Remo Anzovino: ecco “Nocturne” la celebrazione della caducità umana

Remo Anzovino

Remo Anzovino

Nel corso della sua carriera Remo Anzovino ci ha abituati alla sua narrazione emozionale al pianoforte. Ora, a distanza di 5 anni dal precedente disco in studio, esce per Sony Music, su etichetta Sony Classical, “Nocturne”, un album di composizioni inedite nate sulla lunga scia di suggestioni Chopiniane. Registrato tra Tokyo, Londra, Parigi e New York, l’album è stato registrato e mixato da Taketo Gohara, con gli arrangiamenti orchestrali di Stefano Nanni che ha anche diretto la London Session Orchestra. Tra i musicisti internazionali che hanno prestato la loro sensibilità al progetto, ci sono, tra gli altri, al violino cinese Masatsugu Shinozaki, primo violino dell’Orchestra Sinfonica di Tokyo, l’armeno Vardan Grygorian al duduk, la francese Nadia Ratsimandresy, tra le maggiori virtuose al mondo di ondes martenot e Gianfranco Grisi, inventore del suo cristallarmonio e famoso per l’arte di suonare il vetro. Anzovino, compositore, pianista e avvocato penalista, torna quindi in scena con un effluvio di composizioni pensate per mettere sul campo delle superbe visioni della solitudine umana in un momento preciso del giorno: la notte. La dimensione notturna è quella più intima e più spaventosa per l’uomo che, trovandosi faccia a faccia con se stesso, si ritrova costretto a fare conti, bilanci, pensieri e riflessioni globali. Anzovino ci fornisce gli strumenti per farlo in modo rilassato, placido, elegante. L’ascolto si apre con “Nocturne in Tokyo”: un motivo ricorrente che scorre, fluttuante e voluttuoso e che accompagna lo scandire dei pensieri e degli andirivieni emotivi di ciascuno di noi. La malinconia diventa quindi una risorsa, ci mette in connessione con il nostro io più profondo, ci fa capire cose che per lungo tempo ci sono sfuggite e che non abbiamo mai voluto veramente prendere in considerazione. La tracklist continua con “Galilei”: un titolo che rimanda alla conoscenza, alla sfida quotidiana di mettersi alla prova e di alzare l’asticella sempre più in su. Una melodia volutamente elementare intesa come metafora dello sguardo acuto, penetrante, essenziale di Galilei. Particolarmente suggestivo il momento in cui al pianoforte, strumento così “ontologicamente” occidentale, si unisce il duduk armeno in grado di raccontare mondi così differenti e lontani dal nostro. Remo Anzovino esplora la propria interiorità proiettandola in modo cinematografico, il risultato è un saliscendi emotivo vorticoso dall’impatto liberatorio. La musica del disco è nata come un flusso spontaneo di bellezza, anche se tutte le composizioni, da quelle più drammatiche come “Storm” a quelle più rasserenanti come “Empty House” si rifanno ad una tecnica compositiva al servizio di un obiettivo semplice: la creazione di una musica quasi terapeutica ma non consolatoria. Visto che Anzovino concepisce, in questo caso, la musica come uno strumento per avvicinarci all’ineffabile bellezza dell’imperfezione che è di fatto la vita, tra i brani più efficaci  segnaliamo “Miss you”, “Still raining”, “Manhattan 5 am” e “Hallelujah”, una preghiera laica per condividere la gioia di sentirsi umani.

Raffaella Sbrescia

Video: Galilei

Track list di Remo Anzovino – Nocturne
1) Nocturne in Tokyo
2) Galilei
3) Hallelujah
4) Estasi
5) Empty house
6) Storm
7) Miss you
8) Still raining
9) Universi
10) Istambul
11) In your name
12) Manhattan 5am
13) The stars
14) Valse pour une femme

Zucchero live all’Arena di Verona: quando il blues è Made in Italy

Zucchero live @ Arena di Verona

Zucchero live @ Arena di Verona

Partiamo dai numeri: 230.000 spettatori, 22 date in Arena di Verona , 127 date di un tour mondiale e 62 anni di età. Zucchero Sugar Fornaciari riempie fino all’ultimo ordine di posto la famosa Arena con un concerto pieno, vario e molto curato. Il Black Cat World Tour 2017 d’altronde è la prova definitiva che Zucchero ha inteso assurgere il mestiere del cantante alla sua stessa vita. L’impressione quindi, trovandosi al suo cospetto, è quella di trovarsi nel salotto di casa sua. Zucchero è allegro, rilassato, ha voglia di scherzare, tocca le note più alte senza colpo ferire e, in barba alle prime temperature autunnali, tiene più di mezzo concerto in maglietta a maniche corte.

Di tutto rispetto la band che si è scelto per questa avventura live. Zucchero ha chiamato a raccolta sia alcuni musicisti che collaborano con lui da tempo immemore, sia professionisti conosciuti durante i suoi ultimi viaggi. Tra tutti spicca in scena il famoso esperto di organo Hammond Brian Auger. Cuba, Los Angeles, Houston, Ohio, Inghilterra sono i paesi da cui arrivano influenze, suggestioni, suoni scelti per vestire su misura i brani che, anno dopo anno, si sono sedimentati nell’antologia discografica di Zucchero nonchè nel costume del pubblico italiano.

Zucchero suddivide in capitoli il suo concerto regalando ampio spazio all’ultimo album “Black Cat”, costruito insieme ai più grandi produttori in circolazione con un impianto strutturale profumato di blues e America nera alla Django Unchained. Si va da “Partigiano reggiano” a “13 buone ragioni” passando per “Ci si arrende”, “Hey Lord”, “Voci”. Per i fan di primo pelo non sono mancati i momenti amarcord senza rinunciare alla possibilità di alzarsi in piedi e scatenarsi a ritmo di blues-rock. In sequenza: “Vedo nero”, “Baila”, “L’urlo”, “Chocabeck”, “Wake me Up”, “Solo una sana e consapevole libidine salva il giovane dallo stress e dall’Azione cattolica”, “Diamante”. Significativo l’omaggio a Pavarotti sulle note di “Miserere”, con tanto di standing ovation da parte del pubblico a fine proiezione video.

Zucchero live @ Arena di Verona

Zucchero live @ Arena di Verona

A metà strada tra sacro e profano, godereccio e spontaneo, Zucchero conquista il pubblico con la potenza della sua voce calda, ruvida e graffiata, con quel piglio un po’ sornione, un po’ beffardo. L’ultima parte del concerto è tutto un susseguirsi di grandi successi radiofonici: “Overdose (d’amore)”, “X colpa di chi?” e “Diavolo in me”, “Nel così blu”, “ Così Celeste”, “ Indaco”. Il concerto si chiude con “Never is a moment”, un messaggio chiaro e inderogabile quello di Zucchero che, allo scoccare del suo compleanno, si congeda dal suo pubblico pensando già alle imminenti date in Argentina e Brasile. Ecco a voi un esempio di iconico stile italiano.

 

Raffaella Sbrescia

Baustelle live all’Alcatraz: la fine dell’estate è dandy

Baustelle @ Alcatraz

Baustelle @ Alcatraz

Quanti di voi provano a resistere ma finiscono col cedere all’impellente bisogno di abbandonarsi al sublime fascino della malinconia decadente? Indiscussi maestri di questo imperituro ciclo delle spirito umano sono i Baustelle che hanno scritto ufficialmente la parola “fine” all’estate 2017 sul palco dell’Alcatraz di Milano per recuperare il concerto inizialmente previsto al Carroponte, annullato per maltempo.

Bianconi, Bastreghi, Brasini e compagni hanno chiamato a raccolta il loro pubblico per la celebrazione di un rito pagano in cui amore e violenza sono stati assunti al ruolo di divinità aleatorie.

Forti della loro impattante presenza scenica, stilosi e cinematografici al punto giusto, i Baustelle hanno voluto percorrere un viaggio completo all’interno del proprio personalissimo percorso artistico. Tanto, ovviamente, lo spazio concesso al loro ultimo album di inediti, intitolato per l’appunto “L’amore e la violenza” che è riuscito ad intersecarsi tra le pietre miliari della vita discografica dei Baustelle.

Video: Amanda Lear

Che siano snob o semplicemente dandy, noiosi o pessimisti cosmici, come scherzosamente ha spiegato lo stesso Francesco Bianconi al suo fedele pubblico, i Baustelle rappresentano un punto di riferimento per tutta quella scena cantautorale che nel tempo ha saputo trovare una cifra stilistica in grado di reggere il passaggio di testimone tra epoche contrastanti. L’ermetismo electro-pop, gli strumenti vintage, la cura artigianale per la scelta dei suoni e delle parole, quel piglio un po’ radicale, un po’ sornione sono le caratteristiche vincenti della band toscana. “Fanculo alla vostra allegria del cazzo” – declama Bianconi dal palco – “Sì, siamo tristi. Quando cantiamo le nostre canzoni, un velo di tristezza ci attraversa il cuore” – afferma. E menomale, diciamo noi. Chissà che noia stare due ore ad ascoltare il nulla, con i Baustelle invece è tutto diverso, le storie, i sentimenti, le suggestioni diventano un unicum con il suono creando una miscela ipnotica ma non atrofizzante.

Raffaella Sbrescia

La scaletta

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“La mia generazione”: intervista a Mauro Ermanno Giovanardi

La mia generazione -Giovanardi

La mia generazione -Giovanardi

Tre anni per portare a termine un lavoro intriso di rispetto e amore. Tre anni per farsi carico del recupero e della valorizzazione di una parte importante del nostro patrimonio musicale. Tre anni per arrivare a “La mia generazione”, il nuovo album di Mauro Ermanno Giovanardi, in uscita oggi per Warner Music Italy.

Questo disco racchiude una nobile intenzione, quella di omaggiare un decennio ricco di nuovi stimoli, di fluttuanti idee musicali, artistiche e culturali. Un’ epoca in cui tanti gruppi italiani si sono sdoganati dalla lingua inglese per avvicinarsi al pubblico raccontandogli delle storie da condividere.

In questo disco Giovanardi ripercorre, evitando qualunque accenno nostalgico a quei tempi e con l’aiuto di ottimi musicisti (tra cui Davide Rossi), alcuni brani storici di Afterhours, Marlene Kunz, Subsonica, Neffa, Casinò Royale e tanti altri, accompagnandosi anche ad alcuni protagonisti di quella stagione: Manuel Agnelli, Rachele Bastreghi, Emidio Clementi e Cristiano Godano e Samuel. Ognuno chiamato a interpretare un pezzo iconico della scena di quegli anni, in un gioco di specchi in cui nessun artista canta il proprio brano.

Intervista

Da dove nasce il desiderio di portare avanti questo tipo di operazione di stampo antropologico-culturale?

Fin dall’inizio avevo messo dei paletti ben precisi a questo progetto, uno di questi era scansare a tutti i costi ogni retorica del revival e della nostalgia. Ho scelto deliberatamente di invitare pochi ospiti perché non volevo che fosse un circo. Ho cercato di fare un’operazione onesta e soprattutto umile e rispettosa. Come un attore con il copione mi sono messo a disposizione delle canzoni, volevo fare un omaggio serio ad un momento importantissimo della musica. Mi sono accorto che questo è il disco più difficile e pericoloso che abbia mai fatto.

Forse la genialità di questo progetto sta negli incroci e nella rivisitazione del tutto personale di ciascun brano

Sempre perseguendo l’obiettivo di non scivolare nel mood nostalgia, ho voluto far sì che ogni pezzo fosse riscritto per mano mia, era fondamentale farne delle versioni non delle cover. Se avessi voluto fare un disco di cover, ci avrei messo una settimana, ho voluto trovare il giusto equilibrio tra il rispetto nei confronti dello spirito originale dei brani e farne una versione mia che fosse credibile. Per essere più chiaro: rappare e cantare, cantare e salmodiare, cantare e declamare sono mestieri diversi. Per questa ragione mi sono dovuto inventare un modo altro di cantare.

Parliamo dello scambio umano che c’è stato in questo lavoro non solo con i tuoi musicisti ma anche con gli artisti che hanno preso parte al compimento di questo percorso.

Samuel, Manuel, Cristiano ed Emi li ho voluti perchè sono testimoni diretti di quella stagione, Rachele Bastreghi c’è perché volevamo fare un pezzo insieme da “Amen” e poi perché i Baustelle sono i figli diretti di questa scena musicale. L’idea di far cantare agli ospiti non il proprio pezzo bensì quello di altri, sta proprio a sottolineare l’umiltà che caratterizzava quel periodo musicale. Io Manuel, Samuel, Cristiano siamo passati tutti dalla grande famiglia Mescal per cui è stato facile coinvolgerli. Ho lasciato fuori un sacco di ospiti: da Raiz a Cristina Donà, Edda, Simone dei Virginiana Miller. La verità è che quando fai un disco così o fai un’enciclopedia della musica o fai delle scelte mirate. Di cuore avrei voluto invitare più amici ma questo avrebbe sminuito il disco e gli avrebbe dato un aria nostalgica che volevo evitare.

Il singolo attualmente in rotazione è “Baby Dull” in cui canti con Rachele. Con lei c’è grande chimica da sempre…

Assolutamente sì. A questo proposito vi racconto un aneddoto: nel ‘96 suonammo con i La Crus in un clubbino vicino Perugia. quella sera rilasciai un’intervista per una fanzine. Rachele in quell’occasione venne con una macchina fotografica subacquea che non funzionava spacciandosi per la fotografa della fanzine perché mi voleva conoscere a tutti i costi. Una cosa dolcissima che può rendervi l’idea della nostra amicizia.

Cosa significa cantare rock in italiano?

Ho ben presente lo sforzo del passaggio del cantare dall’inglese all’ italiano. Negli anni ’90 capimmo che era importante confrontarsi con la nostra lingua e farsi capire dal pubblico. Con la maturità ti rendi conto che in una canzone riuscita le tue esperienze diventano anche quelle di chi riesce ad immedesimarvisi. Fino a quel momento in Italia, a parte i Litfiba o alcuni gruppi degli anni ’80, sottobosco per appassionati molto elitario, tutto sembrava fermo. Poi di botto, è arrivata quella che io amo definire età dell’oro: ci sono state delle congiunzioni astrali pazzesche, le major che si sono accorte di questo fenomeno in 6-8 mesi, abbiamo avuto la possibilità di aver più esposizione con concerti che da 100 persone ne facevano 1000. Abbiamo quindi cominciato a raccontare le nostre storie cercando una via altra alla canzonetta, c’era voglia e necessità da parte del pubblico di cantare le cose nella propria lingua ma con un suono diverso.

Ha senso cantare rock in italiano oggi?

Ai ragazzi che dopo un concerto mi passano una loro demo, dico sempre che finchè si canta in inglese questa passione resterà sempre un hobby perché è fondamentale cantare nella propria lingua. Con l’esperienza ho scoperto che in Inghilterra interessa di più un gruppo italiano che canta in italiano invece di un gruppo italiano che canta in un inglese un po’ maccheronico; naturalmente ci sono sempre le eccezioni però a parte Elisa non mi viene in mente nessuno. Cantare in inglese è un po’ una scorciatoia, benchè uno possa avere una certa cultura, non avrà mai la capacità di cogliere le varie sfumature dei significati delle parole. A questo aggiungo che guardare negli occhi una persona che sta in prima fila e raccontargli una storia in italiano crea un’energia che va ben oltre la musica.

Mi piace pensare che tu voglia portare dal vivo questo progetto. Lo farai?

Assolutamente sì, anzi! Nel live metterò certamente qualche pezzo che non sono riuscito ad inserire nel disco. Poi stando in giro avrò anche la possibilità di invitare altri ospiti che hanno fatto parte di questa epoca. Venite a trovarci!

Raffaella Sbrescia

Mauro Ermanno Giovanardi incontrerà i fan in due appuntamenti:

22 settembre a  ROMA, Feltrinelli Via Appia h.18.00

25 settembre MILANO, Feltrinelli Piazza Piemonte h. 18.30

 Ascolta qui l’album:

 

 

L’elogio dell’errore: l’esordio musicale di Pietro Saino

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“L’elogio dell’errore” è l’esordio discografico del cantautore milanese Pietro Saino. Conosciuto come autore per “Buona la prima”, programma con Ale e Franz, “Colorado” e “Zelig”. Pietro Saino negli anni si è cimentato in molte esperienze professionali che lo hanno portato ad approfondire la curiosità che nutre nei confronti dell’interiorità umana e della creatività: docente per tre anni in un istituto Enaip, curatore della rassegna Cinematografica dell’azienda Ospedaliera di Legnano, Art Director per un accessorio di alta visibilità, aiuto regista, organizzatore di eventi roadshow, vicedirettore in un college inglese e Group Leader per ragazzi in vacanze studio all’estero, Pietro Saino si affaccia alla musica con un singolo che farà da apripista all’ album di prossima uscita “Canzoni sovrappensiero” – promosso da v(ERBA)volant ufficio stampa e distribuito dall’etichetta La Stanza Nascosta Records, con sede ad Alghero (SS) ma operativa sull’intero territorio nazionale unisce pop e funk alla vena cantautorale.

Nelle parole dell’autore il singolo è << un pezzo energico, festoso e “catartico” che celebra proprio l’errore (…) un monito ad accettarci nella nostra parte meno “vincente”, un vero atto di audacia, mostrandoci per quello che siamo e non per quello che vorremmo essere, come invece spesso accade sui social network>>. Così le volute stonature, appositamente inserite nella parte centrale dell’assolo e nel finale del pezzo, si fanno tributo all’imperfezione umana, troppo spesso scotomizzata, regalandoci-pur senza didascalismi-una preziosa lectio vitae sulla tolstoiana energia dell’errore.

Dal 15 settembre è  online anche il videoclip ufficiale del brano, per la regia di Miriam Gregorio.

Max Gazzè e Carmen Consoli insieme sul palco nell’ex Area Expo: quando il cantautorato diventa chimica

Un po’ come lo yin e lo yang del cantautorato italiano, Max Gazzè e Carmen Consoli sono saliti sul palco dell’Open Air Theatre dell’ ex Area Expo di Rho (Milano) per un mutuo scambio alchemico ad alto tasso emotivo. Riuniti sotto la pioggia in una sera di fine estate, i due cantautori si sono dapprima alternati in staffetta per mettere sul piatto i rispettivi migliori successi fino a fondersi in un vorticoso unicum di parole, note ed emozioni. Palpabile e illuminante la complicità mostrata da due artisti che con le loro canzoni hanno trovato il modo di entrare nella sostanza stessa dell’anima.

Video: Mille volte ancora

 

Che siano le ballate intrise di sentimento di Carmen Consoli o le brillanti poesie pop di Max Gazzè, il risultato è assimilabile alla sensazione di sentirsi in un contesto caldo e familiare. Una comfort zone del cuore in cui la contaminazione si è trasformata in un valore aggiunto. Scusate il sentimentalismo facile ma, fidatevi quando vi si viene a raccontare di una serata fredda e bagnata, riscaldata da racconti senza tempo, da voci che accompagnano da un buon ventennio e che, malgrado il cambiamento del costume italiano, riescono ancora a fotografare la parte più intima e più vera del nostro sentire. Dalla litania sicula alla lirica di soffusi e curatissimi arrangiamenti passando per l’effluvio sensuale del basso fino a sfociare una dorata cascata irrorata di influenze anni ’80. Le controparti hanno saputo bilanciare i rispettivi punti di forza con intelligenza e lungimiranza e, in effetti, la scaletta finale ha saputo incontrare il gusto di un pubblico quanto mai vario.

Raffaella Sbrescia

Video: Carmen Consoli – L’ultimo bacio

Fred De Palma: “Hanglover è un flusso di coscienza in cui ho racchiuso tutto quello che mi piace”

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Due anni per mettersi alla prova, per sperimentare, per sorprendersi e per sorprendere. Fred De Palma torna in scena con “Hanglover”, un quarto album di inediti (Warner Music) per mettere a fuoco ricordi, nuove impressioni e altrettante influenze musicali. Una tracklist simile ad una compilation fluttuante tra generi musicali e tematiche disparate senza mai tralasciare l’attenzione al divertimento nella sua accezione più immediata. Per questo nuovo lavoro, Fred De Palma ha lavorato con Mace e Davide Ferrario (che hanno curato anche il suo album precedente “BoyFred”), Frenetik & Orang3, Zef, Mamakass, Takagi&Ketra e Freeso. Tra le collaborazioni presenti nell’album anche quelle con Madh, Low Low e Livio Cori, Achille Lauro, Cicco Sanchez, Samuel Heron e Giulia Jean. Un parterre di colleghi piuttosto variegato, a coronamento di un periodo di intensa ispirazione: «Questo album è il frutto di una ricerca di stampo personale. La tracklist racchiude una compilation di quello che più mi piace, anche all’interno del panorama musicale internazionale – racconta Fred De Palma». Si tratta di un lavoro caratterizzato da una forte componente di spontaneità, quasi il risultato di una sorta di flusso di coscienza: «Ho realizzato queste canzoni in modo nuovo per me. Ho sempre scritto i miei brani su carta, stavolta invece sono partito dai beats, mi sono divertito a viaggiare sulla traccia, sia a livello melodico che testuale, e mi sono ritrovato a registrare i brani direttamente a memoria. Credo proprio che adotterò questo sistema ancora per un po’» – ha raccontato Fred – aggiungendo: «Ho sempre amato improvvisare, penso che questo tipo di approccio alla musica, adottato da molti altri artisti nel mondo, possa diventare qualcosa di più articolato perché si sposa molto bene con le mie canzoni».

Video “Ora che”

Un ultimo doveroso focus va fatto proprio sui brani: slanci sentimentali creano un discontinuità tematica in grado di indurre l’ascoltatore ad incuriosirsi e a cercare di individuare connessioni ed eventuali riferimenti. Il tutto senza mai rinunciare ad esercizi di stile a regola d’arte: «Un po’ tutto l’album vuole essere una sorpresa, sia nel bene che nel male – spiega Fred De Palma – l’insieme della tracklist intende raffigurare una sorta di risveglio dopo una lunga festa. Ho cercato di ricordare quello che mi è successo e, tra le varie tematiche, ho scelto di dedicare spazio al mio “periodo rosa” anche se “Il mio game” è il rap ed è sempre quello che mi appassiona di più».

 Raffaella Sbrescia

Questa la track list: 1.Hanglover; 2.Love King; 3. Un’altra notte feat Giulia Jean; 4. Adiòs; 5. Goodnite feat. LowLow & Livio Cori; 6. Alabama; 7. Io no; 8. Il Cielo guarda te; 9. 5.30 feat Achille Lauro; 10. Niente da dire; 11. Ora che; 12. Almeno tu feat. Cicco Sanchez; 13.Non Tornare a casa; 14. Tu dimmi; 15. Il Mio Game feat. Samuel Heron; 16. Dyo; 17. Vuoi Ballare con me feat. Madh; 18. Voilà.

Dal giorno dell’uscita dell’album, Fred De Palma incontrerà i fan negli store delle principali città italiane. Di seguito gli appuntamenti:

15/9 Torino FELTRINELLI h.15.00 – Genova MONDADORI h.18.30
16/9 Varese MONDADORI h. 15.00 - Milano MONDADORI Duomo h. 18.00
17/9 Brescia MONDADORI h. 15.00 – Verona FELTRINELLI h. 18.30
18/9 Firenze GALLERIA DEL DISCO h.15.00 - Lucca SKY STONE h. 18.30
19/9 Bologna MONDADORI h. 15.00 – Padova MONDADORI h. 18.30
20/9 Latina FELTRINELLI h.15.00 - Roma DISCOTECA LAZIALE h.18.00
21/9 Salerno FELTRINELLI h. 15.00 - Napoli FELTRINELLI h. 18.30
22/9 Bari FELTRINELLI h. 15.00 - Lecce FELTRINELLI h.18.30

23/9 MEDIA WORLD – cc Fiordaliso – Rozzano (MI)

Ascolta qui l’album:

Intervista a Il Cile: “Cerco di lasciare emozioni che durano nel tempo”

Il Cile - La Fate Facile

Il Cile – La Fate Facile

Lorenzo Cilembrini, in arte Il Cile, torna sulla scena musicale italiana con “La Fate Facile” (Universal Music). Il terzo album in studio del cantautore è un lavoro veramente pieno: di emozioni, di ricordi, di dolore, di amore ma soprattutto di verità. Lorenzo si mette a nudo come pochi hanno il coraggio di fare. Nelle sue canzoni c’è tutto il suo mondo, i pensieri più angoscianti e quelli più dolci si alternano in dieci tracce così intime e così profonde che viene spontaneo chiedersi se una società così superficiale come quella che ci circonda saprà essere in grado di meritarsi una simile purezza di spirito.

Intervista

Fare delle domande rispetto a un progetto così intimo da parte di un estraneo significa entrare nella dimensione intima di un artista. Come ti sei sentito a buttare giù dei concetti così forti e così importanti?

L’ho fatto per me stesso e per tutte quelle persone che si ritrovano in quello che scrivo. Infine l’ho fatto perché ritengo che questa sia la mia rappresentazione artistica più completa. Gli alti e i bassi fanno parte della vita di tutti e sapere che a volte una canzone molto cruda riesce ad aiutare qualcuno a non sentirsi solo e a non sentirsi anomalo, è una grande soddisfazione per chi fa il mio mestiere.

A cosa si riferisce il titolo “La fate facile”?

Questa è una cosa nata a seguito del grande successo riscontrato con il brano “Maria Salvador” insieme a J-Ax. In quell’occasione mi hanno conosciuto persone che non avevano idea di chi fossi, famiglie con bambini mi fermavano per chiedere una foto o per fare un saluto al figlio. Tutto questo è bellissimo però la mia carriera è anche “Il Cile”, non  sono solo un collaboratore. Questa cosa, vista dall’esterno, spesso viene sottovalutata perché si pensa che questo lavoro sia solo successo e autocelebrazione. In realtà tutto quello che si conquista in una carriera, lo si deve conquistare anche a livello personale e io, in questo, ho avuto difficoltà. Ho sempre cantato me stesso e quello che vivo, prendendo in considerazione tutti gli aspetti che questo comporta. La verità a lungo termine paga, gli artisti che ho più amato nella mia vita sono proprio quelli che si sono sempre dati in pasto al pubblico e che hanno sempre cantato della loro vita privata regalando emozioni che durano nel tempo. Ecco, questo è l’obiettivo di questo disco: cercare di lasciare emozioni che durano nel tempo.

Ad oggi è come se tu avessi superato diversi step, come stai tu aldilà dell’uscita del disco?

Sono teso perché l’uscita del disco porta sempre tensione, com’è naturale che sia dopo tre anni di lavoro e di fatiche. Sono una persona che ha accettato di avere dei problemi e ha deciso di affrontarli facendosi anche aiutare. Voglio riprendere in mano la mia vita, la mia carriera e la mia arte. Ho sempre suonato e cantato cercando di lasciare un segno. Lo faccio per il mio pubblico ma anche come terapia. Solo con la scrittura riesco ad esorcizzare le dinamiche più spigolose della mia vita; sarà per questo che non ho avuto paura a denudarmi in tutti i sensi.

Come hai trovato la forza di raccontare delle cose così forti a tutti?

Credo che questo sia un istinto di sopravvivenza insito nella mia natura. Anche l’autodistruttività, che mi porto dietro dall’adolescenza, ha sempre trovato un freno nel momento in cui mi rendevo che conto che rischiavo di compromettere la cosa più importante per me, ovvero scrivere canzoni.

Come hai lavorato alla costruzione degli arrangiamenti di questo album?

C’è stato un grande lavoro da parte di Fabrizio Barbacci, alla terza prova discografica con me. Anche lui ha affrontato momenti non facili, quando non riesci a chiudere un disco e ci devi continuamente mettere mano, vuol dire che qualcosa va bilanciato. L’obiettivo era cercare di fare qualcosa di più originale rispetto agli arrangiamenti canonici e fare in modo da risaltare la forza lirica delle parole. Ci sono stati vari tentativi e in questo caso il sudore e l’impegno ci hanno aiutato a realizzare il disco che volevamo fare. Il resto sarà il pubblico a deciderlo.

Video: “Era bellissimo”

“Mamma ho riperso l’aereo” è un brano dissacrante ma geniale e costruttivo al contempo. Come ci sei arrivato?

Per permettermi di toccare un mostro sacro come Rino Gaetano, ho pensato che me lo potevo permettere visto che è tra i tre artisti che mi hanno segnato nella vita. Il nero del cielo di cui parlo in questo brano, non è un nero negativo, è il nero dei tablet e dei cellulari che sono diventati un prolungamento delle nostre mani e che in molti casi hanno sostituito la vita reale. La società non sta aiutando le persone a migliorare se stesse, anzi!  Per non parlare di come il modo di comunicare tra le persone abbia perso ogni pudore, la gente si sente autorizzata a dire qualunque cosa, c’è la convinzione che tutto sia concesso, che tutto si possa criticare. Io credo che rendere più barbaro il rapporto tra le persone per sfogare in modo becero la propria repressione sia una sconfitta della società. Mi auguro che prima o poi si ponga un limite a questa degenerazione. Viste le condizioni socio-politico-culturali che ci circondano, c’è bisogno di aiuto per tutti.

Parlando di intensità di sentimenti c’è il brano “Qui per te” in cui metti su nero la forza di un sentimento puro.

Questo brano fa parte di quelli che si sono sbloccati con il trasferimento a Milano, una canzone in cui cerco di far capire ad una persona che la mia presenza, anche nei momenti di lontananza c’è sempre stata e forse sempre ci sarà sotto qualche aspetto. Si tratta di un atto d’amore, l’amore nella musica ha un senso che accompagna gli slanci artistici più intimi, profondi e delicati. Non mi sono mai vergognato di essere così esplicito e plateale, crudo e realista. Sento che quello che scrivo è vero, autentico; non me ne devo vergognare.

A questo proposito, cosa ti dicono i fans?

Loro hanno sempre empatizzato molto verso i miei lati testuali. Molte persone mi hanno ringraziato per averli aiutati a lavare via il dolore causato da momenti difficili della propria vita. Molti hanno capito che io non sono solo un cuore spezzato ma c’è tanto altro che cerco di esprimere per lasciare una mia impronta artistica che duri nel tempo.Quando mi cercano e mi scrivono, capisco che qualcosa di buono lo sto facendo.

Il Cile

Il Cile

Come si sente Lorenzo sul palco?

Sicuramente mi sento più a mio agio che in altre situazioni più tecniche come le conferenze e tutto il resto. Rimango una persona timida ma sul palco ho sempre avuto un’altra visione della mia stessa vita. Nel privato sono così per tante cose successe dalla mia infanzia ad oggi ma quando devo affrontare uno spettacolo per persone che fanno il sacrificio di pagare un biglietto per ascoltarmi, lì mi piace lasciare un segno per lasciarli tornare a casa soddisfatti e fargli venire voglia di tornare.

Visto che vuoi lasciare segni nella vita degli altri, quali sono i segni che stai disegnando tu sulla tua tela della vita?

Desidero lasciare un bel ricordo musicale di me stesso e arrivare a più persone possibili. Questo è quello che sogno e che mi impegnerò a fare. Ho ripreso in mano la mia vita con un’altra ottica e ho capito che tutti i sacrifici che ho fatto che portare a termine questo lavoro, non solo erano necessari ma li rifarei tutti da zero per arrivare a un pubblico sempre più preso da quello che faccio e non di passaggio.

 Raffaella Sbrescia

Ascolta qui l’album:

Fabrizio Moro live al Carroponte: un sorprendente equilibrio tra tormento e serenità

Fabrizio Moro live @ Carroponte - Pace tour

Fabrizio Moro live @ Carroponte – Pace tour

Fabrizio Moro fa parte di quella tipologia di artisti a cui ti capita di legarti in modo assolutamente spontaneo e naturale. Il motivo di questa affermazione è semplice: le sue canzoni mettono insieme le coordinate della vita di ciascuno di noi. Nello scrivere di sé e nello scacciare i propri demoni, Fabrizio lo fa in modo universale così che, come all’interno di un processo di osmosi, possa accadere che ad un suo concerto ci si possa sentire parte di un tutt’uno.

Questo è quanto, ad esempio, è accaduto durante il concerto che il cantautore ha tenuto al Carroponte di Sesto San Giovanni lo scorso 6 settembre per due ore di raccoglimento, condivisione e compartecipazione.

Fabrizio Moro appare sereno, pieno di vita e di energia, domina il palco come di consueto sì, ma il suo sguardo brilla di una luce nuova e la sua voce graffiata si rimpolpa di autentica emozione ad ogni inizio di canzone. A coadiuvarlo una band obiettivamente preparata, fatta di gente che conosce il suono e ama costruirlo. Belle davvero le intelaiature rock messe su per questo tour che, in effetti, ha riscontrato ottimi feedback un po’ in tutta Italia.

Video: “Portami via” @ Carroponte

Non si tratta di rinnovata consapevolezza o di maturità artistica, bensì di serenità. Il tormento rimane sicuramente una componente importante del repertorio di Moro ma i contenuti del suo ultimo album di inediti “Pace”, frutto della sua appagante esperienza di padre, conferiscono un delicato equilibro ad una scaletta lunga, varia e godibile.  Tra i momenti migliori del concerto segnaliamo: “Pace” (che non ho), “La felicità”, “Giocattoli”, “Sono anni che ti aspetto”, la bellissima versione acustica di “Un’altra vita” e “Parole, rumori giorni”.

Fabrizio Moro live @ Carroponte - Pace tour

Fabrizio Moro live @ Carroponte – Pace tour

Fabrizio Moro c’è e il suo cuore è vivo e pulsante come non mai. Immaginare il pubblico godere di questa linfa vitale e creativa, darà quasi l’impressione di un’immagine parassitaria, invece no, tutto questo è il fermo immagine di uno scambio schietto, autentico e sincero.

Raffaella Sbrescia

I Soul System presentano “Back to the future”: un primo album pieno di contagiosa energia

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Hanno voglia di raccontarsi, di ballare, di stare insieme e di contagiarci con la loro irrefrenabile energia. Loro sono i Soul System che, dopo aver vinto l’ultima edizione di X Factor, compiono il primo vero passo ufficiale all’interno della discografia italiana con “Back to the Future”  (Sony Music), un album che straborda di influenze musicali: si passa dal funk, al soul, all’hip hop, alla dance anni ’90, alla reggaeton che tanto spopola negli ultimi tempi. Il “ritorno al futuro” dei Soul System riprende le fila dei fasti passati con l’intento di donargli una veste fresca e coinvolgente, la stessa che da sempre questi ragazzi indossano con l’intento di divertirsi e far divertire.

Li avevamo lasciati, infatti, sul palco dei Magazzini Generali per una gustosa anteprima del tour estivo ancora in corso ed ecco come li ritroviamo: «Dai Magazzini Generali di Milano ad oggi ne abbiamo fatta di strada! Quel concerto per noi ha rappresentato uno dei primi assaggi di professionalità. Certamente avevamo tenuto altri concerti prima di allora ma, stare di fronte ad un pubblico pagante in attesa del nostro show, senza l’ausilio di tecnici e professionisti della tv, ci ha riempiti di adrenalina. Non è stato semplice ma abbiamo superato la prova del nove ed oggi siamo qui, pieni di voglia di lavorare e di far vedere cosa siamo capaci di fare».

Soul System @ Sony

Soul System @ Sony

Ed è proprio questo desiderio che traspare in “Back to the future” che pare rappresentare l’emblema di tutto l’excursus formativo della band: «Avevamo 25 brani a disposizione ma insieme al nostro producer Antonio Filippelli abbiamo scelto quelli che in qualche modo potessero rispecchiare in modo fruibile la nostra essenza. Ci siamo rifatti alle nostre influenze risalenti alla musica black americana ma anche a quella africana che ci ha insegnato a cantare, scrivere e suonare. Abbiamo accorpato tanti stili e tanti generi ma la nostra identità stilistica è quella che mettiamo in evidenza». Una scelta ragionata quella dei Soul System che hanno voluto optare per un primo passo prudente e non troppo rischioso: «Alcuni brani che sono rimasti fuori perché erano un po’ troppo avanti, spiegano i ragazzi della band, siamo molto attenti alla scena musicale contemporanea e ci rendiamo conto che, azzardare troppo all’inizio potrebbe risultare presuntuoso. Ci siamo fidati del nostro produttore che, come un allenatore, ci coordina per andare a segnare. Il suo è un ruolo fondamentale perché riesce a tirare fuori il nostro meglio senza mai snaturarci. Quello che ci interessa adesso è evolverci, muoverci gradualmente verso il gusto del pubblico e trovare un percorso artistico da seguire».

Video: i Soul System presentano “Back to the future”

Compatti, energici e realmente legati da un affetto reciproco i Soul System raccontano con entusiasmo del loro primo tour estivo e delle inaspettate reazioni enstusiastiche dei loro fan; in attesa della conclusione di questo percorso on the road, la loro mente viaggia già verso l’allestimento del tour invernale: «Ci aspettano Iseo, Verona, Imola e Palinuro poi faremo un bel po’ di instore e solo allora ci fermeremo un attimo per fare il punto e ripartire». Infine un doveroso approfondimento al messaggio socio-culturale che Soul System intendono diffondere: «Uno dei brani di questo disco, nonché prossimo singolo in uscita il prossimo 15 settembre, è “Whiteniggas”. All’interno di questa canzone esprimiamo un concetto ampio che racchiude il nostro modo di pensare e di concepire la vita e la società aldilà del colore della pelle o dell’estrazione sociale. Per noi è importante che questo messaggio arrivi diretto: i Soul System considerano la diversità una risorsa e non un limite».

Raffaella Sbrescia

 

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