Euphonia Suite live: un intenso Eugenio Finardi incanta l’Auditorium Parco della Musica di Roma

Nel panorama cantautoriale italiano sono molti i protagonisti che possono rivendicare l’unicità. Unicità intesa come un insieme di peculiarità che caratterizzano un autore in modo inconfondibile. Tuttavia è giusto fare dei distinguo, perché esistono condizionamenti più o meno evidenti nell’espressione artistica di ciascuno, fonti d’ispirazione letteraria o musicale, e sono davvero pochi quelli che possono vantare un’originalità assoluta, una creatività di pura appartenenza al sé, alla sfera del vissuto.
Tra questi pochissimi, Eugenio Finardi, che l’altra sera all’Auditorium Parco della Musica di Roma ha letteralmente inchiodato alle poltrone i numerosi spettatori, con il progetto Euphonia Suite live, uno spettacolo che definire magico è riduttivo.
Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Il Signore del Rock italiano, in chiave minimalista e jazz, è riuscito a creare un’atmosfera sospesa tra emozioni e sentimenti, rivisitando alcuni brani del suo vastissimo repertorio, e regalando al pubblico un paio di cover di livello qualitativo assoluto.
Il concerto, un’ora e mezza abbondante, è stato introdotto da un lungo discorso, più che un’introduzione quattro chiacchiere disimpegnate su quanto si sarebbe visto ed ascoltato. Introduzione forse non indispensabile, perché le note avrebbero parlato da sole, ma assolutamente piacevole e orientata ad avvicinare al palco le persone presenti, raccontando non solo del progetto ma anche di sé, come farebbe un vecchio amico. Peraltro il concerto si è svolto senza soluzione di continuità, non ha lasciato spazio ad ulteriori parole, ma sicuramente a tanta emozione, tanti applausi, molto positivo stupore.
Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi non è nuovo alle sperimentazioni. Basti ricordare il tour con Elio e le Storie Tese, o il bellissimo lavoro sul Fado, realizzato in collaborazione con Francesco di Giacomo. Tuttavia la curiosità di capire come avrebbe trasformato in chiave jazz blues un repertorio da sempre rock, era tanta. E se vero è che oggi tutti vogliono fare il jazz, c’è da dire che Finardi ci riesce alla perfezione.
Accompagnato dall’eleganza di Mirko Signorile al piano e dalla potenza di Raffaele Casarano ai sax, Finardi dà vita a un’armonizzazione del tutto inusuale su brani storici e molto amati, tra cui Le ragazze di Osaka, Extraterrestre, Dolce Italia, Amore Diverso, Soweto, il recente singolo Katia.
L’acme lo raggiunge con Un Uomo, lasciando spazio, a fine esibizione, a due minuti di applausi e qualche lacrima. La Radio, quel brano che da ragazzini amavamo cantare a velocità spaziale, quasi fosse uno scioglilingua, è reso con una cadenza blues che gli regala un abito di gran classe.
Intensa anche l’interpretazione di Una notte in Italia, di Fossati, divertente e ineccepibile, per quello che riguarda la pronuncia, l’omaggio a Carosone con Tu vuo’ fa l’Americano (ricordando le origini materne statunitensi), e accattivante la parentesi blues di Ambaraboogie, contaminata con Hit the road Jack.
Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

La voce curata a mo’ di strumento praticamente perfetta. Il sorriso che riconcilia con il mondo.
E’ un artista unico Finardi, fatto di quella unicità che appartiene solo ed esclusivamente a lui, e che lo rende tanto sotto il profilo musicale quanto umano un patrimonio di inestimabile valore per la nostra musica.
Le prossime date: a marzo, il 24 a Seriate (BG), il 31 a Varese mentre ad Aprile sarà il 13 a Bolzano, il 14 a Cortina D’Ampezzo, il 15 a Concordia Sagittaria (VE) per chiudersi a Torino il 19.
Roberta Gioberti
Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

Finardi live @Auditorium Roma ph Roberta Gioberti

 

LA CORSA DIETRO IL VENTO: il racconto del nuovo spettacolo di Gioele Dix dai racconti di Dino Buzzati

Chi incontra Buzzati nella vita, lo incontra, generalmente, durante l’adolescenza. Il deserto dei Tartari fa parte di quella dozzina di libri di cui, tra i tredici e i diciotto anni non puoi ignorare la non sempre facile lettura. Salvo poi riprenderlo in mano per caso una quarantina di anni dopo, rileggerlo, e vederti scorrere tutta la vita davanti. Sfido chiunque a non voltare l’ultima pagina, accarezzarsi le palpebre e sentirle umide.
Con i racconti, la storia è un poco diversa: non è un approccio adolescenziale, almeno, non didatticamente. Li leggi se li trovi, ci inciampi, resti rapito, intrappolato. Se ti accade un “incidente di percorso” simile a dodici tredici anni, come accadde a Gioele Dix, diventano parte del tuo immaginario, ti lasciano dentro un segno che ti porti tutta la vita.
Non parliamo della grande epopea, della storia di un ritorno, di una vita, del suo scorrere e del suo senso. Non parliamo della metafora dell’esistenza, ma delle storie che questa esistenza vanno a creare, agitandola come una battigia irrequieta a volte, a volte lieve, immobile, sospesa.
DIX
I racconti di Buzzati, è vero, sono i racconti perfetti: quelli in cui ti puoi ritrovare in ogni istante, tanto che narrino l’amore, quanto l’amicizia, la curiosità, l’avidità, l’ipocondria, l’umorismo, la vanità e la poesia. Puoi ritrovarli in un retrogusto, ora aspro ora dolce, in un ricamo di stiletto di sole che abbraccia una nuvola poco prima di tramontare, in una corsia d’ospedale e nei suoi odori, nel latrato notturno di un cane. Perché Buzzati è una suggestione, è qualcosa di più di un racconto, è un’atmosfera reiterata: insomma, se scopri di averla, se la trovi gemella, quell’aura ti accompagnerà tutta la vita.
Così, nell’immaginario di un passante, piovono nel cuore della notte fogli di carta appallottolata, piccoli scarabocchi ripiegati su se stessi, forse liriche, forse note a piè di pagina.
“La pallottola di carta” è il racconto che fa da starter a uno spettacolo che culla l’umore della platea tra ironia, risate, ombre, luci, misteri, pause, attese, sospensioni. Affiancato da una bravissima Valentina Cardinali, Gioele Dix, con l’eleganza attoriale che lo contraddistingue da sempre, costruisce una narrazione fluida e varia, sulla bella scenografia disegnata da Angelo Lodi, pescando dal vasto patrimonio di racconti brevi dello scrittore e giornalista bellunese vestendo e svestendo letteralmente i panni di molte storie, di molti personaggi, che entrano e escono da dimensioni reali o fantasiose, in maniera repentina, ricordando a volte il trasformismo di Fregoli, in versione minimalista. Tanti protagonisti che si rincorrono su una sorta di fil rouge, che è l’atmosfera buzzatiana. Sono sogni, paure, fantasmi e figure eccentriche ispirate a Buzzati e attualizzate, per portare fuori un sé, fatto a tratti di irrequietezze, a tratti di paradossi, a tratti di garbate ostilità, con quella grazia narrativa che fa di Gioele Dix uno dei migliori e più intelligenti e originali attori che il nostro teatro vanta.
Uno spettacolo incredibilmente gradevole, che penetra le emozioni con il sorriso, anche le più inquietanti. E che resta.
Roberta Gioberti