Cip! è la nuova creatura discografica di Brunori Sas. L’artista sceglie di rimettere l’uomo al centro della narrazione contemporanea per una visione d’insieme più spirituale e meno legata alla realtà strettamente contingente. Dario Brunori mette in campo il suo sentire attraverso un’attitudine poetica, traduce musicalmente argomenti sensibili. Il progetto si muove in modo compatto verso questa direzione e lo fa a partire dalla copertina realizzata da Robert Figlia: il ritratto di un pettirosso. Brunori scrive canzoni in cui buona volontà, tenerezza, difficoltà, pazienza e denti stretti si alternano perseguendo l’obiettivo di essere buoni senza sentirsi al contempo coglioni.
Il cantautore sceglie di scrivere in modo più poetico e meno prosaico prediligendo argomenti di ordine etico e filosofico con il piglio del poeta. Non parla in modo diretto di stretta attualità o di argomenti sociali, presta attenzione al suono della voce, al come racconta le cose più che al cosa. Il cantautore osserva l’armonia degli attriti, analizza la costante lotta tra gli opposti, esprime una costante tensione verso la spiritualità cercando di cantare una sorta di religiosità laica: perseguendo l’etica di chi non crede in Dio ma che si comporta come se ci fosse. Il tutto attraverso arrangiamenti sostenuti e ricchi di vitalità realizzati pensando ai contesti in cui saranno suonati. E il contesto quest’anno saranno i palazzetti dello Sport di tutta Italia, una nuova avventura live vedrà Brunori Sas protagonista del palco accompagnato come di consueto dalla sua storica band con una prestigiosa novità: una sezione brass diretta da Mauro “Otto” Ottolini.
Brunori Sas ph Leandro Emede
“In questo disco ho voluto raccontare dell’amore universale, di tutto ciò che tiene insieme le persone e le cose. Vivo un tempo che mi impone il tempo della macchina, sono costretto ad andare veloce. Cerco di resistere alla obsolescenza programmata dei sentimenti, racconto la difficoltà di mostrare le cose hanno le rughe. In tutto il disco, ma in generale nella mia scrittura, c’è una forte tensione spirituale. Recupero il fanciullino che è in me perché sento che è quello che dovremmo fare un po’ tutti noi. Il problema di oggi non è solo politico e sociale ma poetico. Cerco quindi di bilanciare gli estremi. Mi sono reso conto che ho cantato cose di cui magari in passato mi sarei vergognato e che avrei stemperato in modo ironico. Dalla disillusione recupero l’incanto attraverso il canto.
Uno degli stimoli principali del disco nasce dalla sindrome della veduta d’insieme e dalla considerazione del proprio essere a tempo determinato. Una prospettiva diversa per non sentirmi fesso a perseguire il bene e per cercare di capire il nostro ruolo nel creare armonia e vitalità. Sento la necessità di trovare in quello che vedo una forma di accettazione, questo implica evitare di perdere tempo a cercare di modificare quello che è così, suggerisco una serie di elementi che ci facciano riconciliare con ciò che è brutto ma necessario con l’obiettivo di perseguire una forma di spiritualità.
Non si può giocare con il cuore della gente, non si deve bluffare o anteporre se stessi davanti a tutto il resto né tantomeno vergognarsi a esprimere una parte spirituale. Dobbiamo cercare di essere dei segnali stradali per dare delle indicazioni. La scrittura per me è clandestina e solitaria. Nonostante questo, ho avuto la fortuna di trovare in Antonio Di Martino un artista che non solo mi ha aiutato nella stesura testuale ma mi ha fatto anche da specchio in cui riflettermi. Di lui mi fido al 100%, insieme abbiamo scritto “Quelli che arriveranno”, “Aldilà dell’amore”, “Capita così”. Per me che sono un procrastinatore compulsivo, scrivere in un tempo rapido è la più grande sfida. Ho cominciato a lavorare al disco ad aprile con la consapevolezza di rivolgermi a un mondo rapido, i mutamenti possono rendere subito obsoleto quello che scrivi per cui questi brani parlano di un tempo meno definito. Ho registrato il disco in tanti posti diversi tra Calabria, Officine Meccaniche di Mauro Pagani e Casa degli Artisti a Milano.
Dei miei 5 album, ritengo questo come 1bis, per il mio tentativo di recuperò dell’ingenuità dei primi tempi, di quello sguardo limpido . Non so se sono stato capito, il riscontro delle persone mi fa pensare a una sintonia che va oltre il sentire. Ho cercato di trattare queste tematiche non con il piglio dell’accademico ma con il guizzo del poeta. D’altronde questo fa la scrittura: si tuffa negli abissi personali e illumina con una torcia tutte le creature immerse. Sono felice che ci sia stato un percorso che mi ha assecondato nei tempi e nei modi, non ho mai inseguito il pubblico, l’idea iniziale era raccontare per me, per darmi dei promemoria, poi ho cominciato a reagire all’introversione. Ho creato intorno a me l’idea che non ci sia differenza tra Dario e Brunori Sas. Non vivo con il patema d’animo di perdere tutto questo, andrei contro quello che scrivo”.
Recensione:
Il disco si apre con Il mondo si divide, una canzone leggera, immediata, costellata di contrasti, che ci invita a riflettere su quanto si stia scomodi in bilico tra la decisione giusta e quella più conveniente. Capita così è un brano prezioso perché scomodo. Racconta di come ci si trova a dover reagire di fronte agli eventi della vita, al sentirsi piccoli, impreparati, scontenti, insoddisfatti. Ecco che Brunori trova l’antidoto: l’accettazione non è più rassegnazione, si trasforma nella capacità di considerare la propria vicenda umana in modo del tutto ridimensionato. Per curare noi stessi potremmo partire dal prenderci cura dei nostri cari, scrive Brunori in Mio fratello. Picchi di spiritualità vengono raggiunti in Anche senza di noi perseguendo quello spirito di accettazione precedentemente accennato. La canzone che hai scritto tu: è un regalo autentico. Un dono puro, semplice di note, di parole, di intenzioni. Al di là dell’amore è il singolo che ha unanimemente convinto tutti del fatto che il ritorno di Brunori sarebbe stato all’altezza delle aspettative. Il canto si apre con un messaggio etico, si interroga sull’eterno contrasto tra Bene e male attraverso un linguaggio dapprima sarcastico e spazientito per poi virare verso l’alto distanziandosi dal contingente per abbracciare un’etica intuitiva che prescinda da torti, ragioni, ideologie e punti di vista. Bello appare il mondo: Brunori ancora una volta ci invita a non fissarci su ciò che non si può cambiare. Benedetto sei tu: è una preghiera laica che persegue un risveglio non solo metaforico. Per due che come noi: è un brano d’amore sincero che si tiene in piedi nonostante il soffio del vento e le difficoltà della vita quotidiana. Fuori dal mondo: Brunori mette in piazza il suo essere un pesce fuor d’acqua con un ritmo accattivante e stralunato. Il brano vuole essere l’inno dei sognatori che non smettono mai di vedere il mondo a colori. Il disco si chiude con Quelli che arriveranno: un’elegia per pianoforte e voce. Un brano struggente in cui il protagonista è Achille, un bambino che non potrà vivere ma che, nonostante tutto, accetta la fine come forma di fiducia per quello che arriverà.
Raffaella Sbrescia