Gianluca Chiaradia è un cantautore veneziano, classe 1991. Grande estimatore della cultura orientale, Gianluca ha approfondito anche la conoscenza della musica angloamericana e, attraverso lo studio della chitarra acustica, è giunto ad una scrittura musicale essenziale ed introversa. Nel suo album d’esordio intitolato “Seriamente ironico”, Gianluca racconta il suo mondo fatto di attente osservazioni e radicate passioni letterarie, musicali e cinematografiche. Scopriamo cosa ci ha raccontato in questa intervista.
“Seriamente ironico” è il tuo primo disco in cui hai raccontato molto di te…come hai vissuto la lunga gestazione di questo lavoro e quali sono i messaggi che vorresti arrivassero al pubblico?
La scrittura del disco è il frutto di un processo fisiologico durato 3 anni. Le canzoni sono piuttosto omogenee, per quanto riguarda i contenuti, e hanno qualcosa che le accomuna. Questa caratteristica è riconducibile al titolo “Seriamente ironico”, il quale, a sua volta, racchiude l’intento di rilasciare un po’ di ironia amara nelle canzoni.
In “Tutto al caso” ti ispiri ad una visione della vita senza schemi precostituiti? Di chi è la voce femminile nel brano?
La voce è della cantante jazz Enrica Bacchia che ha una voce molto giovanile e delicata pur avendo 60 anni! Per quanto riguarda il brano, non c’entra con la trama ma a me piace molto “Match Point”, il film di Woody Allen in cui ritroviamo tutta una serie di casualità e che, pur non essendo collegato alla trama del brano, rappresenta qualcosa da cui ho preso ispirazione. Poi Allen è un jazzista, ha una sua band, mi piacerebbe anche andarlo a sentire e penso di essere riuscito a ricreare anche l’atmosfera jazzy di alcuni suoi pezzi.
Come hai lavorato al disco e con quali persone hai collaborato?
C’è stata tutta una serie di prove con dei musicisti molto bravi, abbiamo arrangiato i brani tutti insieme, tutto il processo è stato molto naturale e abbiamo registrato il disco in soli quattro giorni presso lo studio Artesuono di Stefano Amerio.
“Facile a parole” racchiude la sindrome del provinciale?
Mi piace pensare che il mondo sia un po’ tutto un paese e ci scherzo molto su. Ho scritto questo brano in giovane età, sottolineando le differenze tra chi vive in provincia e chi in città e, anche se col tempo certe problematiche si metabolizzano e i punti di vista cambiano, quando si è giovani tutto si vive in maniera molto più amplificata.
Qual è il brano a cui sei più legato?
Credo sia “Il patto”, il brano che chiude il disco e che più di altri rappresenta uno sforzo di sincerità.
Sei appassionato delle espressioni artistiche giapponesi e coreane come le coltivi? Pensi che potranno mai confluire nelle tue scelte musicali?
Certo, confluiscono per quanto riguarda i concetti di essenzialità che mi piace riportare nei suoni più che nelle tematiche. Seguo tutti registi particolari, soprattutto coreani, che hanno una visione particolare di alcuni aspetti della vita che mi piacerebbe approfondire nel prossimo disco.
Quali saranno le prossime fasi del tuo percorso?
Abbiamo già fatto qualche concerto di presentazione e stiamo programmando qualche live per promuovere al meglio questo lavoro. Il concerto sarà acustico e riprenderà lo spirito dei brani, inoltre io ho sempre trovato più semplice suonare in acustico perché ti attacchi e vai e non ci sono troppe variabili. Mi piace il genere e ho le mie fisse.
Raffaella Sbrescia
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