“Diavolerie agrodolci, bastonate in testa e vento sottile…” queste le parole con cui i Barranco, gruppo folk originario della bassa padovana, introduce sé stesso sulla propria pagina facebook.
“Ruvidi, vivi e macellati” è invece il suggestivo ed impattante titolo del disco d’esordio con cui Alessandro Magro (voce e concertina), Lorenzo Mazzilli ( voce, chitarre, ukulele, mandolino), Alberto Smanio (chitarra, ukulele, mandolino), Alessandro Quattrin (basso) ed Emanuele Ferrigato (batteria, percussioni), vissuti tra Merlara e Montagnara, hanno dato vita alla loro creatività avvalendosi del fascino di un ambiente salmastro, intriso di storia e richiami senza tempo.
Il folk cantautorale proposto dai Barranco ha più di una sfumatura antica: atmosfere ormai inesistenti, ma mai dimenticate, avvolgono la loro musica che, traccia dopo traccia segue una coerente linearità stilistica accompagnando l’ascoltatore in un viaggio a metà strada tra passato e presente.
Avvalendosi di una squisita terminologia, spesso desueta, i Barranco sembrano fuggire dalla folla in Astenia, mirando ad un pubblico raccolto e riflessivo. L’aulicità bucolica di Da questa parte e Milite lascia dietro di sé una macabra malinconia mentre il magistrale strumentalismo proposto in Effimera stende la carne, alza la voce e asciuga la fronte di chi prova a darsi una ragione per andare avanti.
La toccante immagine di un uomo che si lascia andare a fondo come una cartaccia de Il cielo non si apre è in combutta con Io parlo al vento in cui un richiamo ancestrale fischia per cime estreme.
Nel vento la notte scintilla, cantano i Barranco in Camere oscure, e mentre scintilla, eccola percorrere tra Le Porte di Orlova, la nave fantasma, proprio quando un sinistro rumore d’acqua irrompe bagnando ogni fibra del proprio essere.
I ragazzi in cattività di Un inverno cercano il riscatto mentre il loro futuro invecchia ma Un giorno in più non farà male ci regala la sensazione di esserci appena svegliati da un sogno che è invenzione di un desiderio.