“Valiant”, il rock apocalittico dei Sickabell trasforma la negatività in energia creativa

Copertina album "Valiant" ph Francesco Romoli

Copertina album “Valiant” ph Francesco Romoli

“Valiant” è il titolo del concept album dei Sickabell, il gruppo composto da Giuliano G. Vernaschi (songs, vocals, keyboards), Rino Cellucci (el. & ac. guitars), Ivan Cellucci (bass), Marco Lupo (drums). Il fulcro di questo lavoro è quello che potremmo definire rock apocalittico. Non solo apocalisse ma anche occasione di critica costruttiva a quello che di male vediamo in noi stessi e nella società che ci circonda. Il racconto di “Valiant” inizia con la fine e finisce con l’inizio, una sorta di reverse satanico che conferisce un tocco ancora più cupo ad un progetto che ha molto da raccontare. Il filo conduttore che attraversa i brani che compongono la tracklist è lo stato d’animo collettivo con cui stiamo imparando a convivere ovvero la paura che il mondo stia davvero andando alla deriva e che possa esserci un epilogo tragico. Queste paure vengono dagli attentati, dalle divisioni sociali, dall’economia che implode.  Il filtro attraverso il quale viene raccontato questo deperimento agisce come una lente d’ingrandimento sui rapporti sentimentali. Così come da un lato si consuma il pianeta, così si deteriorano i rapporti e gli amori fino a degenerare in perversioni o deliri patologici. Nel disco le dimensioni micro e macro s’incrociano fino al raggiungimento di un finale fantascientifico in cui la terra esplode e nuove forma di vita aliene raccolgono pochi superstiti per dare vita ad una nuova umanità.

Intervista a Giuliano G Vernaschi

Raccontaci la genesi dei Sickabell

Tutto nasce da un sogno: sorvolavo la città del film “Il Corvo”. C’era un grande grattacielo con un tabellone digitale gigantesco con una foto dei Queen e la scritta sickabell, poi, ancora più sotto, Valiant. Ho interpretato il tutto come un messaggio subliminale del mio inconscio; la prima cosa che voleva dirmi era: il tuo gruppo si chiamerà così, la seconda: cerca di fare qualcosa di importante e la terza: cerca di essere valoroso. Appena sveglio mi sono segnato il nome e ho iniziato ad analizzarlo: sickbell, nauseato dalle campaneLa morale è che suoniamo la nostra musica per combattere il suono delle campane ovvero tutta una cultura correlata all’ipocrisia del cattolicesimo.

Cosa c’è alla base di “Valiant”?

Questo album è un concept come si faceva una volta. Abbiamo messo in musica tutto quello che sentivamo senza la vergogna di raccontare anche i nostri incubi; si tratta di una lunga e a volte inconscia introspezione. Viviamo la musica con la massima sincerità, abbiamo realizzato questo album in un anno vedendoci dopo 12 ore di lavoro e lavorando in piena notte.

Come hai lavorato ai testi?

Dietro questo progetto c’è molto di me, sono l’autore dei testi ma ho partecipato anche alla realizzazione dei video, della copertina  e del booklet. Si tratta di un album molto intimo ma anche fortemente negativo; senza rendermene conto ho finito con l’assorbire di tutto, proprio come una spugna.

Sickabell

Sickabell ph Alessandro Petrini

Iniziamo da “Insane head”, un esempio del precipizio psicologico.

 In questo brano ho voluto raccontare la violenza sessuale non dal lato femminile, quello più ovvio e politicamente corretto, ma cercando di calarmi nella mente malata di chi la commette. Per farlo, non ho avuto pudore nel toccare i tasti più intimi delle perversioni latenti, quelle che si annidano in ognuno di noi e che a volte neghiamo di avere. Il protagonista inizia cercando scuse per aver commesso una violenza su una donna. “I’m just a man. Sometimes, you know, we can’t control ourselves. Religion failed ’cause at the end my sexual drive is still out of hand.” Dopo aver raccontato cos’ ha fatto, rivolge la colpa su di lei, come se fosse stata lei a fomentare il suo comportamento: “Guilty innocence. I can’t stand anything about her! The taste of that girl: juice from Hell.” Nello special del brano, i due si rincontrano e lui non si trattiene ancora dall’abusarne: “Here we are again! Enemies are best friends”. Alla fine della canzone, si scopre che nulla di tutto ciò è mai avvenuto: solo una fantasia, il cortocircuito mentale di un uomo che sprofonda nel marcio di sé stesso: “For all I know she still lies there deep inside my insane head”. Lo stato psicologico bipolare e dissociato si ritrova anche nella musica di questo brano: strofe melodiche e quasi calme, ritornello rabbioso con fermate e ripartenze ritmiche nevrotiche. Lo special, che è il climax, il momento in cui lei è spalle al muro e lui annaspa dal desiderio, è connotato da un suono asciutto e da dinamiche di suspance. L’intro e il finale, contraddistinti da organi cupi prima e graffianti poi, rappresentano la dimensione interiore diabolica del protagonista.

La vera apocalisse è in “The End’s out there”?

Questo è racconto fantasioso, un film di fantascienza assolutamente sperimentale. Si tratta di una sorta di protesta, esiste un parallelismo tra le vicende dei protagonisti che valutano il proprio vissuto e quello della società in cui vivono. Questo racconto verrà poi raccontato in un pamphlet di 20 pagine che diventerà anche un audiolibro.

Giuliano G. Vernaschi ph Alessandro Petrini

Giuliano G. Vernaschi ph Alessandro Petrini

Che ci dici del simbolismo di “Forest of Ghosts”?

La leggenda parla di cannibalismo. In questo brano si parla di due perversi, i protagonisti sono una mangiatrice di uomini e un drogato. Lui, completamente succube, aiuta lei nel procacciarsi le vittime, lei è una cannibale ma non ne è consapevole. Il brano intende rispecchiare tanti problemi di numerose coppie. La seconda parte traduce in parole il delirio mentale di lui fino a spegnersi nel più completo cinismo.

Infine il suggestivo titolo “Waves of Sin”…

Questo è l’unico brano positivo del disco insieme a “Valiant”. Il testo descrive una scena di tempesta ma si conclude con un messaggio positivo. I protagonisti navigano in un mare in tempesta, il più esperto dice all’altro cosa fare per continuare a navigare; le sofferenze sono pillole di vita, non dobbiamo rifuggirle ma prenderle in pieno perché sono le chiavi per uscirne più vivi che mai. Il brano è legato a “Valiant” come se si trattasse di un’unica traccia. Quello che emerge alla fine è uno spirito vivo. La negatività viene dall’ energia, è fuoco e agisce come un vulcano in continua eruzione.

Raffaella Sbrescia

Video: Third Wordl War

Ascolta qui l’album:

 

Ed Sheeran torna con due nuovi singoli ed un inedito volto musicale

Ed Sheeran

Ed Sheeran

Il nuovo anno di Ed Sheeran inizia con due nuovi singoli rispettivamente intitolati “Shape of you” e “Castle on the Hill” disponibili simultaneamente da oggi  su etichetta Asylum Records su iTunes, Spotify e Apple Music

I due brani segnano il ritorno della star britannica e mostrano due facce molto diverse del mondo musicale di Ed. “Castle on the hill”, scritta da Ed e Benny Blanco (che ne ha curato anche la produzione), rimanda ai suoi primi anni di vita a Framingham, Suffolk.  Il ritmo trascinante e i potenti riff di chitarra si uniscono per creare un altro inno da stadio. “Shape of you”, scritto da Ed, Johnny Mcdaid e Steve Mac (anche alla produzione) demolisce e ricrea il pop moderno usando poco più di un loop pedal. Il brano è un’estensione di quel tipico suono per il quale Ed è diventato famoso in tutto il mondo e che gli ha permesso di distinguersi tra gli artisti della sua generazione – a partire da quel lontano 2010 quando la sua performance live di “You Need Me, I Don’t Need You” andò per la prima volta online su SBTV e che, l’anno successivo, ha riportato nel primo EP “No.5 Collaborations Project” (con la collaborazione di una serie di artisti del movimento grime inglese, tra cui Wretch 32, Wiley ed altri).

Lyric video: Shape of You

Nonostante non abbia più fatto sapere nulla di sè per un intero anno ed essersi preso un ben meritato break, il nome di Ed è associato a molte delle hit del 2016. Essendo uno degli autori più ricercati e stimati al mondo, ha firmato “Cold Water” di Major Lazer e “Love Yourself” di Justin Bieber, dimostrando – se mai ce ne fosse ancora bisogno – la sua versatilità e talento nel comporre successi mondiali. Il suo secondo album del giugno 2014 “x” (pronunciato “multiply”) è uno degli album più significanti e da record del secolo! Rafforzato dalla produzione di Rick Rubin, Pharrell Williams e Benny Blanco, “x” ha raggiunto la vetta delle classifiche in tutto il mondo appena uscito (#1 su iTunes in 95 paesi) ed è rimasto al #1 in UK per 12 settimane. Dell’album fa parte la hit “Thinking out loud”, #1 ovunque e ad oggi il suo brano più venduto. “x” è stato certificato PLATINO 90 volte in tutto il mondo e ha ammassato oltre 3,4 miliardi di stream, ufficialmente riconosciuto come uno degli album più venduti di tutti i tempi.

Lyric video: Castle on the Hill

I record non li ha infranti solo con la musica registrata, ma anche con i live! Nel luglio del 2015 Ed è stato il primo artista a suonare allo stadio di Wembley da solo, senza nemmeno una band di accompagnamento, ma solo con il suo celebre loop pedal e la chitarra, davanti a oltre 240.000 fans in tre show sold-out. Alla fine del 2015 è uscito un DVD intitolato “Jumpers for goalposts” che racconta tutto il suo personale viaggio verso quei 3 fantastici concerti, oltre a svariati brani dal vivo. Molte sono anche le sue apparizioni in eventi eccezionali come la cerimonia di chiusura dei Giochi Olimpici di Londra nel 2012, assieme a membri dei Pink Floyd e dei Genesis in una versione specialissima di “Wish you were here”. Nel 2015 ha condiviso il palco con Beyonce e Gary Clark Jr. al concerto di tributo per Stevie Wonder dei Grammys. Durante la prima delle tre serate allo stadio di Wembley Ed ha suonato con Sir Elton John, a riprova del suo ormai conclamato status di superstar colossale.

 

 

Blindur: ecco l’omonimo album d’esordio. La recensione

Blindur ph Luigi Reccia

Blindur ph Luigi Reccia

Arriverà il 13 gennaio l’atteso album d’ esordio dei Blindur, al secolo Massimo De Vita e Michelangelo Bencivenga. Il disco uscirà per l’etichetta La Tempesta Dischi, distribuzione Master Music_Believe. Più che un punto di partenza, questo disco rappresenta un importante traguardo giunto dopo oltre 150 concerti e la collaborazione con Birgir Birgisson, storico fonico e produttore di Sigur Ros. Realizzato tra Roma e Napoli, interamente in presa diretta, l’omonimo album dei Blindur si compone di 9 brani ed è caratterizzato da sonorità autentiche e coinvolgenti. Tra picchi folk e sfiziosi richiami country, i Blindur si muovono con sicurezza e consapevolezza sui fluidi territori di una contemporaneità un po’ incerta, un po’ malinconica. Il brano di apertura è “Aftershock”: “Vorremmo tante scarpe ma abbiamo solo 2 piedi e un paio di gambe storte”, cantano i Blindur mettendo subito sul piatto una verità ricca di echi e conseguenze. E poi, ancora “ci aggrappiamo al mondo ma il mondo costa caro”, evidenziano i due, come dargli torto? “D’altronde basta un passo e poi un altro e sei già in gara per definizione”, così come afferma il duo in “Canzone per Alex”. Sogni, rimpianti e riflessioni intime fanno capolino in “Foto di classe”. Lo stesso mood lo ritroviamo in “Vanny”: “quante storie e quante promesse al cielo di questa provincia che non ci ha mai capiti”. Una frase, quest’ultima, in grado di rispecchiare in modo fedele lo stato d’animo di tantissimi figli di un paese che troppe volte finisce per stargli stretto. Il grido che sorprende in questo brano è “Non tornare Vanny”, una netta contrapposizione rispetto a quanto ci aspetteremmo. Questo è il tocco in più di un album divertente, vario e imprevedibile fino all’ultima traccia in cui compare l’unico gradito ospite Bruno Bavota che, con il suo delicato e rassicurante tocco al pianoforte, disegna i contorni di “Lunapark”: un invito a vivere senza troppe remore.

 Raffaella Sbrescia

Video: Aftershock

Il TOUR di presentazione di “BLINDUR”:
12.01 Frattamaggiore (NA) – Sound Music Club – Presentazione album
3.02 Fontanafredda (PN) – Astro Club
4.02 Modena – Off
8.02 Pozzuoli (NA) – Factory
9.02 Arezzo – Sottopiazza
10.02 Milano – Arci Bellezza
11.02 Correggio (RE) – I Vizi del Pellicano
12.02 Paratico (BS) – Belleville Rendezvous
17.02 Narni (TR) – Tabard Inn
19.02 Roma – Le Mura
26.02 Contursi Terme (SA) – Circolo Arci Bandiera Bianca
3.03 Asti – Diavolo Rosso
4.03 Torino – Officine Corsare
23.03 Caserta – Unplugged
24.03 Colle di Val D’Elsa (SI) – Bottega Roots
7.04 Catania – La Cartiera
8.04 Barcellona Pozzo di Gotto (ME) – Perditempo
9 .04 Palermo – Fabbrica 102
13.04 Ragusa – Primaclasse
14.04 Rosolini (SR) – MAD
15.04 Siracusa – Hmora

Ti devo un ritorno: un esordio letterario avvincente per Niccolò Agliardi. Intervista

Niccolo-Agliardi ph Francesca Marino

Niccolo-Agliardi ph Francesca Marino

Sarà perché si è laureato in Lettere Moderne con una tesi sui luoghi reali e immaginari presenti nelle canzoni di De Gregori, sarà per la sua mano di autore affermato, Niccolò Agliardi ha firmato un romanzo (Ti devo un ritorno) sinceramente bello perché delicato e significativo. Un esordio letterario che, in realtà, rappresenta il culmine di un percorso in crescendo. Da paroliere di successo a cantautore fino allo stadio di autore, Agliardi conferma una sensibilità particolare nel riuscire a parlare dritto al cuore di chi vive momenti di transizione esistenziale. In “Ti devo un ritorno”, edito da Salani e pubblicato lo scorso 6 ottobre con il contributo della curatrice Maria Cristina Olati e la supervisione giornalistica di Andrea Amato, Niccolò Agliardi si ispira ad un fatto di cronaca realmente accaduto nel 2001 e che ha coinvolto in maniera drammatica la popolazione delle Isole Azzorre. Nel mettere insieme i tasselli di una storia appassionante però, Niccolò lascia emergere alcuni piccoli particolari legati alla propria essenza individuale rendendo tutto l’insieme avvincente. Il protagonista del libro è Pietro, un trentaduenne prigioniero di se stesso che, subito dopo la morte di suo padre, decide di partire alla volte delle Azzorre annaspando fra i sentimenti e le paure. Giunto sul posto, Pietro incontra Vasco, un ragazzo tanto genuino quanto controverso, con cui il protagonista costruisce un rapporto molto intenso, del tutto simile a quello tra padre e figlio. Costretti a fare i conti con le conseguenze di un naufragio che porterà un enorme carico di cocaina sull’isola, Pietro e gli altri protagonisti del libro si troveranno davanti a scelte importanti. Tutto quello che accadrà sarà fondamentale ai fini della svolta esistenziale del protagonista.  Toccante ma mai straziante, delicato e coinvolgente, il racconto gioca su più livelli attraverso tanti temi: quello della natura, della fuga, delle onde, ma anche della tossicodipendenza, della vita criminale, dell’ingiustizia. Da leggere.

Intervista

Un esordio letterario che nasce da una tua esperienza personale visto che sei andato sul posto dopo esserti incuriosito in merito a un fatto realmente accaduto…

Sì, ho unito la mia voglia di viaggiare, sempre molto presente, alla curiosità per un fatto di cronaca davvero surreale. Sono partito 5 anni fa insieme ad un gruppo di amici per andare a vedere che cosa fosse accaduto veramente, lì la verità era di gran lunga superiore all’immaginazione. Al mio ritorno ho cercato di capire cosa potessi fare di questa storia, ho provato a scriverla ma non ha funzionato, i miei editori all’epoca sono stati molto feroci, non hanno capito che direzione volessi prendere quindi l’ho lasciata da parte.

E poi cos’ è successo?

Poi ci sono stati i Braccialetti Rossi, la collaborazione con la Pausini,  ho cambiato casa e città, poi l’anno scorso ho incontrato una mia cara amica dell’università che non vedevo da un po’ e che è diventata una grande editrice (si chiama Maria Cristina Olati) le ho raccontato questa storia ed è stata proprio lei a suggerirmi di unire i tasselli della mia storia personale con questa qui.

Come hai affrontato la fase successiva?

Piano piano ho scritto i capitoli, Maria Cristina li guardava obbligandomi alla disciplina, a stare a casa e mandarle tutte le sere qualcosa. Questo modo di lavorare mi ha insegnato il rigore necessario per fare questo mestiere e mi ha consentito di stare tanto da solo insegnandomi a non essere molto indulgente con me stesso, a non affezionarmi alle prime cose che scrivo. La stessa cosa si riflette  in musica, oggi so quando una canzone c’è e quando non c’è. Andrea Amato, un mio amico giornalista, ha poi supervisionato con grande rigore tutta la parte relativa alla cronaca perchè lì non si può sbagliare, tutto il resto è la vita che si è messa in mezzo.

Ti devo un ritorno

Ti devo un ritorno

Un’espressione, quest’ultima, che riassume con un fotogramma preciso quello che è lo spirito di questo progetto.

Esatto!

Pietro, Vasco e le onde, i padri, le figlie, la droga, l’amicizia vera, l’alleanza, la paura, i ritorni. Partiamo dalla figura del padre…

La linea tra un uomo normale e un padre sbagliato è molto sottile perché spesso un padre è visto come sbagliato dai propri figli: lo si vuole severo invece è morbido, lo vuoi accondiscendente invece è sfuggente etc… Questo libro riabilita la figura paterna da entrambe le parti, la perdita del padre rappresenta il motore propulsivo per la svolta di Pietro; nel caso di Vasco, invece, il problema è che suo padre è un uomo che sbaglia molto.

Che tipo di ritorno è quello di cui parli?

Pietro ha bisogno di tornare diverso perché ha deciso di scappare. Pietro sa, così come lo so io, che la fuga è una vigliaccata però è anche vero che in certi momenti scappare ti salva la vita, rappresenta un modo per potersi perdonare e tornare con un qualcosa in più. Questo viaggio per Pietro è l’occasione di tornare uomo e lasciare per sempre la sua comfort zone. Per quanto mi riguarda, in qualità di grande viaggiatore, adoro i biglietti di andata ma anche i ritorni, soprattutto quelli dai viaggi importanti e quando c’è qualcuno che ti aspetta.

Com’è l’amicizia, quella vera?

 Pietro e Vasco sono amici davvero perché parlano pochissimo. Questo è un libro in cui l’amicizia è come quella nella prima canzone di Braccialetti Rossi in cui si parla dei sottotitoli del cuore. Pietro e Vasco hanno una sintonia di questo tipo, si prendono tanto in giro ma si vogliono bene per davvero.

A proposito di Braccialetti Rossi, cosa ci dici di “BRACCIALETTI ROSSI 3” (Carosello Records), il disco della colonna sonora della terza stagione dell’amata serie?

“Braccialetti Rossi 3” è il disco più completo di tutte le tre edizioni. Così come i ragazzi sono cresciuti e sono diventati belli da morire, le canzoni di oggi raccontano questa evoluzione. Sono canzoni che vanno fuori dall’ospedale, dal dolore, dalla dinamica malattia-guarigione; sono canzoni che guardano verso il mondo e sono molto fiero di questo disco. Credo che siano le canzoni più belle che ho scritto insieme a Edwin Robert e gli altri ragazzi.

“Alla fine del peggio” è una delle più suggestive…sei d’accordo?

Sì, la canzone è nata sempre insieme a Edwin. Collaboro con lui da molto tempo e insieme a lui ho scritto anche i pezzi per la Pausini. In questa occasione eravamo in Messico, c’era una giornata un po’ nuvolosa su una bellissima spiaggia, ci siamo guardati in faccia e, dopo aver realizzato di aver superato parecchie tempeste, ci siamo detti che potevamo permetterci il lusso di dire che stavamo bene e che il peggio era passato; una bellissima sensazione di consapevolezza.

Come vivi il grande affetto che i fan, i colleghi e tanti addetti ai lavori hanno nei tuoi riguardi?

Forse ho semplicemente scelto delle buone persone, tutte le persone che mi circondano parlano la stessa lingua, quella della riconoscenza e dell’umiltà.

 Raffaella Sbrescia

 

Tosca: Appunti Musicali Dal Mondo all’ Auditorium Parco della musica di Roma

Tosca ph Paolo Soriani

Tosca ph Paolo Soriani

 

E’ on line Il Porto, a mesma musica, il nuovo video di ToscaScritto da Ermanno Dodaro e Massimo Venturiello, il testo di questa canzone (contenuta nel suo ultimo disco Il suono della voce) riadattato dall’artista portoghese Maria Anadon, arriva oggi sul web. Le immagini sono le istantanee di un anno di concerti dell’artista in giro per il mondo. Si parte dalla Roma di Castel Sant’Angelo per arrivare ad Algeri, passando per Tindari e TunisiQuesta canzone è uno specchio della mia curiosità - spiega la cantante - è la melodia del mio pensiero. Il porto è una metafora, come l’inizio di ogni viaggio della vita, di ogni amore, di ogni esperienza. Ecco perché ho pensato di far rappresentare l’inizio di questo mio nuovo periodo artistico a questa canzone. “Artista marinara, artista libera”: conclude parafrasando un vecchio detto genovese “‘Popolo marinaro, popolo libero”.

La canzone fa parte del repertorio che eseguirà il 6 gennaio. Cantante, artista eclettica, ricercatrice musicale e sperimentatrice, venerdì Tosca torna sul palco dell’Auditorium Parco della musica di Roma per raccontarsi in un concerto-evento con tanti ospiti che, nel suo stesso nome, racchiude il senso dell’unicità della serata. Appunti Musicali dal Mondo: confini e sconfini del suono della voce è un progetto che mette il punto e ripercorre le tappe più significative del suo cammino artistico tra sperimentazioni, ricerca e nuovi arrangiamenti e che per la prima volta riunisce alcuni grandi artistinonché suoi eccezionali compagni nelle tappe fondamentali del suo viaggio musicale.

Tra intrecci sonori, abbracci linguistici, lontananze e assonanze, si alterneranno sul palco: il regista della musica Nicola Piovani che l’ha iniziata alla riscoperta delle radici musicali romane; il grande musicista e cultore musicale Gegè Telesforo, che ha conosciuto ai tempi del suo esordio televisivo a Doc condividendo insieme le tappe più importanti della sua gavetta nella banda di Renzo Arbore; Gabriele Mirabassi, con il quale ha in comune l’amore per la musica brasiliana; Joe Barbieri, da Tosca definito il suo corrispettivo  al maschile, autore di alcune delle sue canzoni più significative; Danilo Rea fuoriclasse che con le sue note al pianoforte dipinge ogni canzone; ed infine, l’amico e collaboratore di sempre, Germano Mazzocchetti, sua anima della musica teatrale.

Uno spettacolo di suoni e parole, poetico e vibrante, quasi un “racconto in musica” anche grazie al sapiente utilizzo di lingue molto lontane fra loro, che passa da un fado portoghese a la morna, da una canzone libanese a un tradizionale dei matrimoni Yiddish, da una ballata zingara fino ad approdare alle sponde italiane della musica d’autore e popolare, con uno straordinario omaggio alla canzone romana che da tempo Tosca valorizza oltre i confini laziali. Mi considero una discepola di Gabriella Ferri – racconta - e se faccio questo mestiere lo devo a lei.

Pezzi rari e melodie introvabili, contaminazioni con altre culture intrecciate alle nostre radici, in una serata che per l’occasione abbraccerà anche canti del Natale dal mondo insieme a grandi classici della tradizione italiana e canzoni dal suo repertorio come Il suono della voce, brano scritto da Ivano Fossati che dà il titolo al suo ultimo album.

Il tutto legato da un percorso drammaturgico attraverso le parole di grandi poeti del mondo, creato per l’occasione dal regista Massimo Venturiello.

Video: Il Porto

Parafrasando Pessoa – afferma Tosca - ‘in un momento di sbandamento politico e sociale la musica del popolo ti protegge perché ti fa appartenere, se vuoi’. La mia non è una ricerca filologica, ma una ricerca per affinità artistica dove potevo affondare anche le mie radici. È un’avventura nelle molte anime della canzoneHo scelto brani tra i viaggi che abitualmente faccio due o tre volte all’anno e quelli virtuali che ho compiuto in quasi venti anni di teatro e canzone. Mi sono fatta guidare dall’istinto, dalla bellezza delle canzoni che trovavo e che portavo via con me.

Attenta, appassionata e rigorosa, capace di trovare il giusto equilibrio tra audacia e misura, intensità interpretativa e genuina teatralità, nel tempo Tosca ha dimostrato di essere sempre meno prevedibile e in costante evoluzione. La nobile arte della canzone colta va curata, trattata e custodita, come fossero gioielli di famiglia – dice. E nella sua carriera vissuta tra concerti, teatro e collaborazioni illustri tra cui Ron, Dalla, Buarque, Zero, Morricone, l’artista è rimasta sempre fedele a se stessa; ha forgiato canzoni, lavorando sulla ricerca e sulle emozioni, cercando di trasmettere quel qualcosa in più che solo la musica sa dare.

Un corredo di esperienze disparate, da cui Tosca è riuscita a trarre stimoli sempre nuovi, e che l’hanno resa indiscutibilmente una delle personalità più prismatiche della canzone d’autore italiana, capace di dare vita a differenti “vite artistiche”. Ultima in ordine di tempo, quella di Officina delle arti Pier Paolo Pasoliniinnovativo Laboratorio di Alta Formazione del teatro, della canzone e del multimediale, culla di giovani artisti, un luogo di appartenenza che – conclude – forse può salvare i ragazzi da tante trappole mediatiche. Sono nipote di contadini emigranti, per me la musica e il teatro sono come una terra dove mettere un seme. E aspettare il raccolto… senza passare per OGM di alcun genere…solo tempo, talento e onesta!

Biglietti 20 euro + diritti di prevendita
Info 06-80241281 www.auditorium.com

TicketOnehttps://goo.gl/nfUbRv

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Reflection: un flusso di algoritmi nel nuovo album di Brian Eno

Brian Eno - Reflection

Brian Eno – Reflection

Nei primi giorni del nuovo anno si sa, si tende ad assumere un atteggiamento più riflessivo ed incline a ragionamenti di tipo spirituale. Sarà forse per questo motivo che “Reflection”, il nuovo album pubblicato il 1 gennaio 2017 da Brian Eno, musicisita e pioniere di quella che definiamo musica ambient ed edito dalla Warp su CD, doppio vinile, in streaming e download digitale, si presta particolarmente a questo tipo di ascolto.  Una lunga composizione di 54 minuti racchiude la sostanza di quello che potremmo definire un esempio di “thinking music”, uno spazio provocatorio per il pensiero. Il lavoro di Eno, come ha spiegato l’artista stesso, è stato quello di mettere in atto un gruppo di suoni e frasi per poi dargli alcune regole. Una volta appurato che il sistema fosse funzionante, l’artista ha trascorso diverso tempo a verificare il risultato che si veniva a creare affinando di volta in volta i materiali e le regole sottostanti gli algoritmi. Quello che ne è venuto fuori è quindi il prodotto dell’interazione fra l’input dato dal compositore e i calcoli dati dagli algoritmi.  Suoni scuri e sinistri si avvicendano immersi tra echi e richiami quasi alieni. Un magma fluttuante che diventa praticamente infinito grazie all’app che lo stesso Eno ha inventato insieme a Peter Chilvers  e che si basa proprio sullo stesso sistema di permutazioni di elementi sonori selezionati da un sistema di algoritmi. La app racchiude, quindi, il vero fulcro di “Reflection”. Nell’era dell’individualismo, ecco il manifesto del soliloquio.

Raffaella Sbrescia

 

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