JARABE DE PALO torna sulle scene musicali: il 17 marzo è disponibile 50 PALOS (in uscita in Italia per Carosello Records), un nuovo progetto discografico che celebra i 50 anni di Pau Donés,leader e fondatore del gruppo, e i 20 anni di carriera della band. Un DOPPIO ALBUM contenente i pezzi più celebri degli Jarabe De Palo come La Flaca, Bonito e Depende, reinterpretati in una nuova veste piano, archi e voce. I nuovi arrangiamenti nascono dalla voglia di mostrare i brani nella loro essenza, per lasciare spazio alle sottigliezze e all’immaginazione, per presentarle al pubblico nel lorostato più puro.
Nell’album sono presenti importanti collaborazioni con KEKKO SILVESTRE dei MODÁ, FRANCESCO RENGA, NOEMI e LORENZO JOVANOTTI legato a Pau da una lunga amicizia.
Gli Jarabe De Palo sono pronti a suonare dal vivo nel “50 PALOS” TOUR, una serie di concerti nei teatri di tutto il mondo: dagli USAall’Europa passando per Messico, Argentina, Perù, Cile, Uruguay, Ecuador, Colombia, Venezuela, Porto Rico e Repubblica Dominicana.
A luglio e agosto anche in Italia.
In uscita a fine aprile 2017 anche l’autobiografia 50 PALOS di Pau Donés, pubblicata in Italia per De Agostini
Pau Donés, membro e cantante del gruppo Jarabe de Palo, è nato a Barcellona 50 anni fa. La storia personale di ognuno viene caratterizzata dalle avventure e disavventure che ci si trova ad affrontare nella vita. Si può anche dire che, per citare Jarabe de Palo, “nella vita si impara dalle bastonate”. Nella vita di Donés, come nella vita di tutti, di avventure e disavventure ce ne sono state molte. A differenza di altri però, nella sua vita molte di queste vicende hanno preso la forma di canzoni, così, canzone dopo canzone, la storia dei Jarabe de Palo è stata scritta.
Il pubblico di Milano ha riabbracciato Samuele Bersani in occasione del concerto al Teatro degli Arcimboldi. La sensazione è stata proprio quella di un ritrovamento reciproco, un incontro tra anime simili tenute lontane da elementi avversi. In effetti, è andata proprio così ed è stato lo stesso Samuele Bersani a parlare di quello che è accaduto in questi ultimi mesi: dal problema alle corde vocali che l’ha costretto a rimandare il tour (la data milanese era programmata in ottobre), al ricredersi sulla risposta del pubblico fino alla felicità nello scoprire che quasi nessuno aveva chiesto il rimborso del biglietto. L’artista ha schiettamente ammesso di avere bisogno della compartecipazione degli spettatori e del fatto che per questa ragione ha scelto un paio di cuffie che gli consentono di sentire cosa succede aldilà del palcoscenico. Stando ben lontano da frizzi e lazzi, Samuele Bersani ha poi concentrato tutto il meglio del proprio repertorio in una scaletta concisa e variegata concedendosi anche il lusso di ripescare qualche rarità dal baule dei ricordi. Il suo canzoniere, si sa, si muove tra delicatezza e ermetismo, i testi non sono mai troppo criptici ma consentono molteplici interpretazioni ed è sempre suggestivo riascoltarli. Lo è ancora di più se gli arrangiamenti proposti sono vellutati e sapientemente modellati da una band di sette musicisti esperti come Tony Pujia, Davide Beatino, Silvio Masanotti, Marco Rovinelli, Alessandro Gwis, il sassofonista/flautista Claudio Pizzale e Michele Ranieri.
Samuele Bersani live @ Teatro Arcimboldi – Milano ph Francesco Prandoni
Senza fronzoli, senza scenografie o facilonerie ruffiane, Samuele Bersani è riuscito a creare una tale empatia col pubblico da essersi conquistato una standing ovation con tanto di applausi a scena aperta sulle note di “Giudizi universali”. La sua verve da outsider, l’ironia sottile ma impattante e la sua intaccabile passione per il buon gusto sono il suo marchio di fabbrica da ormai 25 anni e, ad oggi, gli consentono di gestire il rapporto con il pubblico in modo assolutamente disteso e rilassato. “Voglio spremere il tubetto fino in fondo, la fortuna che abbiamo di dipingere con un colore più intenso meno opaco e finalmente indelebile”, così recitano le parole di una strofa de “La fortuna che abbiamo”, la canzone che dà il titolo a questo tour e che, prontamente decontestualizzate, possono rendere l’idea di come certe parole scritte con l’anima possano tracciare un solco nel cuore di molti. Questo è il potere che hanno gli artigiani della musica, questo è il piccolo grande potere che ha Samuele Bersani.
Raffaella Sbrescia
SET LIST:
Il mostro
Le mie parole
Lo scrutatore non votante
Occhiali rotti
Il pescatore di asterischi
En e Xanax
Spaccacuore
Psyco
Ferragosto
Cattiva
Come due somari
Replay
La fortuna che abbiamo
Una delirante poesia
Crazy boy / Che vita / Settimo cielo
Canzone
Giudizi universali
Chiedimi se sono felice
Freak
Coccodrilli
Senza titoli
Chicco e Spillo
Cosa vuoi da me
Sei premi Oscar e una colonna sonora da incanto. Signore e signori questo è “La La Land”, scritto e diretto dal regista Damien Chazelle. I protagonisti sono Mia (Emma Stone), un’aspirante attrice che, tra un provino e l’altro, serve cappuccini alle star del cinema e Sebastian (Ryan Gosling), un musicista jazz che cerca di sbarcare il lunario suonando nei piano bar. La loro travolgente storia d’amore si sviluppa all’insegna del fatalismo romantico e li metterà continuamente in discussione con loro stessi. La vicenda si contestualizza in modo anacronistico nella nostra contemporaneità eppure lo fa in modo sorprendente. Incanto, magia ed evasione romantica dettano gli schemi di un nuovo modo di ragionare. Le tracce che compongono la colonna sonora sono state scritte da Justin Hurwitz, Benj Pasek e Justin Paul, e prodotte da Justin Hurwitz, Marius de Vries e Steven Gizicki e cesellano i dettagli più intensi del musical moderno più popolare del momento. Al centro della narrazione, improntata all’elogio dell’incanto e della magia d’altri tempi, c’è il pianoforte: elemento catalizzatore e nevralgico. Leggerezza, ritmo e buon gusto la fanno da padrone anche negli strumentali jazz di Hurwitz. Il tema ricorrente nel film è “City of stars”, brano in cui dubbio e speranza si incrociano in modo vertiginoso. Particolarmente toccante la conclusiva “Audition”, il brano motivazionale di Mia, pensato per motivare, emozionare ed elogiare i folli sognatori. Un modo per travolgere lo spettatore con parole forti, autentiche, impattanti con garbo, leggerezza e buon gusto. Al bando il disincanto, viva il sogno, viva la speranza e soprattutto viva il jazz.
Raffaella Sbrescia
Questa la TRACKLIST completa del disco:
1. “Another Day Of Sun” (LaLa Land Cast)
2. Someone In The Crowd” (Emma Stone, Callie Hernandez, Sonoya Mizuno, Jessica Rothe)
3. “Mia & Sebastian’s Theme” (Justin Hurwitz)
4. “A Lovely Night” (Ryan Gosling, Emma Stone)
5. “Herman’s Habit” (Justin Hurwitz)
6. “City of Stars” (Ryan Gosling)
7. “Planetarium” (Justin Hurwitz)
8. “Summer Montage / Madeline” (Justin Hurwitz)
9. “City of Stars” (Ryan Gosling, Emma Stone)
10. “Start A Fire” (John Legend)
11. “Engagement Party” (Justin Hurwitz)
12. “Audition (The Fools Who Dream)” (Emma Stone)
13. “Epilogue” (Justin Hurwitz)
14. “The End” (Justin Hurtwitz)
15. “City of Stars (Humming)” (Justin Hurwitz featuring Emma Stone)
Non solo un accurato omaggio alla grande cantante Chavela Vargas ma anche un’operazione di recupero culturale. Ecco cosa rappresenta il nuovo progetto di Antonio Dimartino e Fabrizio Cammarata intitolato “Un mondo raro”. L’album, prodotto da Picicca e distribuito da Believe è accompagnato anche da un romanzo biografico pubblicato da La Nave di Teseo, intitolato “Vita e incanto di Chavela Vargas”, che intende racchiudere il resoconto documentato della vita della cantante. Ripercorrendo la straordinaria vicenda della leggendaria artista sudamericana, i due cantautori la omaggiano in modo onesto, sincero ed emozionante unendo a doppio filo la Sicilia e il Messico al contempo. La chiave del successo di questa rischiosa operazione sta nella cura e nell’attenzione con cui i due hanno cesellato con reverenziale rispetto ogni parola della selezione di brani scelti traducendoli dal testo originale, con l’accompagnamento delle chitarre dei Los Macorinos, Juan Carlos Allende e Miguel Pena, fidati musicisti della Vargas. Preziosi arpeggi delicati sono lo sfondo di racconti di lacrime e patimento, di sofferenza e struggimento. Si va dalla chiusura ermetica delle porte del cuore di “Non tornerò” alla carnale sensualità di “Macorina”: odore di donna, di carne, di paglia, di polvere si fanno vividi tra corde di chitarre e calde vocalità. La veracità dei sentimenti puri e semplici è il bene sconosciuto da importare dal passato e da innestare in un mondo sempre più privo di speranza e di magia. Un mondo raro è quello recuperato da Dimartino e Cammarata che traggono spunto dall’epopea individuale della Vargas per insegnarci cosa vuol dire vivere all’insegna del romantico fatalismo. Da non perdere.
Raffaella Sbrescia
cammarata_dimartino_credit elly contini
Tracklist
Non Tornerò
Macorina
Un Mondo Raro
Le Cose Semplici
Non Son Di Qui, Non Son Di Là
Croce Di Addio
Verde Luna
Le Ombre
Andiamo Via
Pensami
CREDITS
Prodotto da Fabrizio Cammarata e Antonio Di Martino
Registrato a Città del Messico negli AT Studios da Francesco Vitaliti e a Palermo negli Indigo Studios da Francesco Vitaliti e Fabio Rizzo.
Missato a Palermo negli Indigo Studios da Fabio Rizzo e Francesco Vitaliti
Masterizzato da Daniele Salodini al Woodpecker Mastering di Brescia
Antonio Di Martino: voce e chitarra classica
Fabrizio Cammarata: voce e trés cubano
Juan Carlos Allende e Miguel Peña (“Los Macorinos”): chitarre classiche
Avevo incontrato Jack Savoretti in occasione dell’uscita del suo quinto album di inediti “Sleep no More” (Bmg Rights Management). Durante quell’incontro il cantautore aveva annunciato che il nuovo live avrebbe avuto l’obiettivo di distogliere il pubblico dalla propria realtà per un’ora e mezza circa. Ebbene, dopo averlo visto e sentito suonare al Fabrique di Milano, posso tranquillamente confermare che l’artista ha mantenuto la promessa donandosi senza riserve ad una platea affollatissima, attentissima e partecipe. Al centro di una scaletta fluida e veloce, l’artista ha inserito tutti i brani del nuovo album ma anche i pezzi più significativi del suo percorso fatto di palchi e sudata gavetta. A fare da traino al concerto, due elementi chiave: l’ormai riconoscibile timbrica ruvida, graffiata e calda, un groove ricavato da materiali old school intrecciato a ritmiche contemporanee e la voglia di raccontarsi senza alcun filtro. Con la sua verve da istintivo sognatore, Jack Savoretti è riuscito a ripristinare le coordinate del romanticismo declinandolo in una dimensione matura e consapevole. Grazie alla sua innata capacità di spaziare dal cantautorato italiano allo spirito della musica folk californiana degli anni ’60, Savoretti ha restituito alla musica un valore assoluto. La sua performance è stata intensa, viscerale, sentita fino in fondo all’anima e anche il pubblico se ne è accorto. Immaginatevi un club della capienza di 3000 persone completamente pieno e assorto ad ascoltare parole che arrivano da lontano ma che arrivano dritte al cuore. Questo è quanto è riuscito a fare Jack Savoretti dopo aver girato osterie e pizzerie e averci creduto per anni. Ora che ormai è pronto per spiccare il volo oltreoceano, le sue strazianti melodie ed il suo inconfondibile graffio ci resteranno impressi fino al prossimo intreccio di corde di chitarra, sguardi e sudore.
Raffaella Sbrescia
Leggi l’intervista a Jack Savoretti: http://www.ritrattidinote.it/interviste/jack-savoretti-sleep-no-more.html
È online il video di “CLOUD 9”, il primo singolo estratto dal nuovo, atteso album dei JAMIROQUAI“AUTOMATON” in uscita il 31 marzo su etichetta Virgin EMI.
Il singolo è stata la più alta nuova entrata nelle radio italiane ed è tra i 20 brani più programmati nel nostro paese.
Il video, girato in Spagna e più precisamente ad Almeria, è visibile su https://youtu.be/fVMtKQMAZqw ed è un omaggio all’iconografia di “COSMIC GIRL” (tra i singoli di maggiore successo della band) e alla passione per le auto di Jay Kay (nel video infatti guida una Ferrari Gto d’epoca). Non manca una bellissima presenza femminile, l’attrice Monica Cruz, sorella della star hollywoodiana Penelope, con cui Jay Kay danza.
Video: Cloud 9
Il gruppo soul funk elettronico, vere superstar mondiali e vincitori di un Grammy Award stanno tornando con un album scritto e prodotto da Jay Kay e dal tastierista Matt Johnson. “AUTOMATON”, ottavo disco di studio, sarà disponibile nei negozi tradizionali e in digitale su etichetta VIRGIN EMI ed è già disponibile per il preorder suhttp://jamiroquai.lnk.to/Automaton. Ordinando l’albumsi riceverà subito la title track “AUTOMATON”.
Parlando di “AUTOMATON” Jay Kay ha commentato: “l’ispirazione di Automation è una sorta di riconoscimento di quanto l’intelligenza artificiale e la tecnologia abbiano accresciuto il loro ruolo nel nostro mondo oggi e di come gli uomini stanno iniziando a dimenticare le cose più piacevoli, semplici ed espressive della vita, incluse le nostre relazioni con gli altri esseri umani”.
Questa la tracklist del nuovo album: “Shake It On”, “Automaton”, “Cloud 9”, “Superfresh”, “Hot Property”, “Something About You”, “Summer Girl”, “Nights out in the Jungle”, “Dr Buzz”, “We Can Do It”, “Vitamin”, “Carla”.
Formatisi nel 1992 da Jay Kay, Jamiroquai sono diventati una delle maggiori realtà del mondo fin da disco di debutto “Emergency on Planet Earth”. Con uno stuolo di fan famosi come Chance the Rapper, The Black Madonna, Anderson.Paak, Pharrell, Tyler the Creator, Jungle, Redman, Stevie Wonder & The Internet, Jamiroquai hanno costantemente dimostrato a se stessi di essere una delle band più influenti e innovatrici del loro tempo.
Nel curriculum il gruppo annovera sette album che hanno raggiunto la Top10 inglese (e tre il 1 posto), un Grammy Award, più di 26 milioni di dischi venduti nel mondo e il Guinness Book of World Records per il disco funk che ha venduto di più di tutti i tempi.
Jamiroquai hanno inoltre annunciato un unico e intimo show alla The London Roundhouse nel giorno dell’uscita del disco, il 31 marzo, preceduto il 28 marzo a Parigi dal primo show live dopo 6 anni. Sono già state annunciate altre date live.
JAMIROQUAI HEADLINE SHOWS
28 marzo La Salle Pleyel, Paris
31 marzo The Roundhouse, London
25 maggio Tokyo International Forum, Tokyo, Japan
27 e 28 maggio Seoul Jazz Festival, Seoul, South Korea
17 giugno Release Athens 2017, Athens, Greece
9 luglio North Sea Jazz, Rotterdam, Netherlands
11 luglio Firenze Summer Festival, Visarno Arena, Florence, Italy
Vita, consapevolezza e cambiamento. Sono queste le parole chiave con cui Chiara sceglie di ritornare in scena. Il suo nuovo album di inediti uscirà domani 24 febbraio 2017 (Sony Music), s’intitolerà “Nessun posto è casa mia” ed è intrecciato a doppio filo con il vissuto degli ultimi anni della cantante che in questo progetto ha avuto modo di sviluppare anche il suo ruolo di autrice. Coadiuvata dal Maestro Mauro Pagani, Chiara ha ritrovato se stessa, ha messo a fuoco la propria essenza e ha individuato le nuove coordinate da seguire. Per farlo si è circondata di amici e colleghi. Tante sono, infatti, le ottime penne che hanno contribuito alla scrittura delle tracce comprese nel disco: da Daniele Magro a Niccolò e Carlo Verrienti, passando per Edwyn Roberts e Stefano Marletta per arrivare a Virginio, Giovanni Caccamo e Marco Guazzone. Questa mattina Chiara ha accolto la stampa a Milano con un breve showcase in cui ha presentato il brano sanremese “Nessun Posto è casa mia”, “Buio e luce” e “Il cielo” in una bella versione piano e voce. Ecco cosa ci hanno raccontato lei e Mauro Pagani.
Chiara, cosa è accaduto in questi due anni?
Ci sono stati dei grandi cambiamenti personali che hanno avuto un importante riflesso nel lavoro e nella musica. I primi tre anni dopo X Factor sono trascorsi molto velocemente e posso dire di essere felice di quello che ho fatto però ho anche avuto modo di capire cosa ho fatto. Ho studiato molto, ho acquisito consapevolezza. Prima mi mancava la verità, adesso la perseguo con tutti i rischi del caso.
Quali sono stati i passi fatti?
Ho lavorato sulla mia vita, ho cambiato alimentazione e sono andata in analisi. Dovevo capire che donna volevo essere prima di capire che tipo di cantante volevo essere.
E poi?
Poi mi sono chiesta che tipo di disco avrei comprato ed eccoci qui. Non riesco a mettere in dubbio quanto è stato fatto in questo disco perché è del tutto compiuto. Ci vorrà soltanto tempo, orecchio e pazienza.
Come è stato lavorare con Pagani? Come vi siete incontrati?
Ho avuto tanta fortuna. Ero passata alle Officine Meccaniche per altre cose e ci siamo incontrati così. Avevo proprio bisogno di una persona come lui, da soli non si può fare niente, bisogna cercare di attrarre a sé delle persone che possano aiutarti e capirti. Non pensavo che sarebbe successo, invece ci siamo trovati d’accordo su tutto. Abbiamo lasciato che le cose arrivassero, non abbiamo mai parlato di vendite, ci siamo sempre focalizzati sull’emozione.
Mauro Pagani:
“La cosa più bella del mio mestiere di produttore musicale è che si ha a che fare con il talento degli altri. Questo è un gran dono, è confortante sapere di avere a che fare con gente che ha talento. Nel mio piccolo sono stato fortunato, ho lavorato con tanta gente di talento, ho imparato tante cose e trovo che Chiara sia una cantante fantastica. Il suo punto forte? Un’instancabile attenzione nei riguardi di ciò che dice. Il mio lavoro di arrangiatore con lei è stato davvero semplice. Chiara è arrivata in studio che si era già cercata i pezzi con una definizione che andasse oltre il cantantese, ha evitato i luoghi comuni mantenendo un approccio semplice e popolare; mi è bastato dare una piccola spinta per far sì che le cose funzionassero al meglio. Per quanto riguarda il discorso autori penso che sia bello che questo disco ci sia una bella ventata di autori che coniugano qualità e facilità di comunicazione. Per chi come me sente una frattura generazionale è difficile riconoscere queste cose. La canzone d’autore tende a essere criptica mentre la scrittura popolare è davvero difficile. Se un pezzo sta su da solo basta semplicemente non rovinarlo”.
chiara ph Giovanni Gastel
Chiara, come hai lavorato con gli autori che hanno partecipato alla stesura dei brani?
Tutto è nato in modo naturale e spontaneo, ho cercato gli autori con cui mi sono trovata bene fin dall’inizio. Non c’erano scadenze, ci siamo divertiti lavorando in modo sereno e senza paranoie. Stefano Marletta e Edwyn Roberts sono stati i primi a lavorare con me in un periodo di forte calo psicologico. Quando abbiamo finito, mi sono accorta di stare meglio fisicamente. Ho capito che questo mestiere può essere anche uno sfogo per i malesseri. Il primo brano che abbiamo scritto è “Grazie di tutto”, già da lì era scattata un’amicizia sincera.
E Virginio?
Anche Virginio mi ha fatto ascoltare tante belle melodie, abbiamo scritto il testo di “Chiaroscuro” mettendo nero su bianco quello che volevo dire anche senza la musica.
Curiosa la storia de “Le leggi di altri universi” di Guazzone…
Il brano era stato proposto come inedito ad altri concorrenti di X Factor. Sebbene non fosse stato scelto, io me ne ero innamorata, così, dopo 4 anni, ho cominciato a canticchiarne il motivetto a chiunque nella speranza di ritrovarlo. Poi ho rintracciato Marco, l’ho incontrato di persona e abbiamo lavorato insieme non solo a questo pezzo ma anche a “Le ali che non ho”.
Quanto ti rappresenta questo disco?
Uscire da un talent show può essere un disastro. Sei stato al top senza avere le basi necessarie per esserci. Questa cosa ti condiziona, fai tante cose ma solo dopo ti chiedi cosa hai fatto. Ci sono un sacco di emozioni contrastanti e visto che io ho sofferto molto per questo, ho scelto di fermarmi prendendomi il rischio di sovvertire le regole del mercato discografico. Ho pensato che fosse meglio non farmi vedere se non sapevo nemmeno io cosa volevo dire. Ho preferito lavorare su me stessa ad ampio raggio. Ho scelto di lavorare alla vecchia maniera, come se non avessi partecipato ad un talent. Quella che ascoltate oggi è la vera me.
Video: Nessun posto è casa mia
Cosa pensi del brano “Nessun posto è casa mia”? Cosa pensi che non sia arrivato alla gente?
Questo è stato il primo brano che abbiamo provinato insieme io e Mauro Pagani. In questo pezzo non c’è niente di sbagliato, ci sono molto affezionata perché ha un contenuto e una sua magia. Sapevamo che sarebbe stato televisivamente poco appetibile ma al mio terzo sanremo dovevo far vedere che c’era stato un cambiamento. Non volevo essere fraintesa, tante volte ho cercato i brani più “ruffiani” ma stavolta c’era bisogno di una scelta integralista. Questo brano è quello che ho scelto per fare il primo passo e ricominciare tutto daccapo. So che serve tempo ma ho capito che ci vuole pazienza.
Ti sei tolta qualche soddisfazione in questi giorni?
Sì, non mi era mai successo di incontrare una mia coetanea che mi dicesse grazie per aver cantato qualcosa che in cui si rispecchiasse. Ecco, questo mi ha commossa.
Quando potremo ascoltarti dal vivo?
Il 23 aprile ci sarà un’anteprima del tour al Blue Note di Milano, siete tutti invitati!
Il 24 febbraio 2017 vedrà la luce “Anime di Carta”, il nuovo album di Michele Bravi, (distribuito da Universal Music), in cui il giovanissimo cantante umbro torna sia come autore sia come interprete. Il disco si compone di 13 tracce comprensive di un’intro e un interludio. Sei degli 11 brani portano anche la firma di Michele che, per questo disco, ha scelto di collaborare con celebri autori italiani tra i quali Federica Abbate, Giuseppe Anastasi, Cheope, Niccolò Contessa, Antonio Di Martino e Alessandro Raina. Realizzato con il supporto strategico della factory Show Reel, “Anime di carta” si presenta come un disco introspettivo che racconta la forza, la tenacia e la caparbietà dell’avere vent’anni. Michele Bravi e il produttore Francesco Catitti hanno lavorato per tre anni per dare vita a questa creatura musicale che rispecchia molti lati della personalità del cantante le cui coordinate sonore puntano ad un sound internazionale attraverso un perfetto mix tra la tensione della musica elettronica e l’intimismo classico dell’ensemble d’archi. Ad incamerare le atmosfere di tutto il disco, un fragile intimismo ed una imponente drammaticità insieme a tappeti sonori decisamente ricercati che rappresentano il vero punto forte di tutto l’album.
Intervista
Ciao Michele, che tipo di percorso artistico stai portando avanti?
Con questo disco compio un passo importante. Se sei mesi fa mi avessero chiesto se ero felice di quanto fatto fino a quel momento, avrei risposto di no. Fino a due settimane fa le cose non erano così nitide come oggi. Avevo bisogno di capire quale fosse il modo giusto in cui la musica potesse raccontarmi e credo di averlo trovato. Solo a dicembre ho finito di lavorare a queste nuove canzoni. Il mio è un percorso non solo lavorativo ma soprattutto umano. Oggi vivo un momento di serenità personale e non riscriverei niente della mia storia. Prima ero instabile, ora sono comunque fragile ma sono finalmente riuscito a togliere i filtri parlando della mia vita.
Qual è il fulcro di “Anime di carta”?
Quando si lavora con la creatività, la dimensione personale e quella lavorativa si incrociano. Mi è successo di perdere una persona a cui tenevo tanto e avevo bisogno di un modo per uscirne. Ecco perché questo disco rappresenta una seduta di analisi con me stesso. Volevo riflettere, volevo capire perché vivevo con difficoltà il mio rapportarmi agli altri; credo di non averlo capito nemmeno adesso ma almeno l’ho messo per iscritto.
Perché hai intitolato l’album in questo modo?
Siamo tutti anime di carta. La carta è un materiale accessibile, sempre a portata di mano. Se sei fatto di carta, come quella su cui scrivi, non puoi strappartela di dosso perché perderesti un pezzo di te stesso. Puoi diventare un origami, accartocciarti, rovinarti, prendere fuoco o semplicemente rimanere un foglio senza contenuto. Tempo fa ero molto più autoriferito, poi ho iniziato a condividere la vita con altri e ho capito che potevo scrivere i miei contenuti.
“Chiavi di casa” è una summa finale dei temi musicali e lirici del disco?
Beh, sì. Qui racconto di cosa significa trovare una persona che riesce a vedere cosa c’è scritto dall’altra parte del foglio, quello che non mostriamo agli altri.
Finalmente canti in italiano…
Canto in italiano perché avevo bisogno di dire le cose come stavano, senza troppi giri di parole. Dovevo liberarmi dalle sovrastrutture per cantare di quello che ho vissuto. Spero di intercettare anche le persone che non la pensano come me, voglio sentirmi meno solo e confrontarmi con il prossimo.Non sono vittima del mondo. Ho imparato a scindere le regole del mercato discografico dall’ambito musicale. Con questo album posso permettermi di gestire una possessività nei riguardi delle canzoni che prima non avevo. Ci ho messo tanto tempo a finirle perché prima dovevo finire di vivere certe cose. Mi si potrà dire di non aver capito cosa volevo dire ma non come avrei dovuto farlo.
A maggio sarai protagonista di due anteprime dell’Anime di Carta Tour, il 20 al Fabrique di Milano e il 21 al Viper Theatre di Firenze.
Il concerto sarà uno show completo, seguirò un filo conduttore con la rivisitazione del concetto di carta. Riserverò particolare attenzione ai suoni per ricreare la ricerca sonora che ho perseguito nella realizzazione dell’album e per vestire al meglio il mio timbro.
Come hai lavorato con gli autori?
Li ho chiamati personalmente e li ho frequentati tanto. Ero affascinato dalla loro capacità espressiva, ci siamo visti anche solo per un caffè, quello che è nato è solo una conseguenza dello stare insieme. C’è una grande partecipazione da parte di tutti gli autori, alcuni sono impensabili; su tutti cito Niccolò Contessa de I Cani, sono felice che abbia dialogato con il mio mondo.
Come è avvenuto l’incontro con Contessa?
Amo il disco de I Cani “Glamour”. Volevo incontrare Niccolò e mi sono fatto aiutare da un’amica in comune per organizzare l’incontro. Quando l’ho conosciuto non avevo ancora dimostrato niente di me, il fatto che mi abbia ascoltato e che abbiamo lavorato con me è molto significativo.
Com’è andata con “Il diario degli errori” e con l’autrice Federica Abbate?
Ci siamo incontrati a cena e abbiamo chiacchierato a lungo. In seguito ho iniziato a scriverle per risentirla e pian piano abbiamo iniziato a condividere le nostre cose. In quel periodo ho chiuso una storia d’amore infinita e mi capitava di parlare con Federica anche di cose personali. Un giorno lei si è presentata a casa mia e mi ha fatto sentire “Il diario degli errori” e, sebbene io non nasca come interprete perché ho bisogno di cantare quello che vivo, lei è stata capace di farmi capire qualcosa che io stesso non avevo capito. Il pezzo non è mai stato provinato, l’ho sentito così tanto a fuoco da capire che era perfetto così.
Video: Il diario degli errori
Qual è stato il tuo approccio al Festival di Sanremo e come vivi il fatto di essere stato il cantante più twittato nelle singole serate?
Sentivo di avere tra le mani un pezzo molto importante e sapevo che la canzone meritava di essere ascoltata da tante persone. Questo brano mi ha aiutato tanto per cui son felice se è piaciuto e che abbia avuto un buon riscontro. Sono contenuto se mi viene riconosciuto il merito di averlo interpretato bene ma io penso che abbia vinto il pezzo; la mia interpretazione è stata un plus. Sono arrivato su quel palco partendo da sotto zero e con quotazioni molto basse.
Come è avvenuta la composizione e la scelta dei brani?
La selezione è figlia di una rosa di 60 brani. Ho scelto i più completi. In genere compongo accompagnandomi al pianoforte anche se alcuni pezzi sono stati concepiti subito con un’impostazione di produzione elettronica con dei tappeti musicali creati ad hoc.
“Shiver” (Andreas Pfanennstill) e Bones (Patrick Jordan Patrikios) fanno da filo conduttore col disco precedente, “I Hate Music” (tutto in inglese)?
Anche quando è uscito il vecchio disco dicevo che mi stavo raccontando, in realtà stavo nascondendomi dietro qualcosa, ovvero in una lingua in cui non penso. Dire le cose in inglese non ha lo stesso peso. Questi brani sono stati messi apposta dopo il brano “Pausa” in cui racconto di una fase di limbo perenne. In questo album li ho inseriti per creare un file rouge e spiegare il meccanismo di protezione che avevo individuato nell’uso della lingua inglese.
Come mai non c’è un duetto con Chiara?
Io e lei siamo molto amici. Chiara ha un pianoforte in salotto e il nostro è un duetto infinito. Sono stato molto paranoico con questo disco, non volevo duettare con nessuno e lo stesso è accaduto a lei con il suo (Nessun posto è casa mia ndr). Quando stai scavando nella tua anima incasinata è difficile prendere qualcun altro per mano.
Milano, 23 febbraio. Ieri, con una straordinaria performance live durante la cerimonia dei Brit Awards,The Chainsmokers, il duo di artisti/produttori/dj dei record, ha presentato il nuovo singolo con i Coldplay:“Something Just Like This”, da oggi in radio e in digitale.
Il lyric video diretto da James Zwadlo, ha già collezionato in poche ore più di 4 milioni e 600mila views.
I freschi vincitori del Best New Artist Grammy hanno anche annunciato il loro primo attesissimo album:“Memories… Do Not Open” che verrà pubblicato il 7 aprile ed è da oggi disponibile in pre-order. Chi ordina l’album riceverà il download immediato di “Something Just Like This” e “Paris”, la hit certificata oro che ha conta oltre 163 milioni di stream e il cui video ha superato le 135 milioni di views.
“Memories… Do Not Open”, disponibile in digitale, in fisico (e successivamente con un vinile dorato trasparente) contiene 10 nuove tracce.
The Chainsmokers recentemente hanno annunciato una nuova tranche di concerti nei palazzetti in Nord America che avrà il via il 13 aprile a Miami e il 28 giugno arriveranno in Italia, a Milano.
The Chainsmokers, ovvero Andrew Taggart ed Alex Pall, dj e produttori, hanno conquistato le classifiche di tutto il mondo (#1 nella global chart di Spotify per settimane), collezionato più di 2 miliardi di views su YouTube e con il video di “Closer feat.Halsey” hanno superato i 150 milioni di views (https://www.youtube.com/watch?v=0zGcUoRlhmw) e gli 800 milioni di streaming. Inoltre, “Closer” è stato per 12 settimane al #1 della classifica HOT 100 Billboard.
A due anni di distanza dal grande successo riscontrato dall’Ep “My Type”, i californiani Saint Motel sono ritornati in Italia, più nello specifico sul palco del Fabrique di Milano, per presentare i nuovi brani contenuti nel nuovo album “saintmotelevision”. Forti dei riconoscimento discografico testimoniato da un disco di platino per “My tipe” e uno d’oro per “Cold Cold Man”, i Saint Motel, composti da A/J Jackson (cantante), Aaron Sharp (chitarra), Dak (basso) e Greg Erwin (batteria), si sono divertiti nel coinvolgere il pubblico grazie alla vena scanzonata delle loro canzoni frizzanti, briose e audecemente leggere. Coadiuvati da un duo di fiati (tromba e sassofono), i “festaioli” d’oltreoceano hanno spaziato dal dream-pop all’indie-prog senza colpo ferire. Spruzzate di interludi vintage e simpatiche coreografie ammiccanti hanno completato un’ora di puro intrattenimento spensierato. Un piccolo lusso.
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