Umbria Jazz: giorno quattro. Il trionfo delle signore con Ladies e Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 - Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 – Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz quarto giorno. Giornata relativamente poco “impegnativa”, quella di ieri a Perugia, a causa della cancellazione del concerto previsto per la mezzanotte al teatro Morlacchi che avrebbe visto la partecipazione della Lydian Sound Orchestra in “Sempre Monk”, omaggio reso a Thelonious Monk, nel centenario della nascita.

Giornata comunque importante, perché ha visto il “trionfo” del jazz in rosa.

Due eventi a succedersi sul palco dell’Arena Santa Giuliana, di altissimo livello: Ladies e Dee Dee Bridgewater in “Memphis”.

Il Jazz, ad eccezione delle “voci”, è sempre stato considerato un territorio “maschile”. Di donne al sax, al contrabbasso, al clarinetto o alla tromba, al trombone se ne sono viste poche nel corso della storia del jazz. Diverso il discorso per le pianiste, ma il pianoforte è uno strumento che fa corpo e storia a sè.

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Ladies , con la sua manifesta volontà di interpretare al femminile un territorio “maschio” per definizione, presenta una formazione di talentuose “soliste”, internazionali e “cosmopolite” che, con un vigore che nulla ha da invidiare ai colleghi uomini, ma una grazia ed un’eleganza tanto “fisica”, quanto musicale che molti colleghi uomini potrebbero loro invidiare, offrono nell’arco di un’oretta e mezza un repertorio di classici originalmente e laboriosamente arrangiati e reinterpretati, attirando l’attenzione del pubblico della Santa Giuliana e strappando non pochi applausi a “scena aperta”. Un progetto impegnativo, anche perché le “Signore in Jazz” non indulgono in superficialità, sono molto “serie” e tecnicamente preparatissime, e rappresentano sicuramente una gradita sorpresa che speriamo sia precorritrice di altre iniziative del genere. Un sax tra le mani di una donna vestita in rosso, ha già suonato, ancor prima che ci si soffi dentro.
Una menzione meritata quindi per le componenti del gruppo:
Renée Rosnes al pianoforte, Nariko Ueda al contrabbasso, Allison Miller alla batteria, Ingrid Jensen alla tromba, Anat Cohen al clarinetto, Melissa Aldana al sax, e la meravigliosa voce di Cécile McLarin Salvant.

A seguire, ed attesissima, Dee dee Bridgewaters e la sua band, rigorosamente nera, rigorosamente “classica”, che sembra uscita da un documentario anni ’40, con tanto di coriste formose, pianista eccentrico, coreografia da grande blues.

Dee Dee Bridgewaters si esibì all’Umbria Jazz alla prima edizione, quella del 1973. E da allora è spesso tornata a calcarne le scene, sempre accolta con una familiarità ed un calore che si riservano a chi viene considerato “di casa”.

Umbria Jazz 2017 - Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 – Dee Dee Bridgewater

La quasi settantenne voce graffiante ed elegante del jazz, erede di Billy Holiday, di cui si rende magistrale interprete, vincitrice di Sanremo, insieme ai Pooh, ambasciatrice della FAO, dedica la sua esibizione alla musica di Memphis, e, senza risparmiarsi, coinvolge un’arena, appena reduce da un ascolto quasi ipnotico, in un vortice di energia, battiti di mani, lunghi discorsi perfettamente comprensibili anche da chi, come me, di inglese mastica poco, duetti entusiasmanti, blues & soul come se non ci fosse un domani. E, difatti, supera abbondantemente gli orari cui l’Arena è abituata, protraendo fino a ben oltre la mezzanotte il suo spettacolo, con un pubblico adorante raccolto sotto il palco a farle festa. Che forse di strumentiste il jazz nel corso della storia ne ha viste poche, ma le voci restano un ambito privilegiatamente femminile.

Un concerto di quelli che si ricordano.

R.G.

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Umbria Jazz 2017 - Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 – Dee Dee Bridgewater

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

Umbria Jazz 2017 - Ladies

Umbria Jazz 2017 – Ladies

 

 

Umbria Jazz 2017: Marcotulli, Paoli, Fresu, Sangiorgi, Ottolini e tanto cuore on stage

Umbria Jazz 2017 - Rita Marcotulli

Umbria Jazz 2017 – Rita Marcotulli

Perugia giorno terzo. Piena di eventi da seguire questo Umbria Jazz. Tanti, tantissimi, e tutti interessanti. Però, per forza di cose, e con molto rammarico, bisogna essere selettivi. Nei fine settimana Perugia è affollata assai durante il Festival. Tanti i giovani, tanti gli stranieri. Molte le cose da fare e da vedere, anche in quell’ala cittadina che dalla manifestazione resta tagliata fuori, e che “nasconde” preziosi tesori artistici di valore inestimabile. Merito del festival è anche questo: dare stimolo alle numerose persone che qui affluiscono, a visitare una porzione tra le più ricche del patrimonio artistico nazionale, che spesso viene messa in secondo piano, tanto ne abbiamo qui in Italia.

Ma torniamo alla rassegna. Imperdibile, alle 17 al teatro Morlacchi, “Around Gershwin”, l’esibizione del trio Tommaso, Marcotulli, Paternesi.

La sala è gremita, nonostante alle cinque del pomeriggio il clima sia “proibitivo”. E l’occasione è sicuramente ghiotta. Perché vede riuniti due degli esponenti più autorevoli della musica jazz italiana, e un batterista di indiscutibile talento.

Il concerto è preceduto dalla premiazione di Rita Marcotulli, cui viene riconosciuto il titolo di Ambasciatore della cultura Italiana nel mondo. Ed un bellissimo premio: un piatto in maiolica di notevoli dimensioni, un’opera d’arte.
Eh, sì, perché poco distante da qui abbiamo Deruta, e una delle produzioni di maioliche artistiche più importanti d’Italia. E quindi, oggi come un tempo, i riconoscimenti vengono accompagnati da cotante dediche, omaggio alla tradizione artigianale di un territorio.

Umbria Jazz 2017

La struttura del concerto è impegnativa, ed alterna l’interpretazione di alcuni celebri “standard” con l’esecuzione di composizioni partorite dalla penna di Giovanni Tommaso, personaggio fondamentale nell’identità peculiare del Jazz Italiano. Curriculum lunghissimo, a partire dalla fine degli anni ’50, e estremamente articolato. Dai ruoli “istituzionali”, ai grandi palchi internazionali, alle navi da crociera, alle etichette discografiche. Insomma, una “cariatide”, e non tanto per l’età, che non dimostra, ma per il ruolo portante nel panorama jazzistico nazionale. Le dita gentili e precise, quasi chirurgiche, di Rita Marcotulli volano sulla tastiera, intrecciando “ghirlande” sulla struttura maschia e portante del contrabbasso. Il tutto vigorosamente ed intensamente supportato dalla batteria di Alessandro Paternesi. Una rivisitazione personale di Gershwin, le cui composizioni rappresentano un punto di partenza per un’articolata produzione artistica di indiscutibile originalità.

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Alle 21, in Arena Santa Giuliana, ci aspetta l’evento “Tenco, i Cantautori Italiani ed il Jazz”. Questo vuole essere il nesso con la manifestazione: i cantautori ed il Jazz. E Tenco. Perché Tenco? Perché Tenco, oltre ad essere Tenco, l’icona della canzone d’autore in Italia, era anche un saxofonista intraprendente. Sue le esecuzioni al sax nei brani originali. E perché Tenco ha ispirato tutto un cantautorato molto sensibile allo spirito “contaminatorio” del jazz. Un nome su tutti, Francesco Guccini ed i jazzisti con cui per trent’anni si è accompagnato, cui ha affidato gli arrangiamenti delle sua canzoni, e cui deve, sicuramente, la fortuna della sua produzione, così armonicamente interessante, oltre i testi, tra i più belli ed intensi della musica Italiana.

L’incipit introduttivo viene affidato a Danilo Rea, che, al piano, accenna vari brani noti al pubblico, numeroso e “variegato”. “Io che amo solo te”, “Ritornerai”, “Il Pescatore” di De André, “Bocca di Rosa”. Di Tenco c’è poco in questa prima trance del concerto, e poco c’è nelle esecuzioni di Gino Paoli, che con Rea ha realizzato un lavoro sulla propria produzione, e che espone nell’arco di una quarantina di minuti, alcuni dei suoi brani più famosi. Voce e piano e nulla più. A fare il suo ingresso, su “il cielo in una stanza” e l’ironica battuta di Paoli “sono il solo superstite di quella generazione”, un visibilmente emozionato e commosso  Giuliano Sangiorgi. Cui non manca certo la celebrità, ma evidentemente il palco di Umbria Jazz è talmente prestigioso da emozionare anche tutti. Il riconoscimento di “manifestazione di interesse nazionale”, ci pare proprio il minimo sindacale, ben oltre le polemiche spesso veramente di bassa lega dei giorni scorsi.

E arriva sul palco anche Fresu, di bianco vestito, parte integrante e “motivante” di questo progetto sul cantautorato e su Tenco. Abbiamo ascoltato spesso Fresu, ma mai come quest’anno a Perugia lo abbiamo trovato fresco, energico e motivato. A riprova del fatto che sta attraversando un ottimo periodo di espressione artistica e motivazione personale. E non possiamo che essere compiaciuti e felici.

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Al cambio di testimone, Sangiorgi esordisce con un’intensa interpretazione di “Tu si’ ‘na cosa grande pe’ me”, che sicuramente sente vicina anche per un fatto di identità territoriale. E bisogna dire che la cosa ha una sua indiscutibile efficacia. L’omaggio a Modugno prosegue con “Cosa sono le nuvole”, per poi dirigersi verso Endrigo (“Io che amo solo te”), De André (“Amore che vieni, amore che vai”), Dalla (“Felicità”) e infine Lucio Battisti, che raramente viene rievocato in simili “omaggi”, ma non per disinteresse o scarsa sensibilità: ci sono problemi “tecnici”. Ed è un peccato, perché sicuramente, soprattutto nell’ultima fase della sua produzione, quella più complessa, verso il jazz era orientato, ed oggi potrebbe rappresentare una vera “miniera” d’ispirazione. Però ci fa piacere ascoltarlo dalla voce del frontman dei Negramaro, in “E penso a te”.

Un piccolissimo omaggio a se stesso, e ci sembra giusto, dopo essersi tanto intensamente e commossamente speso, con Fresu che lo accompagna da par suo in “Solo per te”, ed altro cambio di testimone, passato questa volta a Gaetano Curreri, che rievoca in forma “manieristica” Dalla, accostandoci anche De André, e sempre con questa caratteristica distinguerà i suoi interventi nel corso della serata, arrivando a “dallizzare” anche Vasco, con l’esecuzione del brano (scritto a quattro mani), “Dimmi che non vuoi morire”. Che però, forse, è un poco prematuro voler stravolgere, perché, che piaccia o no, la sua la dice bene alla maniera sua.

Venti minuti per il cambio palco, e la serata offre nuovamente intense e frizzanti emozioni. Sì, perché entra in scena il genio di Mauro Ottolini, della sua Band e la struttura imponente dell’orchestra da camera di Perugia. Ottolini è un genio, e le cose che propone sono sempre provocatorie, ma in maniera divertente, ironica e mai offensiva. Lo scorso anno presentò un lavoro interessantissimo su Buster Keaton, e quest’anno, con l’estro che lo contraddistingue, ed il suo scherzoso modo di “alleggerire”, strutturando, ripropone (finalmente, visto che la serata è a lui dedicata), Tenco. E lo fa ricordando che Tenco fu un ironico ed un provocatore, non solamente un intenso melodico romantico. Confessa di averlo praticato poco, e proprio per questo di averlo voluto conoscere e studiare a fondo. E, quando Ottolini approfondisce, lo fa con cattedratica serietà e sistema scientifico.
Ci mette dentro di tutto, dal Rap, alla lirica, allo Swing, al musical, alle arie arabeggianti, con cervello e cuore, ed ottiene un risultato di qualità eccellente, senza possibilità di eccezione. Alla fine della serata, possiamo dire che quello che più ci ha coinvolto, fermo restando l’alto livello qualitativo, sono stati proprio lo “Show” di Ottolini ed i suoi compagni di avventura, (e Fresu, anche qui, dice la sua), e l’intensa emozione autentica di Sangiorgi. Che qualche volta con la voce non ce l’ha fatta, ma ha ampiamente sopperito con il cuore.

Un’altra bellissima esperienza, grazie ad Umbria Jazz.

R.G.

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Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

 

 

S.P.O.T (Senza perdere ‘o tiempo) di Giovanni Block: quando il cantautorato è artigianato di qualità

Giovanni Block ph Sabrina Cirillo

Giovanni Block ph Sabrina Cirillo

Con imperdonabile ritardo ma con encomiabile entusiasmo vi presento S.P.O.T (Senza perdere ‘o tiempo) di Giovanni Block. Figlio dell’arte compositiva, immaginifico/letteraria di questo sorprendente cantautore, l’album rappresenta una boccata d’aria fresca per chi intende la musica come baluardo di artigianalità. Le 11 (10 più una) canzoni che compongono la tracklist del disco racchiudono i tratti somatici di un modo di intendere la vita, l’amore, il sogno, il dolore. Ironia, fatalismo, sagacia, disillusione, romanticismo convivono nell’anima, nella voce e negli strumenti di Giovanni regalandoci una dolce sensazione di benessere e completezza. Il dialetto è il plus ultra, è la chiave di lettura di un modus vivendi veramente comprensibile solo a chi ha l’anima forgiata da una vita vissuta alle falde del Vesuvio.

L’album si apre con “‘O mare va truann’ ‘e forte”: il mare cerca i forti di cuore, di spirito, di braccia per lottare, per vivere e barcamenarsi con destrezza durante le tante tempeste a cui siamo esposti. Dio, prenditi le mani e dammi le ali, canta BLOCK, allora sì che sarebbe tutto più semplice. Accattivante e ben strutturata l’impalcatura ritmica basata su un tipo di chitarrismo professionale e sapientemente calibrato. L’ascolto prosegue con “Tiempo ‘e viento”, realizzata con Alessio Arena e Batà: il vento è patrigno, il tempo è arcigno e indifferente al rovente ritmo latino che soffia dal sud del mondo. Si va avanti con “Sule” la ballad, riproposta più avanti in una versione con Epo, vince per il fascino regalatole dai versi blues di una chitarra che parla chiaro: guardare in faccia la gente ci rende nudi, ci spoglia, mostra la nostra paura di vivere e di parlare. Scarti di paradiso, soli tra soli, siamo destinati a sopravvivere a noi stessi.

Geniale, viscerale, irriverente è “Adda venì baffone”: attesa e invocazione di un riscatto esistenziale. Il brano è figlio della scuola di Pino Daniele; un blues rugginoso, scomodo, autentico, sporco di organico.  Struggente e dolorosa la trama di “E va fernì semp accussì”: un uomo è solo sul suo letto, sordo al mondo se non a un amore non corrisposto; il ritratto dell’infelicità. Si arriva poi al rendiconto professione con “Dint all’underground”: una vita vissuta in mezzo al sound, con la vera passione per la musica nelle vene, con l’adrenalina e la consapevolezza di avere gli strumenti e i compagni di viaggio giusti per costruire qualcosa che prenderà tutte le proprie energie ma che sarà valsa la pena aver prodotto. Bella la collaborazione con Francesco Di Bella in “Senza dicere niente”, più bella e più intensa quella con la bravissima Flo in “Core mio”: due anime cantano un stream of consciousness dal messaggio preciso ed inequivocabile: lascia la paura, scendi dalla croce che ti sei costruito. Immancabile il rimando alla tradizione antica con la tammurriata di “Storia di un antico tradimento”. Onirico il finale con “Palomme ‘e notte”: una serenata fresca e gentile, un inatteso massaggio alla nostra anima tormentata.

Raffaella Sbrescia

Ascolta qui l’album;

Umbria Jazz 2017: a spasso con Lettuce, Jamie Cullum, Paolo Fresu e Uri Caine

Umbria Jazz 2017- Jamie Cullum

Umbria Jazz 2017- Jamie Cullum

Secondo giorno perugino. Sono di scena molti eventi degni di menzione. C’è da dire che lo sono quasi tutti, in questa festosa manifestazione, che proprio di recente si è visto riconosciuto dalla Camera il diritto al sostegno, in quanto “festival di interesse nazionale”. Con tardiva attenzione, sosteniamo noi, ma tant’è, l’importante è arrivarci. Alle 17 al teatro Morlacchi, Cristiana Pegoraro e Danilo Rea Duo. Due pianisti con diverse ma altrettanto intense sensibilità artistiche ed interpretative, alle prese con un variegato repertorio che spazia dalla musica classica Barocca al jazz più tecnico, dalle melodie partenopee al tango argentino. A riprova del fatto che dove c’è talento e capacità tecnica, le barriere di “genere” si polverizzano, ed il dialogo diventa forza espressiva.

L’appuntamento in Arena santa Giuliana è con due eventi musicali di forte impatto qualitativo: I Lettuce e Jamie Cullum.

I Lettuce, band formatasi a Boston nel 1992, esponente del funky più tecnico e raffinato, che si esibisce in un intenso e ritmico concerto, caratterizzato per lo più da cadenze riff elaborate a maglie molto strette e nucleo centrale dei singoli brani. Importante il sostegno dato dalla batteria e dal basso elettrico, vigorosi ed “ordinati” i fiati. Nell’insieme qualcosa di sicuramente molto buono, destinato prevalentemente ad un pubblico appassionato del genere.

E’ poi la volta di Jamie Cullum, e la musica cambia completamente aspetto.

Artista britannico, pianista e compositore, nonché cantante di notevole caratura, Cullum inizia la sua carriera molto giovane. a soli 20 anni incide il suo primo disco. 500 copie che oggi fanno parte delle “rarità da amatore”, ricercatissime dai collezionisti.
Ha poi lavorato ovunque. Dalle navi da crociera ai matrimoni, non disdegnando nulla di quanto di buono la musica praticata tra la gente può portare con sé. E sicuramente da artista “pop” è il suo approccio con il pubblico dell’Arena, già nel far comunicare che non avrà problemi di alcun genere ad essere fotografato e ripreso. E questo ben dispone le persone presenti, facendo crollare immediatamente quel velo quasi impalpabile ma fortemente “filtrante” che caratterizza sovente le esibizioni da un palco così fisicamente definito ed imponente.
Nessuna soggezione, quindi, e subito un “tuffo” tra la folla; un tuffo artistico, cui farà seguito, a fine concerto, un tuffo fisico che metterà non poco in difficoltà il personale della security, ma che costituirà un elemento di definitivo apprezzamento non solo musicale, ma soprattutto umano. Che non è poco per un artista che sicuramente ha da dire la sua in ambito jazz e blues, come dimostrerà durante l’articolata ed apprezzatissima performance.

Un insieme di brani tratti dal proprio repertorio discografico, interpretati da vero front man di lunga esperienza, con tanto di salti su e giù dal pianoforte, coinvolgimento fisico e somatico, grande valenza vocale, tante note strutturate e complesse da spendere, all’insegna della massima semplificazione d’impatto. Come a dire “sono complicati, questo blues e questo jazz, ma state tranquilli: con me vi arriveranno diretti al cuore”.

Un paio di cover di notevolissimo rispetto, tra cui “Blackbird” , subito riconosciuta ed applaudita calorosamente dalla platea, tanto entusiasmo e tanta qualità. E tantissima simpatia, come quando ferma gentilmente il battito di mano dell’arena, durante l’esecuzione del brano ” Don’t Stop The Music”, per dare vita ad un virtuosismo “gigionesco”, percuotendo vano armonico e corde del piano in un assolo che manda decisamente in delirio il pubblico. Insomma, generosità dispensata a piene mani, e con un calore assolutamente mediterraneo. Pubblico che sul finale si ammassa sotto il palco, felice di accogliere il caloroso Jamie tra sé, e tanto di “Happy Birthday” con cinque minuti di protagonismo per Barbara, che compie gli anni alla mezzanotte. Dedica presumibilmente richiesta, e affettuosamente assecondata.

Che dire? Che ne vorremmo tutti i giorni di esibizioni così.

Umbria Jazz 2017 - Paolo Fresu

Umbria Jazz 2017 – Paolo Fresu

Quindi è veramente con moltissimo rammarico che non attendiamo il bis, ma ci precipitiamo verso il Morlacchi, prima che la folla invada le scale mobili ospitate nella suggestiva Rocca Paolina (e questo è un altro punto a favore della manifestazione di Perugia: lo stupore per il bello, che ogni momento si rinnova), dove ci aspettano Paolo Fresu e Uri Caine, reduci dalla pubblicazione del loro terzo album in duo “Two Minuettos”, registrato a Milano al Teatro dell’Elfo dal vivo, durante tre serate tematiche dedicate una alla musica classica e barocca, una alla popmusic nazionale ed internazionale, ed una alle sonorità più ortodossamente songbook americane, definite “standard”. Un percorso gentilmente e signorilmente condotto da Fresu, come è nel suo stile che oramai ben conosciamo, e che tanto ce lo rendono gradito, mentre attraversa i vari generi codificati, passando con estrema agilità dall’uno all’altro, senza soluzione di continuità. Commovente l’omaggio a Lauzi e Mia Martini, reso tramite l’esecuzione di “Almeno tu nell’universo”, che termina con una nota trattenuta per oltre un minuto dall’eccellente Paolo, fino a quando proprio il fiato non regge più. C’è veramente da dire che la classe non è acqua, e l’eleganza è la caratteristica più peculiare di questo gentleman del Jazz italiano, sempre disponibile e sorridente. Una sorta di continuità, anche oggi come ieri, con quanto visto in Arena.

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Ma Perugia non è solo Arena e Morlacchi. E’ anche molto altro. E’, ad esempio, corso Vannucci, animato da artisti di strada dalle 11 del mattino, quando partono i Funk Off, storica band di Vicchio, capitanata da Dario Cecchini, quest’anno “Marxiano” nell’aspetto, dietro la foltissima barba bianca, a quando incappiamo in una piacevolissima mezz’ora di intrattenimento di cui si rende protagonista la band Accordi & Disaccordi. che propone, oltre ad un brano di Fred Buscaglione notissimo al pubblico, “Guarda che luna”, scaturito dalle corde più passionali e romantiche del rude Fred tornato Ferdinando, una bella contaminazione tra swing e opera, con la voce perfetta della mezzosoprano Chiara Osella calatissima nel ruolo di una Carmen ribelle, all’inseguimento del “L’oiseau” più celebre del mondo. Qualcosa di diverso, di piacevole, ed, anche qui, di estremamente accessibile.
Giro di cappello, e poco importa se dieci giorni prima eri con artisti di fama internazionale su un palco forse considerato da alcuni ben più prestigioso della strada.

Il bello di questa manifestazione resta il rapporto diretto con il pubblico, cui non si sottrae nessuno dei partecipanti. E questo è importante, un messaggio di forte significato, in un mondo che purtroppo, anche suo malgrado, per molti aspetti, diventa ogni giorno più diffidente nei confronti del prossimo.

R.G.

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Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

Umbria Jazz 2017

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Ritratti da Perugia. L’Umbria Jazz 2017 al via con Kraftwerk e Gianluca Petrella trio

Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

Per il terzo anno consecutivo siamo qui a Perugia per raccontare un evento storico della musica in Italia. l’Umbria Jazz è un Festival che ha una tradizione ultra quarantennale, e che, nel corso del tempo, ha assecondato le tendenze di ascolto, proponendo sempre eventi di altissima qualità, tanto musicale quanto “spettacolare”, senza scostarsi però sostanzialmente dalle sue origini, che affondano le radici nel Jazz. Un percorso al passo con i tempi, quello che dal 1973 ad oggi ha caratterizzato questa manifestazione, dall’esordio dei Wheather Report in Italia, all’esibizione di apertura di ieri sera dei precursori della Techno Music, i Kraftwerk all’Arena Santa Giuliana, per il solo concerto estivo previsto in Italia.
Nella location dedicata agli eventi di maggiore richiamo, dal rock al jazz, alla musica elettronica, al pop, il numeroso pubblico, dotato di occhialini 3D, ha potuto assistere a due ore abbondanti di spettacolo ipnotico e magico, tra immagini vissute dall’interno, e musica elettronica ad altissimo contenuto espressivo. Un’opera d’arte “totale”, sicuramente un’esperienza coinvolgente oltre l’ascolto “tout court”, come si deve ad un certo genere musicale che più di altri basa la propria efficacia su un abbandono senza preclusioni, e senza “concettualismi”. Anche se poi la musica dei Kraftwerk concettuale lo è, eccome. Ma l’impatto arriva efficace e “deflagrato”, non come un’esplosione ma come una pioggia di scintille, dopo l’esplosione. Probabilmente anche per l’effetto accattivante e coinvolgente del 3D. Autoprodotti e “rivoluzionari” per i loro traghettamenti elettronici e la sperimentazione musicale “robotica”, sicuramente sono stati i creatori della “colonna sonora” del 2000. Quando il 2000, nell’immaginario collettivo, era rappresentato da una immensa “odissea nello spazio”, e una terrificante “fuga da New York”.

Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

Suggestioni visive, fatte di sfondi creativi, ora “metallici”, ora “sintetici”, ora “algoritmici”, ora commoventi nella rievocazione storica in cui proiettano lo spettatore, in pieno Tour de France, o nel “melò retrò” della cinematografia degli anni 20.
Insomma, due ore e mezzo di musica dalla quale ci allontaniamo a fatica per raggiungere il Morlacchi. Dove un ottimo e sempre coinvolgente Gianluca Petrella in Trio dà vita ad una sessione musicale in linea con quanto già visto in arena. Note Jazz a profusione dall’ “imbuto” di un fiato vissuto con passionalità fisica, contaminate garbatamente con l’elettronica e con una ritmica e una sonorizzazione “new age”, ma sapientemente miscelate, a comporre nell’insieme un progetto molto gradevole. Sicuramente per padiglioni auricolari molto raffinati, e scevro della suggestione immaginifica dei Kraftwerk, ma comunque capace di far viaggiare l’ascoltatore in dimensioni che, pur partendo da “concettualismi”, traghettano in un mondo magico ed evanescente.

Umbria Jazz 2017 - Gianluca Petrella

Il tutto in una Perugia blindata, quest’anno. E lo stridere di queste barriere è forte. Perché la musica, almeno quella, non dovrebbe avere confini. Ma nella musica e nel suo potere assoluto crediamo. E se un futuro di contaminazione positiva potrà esserci, sarà nella dimensione sonora contaminativa. il Jazz per come nasce, appunto: che da sempre tenta di unire le persone e non e non di dividerle.

Quest’anno lo scenario della kermesse perugina si alimenta di tre anniversari speciali: la nascita di Thelonius Monk, di Ella Fitzgerald e Dizzy Gillepsie, cui verranno dedicati concerti appositi.

Altri personaggi omaggiati dal festival, Celia Cruz, George Gerswin il cantautorato italiano, tra cui Tenco, l’intramontabile e immenso Frank Zappa, il passionale Astor Piazzolla, e Gil Evans.

Vi terremo aggiornati quotidianamente da questo piccolo e modesto “diario di bordo di un mozzo da ponte”

R.G.

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Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

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Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk
Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 - Kraftwerk

Umbria Jazz 2017 – Kraftwerk

 

 

Coldplay live a Milano: la band di Chris Martin ci restituisce il sogno.

Coldplay live- San Siro foto di Francesco Prandoni

Coldplay live- San Siro foto di Francesco Prandoni

Sono passate più o meno 24 ore dal doppio appuntamento live dei Coldplay a Milano ma negli occhi e nel cuore di tutti coloro che hanno partecipato ai loro show di San Siro c’è ancora incanto. Perché? Forse perchè il grande merito di questa band è di averci restituito la possibilità di sognare. Rendere tangibile la fantasia non è cosa di poco conto in questo specifico periodo storico, lo avevamo capito a livello cinematografico con il film “La la land”, ne acquisiamo nuova consapevolezza oggi guardando la gioia ed il coinvolgimento delle persone che hanno scelto di riunirsi in nome dell’amore per la musica e della passione, per la vita certo, ma soprattutto per il sogno. Colori, luci, fuochi d’artificio, coriandoli, glitter, laser e stelle hanno illuminato il cielo di San Siro insieme ai coloratissimi braccialetti luminosi che ognuno di noi ha amato portare al polso per sentirsi parte di un tutt’uno. Vent’anni di carriera hanno dunque reso  Coldplay paladini dei nostri sogni e con il loro show assolutamente ricco, polposo, avulso da pause e artefatti hanno saputo pescare a piene mani dalla loro corposa discografia, tra hits e ballads che nel tempo si sono insediate nell’anima del pubblico più vario possibile. Assolutamente pop eppure innervati di energia rock e di fascino blues, Chris Martin e soci si sono mostrati in stato di grazia, sono riusciti ad essere credibili e coinvolgenti scegliendo le più disparate forme espressive dimostrando di potersi permettere tutto in qualunque momento.

Coldplay live- San Siro foto di Francesco Prandoni

Coldplay live- San Siro foto di Francesco Prandoni

Certo, il frontman rimane la punta di diamante del gruppo e lo è per i più svariati motivi. Tra tutti la sua dirompente energia e la sua straordinaria bravura: le sue performances sono autentiche e generose, Chris Martin non si risparmia mai da nessun punto di vista. Né musicalmente, né vocalmente, né personalmente. In continuo contatto diretto con il pubblico, il cantante trasmette gioia, pienezza, fierezza, sincerità, bellezza. Questo quindi è quello che vogliamo: esaltarci, sentirci attivamente parte di un avvenimento straordinario, riempire le voragini create dal vuoto che ci circonda, irrorarci la pelle con polvere di stelle, colorarci gli occhi con luci e fuochi, emozionarci nel sentire il cuore battere all’impazzata e non poter fare a meno di sentirci leggeri e trionfi di piacere.

Raffaella Sbrescia

Vasco Rossi: il suo Modena Park fa sognare questa generazione di sconvolti

Vasco Rossi - Modena Park Foto di Francesco Prandoni

Vasco Rossi – Modena Park Foto di Francesco Prandoni

Chiunque ne ha già scritto qualunque cosa. Quindi qual è il senso di aggiungere un pensiero in più in merito al concerto di Vasco Rossi a Modena? Il motivo è semplice: siamo sempre i soliti, quelli che devono dire per forza qualcosa. In questo caso c’è da dire che siamo quelli che lo stesso Vasco definirebbe quelli che non hanno rispetto per niente, nemmeno per la mente. Noi, generazione di sconvolti senza santi e senza eroi abbiamo in realtà un estremo bisogno di radunarci e di reimparare a condividere le nostre emozioni. Lo sa bene Vasco Rossi che in 40 anni di carriera di cose ne ha capite e ne ha scritte per dirci di sé certo, ma per parlare a ciascuno di noi. Parole che colpiscono la faccia, che toccano la pancia, che bagnano gli occhi, che si sedimentano nella testa. Pare facile, eh. Quattro sono state le ore di concerto al Modena Park con una scaletta pensata per lasciare fuori meno cose possibili per ridare coraggio, per vincere la paura, per riaccendere la miccia della vita, per capire fino in fondo cosa significa cantare la libertà e possederla davvero. Una sospensione temporale, una trepidazione collettiva, un corpo unico per sognare, per non lasciarsi sfuggire una buona occasione per sganciarsi dal proprio Facebook e dai propri guai. Vasco Rossi racchiude un po’ tutto questo ed è bello sapere che c’è chi riesce a mettere nero su bianco i nostri limiti, i nostri pensieri, i nostri sentimenti. Belli, ancora di più i volti genuini, sinceri, appassionati di tutti coloro che hanno voluto partecipare a questo rito pagano, c’è da sorriderne e da goderne. Siamo ancora vivi e a Vasco non dobbiamo dirgli nient’altro, tanto tornerà.

 

Brunori Sas live: un timido trascinatore di folle al Carroponte.

Brunori Sas - Carroponte

Brunori Sas – Carroponte

“Ragazzi, ricordo ancora quando otto anni fa ero a cantare su una collinetta del parco dell’Idroscalo di Segrate e c’erano dodici persone a sentirmi. Di questi, dieci erano miei parenti milanesi e due franchi tiratori. Grazie per essere venuti così in tanti stasera, non sapete che gioia mi regalate nel vedervi tutti qui”. Ecco servitovi il succo dell’excursus artistico di un grande cantautore, di un emozionante narratore, di un insospettabile intrattenitore quale è Brunori Sas. Sul palco del Carroponte di Sesto San Giovanni per una delle tappe estive del suo “A casa tutto bene tour”, l’artista calabrese è riuscito a catalizzare l’attenzione e l’emozione di migliaia di persone accorse ad ascoltarlo con un concerto pensato in ogni dettaglio.

In scaletta tanti pezzi del suo notevole ultimo album di inediti, su tutti “La verità” vincitore della targa Tenco 2017 come miglior canzone dell’anno, proposta sia in apertura che in una vibrante versione piano e voce con il sopraggiungere dei bis. Che belli i parallelismi tra ieri e oggi, tra Lamezia Terme e Milano, tra realtà liquide e parallele in grado di ricongiungersi nei nostri cuori di figli d’italia, migranti per lavoro. Belli ancora di più, i nuovi arrangiamenti realizzati per questa tornata estiva, specialmente l’impennata prog-distorta di un pezzo storico come “Rosa”. Che sia una ballata o un brano più strutturato, Dario Brunori è un timido trascinatore di folle, uno che non ha paura di dire le cose a modo suo, che ne scrive con cognizione di causa e che nel musicarle riesce a toccare tutte le nostre corde, anche quelle più irrigidite. Per chi si ritrova in queste parole di stima, l’appuntamento è su Rai Tre. Solo pochi giorni, in occasione della presentazione dei nuovi palinsesti Rai, la direttrice Daria Bignardi ha annunciato che a condurre uno dei nuovi programmi ci sarà proprio Brunori SAS. Non ci resta che scoprire cosa bolle in pentola.

 Raffaella Sbrescia

La verità

L’uomo nero

Lamezia Milano

Colpo di pistola

La vita liquida

Il costume da torero

Lei, lui, Firenze

Kurt Cobain

Don Abbondio

Le quattro volte

Rosa

Pornoromanzo

Back in black

(AC/DC cover)

Arrivederci tristezza

Encore:

La verità

(bis solo piano)

Guardia ’82

Canzone contro la tristezza

Secondo me

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