Lucille non canta più. La magnifica Gibson nera elettrica di Riley B. King, conosciuto da tutti come B.B. King, finirà a far immaginare note in un museo del blues. Il suo padrone se n’è andato ieri nella sua casa di Las Vegas, sconfitto da una ventennale battaglia contro il diabete e segnato dai continui litigi tra sua figlia Patty e la storica manager e procuratrice legale, Laverne Toney, accusata di addirittura di maltrattementi e furti.
Il “blues boy” diventato “re” ha segnato una pagina nella storia della musica del XX secolo, a partire dagli anni 40, quando, affinata a Memphis la tecnica appresa nei campi (veniva pagato 35 centesimi per ogni 100 libbre, circa 45 kg, di cotone che raccoglieva), iniziò a esibirsi nelle radio per soli neri. Il suo stile chitarristico è subito efficace e diretto, elaborato e lirico, per farsi col tempo più elegante e addolcito, ma sempre elaborato e ricco. La rivista specializzata “Rolling Stone” in un famoso referendum lo indicò come il sesto più importante chitarrista del secolo.
E i colleghi ne hanno sempre intessute le lodi: “Il punto di svolta è avvenuto attorno al 1965, quando il suo suono ha assunto una personalità che pare incontaminata dall’attualità, un tono tondeggiante con il pick-up anteriore della chitarra non in fase rispetto al posteriore e un amplificatore da tempo fuori produzione. Il suo suono proviene da quella combinazione. Ed è solo di B.B.” Così Billy Gibbons, il barbutissimo chitarrista degli ZZ Top.
Alle parti solistiche alla sei corde, King alternava il canto, disdegnando quasi sempre l’accompagnamento: la sua voce, forgiata da ragazzo nel coro gospel della chiesa, era piena e forte, maschia e sorridente, un poco affievolita negli ultimi anni. Quasi erosa da una carriera infinita, che lo ha visto sui palcoscenici per oltre 15 mila concerti, compresi quelli dello scorso anno. Ha suonato dappertutto, dalle bettole degli esordi al Vaticano e alla Casa Bianca (anche per lo stesso Obama), oltre che per milioni di fans nei festival blues, jazz, folk e rock e in tour nelle più grandi sale del mondo.
Di carattere gioviale e simpatico, B.B. ha collaborato con i più grandi bluesman, da Junior Parker a Little Milton, da Elmore James a un giovanissimo Ike Turner (il primo, manesco marito di Tina), e con le rockstar più amate: i Rolling Stones lo vollero come partner per un lungo tour nel 1969 ed Eric Clapton incise con lui nel 1964 “Live At The Regal” nell’omonimo teatro di Chicago, considerato uno dei dischi dal vivo più importanti di sempre. Collaborazione ripetuta nel più recente “Reading With The King”.
Ha piazzato 36 singoli e 28 album nella classifica generale americana, mentre già il suo secondo disco, “3 O’Clock Blues”, nel 1951 arrivò al numero uno di quella specializzata in rhythm&blues, seguito da numerosi altri, tra cui citiamo almeno le emozionanti “You Upset Me Baby”, “Every Day I Have the Blues” e “Sweet Little Angel”. Infine ricordiamo le sue 30 nomination per i prestigiosi premi Grammy, che vinse per ben 15 volte.
Raffaello Carabini