Umbria Jazz 2024: debutto subito stellare con Galliano e Capossela

Galliano @ Umbria Jazz ph Gioberti

Galliano @ Umbria Jazz ph Gioberti

E’una serata inaspettatamente fresca e ventilata quella che fa da cornice al debutto della cinquantunesima edizione di Umbria Jazz, la kermesse musicale ospitata dalla bellissima città di Perugia. Una serata dal clima particolarmente gradevole e non solo per quanto riguarda l’aspetto meteorologico. L’arena Santa Giuliana fa registrare il sold out per due ospiti d’eccezione.
A introdurre gli artisti che per primi calcheranno uno dei palchi protagonisti di questa ricca edizione, come del resto lo sono tutte le edizioni di Umbria Jazz, Nick The Nightfly, dj che cura la diretta per Radio Montecarlo, tra gli sponsor della manifestazione.
Sorridente e visibilmente felice di dare il via alle danze, accompagnato da Adrien Moignard alla chitarra e Diego Imbert al contrabbasso, fa il suo ingresso sul grande palco un gigante della fisarmonica, l’italo francese Richard Galliano, virtuoso di fama internazionale, che con i suoi ricchi e personalissimi arrangiamenti ha di fatto rivoluzionato il panorama musicale di questo strumento, tracciando un solco netto tra un prima e un dopo.

Galliano @ Umbria Jazz ph Gioberti

Galliano @ Umbria Jazz ph Gioberti

Un’esibizione indimenticabile che ha dato modo al pubblico italiano, da cui è molto amato, di apprezzare il suo straordinario talento. Racconta in italiano, Galliano, scusandosi per una pronuncia non proprio perfetta ma assolutamente comprensibile, delle sue precedenti esperienze a Umbria Jazz, che risalgono oramai a una decina di anni fa, e del suo entusiasmo nel tornare nella suggestiva cornice del capoluogo umbro, che lo ha sempre accolto con calore ed affetto.
Il primo dono per il pubblico è nell’esecuzione sublime di “vuelvo al sur” di Astor Piazzolla, compositore con cui Galliano ha un’estrema confidenza e di cui ha praticamente reinterpretato l’intero repertorio.
Sono prevalentemente tanghi e valzer quelli proposti alla platea dell’arena, in una successione rapidissima, interrotta solo da poche parole descrittive: “les feuilles mortes” di Prévert e Kosma si animano sotto i polpastrelli magici del fisarmonicista italo francese, come pure le molte composizioni originali e i tanghi argentini di cui oramai è diventato il più originale e indiscusso ambasciatore.

L’arena si emoziona, avvolta in una nuvola di note magiche, mentre una leggera brezza rinfresca cuori e corpi, invitandoli ad un romantico abbandono.
Un’ora abbondante di intense emozioni, prima di lasciare il posto a un teatrale e gigionesco Vinicio Capossela, che sin da subito e senza indugi si spende in parole a favore della pace. Pace in Palestina, pace in Ucraina, e la musica come ambasciatrice di pace, questo l’incipit di un lungo monologo atto ad introdurre i brani di “Camera a Sud”, album del 1994, che compie trent’anni. Trent’anni egregiamente portati per il terzo album del cantautore nato in Germania, e che porta il nome di uno dei fisarmonicisti più importanti del mondo: quasi che un destino in note fosse per lui segnato dalla nascita.

Capossela @Umbria Jazz oh Roberta Ghiberti

Capossela @Umbria Jazz oh Roberta Gioberti

 Fu Francesco Guccini che scoprì il talento di Capossela, e lo propose al Tenco: un’altra delle cose belle che dobbiamo al Maestrone modenese, pietra miliare del nostro cantautorato più autorevole. Ritmi in odore di sudamerica, arrangiamentti di Antonio Marangolo, che Vinicio stesso ringrazia, dispiaciuto del fatto che non possa prendere parte al live, ma anche ritmi gitani, balcani e jazz, molto jazz, a confermare la magica atmosfera già creata da Galliano. Ed è proprio Galliano che Vinicio invita sul palco, per eseguire insieme Modì, brano che non fa parte dell’album, ma non per questo non penetra nell’anima dei circa 4mila spettatori della Santa Giuliana.
Trent’anni anche per il primo passaggio a Perugia di Capossela, grazie alla figura del compianto Sergio Piazzoli, cui nel pomeriggio è stata dedicata una panchina, con una cerimonia cui lo stesso Vinicio ha preso parte.
Sul palco con Capossela, Enrico Lazzarini al contrabbasso, , Zeno de Rossi alla batteria, Giancarlo Bianchetti alla chitarra, Michele Vignali al Sax, Luca Grazioli alla tromba, Humberto Amesquita al trombone, Raffaele Tiseo al violino, Daniela Savoldi al violoncello e, special guest, Piero Odorici.

Capossela @Umbria Jazz ph Roberta Gioberti

Capossela @Umbria Jazz ph Roberta Gioberti

Una ricca e generosa reinterpretazione di un album che ha detto la sua nel panorama musicale nostrano, e a ragione.
Indugia, si intrattiene oltre il previsto, e si concede un brindisi finale, Capossela, nell’accomiatarsi da un pubblico soddisfatto e festoso.
Se il buongiorno si vede dal mattino, beh, c’è da supporre che sarà una gran bella edizione di UJ, quella di quest’anno.
Roberta Gioberti

De Gregori e Zalone alle Terme di Caracalla. Il report e le foto del concerto

De Gregori e Zalone alle Terme di Caracalla ph Robert Gioberti

De Gregori e Zalone alle Terme di Caracalla ph Robert Gioberti

Alla notizia di un tour De Gregori/Zalone, il primo impatto è stato lo stesso che può generare la proposta, in un menù, di una pasta e vongole condita con scaglie di parmigiano. Il fatto è che non potremo mai dire che è buona o non lo è fino a quando non la assaggiamo. E’ quindi con grande curiosità e con altrettanto circostanziate aspettative che abbiamo accolto questo esperimento, varato alle Terme di Caracalla il 5 giugno scorso.

E forse l’errore è stato nell’aver coltivato aspettative inadeguate.
Due date sold out a Caracalla per presentare il lavoro più originale e anche più discusso della nostrana stagione discografica d’autore, danno l’esatta misura di quanto il pubblico sia curioso di “assaggiare” questa insolita accoppiata di sapori melodici, sapori improbabili da legare: ed è proprio il collante che probabilmente difetta perché in realtà, oltre qualche condivisione di battute, condotta anche molto bene da Zalone, non si è andati.

De Gregori e Zalone alle Terme di Caracalla ph Robert Gioberti

De Gregori e Zalone alle Terme di Caracalla ph Robert Gioberti

Battute alla Zalone, cui il Principe, meravigliando probabilmente i più, fa da spalla: battute a nostro avviso divertenti (se non avessimo apprezzato la comicità spesso incompresa di Zalone non avremmo avuto tanto desiderio di assistere al concerto), ma quell’alchimia che avrebbe potuto creare effetti stupefacenti, almeno al debutto, non è scattata.
Di fatto abbiamo assistito a una carrellata di performamces dell’uno e dell’altro, totalmente scollegate tra loro, a parte un momento davvero molto commovente in cui, sull’incipit, è stato intonato il tema di Pinocchio. Ecco, probabilmente se lo spettacolo si fosse svolto tutto sulla base di quell’imprinting, sarebbe davvero riuscito a segnare una pietra miliare nella storia della canzone italiana d’autore. A De Gregori l’encomio per aver voluto Zalone al suo fianco: un gesto quasi provocatorio verso un certo comparto d’ascolto che si reputa tanto sofisticato da criticare l’iniziativa solo perché, a suo parere, non sufficientemente autoriale. A Zalone quello per aver accettato, a condizione di restare Zalone, di non stravolgere la sua comicità apparentemente così accessibile da sembrare addirittura puerile, a chi non sa leggere tra le righe. Perché, se si ha avuto modo di vedere i suoi film, Zalone di cose ne dice assai e nient’affatto ingenue o puerili e probabilmente questo aspetto Francesco de Gregori lo ha colto, altrimenti un tour non glielo avrebbe mai proposto.
Il Principe a certi particolari connubi non è nuovo: uno tra tutti, il concerto con Baglioni di qualche anno fa, che però, almeno su chi scrive, ha avuto tutt’altro impatto.

De Gregori e Zalone alle Terme di Caracalla ph Robert Gioberti

De Gregori e Zalone alle Terme di Caracalla ph Robert Gioberti

Definire il concerto di Caracalla brutto, no, non è assolutamente veritiero, perché non lo è stato. Del resto, quando sul palcoscenico ci butti La Donna Cannone, o Sempre e per Sempre beh, una standing ovation, giustamente, te la porti a casa.
Però ci saremmo aspettati qualcosa di diverso, un’opportunità sviluppata diversamente, una maggiore integrazione delle due visioni tanto del mondo musicale quanto della compagine sociale, storica e culturale che fa loro da supporto e questa magia, ci duole dirlo, non c’è stata. Si è avuta più la sensazione di uno spettacolo portato avanti a compartimenti stagni, con qualche momento di condivisione.

De Gregori e Zalone alle Terme di Caracalla ph Robert Gioberti

De Gregori e Zalone alle Terme di Caracalla ph Robert Gioberti

Tuttavia bisogna considerare che si tratta di un work in progress, che l’esperimento è audace, che probabilmente le critiche servono anche a questo, per dare loro un senso e non relegarle ad uno sterile esercizio di stile: e che, comunque, tanto divertono i testi di Zalone, quanto commuovono quelli di De Gregori. E’ stato il debutto e, come spesso accade ai debutti, è perfettibile. Ci auguriamo che nel corso della stagione la coppia trovi il giusto affiatamento per riuscire a portare al pubblico, insieme, le stesse emozioni che riesce a far vivere individualmente. Sarà sicuramente così, ma se non fosse, rimarrà sempre e comunque un apprezzabile tentativo.

Roberta Gioberti

la scaletta:

Deborah’s theme (Ennio Morricone) – De Gregori + Zalone + Band

Piano bar (Francesco De Gregori) – De Gregori + Zalone + Band

Il cuoco di Salò (Francesco De Gregori) – De Gregori + Zalone

Storia di Pinocchio (Nino Manfredi) – De Gregori + Zalone

Rimmel (Francesco De Gregori) – De Gregori + Zalone

Alejandro (Checco Zalone) – De Gregori + Zalone

Titanic (Francesco De Gregori) – De Gregori + Zalone

La leva calcistica della classe ‘68 (Francesco De Gregori) – De Gregori + Zalone + Band

Sento il fischio del vapore (Francesco De Gregori – Giovanna Marini) – De Gregori + Band

Il vestito del Violinista (Francesco De Gregori) – De Gregori + Band

I matti (Francesco De Gregori) – De Gregori + Band

Due zingari (Francesco De Gregori) – De Gregori + Band

Numeri da scaricare (Francesco De Gregori) – De Gregori + Band

Giusto o sbagliato (Francesco De Gregori – Checco Zalone) – De Gregori + Zalone + Band

Culu piattu (Checco Zalone) – Zalone + Band

Poco ricco (Checco Zalone) – Zalone + Band

Patriarcato (Checco Zalone) – Zalone + Band

Immigrato (Checco Zalone) – De Gregori + Zalone + Band

La prima Repubblica (Checco Zalone) – De Gregori + Zalone + Band

Pittori della domenica (Paolo Conte) – De Gregori + Zalone + Band

Atlantide (Francesco De Gregori) – De Gregori + Zalone + Band

Gli uomini sessuali (Checco Zalone) – De Gregori + Zalone + Band

Pezzi di vetro (Francesco De Gregori) – De Gregori + Zalone + Band

Buonanotte Fiorellino (Francesco De Gregori) – De Gregori + Zalone + Band

Sempre e per sempre (Francesco De Gregori) – De Gregori + Zalone + Band

Bucchinhu Rigatu (Checco Zalone) – De Gregori + Zalone + Band

Angela (Checco Zalone) – De Gregori + Zalone + Band

Battiato (Checco Zalone) – De Gregori + Zalone + Band

La donna cannone (Francesco De Gregori) – De Gregori + Zalone + Band

“Ballata per un amico” : riviviamo insieme la speciale serata in ricordo di Ernesto Assante. Il live report

E’ stata una festa: una festa che, se l’avesse organizzata lui, sarebbe stata proprio così, come si è svolta.
Gino Castaldo lo conosceva bene, un sodalizio decennale e fraterno, che ha raccontato la musica alle nostre vite in maniera semplice, divulgativa e accessibile a tutti. E nell’organizzarla questa festa, ha tenuto conto di quello che all’amico Ernesto sarebbe piaciuto.
Del resto l’estrazione tanto dell’uno quanto dell’altro non avrebbe potuto partorire niente di diverso che l’esigenza, quasi etica, di portare bellezza al maggior numero di persone possibili: cosa che hanno fatto, e che avrebbero continuato a fare con le Lezioni di Rock, se quel 26 febbraio qualcuno non avesse deciso diversamente. Ero in treno, rientravo da Napoli, da un concerto meraviglioso, e mi rammaricavo del fatto che me la sarei persa la lezione di quella sera…
Ballata per un amico in ricordo di Ernesto Assante ph Roberta Gioberti

Ballata per un amico in ricordo di Ernesto Assante ph Roberta Gioberti

Ebbi modo di scriverlo qualche giorno dopo: in vita mia non mi è mai successo di assistere a una simile unanimità nel manifestare affetto e dispiacere per qualcuno che se ne va. Non una critica, non una voce fuori dal coro e, semmai c’è stata, è rimasta dentro un pensiero: perché a Ernesto Assante volevamo tutti bene.
La serata del 2 giugno l’ha dimostrato: la Cavea piena e uno spettacolo che, lo so, avrebbe applaudito. E forse l’ha fatto.
Amici vicini, lontani, intimi e meno intimi, persone che non lo conoscevano in maniera diretta, ma sentivano di dovergli molto. C’erano tutti e tutti commossi, ma di quella commozione che non mette tristezza, di quella commozione che vola su uno spartito  e accarezza cuori e anime, di quella commozione che fa stare bene.
Dopo l’intro che omaggia il grande amore di Assante per gli Who, affidata alla Mark Hanna Band  con My Generation, la prima a salire sul palco è una silenziosa Noemi, che ci regala, accompagnandosi al piano “Sono solo parole”: un abbraccio con Castaldo, e via…il ghiaccio era da rompere, lo ha fatto lei, seguita da un altrettanto schivo (come è nel suo carattere) ma incisivo Alex Britti che con “Gelido” torna agli albori della sua carriera, quando furono proprio Ernesto Assante e Gino Castaldo a dargli fiducia. Una fiducia ben risposta in un chitarrista eccezionale, come dimostrerà nell’esecuzione di un breve ma intenso giro di blues: lo stesso che proprio Assante, ne siamo certi, gli avrebbe chiesto.
Ed è uno svilupparsi di serata così, a ritmi serrati, sul filo leggero dei ricordi di molti: Carlo Verdone, a modo suo, con la comicità garbata di cui è capace (non dimentichiamo che è anche un gran musicista, Verdone, e, ho scoperto, anche un bravo fotografo), racconta non solo dei momenti condivisi, ma anche dei momenti di contorno, in particolar modo di quello storico che hanno vissuto insieme. Del famoso concerto dei Beatles all’Adriano, e dell’ attimo imperdibile in cui Anna Magnani, seduta poco più in là con il figlio Luca, si rese conto, con sgomento, che il mondo stava cambiando, e di come il padre lo lusingò con quel concerto: un ricordo che commuove. Si ha la sensazione che non se ne andrebbe mai via, Verdone, e noi continueremmo ad ascoltarlo per ore, se non fosse che al ricordo hanno diritto anche molti altri.
Ballata per un amico in ricordo di Ernesto Assante ph Roberta Gioberti

Ballata per un amico in ricordo di Ernesto Assante ph Roberta Gioberti

Le Lezioni di Rock in Auditorium venivano accompagnate da brani musicali eseguiti dall’Auditorium Orchestra diretta da Gigi de Rienzo, che ci regala una versione jazz di “Walk on the Wild Side”  e di seguito Niccolò Fabi con una interpretazione unplugged ed eterea di “To be alone whit you”: Sufjan Stevens, uno dei più amati da Assante.
La Lady del pianoforte, Rita Marcotulli, il fiore all’occhiello del nostro jazz, all’appellativo Lady aggiunge un Madonna, e il risultato è stupefacente, come da sempre Rita ci ha abituati.
Luca Barbarossa ricorda quando Assante gli disse che erano stati invitati da Mogol, di portarsi una chitarra, e le sue perplessità nell’ipotizzare di cantare Battisti davanti a Mogol. E così, eludendo il problema del farsetto, decisero per l’Aquila, brano un poco fuori dal circuito più classico del duo,  brano che ci regala, prima di cedere il passo a un parodistico ed esilarante Neri Marcorè.
Mancano ancora due ore al termine di un concerto che non sarà facile dimenticare.
Cristian Mascetta e Gegé Telesforo, eseguono un blues per voce e chitarra, mentre Servillo legge Kerouac da, “On the road”, un brano che generazionalmente appartiene a tutti noi.
Ha tenuto a esserci Francesco De Gregori, e sappiamo quanto sia schivo il cantautore romano:  “Nino” prima e poi  “Sempre e per sempre” che fa inumidire gli occhi a molti. Forse anche a Manuel Agnelli che, visibilmente commosso, intona dopo di lui una sentita “A long a winding road”.  Chi non ha ancora ceduto al pianto cede e sì, fa tanto bene commuoversi.
Per Stefano di Battista c’è da stare “Attenti al lupo”, mentre una meravigliosa ed eternamente giovane  Elena Sofia Ricci ci racconta la Guerra di Piero, e le serate trasteverine trascorse insieme a Assante e Castaldo, serate in cui la facevano cantare, e lo fa con un evidente riverbero di commozione nello sguardo.
Un lungo intervento di Luca de Gennaro chiama in causa anche Stefano Mannucci, che è tra il pubblico, con Carlo Massarini e Guido Bellachioma, e racconta di come Assante sia sempre stato l’uomo del Noi e mai l’uomo dell’Io, come i suoi entusiasmi dovessero trovare indispensabilmente un seguito, e come si procedesse tutti con lo stesso passo, con Assante alla conduzione di qualsiasi cosa. Ed è una lunga introduzione all’esibizione di un gruppo, i Dimensione  Brama, molto apprezzato da Assante: a ragione come potremo verificare.
Usare il termine “esibirsi”, non è  appropriato, per la verità, perché nessuno dà la sensazione di esibirsi, ma più quella di partecipare.
Ed è il grande desiderio di partecipazione che fa intervenire da Milano via etere Max Pezzali, con un ricordo tutto suo.
Ballata per un amico in ricordo di Ernesto Assante ph Roberta Gioberti

Ballata per un amico in ricordo di Ernesto Assante ph Roberta Gioberti

E ancora Tosca, con l’incantevole come sempre Giovanna Famulari al violoncello, e col sostegno alla voce di Fabia Salvucci, giovane promessa della canzone popolare italiana che Assante aveva ben individuato, ci regala “Voglio una casa”,  precedendo Giancarlo De Cataldo, che ha condiviso con Assante l’esperienza di Radio Blu, e che legge un passo molto significativo tratto da “1977 – Gioia e Rivoluzione”: il commento musicale curato sempre dall’Auditorium Orchestra vola nel vento sulle note e le parole di Dylan.
Ancora Francesco Motta, che strappa un sorriso alla platea quando dice che Gino e Ernesto gli facevano capire cose delle sue canzoni che nemmeno lui capiva.
E’ poi il momento di un provato ma disponibile Raiz, la scommessa degli Almamegretta, che porta in pista Pino Daniele, già ricordato con un filmato a inizio serata, intonando “Ue’ Man” e “Puozz passa’ nu guaio”, arrangiate sempre da De Rienzo che ha concluso con il cantante partenopeo da poco un bel progetto sul Pino nazionale.
Il gran finale vede tutti sul palco, insieme alla Mark Hanna Band in una corale “Sweet home Chicago”, che saluta il pubblico ed Ernesto: e siamo sicuri che se l’è goduta tutta la serata, perché c’era, era con gli artisti, col pubblico, nell’affetto sincero e nelle lacrime che sono sgorgate, negli applausi e nelle risate, nel repertorio che ciascuno ha eseguito in maniera conforme ai suoi gusti e non ai propri, nel saluto davvero commosso di chi questa serata ha voluto con tutto l’impegno, Daniele Pitteri.
Un ciao, un arrivederci, un non smetteremo mai di ascoltare la bella musica, di vivere la bella musica, così come per quarant’anni ci hai insegnato a fare.
Roberta Gioberti

Tim Summer Hits 2024: le dichiarazioni della conferenza stampa. Una Roma di cuore e generosa si prepara a un’estate ricca di eventi e di musica.

E’ stato illustrato questa mattina nella Sala del Consiglio Comunale in Campidoglio il Tim Summer Hits 2024, presenti i due conduttori, l’oramai veterana Andrea Delogu e un Carlo Conti che ha appena avuto conferma dell’incarico per i prossimi due anni della conduzione del Festival di Sanremo, in sostituzione di Amadeus.
L’edizione di quest’anno si terrà esclusivamente a Roma, in Piazza del Popolo, dove saranno realizzate da martedì 11 a venerdì 14 giugno le quattro puntate che saranno poi trasmesse da Rai 1, traslocando così in prima rete.
Si tratta di un evento totalmente gratuito, che vedrà la partecipazione di oltre 70 artisti del mondo della musica pop; da Antonello Venditti a Tommaso Paradiso, a Piero Pelù, Fedez, Achille Lauro, Elodie, Loredana Berté, i Pooh. Ce ne sarà per tutti i gusti e tutte le età.
Alla presenza di un compiaciuto Roberto Gualtieri che ben sappiamo quanto apprezzi la musica, ascoltarla e praticarla e dell’assessore capitolino al Turismo e ai Grandi eventi Alessandro Onorato che hanno fatto gli onori di casa, hanno partecipato il direttore Intrattenimento Prime Time Marcello Ciannamea e la direttrice di Rai Radio 2, Simona Sala, Ferdinando Salzano, fondatore di Friends & Partners, e Gian Paolo Tagliavia AD di Rai Pubblicità e Sandra Aitala, responsabile Brand Strategy, Media e Commercial Communication.

Tim Summer Hits 2024 - conferenza stampa Ph Roberta Gioberti

Tim Summer Hits 2024 – conferenza stampa Ph Roberta Gioberti

Un evento importante per Roma, dice Gualtieri, e soprattutto un evento gratuito, per dare la possibilità anche a chi abbia disponibilità limitate di prendere parte alla grande kermesse musicale che, come ogni anno, coinvolgerà la Capitale in decine di eventi e che, in qualche maniera, partiranno proprio da qui. La maggioranza degli artisti che si esibiranno sul palco del Tim Summer Hits 24, infatti, sarà anche protagonista con concerti individuali della stagione musicale estiva capitolina, che presenta oramai da anni un’offerta varia e di assoluta qualità, com’è giusto che una Capitale faccia.
Di sicuro gli spazi per fare musica a Roma non mancano, ma ha un valore abbastanza simbolico, per il Sindaco Roberto Gualtieri che la manifestazione si tenga proprio in Piazza del Popolo, perché sia proprio il popolo a riappropriarsi della musica. E, va detto, d’iniziative gratuite o quasi, e di assoluta qualità quest’anno a Roma se ne terranno parecchie. Una bella notizia che sicuramente rallegra gli animi in tempi in cui si è fatto più difficile sostenere i costi degli svaghi, visto il vertiginoso aumento del costo della vita in generale.
Una Roma di cuore, generosa, così come ci piace che sia.
Concetto ripreso e ribadito dall’assessore Onorato, che così commenta l’introduzione del Sindaco: “Siamo la capitale dei concerti live a pagamento ma non tutti possono permettersi un biglietto per il Circo Massimo, le Terme di Caracalla o lo Stadio Olimpico. Questo non vuol dire che gli eventi non devono essere pagati, ma bisogna garantire a tutti la possibilità di poter ascoltare gli artisti che riempiranno quei luoghi e Tim Summer Hits riesce a dare questa possibilità”. E annuncia il progetto dei fuochi d’artificio senza rumore e quello degli spettacoli sulle nove piattaforme galleggianti lungo il Tevere, da Ponte Regina Margherita a Ponte Sant’Angelo. Un’estate romana che cerca di recuperare i gloriosi fasti dei tempi di Nicolini e rendersi il più possibile fruibile alla collettività.

Tim Summer Hits 2024 - conferenza stampa Ph Roberta Gioberti

Tim Summer Hits 2024 – conferenza stampa Ph Roberta Gioberti

La parola passa poi ai due conduttori: la dolce e graziosa Andrea Delogu, entusiasta della visibilità e dell’accoglienza che la Capitale ha riservato all’evento, evento che ha già condotto nelle precedenti edizioni, si dice contentissima di questa oramai collaudata partnership, e scherza con Carlo Conti che non manca a sua volta di sottolineare come sia stato grazie alla Fiorentina che ha passato i quarti di finale la sera in cui gli è stata prospettata la conduzione dell’evento, che ha accettato, sull’onda di un entusiasmo che però, a giudicare dall’atteggiamento scherzoso e rilassato con cui ha affrontato le domande un poco insidiose dei giornalisti riguardo Sanremo, non ci sembra essere scemato, anzi.
I due hanno già avuto modo di collaborare: fu, infatti, proprio Carlo Conti a inserire la Delogu nella commissione per la scelta delle nuove proposte di Sanremo, alla sua prima conduzione, proprio per la capacità di cogliere in qualche maniera il talento degli artisti e coniugarlo alle esigenze del pubblico più giovane.
Se ne discute di musica, dell’orientamento dell’orecchio musicale della nuove generazioni, e proprio in riferimento a questo fatto, tanto Conti quanto la Delogu concordano con l’Assessore Onorato quando afferma che il proporre artisti graditi al pubblico più giovane insieme a quelli che incontrano i gusti di genitori e, qualche volta, nonni, sia di aiuto tanto agli uni quanto agli altri per accorciare le distanze e facilitare anche in questo senso la comunicazione. Con il non celato auspicio che sia l’orecchio proprio dei più giovani ad apprezzare quel qualcosa che la musica ha già raccontato, e che oggi è spesso mortificato dalle generazioni più recenti.
Dopo le polemiche sanremesi e non solo, la domanda circa la possibilità per gli artisti, visto anche il delicato momento storico che stiamo attraversando, di fare dichiarazioni o esprimere stati d’animo era prevedibile. Per tutta risposta Conti ha dichiarato che per lui, escluso tutto quello che può rientrare nell’ambito dell’esplicitamente offensivo, non ci saranno problemi.

Tim Summer Hits 2024 - conferenza stampa Ph Roberta Gioberti

Tim Summer Hits 2024 – conferenza stampa Ph Roberta Gioberti

Insomma quattro giornate di musica pop, intense e ricche, cui consigliamo vivamente di non mancare.
Di seguito la scaletta:
Martedì 11 giugno con: Ana Mena, Annalisa, Antonello Venditti, Arisa, Baby K, Dargen D’Amico, Emma, Ermal Meta, Fred De Palma, Gazzelle, Geolier, Gianna Nannini, Jvli, Il Tre, Mahmood, Matteo Paolillo, Olly, Petit, Rhove, Tananai e i The Kolors.
Mercoledì 12 giugno: Alessandra Amoroso, Alfa, Annalisa, Articolo 31, BigMama, Bnkr44, Clara, Coma_Cose, Eiffel 65, Elettra Lamborghini, Fiorella Mannoia, Gaia, Ghali, Icy Subzero, Lda, Loredana Bertè, Mahmood, Massimo Pericolo, Noemi, Pino D’Angió, Raf, Rocco Hunt, Shade, Tananai, Tommaso Paradiso e Tony Effe.

Giovedì 13 giugno: Achille Lauro, Alessandra Amoroso, Angelina Mango, Bigmama, Bresh, Capo Plaza, Corona, Elodie, Emis Killa, Fedez, Francesco Gabbani, Francesco Renga, Gaia, Gigi D’Alessio, Holden, Malika Ayane, Mara Sattei, Nek, Pooh, Rose Villain, Tony effe.
Venerdì 14 giugno: Aiello, Anna, Benji & Fede, Boomdabash, Colapesce Dimartino, Emma, Fabrizio Moro, Irama, Jvli, La Rappresentante di Lista, La Sad, Mr. Rain, Olly, Orietta Berti, Paola & Chiara, Piero Pelù, Ricchi e Poveri, Santi Francesi, Sarah e Umberto Tozzi.

Roberta Gioberti

Tribal/Classic: una raffinata fusione di brani celebri di musica classica, quella che è nelle orecchie di tutti, con sessioni ritmiche e percussioni che provengono dal mondo intero. Il report del concerto di Tony Esposito a Roma

Che la musica sia un linguaggio universale, è un assunto. L’uomo ha, per sua natura, necessità di comunicare, e lì dove le parole non arrivano, la musica riesce sempre a farlo.
La musica non ha bisogno necessariamente di testi per essere trasferita da persona a persona, è una vibrazione.
E chissà, il primo uomo che ne ha compreso il potere comunicativo, avrà messo in partitura il percuotersi di due pietre, poi di due canne di bambù…poi avrà pensato “chissà che succede se picchio su un sasso con una canna di bambù”. A me la nascita della musica, non quella che ascoltiamo in natura, ma quella replicata dall’essere umano, piace immaginarla così. E penso sia proprio per questo motivo che il Tribal rappresenti la forma più pura di espressione musicale che esista, quella più vicina al flusso di coscienza e, spesso, anche la più ostica, perché richiede catarsi più che generarla: ci devi arrivare puro, predisposto all’essenzialità.
Dalla prima percussione pietra su pietra a Ghali, beh, di note ne sono passate sotto i ponti dei millenni. E sicuramente oggi è più difficile approcciare al Tribal di quanto lo fosse e lo sia ancora per le culture più primitive, intese nella miglior accezione del termine, e questo per il semplice motivo che sono esistiti un Mozart, un Beethoven, un Bach.

Tribal classic -Tony Esposito ph Roberta Gioberti

Tribal classic -Tony Esposito ph Roberta Gioberti

La musica classica per noi uomini del millennio lunare è un fatto quasi scontato. Ci accompagna con tutta la sua complessità, ad ogni passo della vita, senza che ce ne rendiamo conto. Basti pensare alla ninna nanna di Brahms, all’Ave Maria di Schubert, o al requiem di Verdi.
Il Tribal nei secoli si è evoluto, si è arricchito, sembrerebbe appartenere a un altro mondo, ma altro non è che l’origine del nostro mondo sonoro più tradizionale.
Tony Esposito è stato tra i primi, se non il primo, ad andare alla ricerca di parametri di connessione tra l’originaria forma espressiva e quella molto più complessa e articolata attraverso cui la musica nel corso dei secoli si è manifestata. Lo ha fatto da subito, sin dal primo album, “Rosso Napoletano”, che ha rappresentato una vera e propria pietra miliare nella storia della musica italiana.
Già il progressive, negli anni ’70 , ci aveva piacevolmente abituato a questo genere di contaminazione, facendo rabbrividire i puristi: la Bourrée di Ian Anderson o i Quadri da un’esposizione di Emerson, Lake e Palmer sono i primi esempi che mi vengono in mente, ma se ne possono fare all’infinito.
Tuttavia l’idea di prendere il Tribal nelle sue dinamiche comunicative essenziali, un ensemble di fiati come nella più aulica delle forme espressive della musica classica, una voce di una particolarità e bellezza incredibili e farli dialogare direttamente tra loro, riuscendo a coinvolgere e divertire, beh, è un’idea complessa da tradurre in realtà, e il bello è proprio questo: a Tony Esposito riesce perfettamente naturale, come se quest’urgenza la portasse nel DNA.

Tribal classic -Tony Esposito ph Roberta Gioberti

Tribal classic -Tony Esposito ph Roberta Gioberti

Prende vita così il progetto Tribal/Classic, una raffinata fusione di brani celebri di musica classica, quella che è nelle orecchie di tutti, con sessioni ritmiche e percussioni che provengono dal mondo intero. E’ uno spettacolo che Tony Esposito ha già proposto, ma che torna ora in una forma rinnovata e partirà a breve in tournée.
L’intento, lo abbiamo già detto, è quello di creare un dialogo interculturale attraverso la musica: il risultato, un’esperienza sonora coinvolgente e ricca di sfumature che trasporta l’ascoltatore in un viaggio musicale senza precedenti. Le percussioni, elemento centrale del progetto, dialogano con gli ottoni e le voci, creando un tappeto sonoro ipnotico e trascinante.
L’altra particolarità di questo progetto è l’assoluta assenza di staticità, una sorta di work in progress in continua evoluzione, che arricchisce il suo repertorio nel tempo con brani sempre più suggestivi.
In un mondo globalizzato ma paradossalmente sempre più frammentato, Tribal Classic rappresenta un messaggio di unione e dialogo interculturale: la musica che abbatte le barriere e ci invita ad apprezzare la bellezza e la ricchezza della diversità.
Oggi la tecnologia è entrata di prepotenza nel mondo musicale, e lo è anche il suo abuso. Le scuole di musica chiudono, l’artigianalità, come in qualsiasi altro settore, è diventata qualcosa di raro, da tutelare. Per questo Tribal Classic non si limita a essere un semplice concerto, ma rappresenta un vero e proprio progetto culturale a 360 gradi che si sviluppa anche attraverso l’organizzazione di workshop e seminari finalizzati a diffondere la filosofia da cui trae origine, e trovare rinnovate collaborazioni con artisti di diverse discipline per creare nuove forme espressive.
Al concerto che si è tenuto a Roma, al teatro Olimpico il 23 maggio, hanno dato il loro contributo i fiati del Neapolitan Brass Quintet, e la Banda del Sol, in un evento unico.
Giuseppe Calabrese al corno, Vincenzo Valenti e Sergio Vitale alle trombe, Marco Ferrari al trombone e, alla tuba, Arcangelo Fiorello hanno dialogato con Berg Campos dal Brasile, El Hadji N’Diaye dal Senegal, Lisa Bassotto, Paki Palmieri, Sasà Flauto.
Oltre a loro, Irina Arozarena da Cuba alla voce e percussioni e tutto il sole dei caraibi, e il maestro Ruggero Artale che ha fatto del Tribal e della sua divulgazione, attraverso encomiabili progetti di mediazione interculturale, una ragione di vita.

Tribal classic -Tony Esposito ph Roberta Gioberti

Tribal classic -Tony Esposito ph Roberta Gioberti

A impreziosire ulteriormente la coreografia, direttamente dai cofani delle automobili trasteverine su cui ha l’abitudine di volteggiare come una farfalla, la danzatrice Dea.
Ho deciso di lasciare per ultima la voce di Elisa Nocita, definita da Tony Esposito, a ragione, “una delle voci davvero importanti della Sicilia”. Io non la conoscevo, e ne sono rimasta letteralmente folgorata. Un’estensione atipica e una modularità che tolgono il respiro, qualcosa di veramente unico, anche per chi la musica in qualche maniera la bazzica da più di mezzo secolo. Invito chi ne avesse voglia ad ascoltarla, ne resterà incantato. A mio avviso una voce assolutamente importante senza confini territoriali.
A precedere il concerto di Tony Esposito, la performance della band “Musicanti Ensemble” che ha raccontato in versione melodica, attraverso le belle voci di Noemi Smorra e Francesco Viglietti, la storia musicale di Pino Daniele: se la musica è, giustamente, contaminazione, un Pino Daniele melodico e appassionato ci sta tutto.
E poi, chi ha fatto un percorso analogo al mio, sa che Tony Esposito con Pino Daniele ha condiviso praticamente tutto. Una piccola considerazione di carattere squisitamente personale: ai concerti di Pino Daniele la bellezza anche fisica di Tony Esposito e tutto il suo armamentario di pentole, pentolini, tubi e tutto ciò che, percosso, produce musica, era particolarmente apprezzata, come lo erano l’intensità del rapporto con il contrabasso di Rino Zurzolo, l’eleganza alle tastiere di Joe Amoruso, il sax unico di James, e la batteria esplosiva di Tullio de Piscopo.

Tribal classic -Tony Esposito ph Roberta Gioberti

Tribal classic -Tony Esposito ph Roberta Gioberti

Diciamo che questo concerto è stato in qualche maniera anche l’espressione di un dialogo tra un passato e un presente che, magicamente, ha risolto il nodo della soluzione di continuità.
Il suggerimento che ci sentiamo di proporre è di non farsi assolutamente mancare la data più vicina di questo progetto, che partirà in tour dal 27 giugno in Calabria e si estenderà a tutta la penisola.
Bach, Mozart, Monteverdi, Pachelbel, Ravel e molti altri aspettano con impazienza di mostrarsi al mondo in questa tanto insolita quando sofisticata veste.

Roberta Gioberti

A Roma la celebrazione della giornata mondiale del jazz. Un vorticoso tuffo nella magia.

“Tutti quanti vogliono fare il Jazz” è forse la citazione cinematografica più nota, perché ci è entrata nelle orecchie sin da bambini, grazie a una simpatica e folle band disneyana.
Ma per fare il Jazz ci vogliono tante tante note sulla punta delle dita, note studiate e sudate, regole, impegno, tecnica che, alla maniera picassiana serve per inventare linguaggi musicali diversi, emotivamente diversi ma mai meno intimi, anzi.

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A casa mia il jazz non si ascoltava: un poco di swing, forse, ma jazz niente.
A me però piaceva, rapiva, ipnotizzava, e così me lo sono circoscritto ad un ambito personale, l’ho rinchiuso in un walkman e ci ho trascorso momenti di costruzioni fantasiose, pensieri e dialoghi che assecondavano le note e le speranze che erano sogni a quell’età.
Il Jazz o lo senti o non lo senti, e se lo senti, lo senti da subito, ti entra sottopelle come le proteine del latte materno e si aggiunge a quanto sviluppa le ossa, la pelle, i muscoli ma, soprattutto, il cuore.
Visto che oramai qualsiasi cosa ha diritto alla sua giornata di commemorazione, si è deciso nel 2011 che il 30 aprile sarebbe stata la giornata mondiale del Jazz.

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E Roma, con il suo spettacolare parco città dedicato alla Musica, beh, non poteva certo disertare la chiamata, trasformandosi in un vortice di note e ritmo per celebrare la musica ribelle cullata da New Orleans.
Niente più del Jazz si presta alla contaminazione: affonda le sue radici nelle tradizioni musicali africane, portate dagli schiavi nelle piantagioni del Sud degli Stati Uniti, e mescolandosi con elementi di musica europea ha tessuto l’arazzo musicale più affascinante e completo che esista al mondo: filamenti di dixieland, swing, bebop, free jazz, ragtime, blues, tutti materiali preziosi e sapientemente dosati.
A Roma, per questa celebrazione, si è puntato molto sui giovani, e devo dire a ragione, perché ci hanno regalato uno spettacolo entusiasmante che mai ci saremmo aspettati.
Organizzato dalla Fondazione Musica per Roma e l’associazione Nazionale IJVAS (Il Jazz va a scuola), con la direzione artistica di Gegé Telesforo e Paolo Fresu, e patrocinato dalla Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco e dal Ministero dell’Istruzione, e dal Comitato internazionale per l’apprendimento pratico della Musica.

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L’inaugurazione, alle 11.30, si è tenuta alla Casa del Jazz con un concerto a ingresso gratuito di Danilo Rea con Oona Rea e alla voce recitante di Barbara Bovoli e la giornata è poi proseguita con una maratona di otto ore di musica, concerti, jam session, incontri, presentazioni e premiazioni. Tutto tra la Sala Sinopoli, i foyer e negli spazi esterni dell’auditorium Ennio Morricone, dove più generazioni di musicisti hanno raccontato di quanto sia viva e creativa la scena del jazz capitolino.
La mission, fondamentalmente, è di tipo didattico e si propone di coinvolgere in un tessuto a trama e ordito il mondo della scuola per diffondere i valori artistici e sociali del jazz e delle musiche improvvisate, ma non per questo prive di solide fondamenta culturali.
Paolo Fresu, con un intervento in diretta da Torino, e Gegé Telesforo, con la disinvoltura che oramai lo caratterizza, hanno coinvolto a titolo amicale ma soprattutto solidale, musicisti, artisti, docenti tutti impegnati nella divulgazione e costruzione di una cultura dell’ascolto e della partecipazione.
Lo spettacolo ha inizio intorno alle 17.00 nel foyer della Sala Sinopoli con gli Anoumanuche (che ritroveremo anche sul palco) e contestualmente negli spazi esterni con la P – Funking Band.
A seguire, la Jazz Campus Orchestra diretta da Massimo Nunzi, che riceve il premio Luigi Berlinguer, e l’esibizione dei suoi serissimi e preparatissimi ragazzi che fanno davvero ben sperare in un recupero generazionale della musica di qualità.
E’ poi la volta della Saint Louis Ensemble, diretta da Antonio Solimene, con special guest Umberto Fiorentino e ancora Andrea Molinari Quintet, Aliendee, Giorgio Cuscito Swing Band, special guest Nicola Tariello, che proseguirà lo spettacolo nel foyer, coinvolgendo nelle danze un nutrito numero di spettatori che non riescono a trattenere il ritmo nelle gambe. Una vera festa.

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Alle 21,30 dopo una breve interruzione, ad introdurre nuovamente la musica negli spazi della Sinopoli sarà la P-Funking Band, e a seguire ospiti veramente internazionali, a testimoniare quanto il nostro Jazz sia d’eccezione e apprezzato a livello internazionale.
Fabio Zeppetella e la sua incredibile chitarra accompagnata dalla Santa Cecilia Guitars Combo, Domenico Sanna, Paolo di Sabatino, Christian Mascetta con Tosca e Rita Marcotulli, Stefano Bollani e Valentina Cenni che ricevono il premio per la comunicazione “Adriano Mazzoletti”.
Momento davvero commovente della serata, l’ascesa sul palco di Renzo Arbore, che con Gegé Telesforo ha un rapporto realmente famigliare, avendolo di fatto scoperto, e i racconti divertenti e ironici intorno a tante avventure musicali che rapiscono il pubblico, come fa la narrazione affabulatoria di una bella favola.
Ma a farla da protagonista in questa serata speciale, un altro mito del jazz italiano: Gegé Munari, quasi novantenne, ma con la freschezza, la simpatia e lo spirito di un ragazzino, si intrattiene con Telesforo e ci regala i ritmi sostenuti e precisi della sua batteria a sostegno dell’esibizione del Cutello Quintet, a dimostrazione di quanto il Jazz possa essere non solo interculturale ma anche e soprattutto intergenerazionale.

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Sono tanti gli ospiti, giunti anche in extremis, che si raccolgono intorno a questa kermesse: Vittorio Solimene Quartet con Fabrizio Bosso,Franco Piana e Stefania Tallini, Gabriel Marciano Quartet, Sergio Cammariere, Rosario Giuliani e Saint Louis Saxophone ensamble.

A noi non resta che ringraziare tutti, che rinnovare il motto “la musica unisce”, e quando è Jazz lo fa di più.

Roberta Gioberti

Buona Fortuna: il nuovo album di Ermal Meta. L’intervista

Esce il 3 maggio il nuovo album di inediti di Ermal Meta dal titolo “Buona Fortuna”. Un lavoro diverso da tutti gli altri che il cantautore ha presentato alla stampa dopo aver appena annunciato che diventerà papà a giugno 2024.

In questo disco ci sono memorie future ma anche passate, che vorrei fortemente rimangano impresse da qualche parte. Sono 12 fotografie musicali che non vedo l’ora di mostrare. Ho compiuto un viaggio dentro me stesso come mai avevo fatto prima d’ora. Ogni artista dice sempre che l’ultimo disco è sempre speciale e forse anche io sono caduto in questo clichè. Si tratta di qualcosa che non riesco a descrivere diversamente, è un tipo di emozione, un’euforia congelata.

La parola “fortuna”, sarà anche il nome della mia bambina che nascerà a giugno. L’idea ed è nata in un modo molto peculiare: mi trovavo in studio a casa mentre lavoravo al pezzo “ironica” diviso in due parti molto diverse l’una dall’altra; maneggiavo il testo in attesa di registrarlo e c’era la mia compagna Chiara seduta sul divano dietro la mia postazione. Lei spesso ha un intuito interessante, anche se è al di fuori dello spirito della creazione musicale, mentre cantavo ho pensato che se dovesse essere stata una femmina, avrei voluto chiamarla fortuna ed è stato surreale apprendere in quello stesso momento che anche Chiara stava pensando la stessa identica cosa.

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Arriva quel momento in cui, anche musicalmente parlando, devi fare un punto di quanto fatto e capire dove sei diretto. A volte nella musica non è semplice comprendere dove si è diretti però diventa necessario avere piccole coordinate dentro di sé, anche per fare un po’ di chiarezza da un punto di vista emotivo. Ultimamente ho cambiato tante cose: casa discografica, management, ho dovuto anche reimparare cose di me stesso e anche l’esperienza degli ultimi due anni che ho fatto con la scrittura del romanzo il cui successo inaspettato mi ha portato a mostrarmi quasi un po’ lontano dalla musica ma non è mai stato così. I libri sono pieni di musica e sono pieni di colonne sonore silenziose; a volte ho trovato più musica in certi libri che in certi dischi.

Questo viaggio mi ha portato ad attendere prima di scrivere un album, non riesco a scrivere al fuori dell’ispirazione, non riesco ad avere la disciplina di scrivere tuti i giorni, per ora l’ispirazione non mi è mai venuta meno e ho sempre fatto affidamento su quella. Negli ultimi due anni c’è stato un boost notevole, all’inizio però mi sentivo quasi inadatto ad esprimere a parole questa nuova emozione e questo nuovo sentimento e mi sono bloccato. Poi ho capito che si trattava di accettare che le parole che venivano fuori da me erano quelle ed erano quindi giuste per descrivere come mi sentivo, mi aspettavo forse di diventare un’altra persona, in realtà non sono un’altra persona ho solo il cuore un po’ più grande.

La fortuna è qualcosa per cui lotti, ti impegni, combatti.  Il caso ti capita, invece la fortuna buona è qualcosa per cui lavori e che costruisci con le tue mani giorno dopo giorno. In qualche modo ho ripreso questo concetto metaforicamente nella cover del disco in cui è raffigurata una balena bianca in un disegno di mio fratello ricamato su tessuto. Questa fortuna di trovare la balena bianca che poi cerca di farti fuori in qualche modo, bisogna essere pronti a catturarla, legarla con dei fili e portartela appresso. Questi 12 fili  rappresentano le canzoni, 12 foto, sogni, mondi immaginati o reali e ci si chiede se la balena si tiri appresso le canzoni o le faccia volare. Non ho risposta a questa domanda, perciò mi piace lasciarla a mezz’aria e pensare che la fortuna sia qualcosa per cui lavori e fai qualcosa.

Parlando di qualche brano contenuto nell’album, Ermal Meta spiega a proposito de “La strada la decido io”: “le persone pensano di sapere quale sia la cosa migliore da fare, il più delle volte questo non è corretto. Ognuno di noi percepisce il mondo attraverso la propria pelle e lo guarda con i propri occhi. Gli  gli anni più importanti della mia carriera sono stati 2016-2017-2018 ma proprio in quegli anni soffrivo costantemente di attacchi di panico  che erano molto difficili da controllare, sono salito sul palco spesso in apnea, dall’esterno questo non si vedeva. Durante un in store, ad esempio, stavo malissimo c’erano 2000 persone, ogni 15 minuti andavo in bagno per mettere la faccia sotto l’acqua, questa canzone cerca di scrollarmi di dosso quella sensazione.  Non voglio buttare addosso agli altri quello che spetta a me e che dipende da me.

“Mediterraneo” si trova lì perché musicalmente dà una svolta e scandisce la ritmica in maniera diversa. Le prime  4 canzoni  hanno portamenti ritmici diversi. Il brano è un mix di cose, di sud del mondo, ha una temperatura di 32 e 33 gradi, ma è anche canzone che inganna, parla del nostro mediterraneo: un luogo non luogo in perenne movimento, uno spazio all’interno del quale si incontrano più storie, racconti di quanti possiamo immaginare. Nei secoli passati era più facile comprenderlo perché era il centro del mondo e della cultura, per noi è diventato un posto di svago mentre per chi è dall’altra parte  è un luogo di speranza”.

“Penso di essere cambiato nell’essere più diretto musicalmente. Di fatto sono  prima musicista e poi cantante. Sono un musicista che ha imparato a cantare, a volte mi sono arzigogolato un po’ troppo spesso, invece ho ritrovato una certa semplicità che mettevo in pratica quando facevo solo l’autore. A questo giro ho pensato che forse dovevo perseguire questo approccio nella scrittura della canzone. In “Finchè morte non ci separi” mi sono lasciato andare di più e mi sono sfogato. Per il resto a livello testuale ho cercato di dire le cose in modo più diretto; non che non lo sia stato in passato, però ho pensato all’incontro di tanti anni fa con Mogol a cui feci leggere un mio testo, mi chiese cose volessi dire e mi disse di dirlo. Per questo a sto giro ho fatto mio questo suo insegnamento. Ho cercato di seguire un percorso musicale che avesse un filo, quello che unisce queste canzoni è la ricerca della propria fortuna e del proprio posto nel mondo attraverso l’analisi della quotidianità e uno sguardo, anche impietoso, sulla mia vita. Sono sempre stato parte del team conduci una vita semplice ed esagera poi nella scrittura, penso che nel mio caso sia stato molto utile.

Ermal Meta ph Nicolò De March

Ermal Meta ph Nicolò De March

Non sento di aver mai fatto parte di un filone, tutti gli artisti sono diversi, dall’esterno è facile cercare di avvicinarli però ognuno di noi cantautori etc cerca di fare il suo attraverso il proprio sguardo e il proprio colore. Non mi sono lasciato ispirare da altre canzoni, piuttosto cerco spesso qualcosa di incompleto che non ho capito fino in mondo. Il senso di incompiutezza l’ho sempre trovato in Bukowski che mi ha sempre molto ispirato.

Quando ho iniziato a scrivere, l’ho fatto per me steso con l’obiettivo di salvarmi, mi sono reso conto che la musica mi ha salvato la vita e, ha salvato la mia emotività. Intorno ai 20-25 anni tutta la mia infanzia è venuta fuori con grande violenza, avevo problemi con la gestione della rabbia, sono andato in terapia. Scrivere era un modo per respirare un po’ di più e tenermi a bada. Finivo quasi sempre in brutte situazioni, avevo ingoiato per tanto tempo e tanti anni. La musica mi ha salvato più volte, in quegli anni mi ha dato uno scopo, dopo mi ha fatto anche sopravvivere e poi vivere. Prima con la Fame di Camilla, poi scrivevo per altri e mi riempivo di orgoglio ,ero felicissimo, guadagnano e aiutavo la mia famiglia, dicevo a me stesso di avercela fatta a raggiungere un traguardo che mi ero prefissato. Solo un sogno può sconfiggere un sognatore, non mi sono mai tirato indietro per questo, questa gratitudine nei confronti della vita è stato il vento nelle vele. Nel 2016 con il mio primo disco da solista,  ancora una volta la musica mi ha salvato, non posso non essere positivo, è impossibile, non sono mai triste nelle canzoni, al massimo sono malinconico e la malinconia ha spesso un sapore di cose bellissime , che lo sono state o non lo sono più. Quel bagaglio me lo porto appresso, sono disperatamente romantico e amo l’idea del disco e di raccontare qualcosa.

Raffaella Sbrescia

“Buona Fortuna” sarà il cuore pulsante del nuovo tour di Ermal Meta in partenza il 13 luglio dal Teatro Romano di Verona che lo porterà questa estate sui palchi più importanti della penisola. Uno spettacolo nuovo che segna il ritorno alla dimensione live in un anno per lui molto importante.

I biglietti del tour, organizzato e prodotto da Friends and Partners e Vertigo, sono in prevendita su TicketOne. Qui il calendario:

13 luglio Festival della Bellezza, Teatro Romano – Verona

18 luglio Anima Festival, Anfiteatro dell’Anima – Cervere (CN)

19 luglio Live in Genova, Arena del Mare – Genova

28 luglio Anaxum Festival, Arena del Marinaretto – Palazzolo Dello Stella (UD)

11 agosto La Versiliana Festival, Teatro La Versiliana – Marina di Pietrasanta (LU)

21 agosto Oversound Music Festival, Piazza Libertini – Lecce

24 agosto Sotto Il Vulcano Fest, Anfiteatro Falcone e Borsellino – Zafferana Etnea (CT)

25 agosto Dream Pop Fest, Teatro di Verdura – Palermo

5 settembre Roma Summer Fest, Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, Cavea – Roma

14 settembre Carroponte – Sesto San Giovanni (MI)

 

“Dal Blues al Jazz, con Andamento Lento”: Tullio De Piscopo scuote gli animi di Roma.

Tullio De Piscopo ph Roberta Gioberti

Tullio De Piscopo ph Roberta Gioberti

Ci sono note che ci hanno commossi quando, per la prima volta nella nostra vita, le abbiamo ascoltate. Sono note che hanno segnato la nostra esistenza, i momenti più significativi nel bene e nel male.
Sono le note che il maestro Tullio de Piscopo ha scelto per cominciare il concerto “Dal Blues al Jazz, con Andamento Lento”, che ha fatto tappa all’Auditorium Parco della Musica di Roma il 25 marzo scorso. “Tu dimmi quando”, quando…fraseggi musicali che una volta nella vita si sono avvicinati a ciascuno di noi, fermando quel preciso attimo, che non avrebbe potuto essere meglio commentato.
Che Pino Daniele sarà in qualche maniera coprotagonista della serata, lo si comprende subito, e ci sarebbe da meravigliarsi se così non fosse: Tullio de Piscopo, quasi 60 anni di fantastica carriera musicale, ha scelto di portare sul palco il binomio cui è sicuramente stato più affettivamente legato nella vita, e gliene siamo grati.
E’ tuttavia necessario fare un tuffo nel passato, per capire il senso profondo del panorama musicale partenopeo di quegli anni, e del suo potenziale esplosivo che coinvolse l’intera penisola, e che ebbe sicuramente come fulcro Pino Daniele.

Tullio De Piscopo ph Roberta Gioberti

Tullio De Piscopo ph Roberta Gioberti

Esisteva un sound, un groove che in quei tempi scuoteva gli animi, e partiva proprio da Napoli, città non estranea di certo alla musicalità, ma con un profondo desiderio, un’esigenza di rinnovamento, di raccontare cose nuove in modo nuovo.
Nacque così il Sound Napoletano, partì underground, mischiando funk, reggae, soul, jazz, e addirittura la disco: un’enorme fucina di invenzione e innovazione. Edoardo Bennato cantava di favole e rock, la Nuova Compagnia di Canto Popolare e i Musicanova reinterpretavano la tradizione, i Napoli Centrale sul sax di James Senese portavano il calore del sole nel jazz, Roberto de Simone approfondiva la storia della musica partenopea di spessore, insomma, Napoli fu un vero vulcano (in tutti i sensi), da cui esplosero note intriganti.
Pino Daniele, già membro dei Napoli Centrale, scelse di mettere su un suo gruppo, e affidò la batteria a Tullio de Piscopo, che sapeva fare del percuotere virtuosismo.
Imparammo così a conoscere questo artista incredibile che confeziona fraseggi con le bacchette, quasi fossero magiche, che trasforma il rumore in musica, che sostiene i concerti con un’energia e una mimica rimaste intatte nel corso degli anni: le stesse che abbiamo avuto l’entusiasmo di ritrovare all’Auditorium il 25 marzo. Non invecchia, Tullio de Piscopo, e non invecchiano i suoi brani, la sua energia, la sua capacità di trascinare nell’ascolto, che si tratti di un saltellante funk, o di un impegnato blues.
E’ Toledo, brano musicale contenuto in “Bella ‘mbriana” a dare inizio alle danze, che saranno realmente danze. Danze del pubblico, che non riesce a trattenere l’immenso desiderio di partecipazione, e danze ritmiche sul palco, per una serata di spessore e nello stesso tempo divertente.
E’ un viaggio musicale attraverso le mille esperienze di Tullio de Piscopo questo concerto, un viaggio dove si intrecciano i generi musicali più disparati: jazz, rock, etno, pop, blues e tanto funky. Le sue collaborazioni sono innumerevoli e di prestigio, basti pensare a Quincy Jones, Lucio Dalla, Franco Battiato, Astor Piazzolla. Una scalata che potremmo definire di successo, ma non sarebbe adeguato: una scalata di qualità, in cui le collaborazioni sono state stimolo di crescita e arricchimento.

Tullio De Piscopo ph Roberta Gioberti

Tullio De Piscopo ph Roberta Gioberti

E così, in questo concerto incredibilmente bello, Tullio si racconta e ci racconta, attraverso aneddoti, scherzi, giochi con il pubblico, serrate rollate di tamburi e momenti di grande commozione: il racconto della genesi del Libertango di Astor Piazzolla, e la sua esecuzione in “andamento lento”, e, ultimo regalo, l’incantevole Canto d’Oriente, e il ricordo dell’ultimo incontro con Pino Daniele.
Due ore di energia travolgente, accompagnato da una band di musicisti di talento, a ripercorrere quasi 60 anni di carriera, farciti di racconti divertenti, aneddoti, storie emozionanti, creando un’atmosfera intima e coinvolgente.
Un concerto da non perdere, l’occasione per cantare, ballare e divertirsi ma anche commuoversi e riflettere con uno degli artisti più poliedrici del nostro panorama musicale, talentuoso e innovativo.

Roberta Gioberti

Marlene Kuntz portano il Catartica tour all’Orion di Roma ed è un’onda di pura energia

Cosa resterà di questi anni ottanta, si chiedeva Raf. Oggi possiamo dire tanta, tantissima buona musica. Così tanta e così buona che gli anni novanta si sono trovati a cercare disperatamente una dimensione musicale che potesse rappresentarli al meglio, senza dover necessariamente scadere nel manierismo. E se all’estero il grunge stava assolvendo al ruolo di manifesto di una crescente necessità di trovare una forma espressiva che raccontasse quegli anni, in Italia quel vuoto doveva essere in qualche modo riempito.

1994, Cuneo: un terremoto scuote il panorama musicale italiano, e non sarà possibile dimenticarlo. In una città così lontana dai centri che per tradizione sfornavano da sempre le novità discografiche d’interesse, prese corpo e scrittura un album dal titolo emblematico: “Catartica”.

Marlene Kuntz ph Roberta Gioberti

Marlene Kuntz ph Roberta Gioberti

Tre ragazzi si affacciavano alla scena musicale e lo facevano con il senso di inquietudine proprio di quegli anni. Il bisogno di ritrovare il sorriso a tutti i costi degli anni ’80 (almeno musicalmente parlando) lasciava la scena al desiderio di tornare a lavorare sulle emozioni e sui sentimenti a livello più profondo, di spezzare catene che, nel lungo periodo si erano trasformate da avvolgenti virgulti in vere e proprie selve oscure e impenetrabili dell’animo umano. Cristiano Godano, Riccardo Tesio, Luca Bergia divennero portavoce di un nuovo movimento musicale che si prefiggeva di rompere con gli schemi sincopati e ritmici degli anni precedenti e fare emergere sonorità aspre, per certi aspetti evocative del prog strettamente inteso, e testi che ne fossero all’altezza.

Sono trascorsi 30 anni, e siamo all’Orion, a Roma, gremito come non mai per celebrare un anniversario davvero speciale. Un pubblico eterogeneo, ma ben intenzionato a stare lì per questo evento e non solo per riempire una serata un poco noiosa, come troppo spesso accade. C’è chi quell’esordio lo ricorda bene, perché può dire “io c’ero” e lo ha guardato in tempi coetanei con la meraviglia di un bambino, gomito a gomito con un pubblico più recente ma non meno affascinato. Si spengono le luci, parte la musica e Cristiano Godano e i suoi compagni irrompono sul palco a far esplodere una carica immediata che travolge ogni anima presente. La scaletta è un viaggio a ritroso nel tempo, un tuffo deciso nelle atmosfere di Catartica. Brani iconici come Musa Distratta e Lieve si alternano a gemme nascoste, regalando al pubblico un’atmosfera ricca di emozioni. La band è in forma smagliante, non li dimostra i suoi anni, Godano ipnotizza con la sua voce graffiante e intensa, è un vortice che travolge, un’onda di pura energia che non lascia scampo.

Marlene Kuntz ph Roberta Gioberti

Marlene Kuntz ph Roberta Gioberti

Un tuffo nel passato che non cede mai alla nostalgia: arrangiamenti inediti donano alla rivisitazione dei brani di Catartica una nuova linfa e una freschezza inaspettata. Due ore di musica intensa, un vortice di potenza che si accompagna ad un’apoteosi di applausi e alla consapevolezza che si sta assistendo a un evento irripetibile. I Marlene Kuntz, come sempre, non sono solo una band, sono un’esperienza, che ha segnato la vita di una generazione e che continua ad emozionare trent’anni dopo come il primo giorno. Un’esperienza che culmina nell’intenso momento di commozione che accompagna il ricordo di Luca Bergia, membro fondatore, recentemente e prematuramente scomparso: la sua presenza aleggia sul palco invisibile ma ben palpabile.

Marlene Kuntz ph Roberta Gioberti

Marlene Kuntz ph Roberta Gioberti

Tutte le date del tour sono sold out, ma la speranza è che i Marlene Kuntz decidano di regalare ai fan un tour estivo, un’ultima occasione per lasciarsi travolgere dall’onda di note senza tempo di questa band che è oramai a pieno titolo entrata di diritto nella leggenda del rock nostrano. No, non è una “festa del cazzo”, citando un loro noto motto, ma una festa che, idealmente, continuerà a risuonare per sempre.

Roberta Gioberti

Life for Gaza:A Napoli il concerto a favore della pace in Palestina e a sostegno dell’attività di Medici senza Frontiere e Palestinian Medical Relief.

La musica, la musica che ci appartiene, da che è tale è veicolo di messaggi di pace. E’ un linguaggio universale capace di unire culture e abbattere barriere e il suo ruolo nella promozione della fratellanza è fondamentale. In un mondo lacerato da conflitti e divisioni, le note assumono un potere dirompente capace di ispirare speranza e solidarietà. Fin da tempi antichi la musica è stata utilizzata come strumento per la nonviolenza e la resistenza pacifica: basti pensare ai canti devozionali indiani utilizzati per mobilitare le masse contro l’oppressione britannica, o a Nelson Mandela, quando cantava con i suoi compagni di cella “Nkosi Sikelel’ iAfrika” trasformando un canto religioso in un inno alla libertà.

Concerto Napoli per la Pace ph Roberto Gioberti

Concerto Napoli per la Pace ph Roberto Gioberti

Napoli, per tradizione, custodisce un’anima vibrante che si esprime attraverso la musica, e non meraviglia che, prima città in Italia, si sia resa protagonista domenica 25 febbraio di un evento che definire commovente è poco.
Più di cento nomi del mondo dello spettacolo, della politica, della letteratura, dell’arte si sono avvicendati sul palco di un Palapartenope gremito fino all’inverosimile per la campagna di raccolta fondi a favore di Gaza, e a sostegno dell’attività di Medici senza Frontiere e Palestinian Medical Relief.
Uno spettacolo musicale, e non solo, della durata di sei ore, un evento solidale che ha tenuto inchiodate più di seimila persone tra note, parole e immagini.
Cento tra personaggi della politica, dello spettacolo, della letteratura, hanno portato il loro contributo: difficile raccontare di tutti, di quanto questo evento abbia coinvolto e abbracciato la causa della pace, e il dictat: “ Non è questo il mondo che vogliamo”, già espresso da Francesco Forni su Facebook alcuni giorni fa.
Quello che invece riteniamo importante sottolineare, è che la musica può molto: più delle parole, più della diplomazia, più della poesia o di qualsiasi forma di letteratura.

Concerto Napoli per la Pace ph Roberto Gioberti

Concerto Napoli per la Pace ph Roberto Gioberti

Napoli è una città che porta addosso ferite importanti: la città più bombardata d’Italia durante la seconda guerra mondiale, con una stima di circa 25.000 morti. Numeri che non si dimenticano.
E, come ha detto Fiorella Mannoia, ospite anche lei della serata, “un’iniziativa del genere poteva partire solo da qui”.
Nell’augurarci che altre città d’Italia prendano spunto dall’iniziativa e si uniscano intorno alla musica per denunciare quanto infame possa essere la guerra, e quanto assurdo il prezzo da pagare in termini di sofferenza umana, ci uniamo all’appello solidale, ricordando che la raccolta fondi è tutt’ora in corso, ed è possibile aderire al link: www.pergaza.it.

Concerto Napoli per la Pace ph Roberto Gioberti

Concerto Napoli per la Pace ph Roberto Gioberti

Ringraziamo tutti gli artisti che hanno dato gratuitamente il loro sostegno, e che andiamo ad elencare di seguito:
Frente Mughero – Alorem – Francesco Forni – Massimo Ferrante – Marzouk Mejiri – Pietro Santangelo Quartet – Carlo Faiello – Ars Nova – Helen Tesfazghi e Afroblue – Enzo Avitabile – Suonno d’Ajere – Lino Cannavacciuolo – E Zezi gruppo operaio – Elisabetta Serio – Enzo Gragnaniello – Ciccio Merolla – Dario Sansone – Fiorella Mannoia – Eugenio Bennato – Franco Ricciardi – 99 Posse – Nicola Caso – Anastasio – Jovine – Giovanni Block – La Maschera – Osanna – Maurizio Capone – Sandro Joyeux – Daniele Sepe e Capitan Capitone.
Gli interventi politici di: Sarah Hamzeh – Medici Senza Frontiere – Luisa Morgantini – Palestinian Medical Relief – Andrea Fabozzi – Mirella Gridas – Luigi de Magistris – Omar – Collettivo Kaos scuola G. Battista Vico
La partecipazione a mezzo letture, interventi e prose di: Gino Rivieccio – Valeria Parrella – Ascanio Celestini – Rosaria de Cicco – Laura Morante – Alessandro Bergonzoni – Patrizio Rispo.
Inoltre, il commovente filmato della premiazione al David di Donatello di un giovanissimo Libero de Rienzo, che già allora dedicò il premio alla Palestina e i provocatori interventi del visual artist Eduardo Castaldo.

Concerto Napoli per la Pace ph Roberto Gioberti

Concerto Napoli per la Pace ph Roberto Gioberti

Infine i sette fotografi che con i loro scatti hanno portato la testimonianza concreta di quanto accade oramai da decenni in Palestina: Isabella Balena – Massimo Berruti – Eduardo Castaldo – Francesco Cito – Simona Ghizzoni – Pietro Masturzo – Alessio Romenzi .
Per quanto riguarda le fotogallery abbiamo scelto di pubblicarne una al giorno, reiterando l’invito ad effettuare una donazione a favore delle organizzazioni mediche già citate: che almeno arrivino i farmaci fondamentali e non si debba più sentire che bambini vengono amputati senza anestesia: bambini vittime di guerre che certo non hanno contribuito a scatenare.
Non è questo il mondo che vogliamo.

Roberta Gioberti

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