Sfera Ebbasta sull’Olimpo con “Rockstar”. Sì, ma che fine hanno fatto i palazzi?

Sfera Ebbasta - Rockstar

Sfera Ebbasta – Rockstar

“Vogliono toccarmi come se portassi fortuna. Sembra tutto in miniatura se lo guardo da quassù”. Dalla vetta delle classifiche musicali italiane parla, infatti, Sfera Ebbasta con il suo nuovo album intitolato “Rockstar”, pubblicato per Universal Music Italia. Con 11 brani in classifica, il suo ultimo lavoro è quello più venduto del momento ma c’è da chiedersi perchè e che tipo di riflessione c’è da fare a questo proposito. La trap è sicuramente il genere musicale più apprezzato dalle nuove generazioni: un suono annichilente, oscuro, a tratti ossessivo, spazza via il resto dei pensieri, sospende in aria la testa; ecco l’evasione. C’è poco da recriminare al 25enne rapper di Cinisello Balsamo, il suo connubio artistico con Charlie Charles funziona e bene. La formula è ancora fresca, urban, cittadina, popolare.
Quello che ci fa storcere il naso sono i testi, i messaggi, l’autorefenzialità e la superficialità che viene osannata a piè sospinto. I punti cardinali di chi scrive e chi ascolta sono distanti anni luce dai valori in cui siamo abituati a credere. I temi di testi autobiografici partono da un fertile contesto periferico finendo per allontanarsene. Povertà, sacrifici, sforzi vengono denigrati, i vincenti sono gli sfaticati che pensano al modo più facile e veloce per arricchirsi a discapito di tutto il resto.

Sfera Ebbasta - Rockstar
Sfera parte dalla piazza con il culo sull’autobus, arriva a youtube e infine in vetta alla classifica FIMI. Dovrebbero farci caso i suoi tanti estimatori che cercano evasione, che si vogliono principalmente divertire e pensare il meno possibile a tutto un orizzonte problematico : nel mondo di Sfera ora ci sono belle donne, droghe, club e una valanga di soldi. Dove sono finiti i palazzi? Tra una rima e l’altra eccoli ricomparire per poi sparire nell’oscurità. Sfera si mangia la rabbia, sputa in faccia alla voglia di indagare e capire come una realtà sempre più difficile e deprimente. La sua indolenza però piace e strapiace, il suo posto nello star system è quindi insindacabile. Evviva l’autocelebrazione, l’individualismo, l’eccentrico egocentrismo, la sterile apparenza. Bando alle rime scomode, all’originalità. Ma d’altronde questo è il misero specchio dei tempi che viviamo.

TRACKLIST

1 Rockstar
2 Serpenti A Sonagli
3 Cupido Ft Quavo
4 Xnx
5 Ricchi X Sempre
6 Uber
7 Leggenda
8 Bancomat
9 Sciroppo Ft Drefgold
10 20 Collane
11 Tran Tran

 

Depeche Mode live a Milano: la leggenda può aspettare

 

Depeche Mode live - Mediolanum Forum - Francesco Prandoni

Depeche Mode live – Mediolanum Forum – Francesco Prandoni

Avevamo lasciato i Depeche Mode allo Stadio Meazza di San Siro dopo uno show algido e imperfetto, li ritroviamo nella tornata invernale del Global Spirit Tour al Mediolanum Forum di Assago per la rivincita. D’altronde si sa, la dimensione sonora della band trova una naturale propensione agli spazi chiusi e concentrati. Così, per il primo dei due appuntamenti italiani, Dave Gahan , Andrew Fletcher e Martin Gore (affiancati in scena da Christian Eigner alla batteria e da Peter Giordeno alle tastiere) ritrovano l’affezionato pubblico italiano che, anche per questa volta, ha polverizzato biglietti di ogni tipologia. Con un palco imponente e gli ormai immancabili cortometraggi di Anton Corbjin, i Depeche Mode si sono tuffati nel meglio della propria discografia lasciando riaffiorare tutto il fascino di una cifra stilistica musicale che è diventata leggenda. 37 anni di successi sono pesanti da portare e, sebbene, i tre ce la mettano sempre tutta, il risultato non è sempre quello sperato. Sebbene i visuals siano diminuiti rispetto alla scorsa estate, resta sempre viva l’impressione che la presenza di tanti supporti video sia quasi voluta per lasciare respiro a un Dave Gahan spesso affaticato. L’apertura dello show mette, tuttavia, subito le cose in chiaro con “Going Backwords”, “It’s No Good”, “Barrel of a Gun”, “A Pain That I’m Used To”, “Useless”. Le parole non sono necessarie, dicono i Depeche Mode attraverso uno dei loro visual concept, sarà forse vero quando lo spazio delle riprese viene finalmente dedicato agli sguardi, alle espressioni, alle movenze di Gahan, traghettatore di emozioni di un tempo diverso, dove tutto riusciva a sorprendere e a sconvolgere.

Depeche Mode live - Mediolanum Forum - Francesco Prandoni

Depeche Mode live – Mediolanum Forum – Francesco Prandoni

Belli i momenti riservarti alla voce di Martin Gore: un lungo coro sulla coda di “Home”e l’inedita versione acustica di “Strangelove”. Delude “Enjoy the Silence” sulle cui note, non si sa per quale preciso motivo, Dave smette di cantare a metà canzone e si abbandona all’ascolto del pubblico del Forum. Uno sfogo, un momento di liberazione che Gahan ha deciso di goder fino all’ultimo istante. Il finale, comunque, è di quelli pirotecnici: “Walking in My Shoes”, “A Question of Time” che mancava nelle scalette dal 2014, e l’iconica “Personal Jesus” sigillano lo status cult dei pionieri dell’elettronica.

Raffaella Sbrescia

Video: Depeche Mode live – Milano

Scaletta:

Going Backwards
It’s No Good
Barrel of a Gun
A Pain That I’m Used To
Useless
Precious
World in My Eyes
Cover Me
Insight [acoustica solo Martin]
Home
In Your Room
Where’s the Revolution
Everything Counts
Stripped
Enjoy the Silence
Never Let Me Down Again
Strangelove [acoustica solo Martin]
Walking in My Shoes
A Question of Time
Personal Jesus

Essere qui: Emma presenta il suo nuovo album rivelando la sua essenza più profonda.

Emma Marrone

Emma Marrone

“Essere qui” è il titolo del nuovo album di Emma Marrone, pubblicato oggi per Universal Music Italia. Visibilmente emozionata, la cantante dimostra di credere profondamente in questo progetto a cui ha alacremente lavorato per due anni tra Italia e New York: “Sono soddisfatta di questo disco in cui mi racconto nella modo più onesto e sincero che conosco. Questo album mi fa divertire, mi ci riconosco in ogni singolo aspetto. Sarà perchè ci ho lavorato in modo consistente per due anni, ho seguito i lavori dall’inizio alla fine. Ho visto cambiare questo album tante volte, più passava il tempo più maturavano le cose. A disco quasi chiuso, ho voluto ricantare alcuni brani perchè non è così scontato tirare fuori una canzone che resterà per sempre. In definitiva, ho cercato di far restare impressa la parte migliore di me, quella che ho accettato, che ho perdonato e che forse prima non conoscevo benissimo. Ho lasciato sedimentare la parte più fragile di me, quella più insicura. Poi ho conosciuto la pazienza. Io persona di pancia, ho imparato a respirare, mi sono letteralmente ripresa il mio respiro. Ho fatto questo disco non per dimostrare ma per mostrare. “Essere qui” è un punto di partenza, ogni traccia dice qualcosa di me e, anche se racconto storie di altri, non riesco a dissociarmi da ciò che interpreto. Ecco perchè scelgo sempre qualcosa che mi rappresenta”.

Ecco le appassionate parole con cui Emma introduce questo nuovo lavoro che rivela un nuovo equilibrio personale: “Sono molto più serena. Faccio scelte difficili, a volte azzardate, ma sono mie scelte, questo è quello che conta. Ogni cambiamento ha bisogno di essere digerito, capito e io sono solita prendermi il mio tempo per farlo. Non farei mai questo mestiere per accontentare o accontentarmi, ho tante domande a cui rispondere e io lo faccio attraverso la musica. Ho imparato ad ascoltarmi, ho voluto mettere un punto a certe lacune che avevo, per un po’ ho messo da parte quello che io sentivo di me stessa. Ero predisposta ad ascoltare sempre e solo i giudizi degli altri, a piccoli passi e con grandi sforzi mi sono lasciata un po’ andare, oggi sono molto più luminosa”. Tanta più luce, quindi, che si evince da un nuovo uso del linguaggio vocale: “C’è stata una ricerca più minuziosa nei testi, un uso diverso delle parole e un approccio diverso alle stesse. La prima persona che mi ha fatto notare che cantavo in modo diverso è stata mia madre, non l’ho scelto, è successo in modo naturale”.

Sul piano musicale, tanti generi commistionati tra loro e tanta musica suonata da grandi musicisti.Il disco vanta le collaborazioni musicali di Enrico “Ninja” Matta, Paul Turner, Adriano Viterbini, ed è stato mixato e registrato da Matt Howe alle Officine Meccaniche di Milano. ”L’Isola” è stato il brano che mi a spinto a lavorare in questo modo all’album, non ho voluto tradire quell’emozione, quel fascio di luce che mi ha squarciato. Più in generale ho dato precedenza a brani più giusti per questo momento specifico. Non mi sono approcciata all’album con un desiderio di rivalsa, bensì con un’attitudine da musicista. In studio sono rompiscatole e puntigliosa, mi ha dato soddisfazione il modo in cui mi hanno trattato i musicisti. Luca Mattioni in particolare si è messo ancora una volta a servizio della musica, ha realizzato 25 versioni di uno stesso brano solo per rendermi soddisfatta al cento per cento. Lui come tutti coloro che hanno lavorato a questo disco sono persone che amano la musica e che credono nella musica suonata dal vivo”.

Video: L’Isola

A proposito dei brani, la predisposizione è quella di dare spazio ad un bilancio esistenziale equilibrato. Al centro della tracklist il coraggio e la voglia di mostrarsi, di accettarsi, di raccontarsi. Su tutte, evidenziamo la canzone scritta da Amara, intitolata “Le cose che penso”: “Questo brano è il ritratto della mia anima e della mia voce, il frutto di una chiacchierata a cuore aperto tra donne” – racconta Emma che conclude: “Ho imparato a dire no alle cose che non mi piacciono e non mi rappresentano”. A 33 anni Emma sa chi è, cosa vuole, e cosa raccontarci. Che la sua forza faccia da ispirazione.

Raffaella Sbrescia

 
Questa la tracklist di “Essere qui”“L’isola”, “Le ragazze come me”, “Sottovoce”, “Mi parli piano”, “Effetto domino”, “Le cose che penso”, “Portami via da te”, “Luna e l’altra”, “Malelingue”, “Sorrido lo stesso”, “Coraggio”.
Video: Sorrido lo stesso live

Made in Italy – il film: Ligabue torna alla regia con una storia che ci tocca tutti da vicino

Made in Italy - il film

Made in Italy – il film

Siamo fatti di colpi di coda, in attesa di sviluppi. Ecco la fotografia che Ligabue fa della sua umanità, quella rappresentata in “Made in Italy”, il film prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci che trasforma in realtà la storia che ha fatto da traino al suo omonimo album, pubblicato nel 2016. Al centro della scena una piccola cittadina della provincia dell’Emilia Romagna, i protagonisti sono Riko, operaio sulla quarantina, intepretato da un convincente Stefano Accorsi e Sara, resa viva, intensa, appassionatamente reale da una sempre più brava Kasia Smutniak. Bando alla retorica, la vita di Riko è schietta, ruvida, semplice, autentica. La forza di questo film sta proprio nella verosimiglianza con la realtà dei nostri giorni.
Una delle chiavi per apprezzare questo lavoro è la sfacciataggine di un’imprecisione che se ne frega della perfezione, che non aspira a dire niente di diverso di quello che ciascuno di noi penserebbe, in preda alla confusione e allo sballottamento di una vita precaria, costellata di sogni infranti, piccole e grandi preoccupazioni.
Una cosa fondamentale però è altrettanto chiara: Ligabue parla per sè, non si erge a rappresentante di un movimento o di una generazione. Nelle parole di Riko, all’indomani del ferimento alla manifestazione per la tutela dell’Art.18, il protagonista rilascia un’intervista in cui mette a nudo i suoi pensieri, il suo credo esistenziale ma si tratta, per l’appunto, del suo modo di vedere.
Questo è il modo in cui Ligabue ha quindi voluto mettere nero su bianco quello che aveva idealmente concepito incidendo l’album “Made in Italy”. Ricordo ancora quando nel suo studio a Correggio, Luciano spiegava con ardore e passione le fasi creative che l’avevano portato e delinare le gesta di Riko che, in realtà, rispecchiano appieno il suo amore-odio per un paese che tiene in smacco 60 milioni di persone. Pregi e difetti, bellezze e problemi convivono in uno stesso affresco di grande impatto sentimentale.
Al centro di tutto, infine, una qualità sempre più svilita: l’onestà. Quella vera, di cuore, di pancia, che non paga, che corrode l’anima, che spegne la voce, che cambia lo sguardo sul mondo. Il realismo cinematografico raccontato da Ligabue sicuramente si tinge di pop ma il racconto della vita da mediano finisce per toccarci tutti da vicino.

Fabrizio De Andrè. Principe Libero. Il film è un regalo alle nuove generazioni.

Fabrizio De Andrè- Principe Libero

Fabrizio De Andrè- Principe Libero

Tutto pronto per la proiezione cinematografica speciale di “Fabrizio De Andrè. Principe Libero”. Il 23 e 24 gennaio, a Febbraio un doppio appuntamento su Rai 1, il film girato da Luca Facchini, interpretato da Luca Marinelli, distribuito da Nexo Digital e prodotto da Rai Fiction e Bibi Film tv, sarà finalmente fruibile da tutti coloro che vorranno conoscere un pezzo di storia culturale e musicale italiana. Il grande merito di questo lavoro è quello di dare perfettamente l’idea di quanto Fabrizio De Andrè sia ancora vivo nei cuori di ciascuno, il suo essere palpitante, vero, avulso da qualunque imposizione, diventa emblema di vita vissuta a cuore aperto. Senza accettare regole altrui e dandosene delle proprie, Fabrizio ha lasciato un segno indelebile in più generazioni non solo grazie alla musica ma anche e soprattutto per il suo spirito. Ecco perchè il lavoro di Facchini ma soprattutto quello del bravissimo Luca Marinelli nei panni di De Andrè, di Valentina Bellè in quelli di Dory Ghezzi (seconda moglie di De Andrè) e Elena Radonicich in quelli di Puny(la prima moglie) fanno la differenza. Gli elementi che saltano subito all’occhio in questa pellicola di circa 3 ore e mezza di durata, sono l’avidità di vita, parole ed emozioni con cui Fabrizio trasformava tutto ciò che incontrava. La cura per la parola, l’artigianalità della ricerca, della costruzione del significato sono messe molto bene in evidenza in una sceneggiatura corposa, dettagliata, fotografica e mai scontata. La consulenza di Dory Ghezzi ha svolto, in questo lavoro, un ruolo fondamentale per riuscire a dare una chiave di lettura autentica, appassionata, vivida, reale di tutta l’epopea esistenziale di De Andrè.

Fabrizio De Andrè- Principe Libero

Fabrizio De Andrè- Principe Libero

Non solo virtù ma anche e soprattutto vizi: il fumo, l’alcool, le donne. Fabrizio non ha mai rinunciato a nulla. Sarà forse anche per questo che le sue canzoni in realtà erano poesie musicate. Tra i plus del film il commovente ritratto del controverso rapporto di De Andrè con suo padre Giuseppe, magistralmente intepretato da Ennio Fantastichini. Plauso particolare va anche a Gianluca Gobbi che, nei panni dell’indimenticabile Paolo Villaggio (l’attore è stato un grande amico di Fabrizio, uno dei primi ad incoraggiarlo ad esibirsi dal vivo) ha dato un contributo speciale alla ricreazione di un’atmosfera molto vicina all’originale.

Per chi, come me, non ha avuto l’occasione di vivere da vicino quegli anni in cui ogni cosa assumeva un significato reale, gli artisti erano tali e si prendevano sul serio, assistere ad un film del genere, ha rappresentato un’occasione preziosa di arricchimento culturale. Un momento di conoscenza e approfondimento necessario per aggiungere tasselli fondamentali ad una formazione culturale che sia degna di questa definizione. Last but non least, quello spirito e quei luoghi squisitamente liguri, che profumano di incontrovertibile introversione al mondo ma denotano una profonda comunione con la natura.

Raffaella Sbrescia

Lady Gaga live a Milano: una diva umana

Lady Gaga live - Mediolanum Forum - Milano

Lady Gaga live – Mediolanum Forum – Milano

Diva sì ma a portata di mano. Lady Gaga porta il suo colossal show al Mediolanum Forum di Assago per l’unica data italiana del Joanne World Tour mostrando di essere tutt’altro che una star di plastica. Il suo status iconico è diretta conseguenza della sua personalità travolgente, della sua forza, della sua determinazione, della sua voce: calda, potente, versatile. La versatilità, tra l’altro, è proprio l’emento caratterizzante del suo concerto, suddiviso in più capitoli che raccontano un’unica storia: la sua. Questo tour rapprenta, infatti, una full immersion nell’universo Gaga che, per questo tour, non fa sconti nè a se stessa nè agli altri. Il suo concedersi senza remore parte dalla musica, certo, ma va molto in là. Lady Gaga quindi diventa divertente, emozionante, sorprendente, significante.

Spaziando dal pop commerciale, alla dance elettronica, al country folk, al rock Lady Gaga lascia intatta la propria autenticità senza snaturarsi mai. Qualunque veste indossi, l’artista riesce a calibrare la propria capacità vocale e interprativa al meglio.

Lady Gaga live - Mediolanum Forum - Milano

Lady Gaga live – Mediolanum Forum – Milano

Particolarmente coinvolta ieri sera sul palco di Milano, Lady Gaga ha voluto raccontare le sue origini italiane, ha ricordato il viaggio da migranti dei suoi nonni, immaginandone i pensieri, i sentimenti, i punti di vista. Non ha dimenticato nulla Lady Gaga, ha inserito in scaletta i pezzi del suo ultimo album ma non ha lasciato da parte nemmeno le hits che l’hanno consacrata nell’olimpo dei grandi. Tra i momenti clou segnaliamo la magistrale interpretazione di “The Edge of Glory” , la sfavillante “Bad Romance”, il brano manifesto della comunità LGBT “Born this way”, la divertente “Paparazzi”, l’ormai irrunciabile e toccante “Million Reasons”.

Video:

Anche se nel corso di 10 anni, Lady Gaga ci ha insegnato a non dare mai nulla per scontato, la sorpresa più grande è scoprirla artista nel vero senso della parola. Il suo legame con la musica è viscerale, lo spettacolo c’è ed è maestoso, imponente, colossale con un palco scomponibile, passerelle inclinate e ponti sospesi ma Lady Gaga potrebbe tranquillamente farne a meno, Gaga è essa stessa uno spettacolo nello spettacolo.

Raffaella Sbrescia

Video:

Cosmotronic: la resurrezione del mondo clubber in un declinante universo pop.

Cosmo- Cosmotronic

Cosmo- Cosmotronic

Cosa si cerca quando si va in un club? Evasione, una porta verso un’altra dimensione, un momento in cui non pensare a nulla, perdersi e forse in fondo ritrovarsi a tu per tu con la propria coscienza più recondita. Quello che ha fatto Cosmo con “Cosmotronic”, l’album pubblicato il 12 gennaio per 42 Records, è aprire le porte di un club in cui limiti e tabù non sono neanche lontanamente contemplati. Cosmo osa: con i suoni e con le parole in un turbinio lessico-musicale stracolmo di spunti su cui riflettere o semplicemente farsi un viaggio mentale di primissimo ordine. Il primo sentore di questa missione era venuto fuori con “Turbo”, il cui videoclip girato da Iacopo Farina, è ambientato tra le spoglie de “L’ultimo Impero”, un ex-club torinese molto in voga negli anni ’90. Una realtà parallela bussa alla porta di Cosmo, un flashback che in realtà è una visione che racchiude i tratti culmine della scena club dell’ultimo ventennio.

Non si rinnega il passato, non si dimentica, lo sa bene Cosmo che fa del disagio esistenziale un varco per vivere il presente con un piglio nuovo, libero, avulso da preconcetti, pregiudizi, luoghi comuni.

Cosmo

Cosmo

In questo doppio album le sue anime prendono una stessa via, non sono facce diverse della stessa medaglia, sono come sostanze complementari di un’unica essenza creativa che gioca ad alternare ritmi, sequenze e synth in nome di una mission che non può far altro che coinvolgere chi ascolta a prescindere da fattori anagrafici o caratteriali. Generi, stili, parole, flashback, lampi di genio, depressioni, emozioni confluiscono nelle tracce che costituiscono il magma creativo di “Cosmotronic”. Il frullatore sonoro di Cosmo infonde coraggio e voglia di lasciarsi andare, un calderone di disperata evasione. La sua ricerca è antropologica, è ritmica, è testuale, è esistenziale. Avanguardia e sperimentalismo non voltano le spalle al passato, bensì lo reintegrano con le più innovative e sofisticate tecnologie. L’EDM va oltre i propri stessi limiti, niente strutture, né barriere. Un po’ come accade nel surrealismo di “Tristan Zarra”, il brano più audace e sperimentale dall’impianto testuale inesorabilmente demenziale. Il prossimo auspicabile singolo è, invece “L’amore”, un brano in cui i suoni liquidi dichiarano che “la libertà è quello che stai provando” ora e qui. Cosmo dà voce al nostro subconscio, gioca con il tempo, con le illusioni, in questo delirio in mezzo alla gente non capisco più niente, dice, il meglio di te, il meglio di me, come un sogno incredibile. Magari poi non è vero però adesso ci credo, sentenzia. Un pensiero che ti stende, che ti mette con le spalle al muro e che poi ti libera da te stesso. Un beat violento, percussioni vibranti arrecano piacere: il manifesto dell’estemporaneità. Subito dopo Cosmo ci catapulta a Ibiza con “Animali”: basta solo allargare le gambe, ecco, vai, corri a prenderti tutto. Uomo, donna comunque animale, ogni posto diventa eccitante, passa tutto attraverso la pelle, basta solo perdere l’identità per diventare una goccia dentro al mare.  Cosmo non è romantico, non è delicato, non è sdolcinato ma è geniale, riconoscibile, imprevedibile, godibile come pochi altri. Imperdibile l’after sonoro con “Ho vinto”: non sento più legami con la terra, mi piace sfottere il linguaggio spinto mi piace lottare contro me stesso e ho vinto. Usi e costumi vanno in frantumi, gioca con la civiltà in declino (a questo proposito meglio prestare attenzione all’esemplificativo booklet). Signori e signore ecco l’istantanea perfetta del nostro presente. La notte farà il resto, per dirla alla Cosmo.

Raffaella Sbrescia

Il tour prevede una serie di live organizzati da DNA Concerti, un party itinerante che portà Cosmo ad esibirsi nelle principali capitali europee e nei più importanti club italiani insieme a numerosi ospiti speciali. Il giro europeo sarà così strutturato: il 21 febbraio a Parigi (La Boule Noire), il 22 febbraio a Lussemburgo (Gudde Wellen), il 23 febbraio a Bruxelles (VK), il 25 febbraio a Londra (Birthdays), il 27 febbraio a Berlino (Berghain Kantine), il 1 marzo a Lugano (Studio Foce). I primi appuntamenti in Italia saranno: il 17 marzo a Bologna (Link), il 23 marzo a Firenze (Tenax), il 24 marzo a Milano (Fabrique), il 30 marzo a Torino (OGR), il 6 aprile a Roma (Atlantico), il 7 aprile a Napoli (Duel Beat), il 14 aprile a Marghera (Rivolta) e il 21 aprile a Bari (Demodè).

TRACKLIST

CD 1
01. Bentornato
02. Turbo
03. Sei la mia città
04. Tutto bene
05. Tristan Zarra
06. L’amore
07. Animali
08. Quando ho incontrato te
09. Ho vinto

CD 2
01. Ivrea Bangkok
02. Attraverso lo specchio
03. Barbara
04. La notte farà il resto
05. 5 antimeridiane
06. Tu non sei tu

 

Sanremo 2018: Baglioni annuncia un Festival purista e popolar-nazionale

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Un Festival di Sanremo purista e non populista è quello che si terrà a Sanremo dal 6 al 10 febbraio 2018 in onda su Rai Uno. Per l’edizione numero 68, Claudio Baglioni direttore, autodefinitosi dittatore della kermesse, sceglie un’intelaiatura fissa, solida e impossibile da scalfire: la canzone italiana sarà infatti, forse finalmente, al centro della scena. Al suo fianco, Michelle Hunziker e Pierfrancesco Favino che si avvicenderanno in una conduzione di gruppo senza prime donne.

Fa riflettere l’intento, ampiamente dichiarato, di riportare la melodia Made in Italy al centro della scena. No agli scimmiottamenti, no alle brutte copie dei successi d’oltreoceano anche se la nota stonata c’è. Scegliere di imporre ai cantanti ospiti di “cantare qualcosa di matrice italiana” non sembra un’idea vincente per i più disparati motivi. Il focus sulla canzone italiana è sacrosanto ma il troppo, come sempre, rischia di stroppiare, e pure parecchio.

Sanremo 2018

Sanremo 2018

Un festival popolar-nazionale, dunque, è quello che Baglioni sta mettendo in piedi. Cinque serate che daranno tanto spazio ai 28 brani in gara che, quest’anno, dureranno ben 4 minuti ciascuno. No alle eliminazioni e alle cover, no ai cantanti freschi di talent show, no alle star di Hollywood. Insomma Baglioni ha fatto diversi tagli col passato, ha abbracciato a pieno titolo il ruolo di timoniere, ha voluto definire in modo marcato un’impronta purista, forse arcaica e non troppo conscia del potenziale dettato dai gusti del pubblico più giovane, ma bisogna riconoscere che la sua, anche se solo sulla carta, è già un’impresa: recuperare la tradizione della musica popolare italiana che, negli anni d’oro ha saputo fare davvero la differenza.

Raffaella Sbrescia

2640: Francesca Michielin racconta il suo nuovo album. Intervista

Francesca Michielin

Francesca Michielin

Avere 22 anni e sentirsi a fuoco. Questa è Francesca Michielin che presenta il suo nuovo album “2640” (Sony Music) come un viaggio per imparare a incontrare e incontrarsi e a dire esattamente quello che si vuole comunicare. Con Michele Canova, nuovamente alla produzione, le sonorità si rifanno ad un mondo elettronico leggermente messo da parte a favore di momenti strumentali che regalano maggiore autenticità a tutto il lavoro. La capacità più evidente della Michielin è cercare di essere essenziale mettendo in primo piano argomenti che fanno parte della vita quotidiana di tutti, non ci sono concettualismi ermetici. Pezzi di vita fanno capolino tra flashback e istantanee che profumano di verità.

«Il disco ha tre anime», racconta Francesca Michielin, nel corso di un incontro stampa a cui hanno preso parte sia il presidente Sony Music Italia Andrea Rosi che il presidente di Live Nation Italia Roberto De Luca, a testimonianza del grande sostegno di cui gode la giovane cantautrice. «Nella copertina dell’album ho voluto inserire tre triangoli per simboleggiare tre elementi chiave che hanno ispirato questo disco, le energie che ho convogliato insieme: il triangolo azzurro rappresenta il mare e racchiude il concetto del sentire, inteso come percepire. Il verde è la montagna da cui provengo e dalla quale immagino il mare, il rosso è il vulcano, l’elemento che mi ha ispirato (dopo una cura termale vicino ai Colli Euganei) e che rappresenta l’esplosione; la voglia che ho di comunicare».

Comunicare, dunque, è l’obiettivo di Francesca Michielin che ha scritto 11 delle 13 canzoni che compongono la tracklist del disco mentre le altre vedono la collaborazione di Dario Faini, Calcutta, Tommaso Paradiso e Cosmo: «A questa età so cosa voglio dire anche se ovviamente non so ancora cosa voglio dalla vita. Le canzoni sono state scritte in modo viscerale e impulsivo, “Comunicare”, ad esempio, è nata in 40 minuti. Si è trattato di un processo vulcanico, una vera esplosione durata un annetto circa. Sono entrata in studio il 20 gennaio scorso, tutto è nato in modo organico. I brani scritti a quattro mani sono nati un po’ per amicizia e un po’ per divertimento, abbiamo lavorato in modo fluido» – ha spiegato Francesca che, in questo album mette in evidenza il tema caldo della fratellanza e dell’uguaglianza tra le razze. In particolar modo, nel brano intitolato “Tapioca”, la cantante ha voluto inserire un ritornello in lingua ghanese: «Si tratta del ritornello di una canzone popolare, di lode e ringraziamento per tutte le cose che sono in alto. “Io sono di qui ma non sono di qui” è la frase manifesto del disco, ho sempre inteso il concetto di famiglia come comunità, sono abituata ad interagire con persone che vengono da altre parti del mondo ed è sempre stato tutto molto normale. Mi sono interrogata sul senso di appartenenza e sull’essere contaminati».

Francesca Michielin

Francesca Michielin

La poliedricità di Francesca Michielin si è riversata anche in altro tema che è lo sport: «Tutto il disco ruota intorno al concetto dello sport» – ha raccontato l’artista – «C’è San Siro, la curva nord, il calcio, la Formula 1. In particolare il brano “La Serie B” prende ispirazione dalla retrocessione del Vicenza in serie B, ora tra l’altro in Lega Pro. Quella è stata la prima grande delusione della mia vita, in casa piangevamo tutti. Ho vissuto una sensazione di retrocessione esistenziale quindi ho voluto rendere omaggio a tutte quelle persone che vivono in serie B ma lottano a testa alta come fossero in serie A. Per quanto riguarda il brano “Alonso” mi sono lasciata coinvolgere dall’irrazionalità ispirandomi all’attitudine vera e sanguigna di un atleta bravo come Alonso che non si lascia mai scalfire dalle difficoltà».

In attesa del tour che, a questo giro, avrà molta carne al fuoco, il brano più interessante di “2640”  è “Lava: « Si tratta di un brano violento e senza filtri, ispirato a “Tahiti” di Bat For Lashes, artista che amo molto, e a un suo brano in cui la donna è vista come massaia. Io ho voluto buttare lava su questo concetto, dico basta alla Franceschina dolce e cucciolina. Le donne non devono essere serie B, a casa mia tra l’altro hanno sempre comandato le donne. Non c’è altro da aggiungere».

Raffaella Sbrescia

Nel 2018 Francesca inizierà anche una nuova importante avventura live nei principali club di tutta Italia. Dopo l’anteprima di Parma il 16 marzo, il tour prodotto e distribuito da Live Nation partirà da Milano il 17 marzo, e toccherà poi Torino, Brescia, Bologna, Trento, Roncade (TV), Catania, Perugia, Maglie (LE), Modugno (BA), Roma, Napoli e Firenze.

I biglietti per le date sono in vendita su Ticketmaster.it, Ticketone.it e tutti i punti vendita autorizzati.

Video: Vulcano – Showcase

LA TRACKLIST

 

COMUNICARE (Michielin)

BOLIVIA (Michielin)

NOLEGGIAMI ANCORA UN FILM (Michielin, Faini)

IO NON ABITO AL MARE (Michielin, Calcutta)

TROPICALE (Calcutta, Faini)

E SE C’ERA…. (Paradiso, Faini)

SCUSA SE NON HO GLI OCCHI AZZURRI (Michielin)

VULCANO (Michielin, Faini)

DUE GALASSIE (Michielin)

LA SERIE B (Michielin, Calcutta)

TAPIOCA (Michielin, Cosmo, Calcutta)

LAVA (Michielin, Faini)

ALONSO (Michielin)

Giovanni Allevi live al Teatro Fraschini di Pavia: è tutta una questione di Equilibrium

Giovanni Allevi

Giovanni Allevi

Cos’è che definisce il significato della parola Equilibrio? Un compromesso tra fattori disparati e discordanti, tra parti di un tutto che, in contesto artistico e musicale, prescinde da etichette e pregiudizi.

Sul palco del Teatro Fraschini di Pavia, Giovanni Allevi ha portato il suo “Equilibrium” facendosi accompagnare da una selezione scelta di archi dell’Orchestra Sinfonica Italiana.

Il purismo accademico ha incontrato la leggerezza pop e l’indomabilità dell’estro creativo di chi, da vent’anni a questa parte, ha saputo tracciare un percorso solido conquistando l’affetto di lo stima non solo come artista ma anche come uomo.

Jeans, t-shirt e converse per Allevi che ha radunato il pubblico delle grandi occasioni all’interno del teatro settecentesco. In scaletta le sue anime musicali: quella scanzonata che smantella le convenzioni e quella classica. In equilibrio tra “compositore, pianista e direttore d’orchestra”, durante il concerto Allevi ha voluto mostrarsi al pubblico senza riserve. Tanto humor ma altrettanta sensibilità in due ore di viaggio sonoro.

Il concerto inizia con la delicatezza di “Flowers” continuando con le note serie di “No Words”, brano per pianoforte e archi composto il 25 agosto del 2016 ad Ascoli Piceno, subito dopo una forte scossa di terremoto che ha toccato Allevi nel profondo. Agli archi è affidato un grido di dolore ma anche di speranza affinchè la solidarietà non faccia cadere nel dimenticatoio l’entità della tragedia ricordata.

A seguire c’è “Togheter”: le melodie del brano si intrecciano con gli archi raggiungendo alti picchi espressivi. Ispirata al periodo immediatamente successivo all’intervento agli occhi subito da Allevi in Giappone “Scent of you”, uno dei brani più autentici e veri del concerto.

Ironica la premessa di “A life in a day”: un brano simpaticamente ispirato dall’incapacità di godersi il presente, sempre in balìa degli errori del passato e delle preoccupazioni per il futuro.

Giovanni Allevi - Teatro Fraschini Pavia

Giovanni Allevi – Teatro Fraschini Pavia

“Dentro di noi c’è un talento, inteso come la massima realizzazione di noi stessi – ha spiegato Allevi introducendo “Born to Fly”, suonato interamente in solo. Se riuscissimo a dedicarci a quello che più ci fa stare bene, senza lasciarci distrarre dalle aspettative degli altri, potremmo intraprendere la via per l’eccellenza”.  Nato durante degli esercizi per la respirazione “Oxygen”, ancora figlio del periodo più difficile della vita del pianista è “No more tears”, un brano in cui è racchiusa la ferma volontà di non arrendersi e di non lasciarsi abbattere dalle difficoltà.

Nelle vesti di direttore d’orchestra, Allevi ha proposto al pubblico anche “Corale”, “Perfect day” e la bellissima “Sinfony of life”, che racconta l’ostinazione per la vita. Richiestissimi i bis: la nota “Kiss” e l’irriverente versione del “Te Deum” di Charpentier a metà tra scherzo e realtà.

Giovanni Allevi è così, o lo si odia o lo si ama, tra serio e faceto, la sostanza è ineluttabile. E va bene così.

 Raffaella Sbrescia

Video: Giovanni Allevi live @ Teatro Fraschini – Pavia

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