Continuano a gonfie vele gli appuntamenti musicali del Suo.Na la rassegna che sta portando a Napoli alcune delle realtà più interessanti dello scenario musicale italiano. A salire sul palco della Casetta della Musica, in via Barbagallo, sono i toscani The Zen Circus. Andrea Appino, Karim Qqru e Massimiliano “Ufo” Schiavelli giungono in terra partenopea per l’unica data campana del tour che li sta portando sui palchi d’Italia, in occasione della recente pubblicazione del loro ottavo disco di inediti, intitolato “Canzoni contro la natura”.
Ad inaugurare la serata la controversa esibizione di Giovanni Truppi che si è cimentato alla conquista del pubblico Zen attraverso le sue canzoni a metà strada tra brillante intimismo e strampalata ironia. “Ti ammazzo”, “Il mondo è come te lo metti in testa”, “La domenica”, “Ti voglio bene Sabino”, “Nessuno”, “19 gennaio” sono i brani che il cantautore ha messo sul ricco piatto della serata, offrendo un breve ma interessante saggio delle proprie velleità letterarie.
Pochi minuti per riassettare il palco ed ecco un distinto cinguettìo di uccelli fare capolino tra i grovigli di spine sullo sfondo della scenografia: “Ogni uomo è fatto in un modo diverso dico nella sua struttura fisica, è fatto in un modo diverso, ed è fatto in un modo diverso anche nella sua combinazione spirituale. Quindi tutti gli uomini sono a loro modo anormali, tutti gli uomini sono in un certo senso in contrasto con la natura e questo sin dal primo momento con l’atto di civiltà, che è un atto di prepotenza umana sulla natura, è un atto contro natura”. Sono le parole di Giuseppe Ungaretti, intervistato da Pier Paolo Pasolini, ad introdurre l’ingresso del Circo Zen in scena.
“Canzone contro la Natura” è il primo brano di un concerto ideato seguendo una narrazione espressiva, acuta, rovente e vorticosa. Il disincanto delle precise riflessioni dei Zen Circus si amalgama alla carica espressa da un utilizzo ipnotico ed energico degli strumenti. Il concerto è estremamente tirato non c’è tempo e modo di soffermarsi troppo sui dettagli, quello che balza all’occhio e all’orecchio è una sostanziale visione apocalittica della realtà circostante.
“Colombia”, “Gente di merda”, “20 anni”, “Atto secondo” sono i primi colpi in canna sparati dal trio che, passa dai primi successi agli ultimi brani, in minime frazioni di tempo, mentre giovani anime, affamate di emozioni, pogano a più non posso per lasciarsi cullare dal conseguente sfinimento fisico e sensoriale. La performance degli Zen Circus è decisamente fisica muscoli e visi tesi distruggono corde e resilienze attraverso un rock politico e popolare al contempo.
“We just wanna live”, “Andati tutti affanculo”, “L’Amorale”, “Vai vai vai” scorrono via tra furore e disillusione, seguiti da “Vecchi senza esperienza”, “No way”, “I qualunquisti” e “Aprirò un bar”. Il momento nazional-popolare/populista è affidato a “Figlio di puttana”. “Ragazzo Eroe” è l’ultimo brano eseguito prima di una breve pausa, allietata dalla trasmissione di un esilarante pezzo del TG Lercio una denuncia rassegnata e ironicamente cinica.
L’ultima scarica di energia si riversa tra le note di “Mexican Requiem” Postumia”, l’immancabile “Canzone di Natale” e “L’egoista”. Doverosa è la menzione speciale per “Albero di tiglio”: un’ intelligente e severa ballata in cui un albero-dio ci scuote per bene.
Balli, salti e canti a squarciagola sono la coreografia perfetta per “Viva”, tra i brani più amati del disco “Canzoni contro la natura”. Niente bis per i The Zen Circus, gli ultimi due brani in scaletta sono “Fino a spaccarti due o tre denti” e ”Nati per subire”, l’efficace e schietta conclusione di un concerto adrenalinico, sanguigno e sfiancante.
Raffaella Sbrescia