori il pazzo video del brano “Skies Turn Gold”?

Questa canzone è il frutto del lavoro in studio di Betts e James. Il brano è incentrato sulla capacità che ciascuno di noi ha di ritagliarsi una dimensione spazio temporale individuale, nel video girato da FX Goby abbiamo cercato di rappresentare questo momento come una sorta di perdita della conoscenza.

E “Designer Life”?

Bird: Questo brano racchiude una mia invettiva contro i social media. Mi perplime guardare Instagram e scoprire che le persone non fanno altro che scattare dei selfie in cui ritraggono se stessi, non ho capito come sia potuto accadere che le persone potessero diventare così vuote e vacue.

The Ramona Flowers @ Fabrique

The Ramona Flowers @ Fabrique

Tra i brani più riusciti del disco c’è la traccia strumentale “Midnight Express”…

In questo brano la band è coinvolta al 100%, il contributo di ciascuno è stato fondamentale per dare un senso filmico al flusso delle note per cercare di mettere insieme tutti i tasselli.

Dirty World è ispirata ad un theme di Giorgio Moroder. Come è avvenuta la folgorazione?

 Stavamo girando intorno ad un synth, nel nostro subconscio abbiamo pensato a Giorgio Moroder e al film “Top Gun”. Non sapevamo se ci sembrava ottimo o pessimo ma alla fine è uscita fuori questa melodia accattivante e la canzone ha preso forma in modo diretto e spontaneo.Tutto succede per una ragione, in questo caso è stato un “incidente” fortunato.

Cosa bolle in pentola adesso?

Stiamo scrivendo molto e abbiamo molto materiale, probabilmente saremo più “bandy” e meno elettronici. In linea di massima ci stiamo limitando a scoprire cosa verrà fuori dal nostro stare insieme.

Raffaella Sbrescia

Video: Skies Turn Gold

Tony Tammaro valica i confini della Campania. Intervista alla “generation icon” dei tamarri

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Conosciutissimo in Campania e semi conosciuto nel resto del paese, Tony Tammaro è una generation icon. Dopo 25 anni di carriera il cantore dei “tamarri” valicherà i confini campani per cinque concerti prodotti da L’Azzurra Management di Giovanni Brignola. Dopo il debutto casalingo al teatro Diana di Napoli (7/11), Tony approderà nel tempio milanese del rock (22/11 all’Alcatraz), in uno dei più antichi teatri della città di Bologna (24/11, Teatro Duse), nel covo della musica live romana (27/11, Jailbreak), prima di far ritorno al Teatro delle Arti di Salerno (29/11). Ad accompagnarlo on stage, una band composta da cinque musicisti - Nino Casapulla (tastiere), Luciano Aversana (chitarre), Paolo Pollastro (basso), TonyMartuccelli (batteria) e Rossella Bruno (cori). Vincitore tre volte del Festival Italiano della Musica Demenziale, Tony si è raccontato in questa intervista, andiamo a scoprirlo.

Tony, finalmente valichi i confini della Campania. Come mai proprio adesso?

Sono “appena” 25 anni che faccio il cantante e in tutto questo tempo ho girato in tutti i 540 comuni della Campania, anche più di una volta. Credo che abbia fatto abbastanza gavetta per poter affrontare il tour italiano. Ho avuto l’idea grazie al web: mentre chattavo con i miei fan, mi sono accorto che moltissimi di loro sono tutti emigrati al nord Italia quindi ho deciso di andarli a trovare.

Come sarà strutturato il live show?

Ho intitolato lo spettacolo “Tony Tammaro alla conquista dell’Italia” e ho ritenuto opportuno che tutti noi ci vestissimo adeguatamente per l’occasione. Avremo elmi, corazze, tuniche e accessori da antichi romani. I costumi di scena saranno curati da Annalisa Ciaramella. La filosofia alla base di questa scelta è: se deve esserci una conquista dell’Italia, è giusto attrezzarsi in modo adeguato. Per la scaletta sono un po’ in difficoltà, ho scritto 90 canzoni e per un concerto di due ore dovrò fare una precisa selezione. Sicuramente ci saranno tutti i classici del mio repertorio insieme ad altri più recenti, tratti dal mio ultimo lavoro “Tokyo Londra Scalea”. Sto facendo anche dei sondaggi sui miei canali social, credo che proverò ad accontentare più persone magari racchiudendo un po’ di brani in un medley.

Nei tuoi brani è sempre presente un sottotesto da cui si evince una forte personalità. Quali sono i tuoi interessi?

Sono un appassionato di musica jazz e leggo molto. Non ho la laurea, sono un autodidatta, le mie canzoni sembrano scritte da e per tamarri, la verità è che spesso le persone restano sorprese quando interagiscono con me. Ascolto di tutto e di più, sono un gran curioso, mi concentro soprattutto sugli arrangiamenti ma raramente mi sconvolgo. Mi sono emozionato quando vidi cantare Vasco Rossi “Vita spericolata” a Sanremo, quando ho ascoltato i Neri per Caso cantare a cappella e poi sono rimasto colpito dal fatto che una giovanissima cantante come Ariana Grande abbia le carte in regola per giocare alla pari con la grandissima Mariah Carey.

Come vive il tuo pubblico la tua persona e come vivi tu le persone che ti seguono?

Quando ero ragazzo andavo ai concerti, ogni volta che pensavo di avvicinare uno dei miei idoli c’era qualche bodyguard che mi menava. Da grande ho deciso che avrei avuto un rapporto diverso con i fans e così è stato. Quando finisco i concerti mi fermo tanto con loro, spesso mangiamo anche qualcosa insieme. In questo modo mi sono fatto tanti amici e continuo ad imparare tante cose ogni giorno.

Cosa significa essere un artista indipendente?

Ho iniziato 25 anni fa con l’autoproduzione, mi sono sempre autofinanziato e ogni volta che ho pubblicato qualcosa di nuovo mi sono sempre affidato al passaparola.

Tony Tammaro

Tony Tammaro

Quali sono state le evoluzioni e le involuzioni della figura dell’ “italcafone”?

Sono anni che osservo e studio le persone che vengono a sentirmi. Le mode sono cambiate, adesso tra il pubblico ci sono tanti studenti universitari molto più raffinati di un tempo. L’involuzione si vede soprattutto in rete ed in particolar modo sui social; la tamarragine è diventata qualcosa di violento e si presenta soprattutto in forma di insulti, calunnie ed offese gratuite.

Come si colloca il genere della musica demenziale all’interno dello scenario musicale contemporaneo?

Questo genere ha un ruolo molto marginale. Io ho scelto di arrivare al pubblico utilizzando la via melodica senza le mitragliate di parole che usano i rapper. Mi rifaccio ai vecchi poeti, gli stessi che hanno scritto le migliori pagine della musica classica napoletana, quelli che usavano le quartine. Io non uso scariche di parole, in genere mi fermo entro i limiti di un foglio A4.

Nel frattempo hai scritto qualcosa di nuovo?

Sono molto pigro e poi sono dell’idea che un artista debba scrivere solo quando ha qualcosa da dire. Diffido degli artisti troppo prolifici, io ho deciso di fare come i Beatles: mi fermo a 10, sono a 8 ma me la prenderò molto comoda, prima che esca un disco devo essere assolutamente sicuro che faccia ridere chi lo ascolta.

 Raffaella Sbrescia

Video: Fornacella

“Da chi non te lo aspetti”: il nuovo album e la “leggerezza impegnata” di Tricarico

Tricarico ph Stefano Sgarella

Tricarico ph Stefano Sgarella

Esce oggi per Edel Italy, su CD, in digital download e su tutte le piattaforme streaming, “Da chi non te lo aspetti” il nuovo album di inediti di Francesco Tricarico. Il disco, prodotto da Iacopo Pinna e Lorenzo Vizzini, giunge a distanza di tre anni dall’ultimo lavoro “Invulnerabile”, un lasso di tempo in cui Francesco ha suonato in giro per l’Italia, è andato in scena a Milano e Roma con lo spettacolo teatrale “Solo per pistola” e ha proseguito il lavoro con i suoi quadri. Musica ed arte sono, per Tricarico, due mondi complementari. Il legame tra la sua musica e le sue opere è molto stretto, e rappresenta la ricerca di un posto nel mondo e di un mezzo per comunicare con gli altri. A marzo 2016, presso lo storico locale Jamaica di Milano, è stata realizzata una sua mostra dal titolo “Da chi non te lo aspetti” con l’ultima sua produzione, sia su tela che su carta. La mostra ha ispirato Francesco nella creazione del brano omonimo che dà il titolo al nuovo disco e che vede, come co-autore, Giancarlo Pedrazzini, direttore della galleria Fabbrica Eos che espone le opere di Tricarico nonchè location dell’intervista che abbiamo realizzato con l’artista.

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Intervista

Come nasce il legame tra i dipinti che hanno ispirato questo disco e l’album stesso?

In realtà è nato tutto contemporaneamente, non c’è un legame razionale. La mostra ha lo stesso titolo del disco e ha ispirato una canzone autentica. Si è creata una alchimia particolare e molto intensa.

Qual è la genesi dei temi delle tue canzoni e delle altre forme d’arte con cui ti esprimi?

 Il comune denominatore è una ricerca di risposte. Forse nei quadri la cosa avviene in maniera più istintiva, nelle canzoni c’è la voglia di raccontare cercando di essere un minimo padrone di questo percorso non sempre semplice. La canzone, così come il quadro, mi aiuta a mettere le cose in ordine. Il mio obiettivo è cercare di dire le cose in modo semplice e scoprire se ci sono riuscito.

Potremmo definire la cosa usando l’espressione “leggerezza impegnata”?

Sicuramente la trovo corretta. In sostanza, chi ascolta le mie canzoni può coglierne gli aspetti più o meni leggeri, non pretendo che ci si debba per forza spingere fino in fondo. Offro più piani di lettura all’ascoltatore senza turbarlo.

In questo senso potrebbe venirci in mente il brano “Volo”; l’arrangiamento sposa in modo onirico i concetti di cui si parla nella canzone in oggetto…

Sì, l’arrangiamento di Lorenzo e di Iacopo si sono sposati alla scrittura del brano mio e di Michele Fazio. Un viaggio apparentemente onirico, rappresentato in modo etereo.

Francesco Tricarico

Francesco Tricarico

Secondo te, la fantasia può essere solo prerogativa dei più piccoli?

Personalmente ho una grande elasticità mentale e una grande fantasia. Tutte cose, queste ultime, che ho rischiato seriamente di perdere per poi ritrovarle per agganciarmi alla vita. Io penso che il gioco non debba essere relegato all’infanzia, la magia è adesso; ora e qui.

Il concetto di sogno ricorre nel brano “Brillerà”, uno dei più completi del disco un po’ per il duetto teatrale con Ale & Franz, un po’ per l’ironia che fa da sottotesto a tutto il brano. Sognare crea davvero dipendenza?

L’idea alla base della canzone è: il momento non è facile però attraverso il sogno puoi venirne fuori. Il sogno può permetterti di trovare delle vie di fuga, ti permette di cambiare la realtà. Il nostro obiettivo è mettere a fuoco la capacità di uscire dalle difficoltà o almeno provare a farlo.

Che sensazioni ti ha lasciato il duetto con Arisa nel brano “Una cantante di musica leggera?

Lei è la cantante di musica leggera che immaginavo, capace di dare leggerezza a temi più profondi, di farti vedere le cose declinate attraverso la sua voce, una grande interprete. C’è una grande affinità artistica con lei, per me è stato un bell’incontro, mi ha lasciato curiosità, entusiasmo e la voglia di fare altre cose insieme. Arisa si mette spesso in gioco e mi fa piacere che ci sia questa complicità.

Quale può essere una possibile interpretazione del brano “SOS Oliva”?

Si tratta di una richiesta d’aiuto, un sos cosmico mandato all’universo affinchè accadano delle cose. D’altronde il confronto con la verità pervade tutto il disco che, in sintesi, è un insieme di sperimentazioni fatto nel tentativo di fare chiarezza.

Francesco Tricarico

Francesco Tricarico

Che bilancio fai dell’esperienza legata a “Solo per pistola”?

Il bilancio è ottimo. Ho trasformato il concerto in uno spettacolo teatrale recitando e rappresentando le cose in modo più ampio rispetto alla forma canzone. Mi auguro che la cosa abbia un proseguimento, questa esperienza mi ha permesso di capire che potrei fare determinate cose. Più possibilità ho, più mi diverto, più mi sento sicuro. Spero che troverò altre idee da portare in scena, il teatro mi piace tantissimo, più ci sono dentro, più sono fuori dalla realtà.

Nel disco c’è una ricerca sonora piuttosto eterogenea, quali sono state le fonti di ispirazione?

Riguardo al disco c’è un po’ la ricerca dell’effetto sorpresa. Lorenzi Vizzini e Iacopo Pinna hanno lavorato affinchè l’ascoltatore potesse mantenere alto il livello dell’attenzione. Anche io mi ritrovo in questo modo “schizzoide” di ascoltare la musica, ascolto tantissime cose: da Bach a Lou Reed, da Dalla a Mozart; non è tanto la forma a colpirmi, bensì il modo, l’amore con cui si fanno le cose.

Come vivi la tua Milano?

Sono nato qui, mi piace, mi manca quando mi assento, mi piace passeggiare per i miei luoghi ( su tutti la Basilica di Sant’Ambrogio). Milano è una città finalmente viva, di nuovo effervescente, si sente nell’aria questa voglia di essere una fucina di idee.

Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist del disco: “Sos Oliva”, “Paradiso”, “Una cantante di musica leggera feat. Arisa”, “La bolla”, “Un amore Nuovo”, “Il motivetto”, “Brillerà feat. Ale e Franz”, “Stagioni”, “Da chi non te lo aspetti”, “Ciao”, “Volo”.

Ascolta qui l’album:

Thegiornalisti: “Completamente Sold out” è il manifesto di chi vive senza filtri. Intervista

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Inutile girarci attorno: “Completamente Sold out” (Carosello Records) è l’album rivelazione di questo autunno. I Thegiornalisti rilanciano i sentimenti e si fanno paladini di chi non ha voglia di trattenersi in nome di chissà quale strategia. In questo disco, il frontman della band Tommaso Paradiso mette sul piatto molte vicende personali e, nel farlo, riesce a creare un’ empatia immediata e viscerale con l’ascoltatore. Al centro di questo “Nirvana laico” c’è ovviamente l’amore ma ci sono anche le illusioni che ci tengono vivi e romanticamente disperati. Ad orchestrare tutte queste suggestioni, la produzione di Matteo Cantaluppi ed un onirico sound che ci riporta a quella dorata patina anni ’80 che, ad oggi, conserva una dimensione di isola felice.

Intervista a Tommaso Paradiso

“Completamente Sold Out” sta riscuotendo tanti consensi. Cosa significa per te dare alla luce un lavoro così personale?

Il segreto è essere riuscito a fare in modo che queste vicende così intime abbiano riscontrato un sentimento di immedesimazione in tante altre persone. I fatti di cui scrivo si ispirano a cose che bene o male accadono a tutti nella vita.

Cosa si prova nel dividere le opinioni altrui?

È normale, finchè si tratta di musica è giusto e naturale che sia così. Se si toccassero altri temi allora il discorso sarebbe ben diverso…

Mi ha colpito la dichiarazione in cui dici che questo è il tuo grido contro il risparmio dei sentimenti. Niente di più vero…

Sì, sono molto innamorato e non amo vivere situazioni di facciatao quelle in cui si fugge per conquistare l’altro. Mi piace buttare il cuore oltre l’ostacolo.

Quali sono i nuovi paradigmi del romanticismo nel 2016?

Potrei spiegare la cosa facendo riferimento alla serie The Pills. Un like ad una foto scaturisce reazioni importanti, scuote le anime. Poi c’è whatsapp, ci sono gli screenshot e quant’altro. Ormai i paradigmi dell’amore si fanno su Internet.

“Io non amo tenermi e faccio fatica ad apprezzare chi lo fa”. Il tuo è un modo di pensare in netta controtendenza. Come spiegheresti questa chiusura generale?

Siamo diventati tutti campioni a scrivere messaggi stupendi, le emoticons ci hanno liberato dal dover dare le sfumature alle parole. Poi, quando finalmente ti vedi dal vivo con una persona, questo mondo che non esiste si disintegra e fai fatica a guardarla negli occhi; per fortuna nel mio caso non è così.

Come hai lavorato con Matteo Cantaluppi e che strumentazione avete utilizzato per questo “pop spinto”?

Abbiamo usato un sacco di plugin e synth analogici. Ci siamo divertiti molto.

“Sold Out” è il tuo inno…

Sì, questo è il pezzo manifesto del disco perchè racchiude tutti i momenti che ci sono nelle altre canzoni: notte, lacrime, amore, morte, felicita, Lei.

In che senso “le donne sono la spinta di tutto”?

Sono l’unico motivo per cui valga la pena muoversi, non c’è niente di più grande.

Che valore ha per te la notte?

Tutto. La notte è il momento in cui il mio corpo si rilassa e ritrova la pace; tutto il resto del giorno andrebbe passato a letto secondo me.

Tommaso Paradiso ph Riccardo Ambrosio

Tommaso Paradiso ph Riccardo Ambrosio

Che concezione hai della parola morte?

Non mi fa paura l’idea di morire, mi fa più spavento l’ipotesi di stare male.

Qual è la “bellezza” della disperazione?

La disperazione di cui parlo io è una “disperazione romantica”, quella che ti prende la pancia e lo stomaco e che ti sorprende per la sua potenza.

In un’intervista hai spiegato che “Sbagliare a vivere” e “Non odiarmi” vanno considerate insieme, una è il pre e l’altra è il post. La prima parla di quando sai che stai sbagliando, però te ne fotti e continui. “Non odiarmi” invece parla dell’inutile pentimento del giorno dopo. Potresti approfondire questo concetto?

È esattamente così.  Se spiegassi le canzoni, leverei alle persone la gioia di ascoltarle.

Video: Completamente

“Fatto di te” è la tua la pop song preferita e perfetta?

Sì.

Perchè preferisci ispirarti e rendere attuale la musica anni ‘80 e ’90?

Perché la ascolto e mi viene naturale. Ovviamente ci ispiriamo anche ad altro, per esempio ai nostri contemporanei che ci piacciono come possono essere, ad esempio, I Cani e Calcutta.

“Continuo a vivere come mi va, sbagliare a vivere mi piace un sacco, se vuoi ti spiego io come si fa”. “Sbagliare a vivere” è uno dei brani più intensi di questo album. Ci racconti come l’hai assemblato?

Una notte sono tornato a casa, ero sul divano e c’era un cielo che sembrava mi venisse addosso. Il pianoforte era lì vicino, avevo in mente un vecchio riff degli U2 e l’ho riattualizzato.

I grandi cantautori italiani sono molto attenti alla scena indipendente italiana. Cosa ne pensi?

Questa è una cosa molto bella. La questione è semplice: quando fai dei numeri, si alza l’attenzione su di te. Per fare un esempio, questo è quanto accaduto ai ragazzi de Lo Stato Sociale quando hanno riempito un intero palazzetto a Bologna.

Come procede la tua carriera di autore? Ho letto che hai scritto un pezzo insieme a Francesco Bianconi. Cos’altro bolle in pentola?

Ho scritto altri pezzi, sono stati tutti presi, tra un po’ scoprirete tutto con le prossime uscite dei “biggers”.

Come sarà il nuovo tour?

Saremo noi tre più due nuovi musicisti.  Il live sarà più lungo, ci divertiremo molto con delle canzoni semplici da cantare, verrà fuori un bel mix. Passate a trovarci!

Raffaella Sbrescia

Ascolta qui l’album:

“Studio Sessions vol.1″: il grande ritorno dei Dirotta su Cuba. Intervista

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Lo scorso 23 settembre c’è stato il grande ritorno della formazione originale dei Dirotta Su Cuba. Con l’album intitolato “Studio Session Vol.1” la band toscana composta da Simona Bencini, Stefano De Donato e Rossano Gentili ha offerto al pubblico una versione rivisitata del primo storico album dei Dirotta Su Cuba insieme a 6 brani inediti, nel segno di quelle sonorità funky e groovy che l’hanno resa popolare nel corso degli anni. Arrangiamenti e tonalità, ispirati alle acclamate performances live della band, rendono il sound ancora più energico e coinvolgente. Accanto a grandi hit come “Gelosia” e “Liberi di liberi da” troviamo il primo trascinante singolo “Sei tutto quello che non ho” e il nuovo singolo “Immaginarmi senza te”; completa la tracklist il brano strumentale “Dancing machine”, raffinata rilettura del pezzo dei Jackson 5 del 1974. L’album, inoltre, è impreziosito dalla presenza di numerosi ospiti d’eccezione: Mario Biondi con la sua voce inconfondibile duetta con Simona in “Solo baci”; i Neri per caso firmano la nuova intro di “Gelosia”; Max Mbassadò arricchisce con il suo straordinario timbro rap “Sei tutto quello che non ho”;  la tromba di “Chiudo gli occhi” è di Fabrizio Bosso; Gegè Telesforo partecipa con un solo di voce a “Batti il tempo”; in “Dove sei” la chitarra solista è di Riccardo Onori, storico chitarrista dei DSC oggi alla corte di Jovanotti; il leader dei Ridillo Bengi duetta in “Noi siamo importanti”; Federico Malaman stupisce con un solo di basso in “Solo baci”.

Intervista a Simona Bencinni e Stefano De Donato

Come avete ritrovato questa alchimia così forte?

Abbiamo sempre attinto molto dall’energia dei nostri concerti, questo è stato anche il modo per ritrovarci dopo 10 anni di separazione, il territorio fertile in cui abbiamo ritrovare anche chi ci ha sempre seguito nel corso degli anni.

Come avete lavorato in studio?

Per una band che si era sciolta entrare in studio è stato complesso. Per prima cosa bisognava ritrovare il feeling dal punto di vista umano. Per quanto riguarda il live, invece, è stato tutto molto naturale. Lo spazio vuoto lasciato dai Dirotta su Cuba non l’ha mai riempito nessuno, appena ci siamo riuniti siamo tornati come se non fossimo mai andati via. Il live è sempre una grande palestra invece il disco richiede uno scontro di idee anche notevole, mesi di lavorazione e concentrazione alta. Una domanda che ci siamo posti subito, appena prima di iniziare la scrittura, è stata come dovessero essere i Dirotta Su Cuba oggi.

E gli arrangiamenti?

Sono figli di tutti i live che abbiamo fatto da quando ci siamo riuniti. Abbiamo scelto una versione dei brani più funky, più roots, più ruvida rispettando la nostra cifra stilistica.

Dai testi si evince una forte passione…

Stefano: Io e Simona ci confrontiamo su tutto, le racconto e le spiego il mio punto di vista, interagiamo molto. Quando compongo mi metto un po’ a nudo, generalmente in studio lavoro giocando in difesa. Quando faccio sentire le idee nuove a Simona sono sempre un po’ in imbarazzo, ci conosciamo da tanto eppure la prima cosa che scatta all’ascolto è il “vergognometro” (ride ndr). Quando mi pongo il problema di scrivere so che canterà lei, a questo bisogna aggiungere che ci confrontiamo con basi che non hanno niente a che fare con la musica italiana. Spesso abbiamo buttato via canzoni perché ci scontriamo con la tradizione melodica italiana e perché tutto il castello sonoro dei nostri brani  si incentra su un impianto diverso. Siamo conosciuti come quelli leggerezza e del disimpegno ma se separassimo il testo dalla musica scopriremmo delle tematiche ben poco leggere.  Noi cerchiamo il bilanciamento tra quello che diciamo e quello che suoniamo.

Dirotta Su Cuba ph Angelo Trani

Dirotta Su Cuba ph Angelo Trani

Come avete costruito l’impianto sonoro di questo disco?

La nostra missione più importante è stata fermare l’energia che mettiamo quando suoniamo dal vivo. Ogni volta che riprendiamo in mano i nostri brani, essi acquisiscono una nuova veste. Un esempio su tutti è il celeberrimo “Gelosia”.

Questa grande festa ha coinvolto tanti amici e colleghi…

Sì, sono stati tutti molto entusiasti e disponibili con noi. La loro grande bellezza è la stessa energia creativa dei bambini!

Ascolta qui l’album

Tra questi c’è anche Riccardo Onori

Riccardo era bravissimo già da ragazzino. Con lui abbiamo condiviso due anni bellissimi (’96-’97), è venuto a Sanremo con noi ed è sempre stato riconoscente, oltre ad essere una bellissima persona. Per noi è stato naturale coinvolgerlo in questo album. Tra l’altro ci siamo sentiti come dei piccoli eroi della musica fiorentina, sai quanti ne abbiamo visti sparire di musicisti negli anni?!?

Come mai il brano “Ragione e sentimento” si distanzia così tanto dagli altri?

Si tratta del primo brano che abbiamo scritto quando ci siamo riuniti. Parliamo dunque del 2011. Ci siamo chiesti come dovevamo essere dopo 20 anni. Abbiamo fatto degli esperimenti, cercavamo una strada che ci consentisse di mantenere intatta la ricetta con degli elementi di innovazione, ci siamo immaginati di lavorare con un dj e, in effetti, il brano ha una veste più elettronica. Il testo rispecchia la nostra scelta di tornare insieme, ci è servito per mettere a fuoco una serie di cose.

E il remix di “Sei tutto quello che non ho”?

Tutti i nostri singoli hanno dei remix, la nostra musica si presta bene, ci sono ingredienti dance, siamo figli degli anni ‘80 inoltre Stefano ha approfondito le sue conoscenze, realizza remix, lavora con dei dj e a noi piace molto.

Raffaella Sbrescia

 Video: Immaginarmi senza te

Jack Savoretti presenta “Sleep no More”: un album introspettivo, consapevole e sensuale

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Jack Savoretti riporta in scena il suo inconfondibile cantautorato con un nuovo album di inediti intitolato “Sleep No More” (Bmg Rights Management/Warner). Nato sulla fortunata scia di “Written in Scars”, questo album rappresenta l’occasione per apprezzare ancora il graffio e la carica sensuale della bellissima voce di Savoretti senza tralasciare l’importanza di tematiche introspettive e profonde. Muovendosi in bilico tra passione e consapevolezza, Savoretti racconta dei più comuni conflitti generazionali spaziando tra generi, influenze e richiami d’oltroceano. Il fulcro è un piccolo bilancio esistenziale, il riferimento è il cantautorato italiano, quello da antologia: Battisti, De Andrè, Tenco; l’obiettivo è mettere un punto fermo ad una carriera pronta a spiccare definitivamente il volo.

Jack Savoretti ritornerà dal vivo in Italia a inizio 2017: venerdì 24 febbraio al Fabrique di Milano e domenica 26 febbraio al Teatro Carlo Felice di Genova.

Intervista

“Sleep no More” inizia da dove finisce “Written in Scars”. Con quale stato d’animo e con quali prospettive hai lavorato a questo disco?

Si tratta di una lettera di ringraziamento. L’album segue un tema preciso, parte da “When we were lovers”, un brano malinconico che ti fa pensare a chi eri tempo addietro. Quando ho scritto questa canzone avevo una certa tristezza addosso, guardavo il passato con rimpianto poi ho aperto gli occhi e mi sono reso conto che ciò che stavo vivendo in quel momento era tante volte meglio di quello che avevo fatto in precedenza. Il concept album di questo disco è racchiuso in una presa di coscienza. Il fulcro del lavoro è il raggiungimento di un incrocio esistenziale, il famoso bivio tra passione e responsabilità; un dilemma, un conflitto, una croce e delizia di tanti miei coetanei. Il mio obiettivo è perseguire la via di mezzo per raggiungere un equilibrio tra le due cose.

Raccontaci della nascita e della lavorazione di questo disco…

“When we were lovers” era l’ultima canzone che avevo scritto per l’album precedente ma non c’entrava niente con “Written in scars”. Per questo motivo l’ho tenuta da parte. All’inizio del 2016 il ciclo di promozione del precedente album era concluso, avevo sei mesi per scrivere questo disco, poi l’album ha ripreso inaspettatamente a vendere, portandomi per la prima volta nella top 10 britannica. Io e la mia band siamo tornati on the road ma a quel punto mi restavano solo tre mesi per finire l’album. Avrei potuto fare le cose con più calma, ma mi sono detto: finalmente c’è chi mi ascolta, facciamogli vedere quel che sappiamo fare. Siamo entrati in studio con un’energia completamente diversa ed il risultato si sente. Spesso in questo ambiente si spendono soldi per fare qualcosa che è stato già fatto, noi siamo riusciti a fare esattamente quello che volevamo.

Cosa è cambiato dal punto di vista musicale?

Questo è un disco più romantico e introspettivo del precedente, “‘Written in scars’ mi ha portato in serie A. Per rimanerci e per sognare qualcosa in più dovevo ingaggiare due o tre nuovi giocatori. Gente come Cam Blackwood e Mark Ralph mi ha portato ad un livello sonoro più sofisticato e ha dato spessore alle mie composizioni Gli altri produttori e in alcuni casi co-autori del disco sono Samuel Dixon (Adele), Matty Benbrook (Paolo Nutini), Steve Robson & Ross Hamilton (James Bay, John Newman, James Morrison)

Video: When we were Lovers

In questo lavoro abbini il gusto vintage ad un pop moderno…

Odio i generi e le etichette. “Any other way” richiama gli anni ’60, “Start living in the moment” gioca sulle chitarre messe al contrario, “Lullaby loving” mette in evidenza il mio legame con la musica mediterranea. Abbiamo usato strumenti molto più tradizionali. Mi sono ispirato ad artisti come Lucio Battisti e Paul Simon che nei loro dischi ti fanno scendere e salire attraverso una certa varietà di suoni, stili e generi.

Come lavori alla costruzione dei brani?

La prima cosa che faccio in studio è mettere giù il groove, in questo album combino la vecchia scuola con una serie di elementi contemporanei. La musica istintiva è quella che mi piace per davvero, adoro catturare il momento dell’ispirazione.

Che aspettative hai in questo momento?

Non mi aspetto nulla in realtà. In questo mestiere se hai troppe aspettative non vai lontano. In Italia non è mai stato facile per nessuno affermarsi. Mi sono intestardito a voler instaurare un legame con la musica italiana perché sono cresciuto ascoltandola. Nei miei primi 3 album ero convinto di essere nato in California, mi ero dimenticato delle mie radici italiane poi appena le ho riattivate, ho voluto fare un album italiano in lingua inglese. Sono molto legato al cantautorato di Battisti, De Andrè, Tenco, non ci sono cantautori inglesi che fanno così in ambito mainstream, la cosa mi diverte e mi rende più genuinamente autentico.

Quanto suonerai in Italia?

In questi ultimi anni io e il mio staff ci abbiamo messo passione e sudore. Abbiamo girato osterie e pizzerie fino ad arrivare al Blue Note. Con il lancio globale del disco non potrò dedicare all’Italia lo stesso tempo di prima, per questo spero mi diate delle buone ragioni per tornare più spesso nel vostro paese (ride ndr).

Come sarà il nuovo live?

Ho suonato a Leeds l’altra sera ed ero terrorizzato come non lo ero da un bel po’. In scaletta ci sarà l’intero album perché ne sono molto fiero. L’insieme del concerto sarà molto più simile ad uno show con l’obiettivo di distogliere il pubblico dalla propria realtà per un’ora e mezza circa. Finora il mio era un concerto rilassato, ora sarà più surreale con la musica al centro di tutto.

 Raffaella Sbrescia

 Ascolta qui l’album:

“Linea d’Ombra – Festival Culture Giovani”: un piccolo “miracolo” Made in Sud

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Cinema, musica, performing art, 360° experience e arti visive. La  XXI edizione di “Linea d’Ombra – Festival Culture Giovani”, promosso dal Comune di Salerno, finanziato dalla Regione Campania e organizzato dall’Associazione SalernoInFestival, in programma a Salerno dal 5 al 12 novembre, propone un viaggio sulla terra alla scoperta del Terzo Pianeta: per 8 giorni  la rassegna multidisciplinare diretta da Peppe D’Antonio e Luigi Marmo presenta oltre 60 eventi, coinvolgendo varie location e realtà artistiche del capoluogo salernitano.

Per l’inaugurazione di sabato 5 novembre sono in programma il video mapping del collettivo di artisti Okotek, il concerto della Med Free Orkestra e dalla mezzanotte, la performance del gruppo “UT insieme vocale-consonante”, guidato da Lorenzo Diana, vincitore del Gran Premio Europeo.

Grande attesa per l’esibizione in esclusiva nazionale del leader dei Sonic Youth, Thurston Moore che chiuderà la kermesse al teatro Augusteo di Salerno il 12 novembre. Il leggendario musicista statunitense, per la prima volta in Campania, si esibirà in compagnia di James Sedwards, chitarrista e bassista inglese, apprezzato per il suo lavoro nella scena avant-rock, in particolare con i Nøught.

Abbiamo incontrato e intervistato Luigi Marmo per scoprire i dettagli dell’attesa kermesse.

Intervista

Qual è lo spirito che attraversa questa nuova edizione del Festival?

Cerchiamo di portare avanti il carattere interdisciplinare della manifestazione che, già da qualche anno, ha scelto come di adottare questo tipo di linea.  Linea d’Ombra nasce come Festival di Cinema poi negli anni ha visto affiancarsi la musica e le altre arti visive per tenersi al passo con i tempi. Il tema di questa edizione è IL TERZO PIANETA viaggio sulla terra. L’intenzione è quella di fare un viaggio attraverso diverse realtà del contemporaneo. In programma ci sono attività trasversali e parallele, non c’è un filo unico. L’obiettivo è raccontare il bello del nostro pianeta per stimolare la voglia di salvaguardarlo.

 Ampio spazio sarà come sempre riservato al cinema, cuore pulsante di Linea d’Ombra fin dalla sua nascita nel gennaio del 1996. In programma, il concorso “CortoEuropa”, con 21 cortometraggi di giovani registi europei in rappresentanza di 15 paesi

Siamo giunti alla ventesima edizione di una storica sezione del Festival. Quest’anno abbiamo avuto più di 2000 iscritti validi, c’è stata una seleziona finale durissima, i lavori erano veramente interessanti con una notevole presenza di registe donne rispetto agli altri anni. Siamo molto soddisfatti dei lavori che verranno proposti in concorso.

Il 10 novembre la satira pungente degli autori di Lercio e Spinoza sarà protagonista di uno spettacolo sulla “sporca informazione”. Il giorno seguente sarà la volta del live set di Guappecartò. Ci parli un po’ più nel dettaglio di questi due eventi…

Spinoza e Lercio sono tra le realtà più seguite in Italia, sarà un incontro spettacolo, non sappiamo neanche noi cosa spettarci, nella loro ironia c’è un carattere molto tagliente, una particolarità su cui faremo affidamento. Guappecartò sono un gruppo di italiani trasferiti a Parigi da 10-12 anni, portano avanti un tipo di musica coinvolgente.

Ci racconti cosa significa per lei lavorare alla realizzazione di questo Festival, quali sono le soddisfazioni e quali le brutture a cui assiste lavorando in un territorio poco semplice da affrontare…

Una cosa fondamentale è dare spazio allo staff. Tante volte si fanno sempre i nomi copertina e ci si dimentica dello staff che fa grandi sacrifici. Ogni anno ci chiediamo se ne valga davvero la pena però poi guardiamo i risultati e ci riempiamo il cuore di gioia nel creare qualcosa di prezioso in un territorio che non offre grandissime occasioni. Ho conosciuto il festival in veste di film maker 6 anni fa e mi sono reso conto che si possono fare cose belle anche nel meridione. Se lo facessimo a Belino sarebbe molto più semplice, non troviamo strutture e persone con una mentalità pronta e dinamica, ma siamo comunque fortunati perché siamo finanziati dalla Regione e abbiamo il totale appoggio del comune di Salerno. D’altra parte, però, dobbiamo organizzare un Festival in 3 mesi e chi fa questo lavoro sa bene che questo è praticamente un miracolo. Lavoriamo tutto l’anno convivendo con l’incertezza e la mancanza di programmazione; sarebbe bello avere la possibilità di programmare e riuscire a lavorare come fanno gli staff di tanti altri Festival all’estero.

Raffaella Sbrescia

Info: www.festivalculturegiovani.it

“Oronero”: Giorgia racconta il disco della consapevolezza. Intervista

Giorgia

Giorgia

Giorgia torna in scena con “Oronero” (Microphonica/Sony Music Italy), il suo decimo album di inediti. Forte di un consolidato ed inossidabile sodalizio artistico con il produttore Michele Canova, già insieme a lei nei precedenti due album, “Dietro le apparenze” (2011) e “Senza paura” (2013), la cantante rinverdisce la sua veste di autrice firmando ben 10 dei 15 brani che compongono la tracklist di un progetto intimo e ragionato. I punti chiave di “Oronero” sono una spiccata sensibilità ed una carismatica carica interpretativa. Doti che, da sempre, rappresentano gli assi nella manica di Giorgia che, in questa specifica occasione, decide di raccontarsi senza filtri attraverso una scrittura matura, consapevole e carica di contenuto.

Intervista

 “Oronero” è un album lungo, denso e vario. Ci racconti come nasce questo progetto?

Non mi sono posta regole o limitazioni, avevo intenzione di realizzare 11 al massimo 13 canzoni. L’idea di “Oronero” è nata due anni fa, mi sono concessa del tempo perché dovevo e volevo fare le cose con la giusta e dovuta calma. Nell’album ho voluto raccontare i giorni che stavo vivendo, mi sentivo alla ricerca di qualcosa. Ho anche chiesto canzoni ad artisti amici ma molti di loro erano impegnati su più fronti e a me non piace molto stare lì a chiedere le cose. Poi piano piano le canzoni sono arrivate, ho lavorato con orari precisi, quasi da operaia, mi sono imposta di scrivere tra un impegno di famiglia e l’altro. Questo modo di lavorare è stato assolutamente nuovo per me però devo dire che ha dato i suoi frutti.

Hai lavorato ancora con Michele Canova. Quali sono i punti fermi del vostro sodalizio artistico?

Io e Michele Canova abbiamo lavorato con un’ottima intesa. Ci siamo confrontati molto e su ogni cosa ci siamo trovati d’accordo; una perfetta comunione di intenti. Per questo album il mio obiettivo era quello di realizzare un disco più elettronico con delle ritmiche precise e uso di synth da coniugare al tocco umano di musicisti come Tim Pierce e Alex Alessandroni. Non abbiamo seguito le mode del momento, abbiamo voluto sperimentare, ci siamo concessi delle libertà spostandoci un po’ fuori dai soliti canoni.

Come pensi che queste scelte influenzeranno la costruzione del nuovo live?

La varietà mi servirà molto dal vivo quando dovrò assemblare la scaletta e dovrò mettere insieme i tasselli. Mi piacerebbe creare dinamiche diverse all’interno del concerto, di sicuro dovrò trovar un equilibrio tra vecchie e nuove canzoni. Vorrei accontentare tutti i miei fan, da quelli storici a quelli che mi hanno scoperto soltanto adesso.

Cosa significa per te la parola “cambiamento”?

Credo che per cambiare il mondo (sì credo ancora, forse più di prima) si debba partire dalla propria anima, è necessario lavorare sull’ autocoscienza. Il vero ostacolo a questo pare essere il poco tempo che ognuno ha per sé tra vita quotidiana e stimoli di tutt’altro tipo. A livello personale, il grande cambiamento che ho vissuto è stato liberarmi del bisogno d’approvazione altrui, mi sono proposta con grande naturalezza in questo disco mentre in passato ho avuto il pudore di dire le mie cose.

“Oronero” è il primo singolo estratto da questo album. Che significato dai a questa parola?

Il petrolio è il simbolo di questo tempo: una ricchezza naturale può diventare puro veleno. Portando questo discorso dal generale al particolare, ci si può riferire ad un discorso più propriamente individuale.

 “Posso farcela” e “Non fa niente” sono le uniche due canzoni in cui firmi tutto…

Quando scrivo canzoni mie, tendo sempre a pensare che non saranno mai dei singoli, le vivo come un modo per fissare un momento, non riesco mai a guardarne la parte commerciale o commerciabile.

Giorgia ph-eolo-perfido

Giorgia ph-eolo-perfido

Che rapporto hai con le tue colleghe cantanti?

Gli uomini si alleano, la donna tende a spaventarsi quando incontra altre donne forti perché già deve lottare per avere il suo spazio. Secoli di cultura ci hanno insegnato che più ci tengono separate meno potere ci danno. Io sono cresciuta in una famiglia che esalta le donne, mi confronto spesso con le mie colleghe, sono in contatto con loro e ne sono molto felice.

Come mai non ci sono duetti?

L’ho già fatto con Gianna Nannini, Elisa, Laura Pausini, Alicia Keys. Non è stata una scelta precisa, è semplicemente andata così. In ogni caso avendoci messo la faccia è stato meglio. Una collaborazione a cui tenevo molto è che è andata a buon fine è stata quella con Pacifico.

Come ti vedresti all’estero?

Avrei dovuto lavorarci vent’anni fa ma avevo delle paranoie. C’è stata una fase in cui non me la sentivo, un’altra in cui ero pronta ma un ex presidente BMG non credeva assolutamente nel mio ruolo all’estero. In questi giorni mi stanno arrivando complimenti e segnalazioni, Canova non fa altro che invitarmi a Los Angeles, dice che i suoi musicisti vorrebbero suonare con me. Ecco, più che vendere i miei dischi lì, mi piacerebbe avere degli scambi con quei musicisti e realizzare delle jam sessions indimenticabili.

“Vanità” è uno dei pezzi più interessanti del disco. Uno stream of consciousness con un arrangiamento molto particolare…

Inizialmente il brano si chiamava “Symphony” ed aveva un’altra identità. “Vanità” è stata la prima parola che ho individuato, ci sono tornata dopo un po’.

E “Regina di notte”?

Una canzone apparentemente da cubo dalla concettualità elegante.

Giorgia ph-eolo-perfido

Giorgia ph-eolo-perfido

Il ruolo di Emanuel Lo è stato molto importante nella scrittura di questo disco…

Sa comporre benissimo e a volte neanche lui si rende bene conto di quanto sia capace. Il nostro rapporto artistico-musicale è molto equilibrato, ognuno conserva il proprio spazio, ci confrontiamo spesso ma a me piace lavorare anche da sola, ho bisogno di fare le mie cose.

Riprenderai qualcosa che hai lasciato da parte in questo progetto?

Le canzoni devono essere sedimentate ma in genere non riprendo mai le cose dal cassetto, le canzoni hanno il loro tempo, i dischi vengono accolti bene solo quando le cose sono fatte nel loro tempo.

Cosa è per te ribellione?

Un tempo la trasgressione era andare contro le regole, adesso la vera ribellione è recuperare il bene e crederci fino in fondo.

Raffaella Sbrescia

Questa la tracklist di “Oronero”: “Oronero”, “Danza”, “Scelgo ancora te”, “Credo”, “Per non pensarti”, “Vanità”, “Posso farcela”, “Come acrobati”, “Mutevole”, “Tolto e dato”, “Amore quanto basta”, “Sempre si cambia”, “Grande maestro”, “Regina di notte”, “Non fa niente”.

Video: Oronero

Il 19 marzo 2017 partirà il nuovo attesissimo tour di GIORGIA, ORONERO TOUR, farà la sua prova generale il 19 marzo a Mantova, e toccherà 17 città su e giù per la penisola. I biglietti per tutte le date saranno disponibili dalle 10:00 di lunedì 31 ottobre su livenation.it e ticketone.it. Gli iscritti a My Live Nation potranno accedere a una prevendita dedicata, dalle 10:00 del 29 ottobre alle 9:00 del 31 ottobre.

Questo il calendario ufficiale del 2017:

19 marzo – MANTOVA – PalaBam

22 marzo – BOLOGNA – Unipol Arena

24 marzo – MILANO – Mediolanum Forum

28 marzo – GENOVA – 105 Stadium

30 marzo – NAPOLI – PalaPartenope

1° aprile – ROMA – PalaLottomatica

6 aprile – ACIREALE (CT) – Pal’Art Hotel Acireale

8 aprile – BARI – PalaFlorio

9 aprile – EBOLI (SA) – PalaSele

12 aprile – PERUGIA – PalaEvangelisti

13 aprile – FIRENZE – Mandela Forum

15 aprile – RIMINI – 105 Stadium

18 aprile – ANCONA – PalaPromoteo Estra

20 aprile – VERONA – AGMS Forum

22 aprile – PADOVA – Kioene Arena

23 aprile – CONEGLIANO (TV) – Zoppas Arena

26 aprile – TORINO – Pala Alpitour

Per info: LIVE NATION ITALIA www.livenation.it – info@livenation.it – 02 53006501

 

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