A tre anni di distanza dal successo dell’album “Senza paura”, GIORGIA torna sulle scene discografiche con “ORONERO”, il singolo che anticipa il nuovo omonimo album di inediti dell’artista, in uscita il 28 ottobre(Microphonica/Sony Music Italy). Da oggi 30 settembre sarà inoltre possibile acquistare in preorder su iTunes l’album “Oronero”, ottenendo subito come instant gratification il singolo che dà il titolo al disco. Il nuovo progetto discografico va a consolidare la collaborazione tra Giorgia, conosciuta in tutto il mondo per le sue incredibili doti vocali e la sua potente carica interpretativa, e il produttore Michele Canova, già insieme nei precedenti due album, “Dietro le apparenze” (2011) e “Senza paura” (2013).
Questa la tracklist di “Oronero”: “Oronero”, “Danza”, “Scelgo ancora te”, “Credo”, “Per non pensarti”, “Vanità”, “Posso farcela”, “Come acrobati”, “Mutevole”, “Tolto e dato”, “Amore quanto basta”, “Sempre si cambia”, “Grande maestro”, “Regina di notte”, “Non fa niente”.
GIORGIA incontrerà il pubblico e presenterà il nuovo disco il 28 ottobre al Mondadori Store di MILANO (Piazza Duomo, 1 – ore 18.00), il 29 ottobre a La Feltrinelli di ROMA (Via Appia Nuova, 427 – ore 17.00) e il 5 novembre a La Feltrinelli di NAPOLI (Via Santa Caterina a Chiaia, 23 / Angolo Piazza Dei Martiri – ore 17.00).
Ecco il testo del brano:
Parlano di me
Una donna facile
Con le difficoltà
di un giorno semplice
Parlano di te
Che sei fragile
Ma cammina a testa alta
Senza chiedere
Parlano di lui
Uno stronzo senza fine
Che si perde sotto le prime luci di aprile
Dicono di me che rimarrò da sola
Ma ne tempo ho scelto e so che ne rimarrà una di me
Una di me
Parlano di te che non hai regole
La gente parla quando non ascolta neanche se
Parlano di me che non mi amo davvero
Ma una carezza sul mio viso è il mio primo pensiero
Parlano di noi
Che abbiamo tutti contro
Ma tu sei come me so che rimarrai al mio fianco
Dicono di me
Non sono più com’ero
E questa sono io
E loro sono oro nero
Oro nero
Oro nero
Parlano di te
Un uomo che si perde
Ma dà un abbraccio
Alla vita che poi li protegge
Parlano di lei
Una donna senza cuore
Ma che chiede solamente di trovare amore
Dicono di me che non so consolare
Ma sono qui davanti a te e mi prendo il tuo dolore
Parla un po’ con me
Che sono come te
E le parole sono aria e sanno fare male
Devi saperle usare
Parlano di te
Che non hai regole
La gente giudica e non sa neanche lei perché
Parlano di me
Che non mi amo davvero
Ma una carezza sul mio viso
La vorrei sul serio
Parlano di noi
Che abbiamo tutti contro
Ma tu sei come me so che rimarrai al mio fianco
Dicono di me
Non sono più com’ero
E questa sono io
Non lo voglio l’oro nero
Oro nero
Oro nero
Parlano di te che tu non puoi cambiare
Ma nella vita hai fatto passi per potere amare
Parlano di me
Ci credo per davvero
Le tue parole per me son oro
Basta, oro nero.
Non c’è niente di più difficile che mettersi a nudo mostrando la propria anima senza filtri. Ci è riuscita, e con grande stile, la cantautrice romana Paola Turci e lo ha fatto sul palco del Teatro Menotti di Milano con il monologo (realizzato con Alessandra Rucco, con la regia di Emilio Russo), intitolato “Mi amerò lo stesso”, in scena fino a domani 30/09. Paola porta in scena fragilità, gioie, sogni, paure, esattamente come aveva fatto quando trovò il coraggio di scrivere l’omonima autobiografia che racconta la sua storia. Se è vero che le storie degli altri ci insegnano la nostra, allora vale davvero la pena fermarsi ad ascoltare, commuoversi, emozionarsi, divertirsi immedesimandosi nella ricerca della bellezza o di quel je ne sais quoi che possa renderci unici e speciali. Paola Turci ci rende il compito molto naturale attraverso la sua genuinità, attraverso le sue movenze delicate, attraverso la sua voce così unica e così coinvolgente. Racconta di aver rifuggito a lungo la normalità, di ricercare il bello, di non saper gestire i rapporti amorosi, di aver cercato nuovi stimoli e di averli trovati non solo nella musica ma anche nella recitazione.
Paola Turci Ph. Virginia Bettoja
Il momento più intenso dello spettacolo è il dettagliato racconto di quel terribile incidente, spartiacque della propria esistenza, avvenuto nel 1993: una randellata all’altezza del sopracciglio destro, il cofano accartocciato, il parabrezza in frantumi, sangue sul viso, la bocca piena di detriti. Ogni dettaglio raffiora nitido, sembra quasi di vivere la tragedia attimo per attimo. La compartecipazione è ai massimi livelli. Poi le fasi successive: la disperazione, l’impotenza, la consolazione, il desiderio della normalità, la ricostruzione, la rinascita. Leggerezza e la pesantezza di compenetrano e si completano creando una profonda empatia con il pubblico. Paola Turci si muove tra una miriade di specchi, volteggia e proprio agio in un fulgido abito rosso di seta, incanta la platea cantando prima a cappella, poi accompagnata dalla sua fida chitarra ed è incanto. Il messaggio che si evince alla fine è solo uno: Cerchiamo sempre di vivere con leggerezza, di ridimensionare i nostri problemi e di mostrarci per quello che siamo senza paura.
Giuseppe Peveri torna in scena con “Canzoni per metà”, un album che fotografa l’essenza più intima di una fase esistenziale, la voglia di lasciarsi sospingere da un sogno, l’intimo desiderio di volersi ritagliare uno spazio di leggerezza. Le venti canzoni scritte e cantate da Dente sono poesie ma anche territorio fertile per una ricerca sonora curiosa ed intelligente. Disponibile dal 7 ottobre su tutte le maggiori piattaforme digitali e in tutti i negozi di dischi in formato cd e vinile distribuito da Sony Music Entertainment, “Canzoni per metà” è già dal titolo una chiara dichiarazione d’intenti, un doppio senso che indica da una parte brani dedicati alle “dolci metà” passate, presenti e future di Dente, dall’altra canzoni a volte brevi e dirette e spesso dalla struttura spiazzante tanto da poter sembrare quasi incompiute, ma che incompiute non sono.
Dente ha scritto, arrangiato e suonato ogni singolo brano di “Canzoni per metà” usando strumenti classici e campioni elettronici, mentre per le registrazioni si è affidato al leader degli Zen Circus Andrea Appino che ha registrato e mixato l’album al 360 Music Factory di Livorno. La cover del disco è invece una sirena “al contrario” creata dal grafico e collage artist di Buenos Aires FEFHU. Una “creatura Frankenstein” che parallelamente all’album è formata da parti profondamente diverse, la cui somma dà come risultato finale un quadro straniante ma assolutamente definito e riconoscibile. Dopo dieci anni di carriera Dente dimostra ancora una volta di essere coraggioso, di saper andare controtendenza, di fare musica per il piace di farla arrivando a destrutturare la forma canzone pur mantenendo intatta una solida identità pop: le 20 tracce si snodano tra melodie intime e soffuse che accompagnano storie sentimentali agrodolci, caratterizzate da una poetica pungente, ironica e a tratti crudele.
Intervista
Perché hai scelto questo titolo per il tuo nuovo album e quali sono le principali novità?
Queste 20 canzoni sono state scritte per le metà che ho avuto e che forse avrò. In ogni caso sono scritte per qualcun altro che si possa definire metà per ciascuno di noi. A differenza del mio precedente lavoro, che avevo registrato con la mia band, stavolta ho usato me stesso come performance live. Per la prima volta uso l’elettronica, ci sono pezzi meno miei rispetto al passato ma alla fine non c’è una linea di fondo o un filo conduttore.
Che rapporto c’è tra musica e poesia nella tua scrittura?
La musica ha degli spazi vuoti che la poesia non ha, la mia è una poesia musicata.
Il progetto “Favole per bambini molto stanchi” ti ha spinto a scrivere canzoni brevi?
Forse mi ha inconsciamente aiutato a realizzare questo disco, mi sono sentito legittimato a mettere più canzoncine, mi sono liberato dai paletti. Forse se non avessi scritto quel libro non avrei fatto un disco così.
Come giustifichi la scelta delle canzoni brevi?
Si sta andando sempre più verso il volere del pubblico, non è più l’artista a dettare un gusto. Non mi piace l’idea che gli artisti siano sotto lo scatto del pubblico, ho voluto fare un lavoro più artistico, che rispondesse soprattutto al mio desiderio di fare musica senza canoni né sovrastrutture. Ho sempre scritto canzoni con grande sincerità, in genere sceglievo quelle più particolari. In questo caso ne avevo altre più pop e più fruibili ma non le ho messe. In “Canzoni per metà” ho scelto di non seguire nessuno, voglio stare davanti alla fila.
“L’amore è bello” rappresenta un ricorso storico all’interno del tuo percorso?
In questo disco ci sono molte citazioni sia mie che di altri. Su tutti, il testo di “Canzoncina” è liberamente saccheggiato da “Sad Songs and Waltzers” di Willie Nelson che mettevo sempre in scaletta tanti anni fa all’inizio dei concerti.
E l’artwork?
I testi li ho battuti con una vecchia Olivetti, ho comprato dei vecchi libri usati nei mercatini e ho scritto i testi sopra questi vecchi fogli. Nell’edizione in vinile ci sono anche pezzi di libri e foglietti sparsi. Mi sono divertito molto nel realizzare queste piccole cose.
Dente ph Sebastiano Bongi Tomà
Come ti sei trovato a Livorno?
Non amo gli aneddoti ma mi piace ricordare l’atmosfera sospesa nel tempo di Livorno, un posto veramente affascinante.
Cosa ci dici del progetto “Calamari”?
Si tratta di un progetto al quale partecipo e che intende riportare in auge il bel cabaret. Poco tempo fa ci siamo esibiti alla Balera dell’Ortica a Milano, è stata proprio una bella esperienza.
Come ti definisci musicalmente?
Sono un cantautore. Scrivo e canto le mie cose in base alle mie capacità ma anche in base alle mie possibilità, esattamente così come dovrebbe essere.
Raffaella Sbrescia
Video: Curriculum
Tracklist:
01 Canzoncina
02 Geometria Sentimentale
03 Come Eravamo
04 Attacco E Fuga
05 Cosa Devo Fare
06 La Rotaia E La Campagna
07 I Fatti Tuoi
08 Curriculum
09 Appena Ti Vedo
10 Se Non Lo Sai
11 Senza stringerti
12 Il Padre Di Mio Figlio
13 Ogni Tanto Torna
14 L’ultima Preoccupazione
15 Noi E Il Mattino
16 Impalcatura
17 Le Facce Che Facevi
18 Fasi Lunatiche
19 L’amore Non È Bello
20 Senza Testo? 2.0
DENTE presenterà l’album con cinque IN-STORE nei punti vendita Feltrinelli:
ven 07 ottobre – MILANO – La Feltrinelli, Piazza Piemonte 2 – ore 18.30
lun 10 ottobre – ROMA – La Feltrinelli, Via Appia Nuova 427 – ore 18.00
mar 11 ottobre – FIRENZE – La Feltrinelli RED, Piazza Della Repubblica 26 – ore 18.30
mer 12 ottobre – BOLOGNA – La Feltrinelli, Piazza Ravegnana 1 – ore 18.00
gio 13 ottobre – TORINO – La Feltrinelli, Stazione Di Porta Nuova – ore 18.30
Giovedì 20 ottobre partirà il nuovo TOUR accompagnato da una backing band d’eccezione, i Plastic Made Sofa.
Sono già disponibili le prevendite (date in continuo aggiornamento):
gio 20 ottobre – Brescia – Latteria Molloy bit.ly/DentetktBrescia
ven 21 ottobre – Correggio (RE) – I Vizi del Pellicano
sab 22 ottobre – Livorno – The Cage bit.ly/DentetktLivorno
sab 29 ottobre – Rovereto (TN) – Smart Lab bit.ly/DentetktRovereto
lun 31 ottobre – Molfetta (BA) – Eremohttp bit.ly/DentetktMolfetta
mar 01 novembre – Sant’Egidio alla Vibrata (TE) – Deja Vu
sab 05 novembre – Napoli – Lanificio 25
mer 09 novembre – Milano – Magnolia bit.ly/DentetktMilano
gio 10 novembre – Torino – Hiroshima Mon Amour bit.ly/DentetktTorino
ven 11 novembre – Genova – Teatro dell’Archivolto bit.ly/DentetktGenova
sab 12 novembre – Padova – Mame bit.ly/DentetktPadova
gio 19 novembre – Foligno (PG) – Supersonic
ven 18 novembre – Roma – Monk bit.ly/DentetktRoma1 – bit.ly/DentetktRoma2
sab 19 novembre – Bologna – Locomotiv bit.ly/DentetktBologna
mar 22 novembre – Bolzano – Teatro Cristallo bit.ly/DentetktBolzano
mer 23 novembre – Saluzzo (CN) – Teatro Politeama
sab 26 novembre – Firenze – Flog
mer 30 novembre – Parma – Mu
ven 02 dicembre – Bergamo – Druso bit.ly/DentetktBergamo
gio 08 dicembre – Palermo – Candelai bit.ly/DentetktPalermo
ven 09 dicembre – Messina – Retronouveau bit.ly/DentetktMessina
sab 10 dicembre – Catania – Ma bit.ly/DentetktCatania
gio 15 dicembre – Fontanafredda (PN) – Astro Club
ven 16 dicembre – Verona – Pika bit.ly/DentetktVerona
sab 17 dicembre – Ravenna – Bronson bit.ly/DentetktRavenna
Dopo il successo riscontrato da “Santeria”, l’album che ha messo insieme due teste di serie come Marracash e Guè Pequeno. Concepito, scritto e registrato tra Spagna, Brasile e Milano, l’ambizioso progetto continua la propria naturale evoluzione con un tour prodotto da F&P. Traendo spunto dalla fertile ricerca artistica di entrambi i rapper, ormai amici da più di 15 anni, il tour declinerà dal vivo i contenuti e la forza espressiva del disco facendo leva anche sulla scenografia e sui contenuti visivi realizzati ad hoc da Armando Mesìas, l’artista colombiano che ha già curato tutte le grafiche di questo progetto. A parlarcene sono proprio i diretti interessati.
Intervista
Come mai avete scelto di fare un tour insieme?
Questo disco nasce da un’amicizia pluriennale. Avevamo in mente da tempo di realizzarlo per cui è venuto fuori in modo molto naturale. Questa è la forza di un disco in cui ci siamo divertiti molto. Lo abbiamo concepito senza pressioni e senza velleità di dover raggiungere un grande pubblico a tutti i costi.
In che senso di tratta di un disco cinematografico?
Un disco in coppia rende più facile incarnare un personaggio. L’idea è quella di proseguire questo racconto anche nel live portando in scena un vero e proprio film. Vorremmo raccontare una storia, romanzare le tappe, ci saranno visuals e musica correlati tra loro. Non avremo una band con noi, il nostro obiettivo sarà quello di fare immedesimare lo spettatore nel racconto.
Come vivete la collaborazione con F&P?
Questo per noi è un upgrade, una novità, una bella sfida. Daremo il massimo trasponendo le vicende che raccontiamo dallo schermo allo stage.
Quali sono i vostri riferimenti?
Per quanto riguarda l’idea del tour in coppia ci siamo ispirati a Jay Z e Kanye West anche se il loro show era molto più simile ad una videoinstallazione, non c’era una trama. Per quanto riguarda i riferimenti cinematografici, guardiamo film insieme fin da quando eravamo ragazzini. Su tutti, i gangstamovie: Scarface, Goodfellas, Carlito’s Way, Tarantino. Siamo legati a filo rosso a questo genere ma abbiamo anche la credibilità di poterci ispirare a questi film; questo è il nostro pane quotidiano. Abbiamo un vissuto, un background ed un percorso individuale molto vicino a questo mondo. Noi abbiamo sempre parlato di argomenti scomodi, lo facciamo dalla fine degli anni ’90. Sarà anche per questo che la nuova ondata trap terrà noi come punti di riferimento.
Approfondiamo la questione…
All’epoca i temi delle nostre canzoni erano considerati da emarginati, la gente non era abituata a sentire certe cose, abbiamo italianizzato gli stilemi della cultura hip hop. Si tratta di una struttura comunque circolare visto che gli americani all’epoca si ispirarono all’immagine del mafioso italiano.
Marra/ Guè – Santeria live tour
Che brani metterete in scaletta?
Ovviamente porteremo “Santeria” in tour quasi nella sua totale interezza. Ci sarà comunque un espediente narrativo che ci consentirà di avere dei momenti da solisti. Cercheremo di far convivere tutto al meglio in quello che sarà uno show completo.
Ci saranno degli ospiti?
Non lo escludiamo ma non è questo il punto focale. Certo, se guardiamo gli show americani fa figo vedere gli special guests a sorpresa. Sarebbe bello proporre dei remix con artisti particolari ma non abbiamo bisogno di basare lo show sull’ ospite.
Che pubblico vi aspettate?
Guè: Diventando maturo mi sto accorgendo con piacere di avere un pubblico eterogeneo. Lavoro molto nei club, ci sono ancora dei pregiudizi storici verso un genere che all’estero viene masticato da almeno 30 anni sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori. Qui il rap pare sempre roba per bambini. Nel nostro caso abbiamo un feedback misto, spesso anche proveniente da colleghi e la cosa ci piace parecchio. Ben vengano i teenagers perché vuol dire che siamo di tendenza, in ogni caso ci aspettiamo un pubblico vario.
Marracash: Con il mio album “Status” avevo conquistato una fetta di più pubblico più adulto, con “Santeria” è arrivato un pubblico più giovane. In ogni caso credo che quando hai costruito una carriera con della “cicca” riesci sicuramente a portarti dietro un pubblico eterogeneo.
Cosa ne pensate dei nuovi rappresentanti del mondo rap?
Ben vengano i ragazzi che hanno riportato in auge la questione dell’immaginario urbano con metriche nuove, basi nuove. La differenza tra l’Italia e l’estero è che nel mondo gli artisti urban si estremizzano, sono in Italia invece si finisce sempre per “merdizzare” la musica ammorbidendola. Un altro punto a favore della nuova corrente sta nel portarsi dietro la crew facendo diventare la musica un lifestyle a 360 gradi, questa è una cosa molto hip hop. Certo, i video sono molto belli ma si basano su quelli che ormai sono diventati canoni internazionali.
Che rapporto c’è tra i bambini e il rap?
In Italia non c’è un’industria musicale pensata per i bambini. La conseguenza diretta è che questi ultimi prendano spesso il rap come modello. Certo, se avessimo 8 anni non ci metteremmo ad ascoltare del pop melenso come quello dell’Amoroso. Qui si finisce per ascoltare Cristina D’Avena o del rap all’acqua di rose come quello di Moreno con dei contenuti meno complessi da metabolizzare o comprendere. Poi ci sono Benji & Fede ma loro occupano giustamente il proprio posto più che altro è triste che ci siano anche alcuni rapper ad occupare quel posto lì.
“Love Life Peace” è il nuovo album di inediti di Raphael Gualazzi prodotto e arrangiato da Matteo Buzzanca. Questo terzo lavoro (Sugar Music), il cui packaging riproduce un pianoforte componibile come un puzzle tridimensionale, mette in evidenza tutti i punti forti di un artista che conferma di essere un grande ricercatore sia a livello testuale che sonoro. Dopo l’entusiastico riscontro ricevuto dal singolo “L’estate di John Wayne”, Gualazzi torna in scena e lo fa in grande stile presentando il nuovo album al Blue Note di Milano; il tempio di quel jazz di cui Raphael si confessa innamorato ormai da sempre. R’n’B, Jazz, Pop, Pop-Rock, Funk, British Soul, s’incontrano, s’’incrociano si fondono in questo full lenght cantato un po’ in italiano, un po’ in inglese svelando echi e richiami vintage risalenti agli anni ’60, ’70. Amore, vita e pace sono i grandi temi affrontati e messi in rilievo da Gualazzi che trova anche il modo di spaziare tra la tradizione siciliana e leggende di New Orleans nella sorprendente “Mondello beach”. Atmosfere cupe e fumose dipingono i contorni della ballad incentrata sul tema della solitudine “All Alone”. Decisamente ben riuscito il duetto con Malika Ayane sulle note di “Buena Fortuna”, trait d’union tra musica pop e bossanova. La scrittura di Gualazzi si alterna tra brani molto intimi ed altri più spensierati lasciando allo spirito il tempo di prendere fiato tra un’apnea emotiva e l’altra. Tra i brani più belli del disco c’è “Splende il mattino”: una dolcissima poesia purpurea e bluastra al contempo. Fascinosa e suadente l’’anima groovy di “Disco ball”, estrosa e godibilissima la bonus track “Pinzipo”, firmata insieme a Paolo Buonvino per la famosa serie tv “Tutto può succedere”.
Intervista
Cosa racchiudi nel titolo di questo tuo nuovo lavoro?
Ho scelto un titolo semplice che potesse mettere in rilievo delle tematiche importanti: amore, vita, pace. Questo progetto intende rappresentare una tappa importante del mio percorso artistico ma anche concentrarsi su quello che ci accade intorno. C’è bisogno di un messaggio semplice ma concreto.
La tracklist è molto variegata: si va da brani d’autore a composizioni jazz, ai ritmi latini…
La mia impostazione è sempre stata eclettica, direi fin dai primi passi del mio percorso. Questo album si apre a nuove sonorità che non avevo mai affrontato prima. Il mio approccio è stato sempre aperto rispetto ai temi popolari. Il jazz si ispira alla musica popolare, viceversa la musica popolare deriva dal filone del jazz a cui mi sono appassionato tanti anni fa: lo straight piano, molto fruibile e danzabile.
Cosa volevi raccontare nel brano “L’estate di John Wayne?
Per questo brano devo ringraziare Matteo Buzzanca, Colapesce e Alessandro Raina. Io ho solo fatto delle piccole modifiche ad un brano che era già stato realizzato su misura per me.
“Mondello Beach” risulta piuttosto inaspettata…
Io e Matteo abbiamo voluto creare un legame tra sonorità della musica popolare e quella di New Orleans. Un modo per ricordarci che il primo disco jazz è stato realizzato proprio da un siciliano.
Ascoltando l’album, si sente che l’hai concepito pensando soprattutto al live. Confermi?
Dal vivo mi diverto molto. Prescindendo dalla scelta produttiva che ha raggiunto un ottimo risultato, le composizioni mi hanno dato soddisfazione. Durante i concerti siamo in 7 a suonare, ci sarà un interplay diverso tra gli strumenti, si tratterà comunque di un’evoluzione naturale per un musicista jazzofilo come me.
Raphael Gualazzi – Love Life Peace
Come è avvenuto l’incontro con Buzzanca?
Matteo è venuto a sentirmi insieme alla sua compagna quando ero in concerto a Palermo. Poco dopo mi ha proposto un brano che, già nella sua primissima versione, mi ha colpito subito; stiamo parlando di “Splende il mattino. Dopo esserci trovati in linea anche con un altro brano, abbiamo deciso di seguire insieme tutta la produzione del disco con grande energia.
Nel disco ci sono tanti riferimenti agli anni ’70. Cosa ti ha ispirato?
Stiamo attraversando un periodo particolare nel mondo della musica, molto simile a quello che era il manierismo in arte, si prendere ispirazione dai grandi maestri. Non ho conosciuto Fellini ma i suoi film sono immortali. Cito sempre “Amarcord” di cui ho rivisitato la colonna sonora. Personaggi come lui riportano in vita immagini della nostra cultura, così unica, così speciale.
Uno dei brani più allegri è “Buena Fortuna” scritto con Gino Pacifico e cantato con Malika Ayane. Cosa ci racconti di questa canzone?
Trovo che rappresenti un trait d’union tra la musica pop e la musica brasiliana, intesa come bossanova con sapori di samba. Il duetto con Malika era semplicemente la cosa migliore da fare per percorrere al meglio questo tipo di melodie.
“Love life peace” è il tuo sguardo sul mondo. Ti senti più vicino all’estero?
In verità penso sia necessario rimanere proiettato sia in Italia che all’estero, così come ho sempre fatto. Devo farlo per due ragioni: la musica si deve nutrire di sonorità sempre nuove e deve interagire con altre realtà. La scelta dell’inglese deriva dalla matrice della musica a cui mi sono ispirato. Sono stato a New Orleans recentemente e ho fatto tante jam sessions con molti musicisti; è stato davvero divertente!
Gioco e passione, classe e carisma. Sono queste le caratteristiche che fanno di Ornella Vanoni garanzia di qualità. Lei, emblema leggendario di un modo di fare musica sempre più raro, è stata protagonista di uno degli ultimi appuntamenti del Pomigliano Jazz Festival con uno straordinario concerto all’Anfiteatro Romano di Avella. Questa sua ultima avventura live s’intitola “Free soul” e racchiude un pò tutti i momenti fondamentali della carriera e della vita personale di Ornella. Un’occasione di incontro con l’artista senza alcun filtro, forse per questo ancora più preziosa e gradevole.
La photogallery del concerto a cura di : Anna Vilardi
Ornella Vanoni – Pomigliano Jazz Festival ph Anna Vilardi
Ornella Vanoni – Pomigliano Jazz Festival ph Anna Vilardi
Ornella Vanoni – Pomigliano Jazz Festival ph Anna Vilardi
Ornella Vanoni – Pomigliano Jazz Festival ph Anna Vilardi
Ornella Vanoni – Pomigliano Jazz Festival ph Anna Vilardi
Ornella Vanoni – Pomigliano Jazz Festival ph Anna Vilardi
Ornella Vanoni – Pomigliano Jazz Festival ph Anna Vilardi
Ornella Vanoni – Pomigliano Jazz Festival ph Anna Vilardi
Ornella Vanoni – Pomigliano Jazz Festival ph Anna Vilardi
Ornella Vanoni – Pomigliano Jazz Festival ph Anna Vilardi
Luciano Ligabue rinnova l’incantesimo. Allo stesso modo di come farebbe un pifferaio magico l’artista ha chiamato a raccolta centinaia di migliaia di persone al Parco di Monza per la speciale maratona rock da lui stesso denominata #Ligarockpark. Un doppio appuntamento sold out che ha messo un’intera cittadina in mobilitazione per accogliere al meglio il popolo di Ligabue che, anche stavolta, non ha esitato a rispondere con entusiasmo alla chiamata del rocker di Correggio. Organizzazione impeccabile per quello che ha voluto rappresentare un vero e proprio rito di conciliazione con la più autentica bellezza umana. Il Liga Rock Park è un percorso fatto a tappe, un viaggio psico-emotivo in grado di annullare le differenze, un’esperienza in cui le parole di Ligabue sono come i fari e i suoni della sua band sono il dolce miele prodotto da un alveare in continuo fermento.
Luciano Ligabue – Liga Rock Park – Parco di Monza
Ad aprire la scaletta del secondo dei due concerti di Monza è “Urlando contro il cielo”: uno squarcio nel cielo di Monza per ribadire che ci siamo. Ci hanno creati tutti sbagliati eppure non ci stanchiamo di cantare “Libera nos a Malo”: giù le mani, giù i pensieri (almeno per una volta, se ci riusciamo). Il terzo brano in sequenza è “Il giorno dei giorni”. Ligabue è concentrato, attento ad ogni dettaglio; solo dopo le prime tre canzoni, comincia a sciogliersi: «Siamo felicissimi di essere qui. Stasera fa un freddo boia, proviamo a scaldarci insieme perché se c’è una cosa che non possiamo fare è avere paura (sia del freddo che in generale)»; l’intro perfetta per una versione calda e vibrante di “Niente paura”, per l’appunto. “Guai a chi ci sveglia”, canta Ligabue in “Sogni di rock’n’roll” svelando il nostro più recondito desiderio di una vita sempre più viva, sempre più piena mentre “cerchiamo solo di non morire”.
Noi, particolari di un quadro generale che vorrebbero ma non possono ignorare, siamo la vergogna che fingiamo di provare. Luciano Ligabue mette insieme i tasselli dell’identità socio-culturale contemporanea in modo assolutamente lucido ed incontrovertibile; un mosaico perfetto in cui ciascuno di noi può tranquillamente ritrovarsi. Con il sopraggiungere di “Questa è la mia vita”, il rocker scende in passerella arrivando oltre la metà del Pit Bar Mario per potersi godere ogni sorriso, ogni squardo, ogni lacrima spesa per lui. Liga Rock Park è anche l’occasione per conoscere tre degli inediti che faranno parte di “Made In Italy”, il nuovo album che Ligabue pubblicherà il prossimo 18 novembre. Il primo proposto in scaletta è “La vita facile”, un attento bilancio esistenziale tra aspettative e rimpianti. Occhi arrossati e volto teso per “Lettera a G”: «Questa è una canzone che per me non è mai facile cantare, spero che mi aiuterete cantandola insieme a me»; così è stato.
Luciano Ligabue – Liga Rock Park – Parco di Monza
Molto intenso il secondo inedito “Ho fatto in tempo ad avere un futuro (che non fosse soltanto per me): nonostante le ripetute delusioni politiche ed esistenziali, il protagonista del brano è comunque felice di averci creduto fino alla fine. L’arrangiamento della canzone in questione rivela una nuova ricerca sonora da parte di Ligabue: una elegante intro al piano, un mood jazzato accompagnato da una batteria funky e da un imponente giro di basso rende l’impianto strutturale dell’arrangiamento molto personale. “C’è sempre una ragione per brindare, per restare o continuare o scivolare sempre sugli stessi sbagli al limite dei sogni”, canta Ligabue, trovando, ancora una volta, il pieno consenso dei fan stupiti ed ammaliati dalla sua capacità di saper raccontare di se stesso ma anche di ciascuno di noi.
La rivisitazione più bella è quella di “Piccola stella senza cielo”: citazioni delle più grandi pietre miliardi del rock mondiali e inserti strumentali ai fiati sono i momenti che hanno impreziosito ancora di più uno di quei brani di cui non ci stancheremo mai. Molto particolare il set acustico durante il quale Ligabue, insieme a tutta la sua band (Federico Poggipollini e Max Cottafavi alle chitarre, Luciano Luisi alle tastiere, Davide Pezzin al basso, Michael Urbano alla batteria) ha voluto cucire una nuova veste chitarristica ad alcune delle sue canzoni: “Metti in circolo il tuo amore”, “Non è tempo per noi”, “Lambrusco & Pop Corn” sono stati i brani designati. Di grande impatto il matrimonio strumentale tra le chitarre acustiche ed i fiati di Massimo Greco (tromba e flicorno), Corrado Terzi (sax baritono) ed Emiliano Vernizzi (sax tenore e sax soprano). Apparentemente goliardico il testo del terzo inedito in scaletta, intitolato “Dottoressa” è, invece, la richiesta di aiuto di un uomo alla deriva. La classic hard-rock version de “Il muro del suono” è sempre vincente, straziante come di consueto “Il giorno di dolore che uno ha”, liberatoria e necessaria “Balliamo sul mondo”.
Luciano Ligabue – Liga Rock Park – Parco di Monza
Il finale si districa tra classici irrinunciabili come “Tra palco e realtà” e “Certe notti” lasciando spazio al nuovo “G come Giungla”. Il cerchio si chiude con una magica versione acustica di “Urlando contro il cielo”: l’istantaneo fotogramma di un’umanità sempre più confusa eppure sempre più aggrappata alla vita. Il viaggio di Ligabue si conclude con una solenne promessa: «Grazie di cuore per esserci stati. So che molti di voi si sono fatti il mazzo per venire fino a qui. Tenetevi pronti perché l’anno prossimo verrò a trovarvi casa per casa. Non è una minaccia è un appuntamento». Ancora una giro di saluti e via tra i sentieri oscuri del meraviglioso Parco di Monza per una nuova avventura tutta da vivere.
E’ un piacere ritrovare gli Ottavo Richter grazie al loro ultimo lavoro discografico intitolato “GIF”, pubblicato su etichetta Egea Music. Registrato, mixato e masterizzato da Alessandro Sicardi, il disco si compone di 14 tracce e vanta la partecipazione di Fabrizio e Mauro Settegrani, Gnut, Gianluigi Carlone della Banda Osiris e della Redazione di Caterpillar. La formula proposta è ormai quella collaudata: una corposa e trascinante sezione fiati si affianca ad una ritmica sostenuta e variegata. Gli Ottavo Richeter si destreggiano, infatti, tra funk, jazz, ska. I testi, ricercati e particolarmente congeniali ai tempi che corrono, si muovono a cavallo tra ironia, sarcasmo e sentimentalismo minimale. Allegro e scanzonato, intelligente e lucido al contempo “Gif” si muove nel mondo contemporaneo portandosi dietro un ricco bagaglio di spunti, echi, richiami ed influenze. Se dal punto di vista sonoro gli Ottavo Richter si confermano una garanzia di qualità non accade lo stesso con la parte cantata, qualche scivolone di troppo guasta l’atmosfera in più di un episodio abbassando il livello di un progetto che dimostra di avere in ogni caso molto da raccontare.
I brani da non perdere: l’intensa “One man, One girl”, l’esilarante “Oroscopo” e la godibilissima cover di “Telefona” degli Squallor.
Raffaella Sbrescia
La Tracklist: 1. Non esiste, 2. Mi piace, 3. In via Galilei, 4. One man, one girl, 5. Cara dipendenza, 6. Ho voglia di te (ft. Fabrizio e Mauro Settegrani), 7. Il dottor B., 8. Telefona (ft. Gnut), 9. Nuvole, 10. Prima di regalare pensa (ft. Gianluigi Carlone), 11.Non fare la bestia, 12. Oroscopo, 13. Tipi Caterpillar ft. Redazione Caterpillar), 14. El salsa de lo skorpyón.
Venerdì 23 settembre esce “Volando al contrario”, il primo album di inediti di GIÒ SADA, vincitore di X Factor 2015. Ci sono voluti 9 mesi per dare vita a quello che potremmo definire un sogno lucido, un progetto curato in ogni dettaglio in grado di rappresentare al meglio il mondo sonoro di un giovane artista dalle idee ben chiare. “Volando al contrario” si presenta come un atto di coraggio e di ambizione: prendersi del tempo per restare fedeli a se stessi senza snaturare la propria identità. L’album si articola in 12 tracce, alcune composte già prima dell’ingresso di Giò nel programma, altre nate nel corso dei tour, altre ancora integralmente composte e arrangiate dopo la fine del talent. Ogni sfumatura della sua personalità artistica trova il proprio spazio, attraversando diverse sonorità e atmosfere: da una dimensione pop a una più rock, passando per una vena più autenticamente cantautoriale. I brani sono stati scritti e composti da Giò insieme alla sua band BariSmoothSquad, al compositore Stefano Milella dei Fabryka / Big Charlie e a Matteo Palieri (aka Ganzo); la produzione è stata invece affidata a due teste di serie del panorama musicale italiano, Luca Rustici e Luca Chiaravalli.
Intervista
Bentornato Giò Sada. Raccontaci come mai hai scelto di aspettare così tanto per questo primo lavoro discografico.
Io e la mia band veniamo da una scuola musicale di un certo tipo: la gavetta che abbiamo fatto e le persone con cui abbiamo lavorato e condiviso questo percorso sono molto attente alla qualità del lavoro, dei suoni e dei testi. L’idea di partecipare ad X Factor è stata una provocazione. In un primo momento il nostro obiettivo era quello di far penetrare il nostro mondo in un altro mondo e studiarne le dinamiche. Io vi ho partecipato con l’idea di fare un percorso completamente diverso. Capisco il rischio che il pubblico non capisca certi ragionamenti però credo che abbiamo un valore, siamo degli artigiani, una sorta di orto biologico, abbiamo dedicato il nostro tempo a queste canzoni e sono convinto di questa scelta. Penso che, se avessi seguito le tappe di un percorso standard, non avrei dato quello che volevo. Non ho cercato la smania del successo e dell’apparire, la musica non è quello, so che ci sono persone che si dedicano alla musica per un altro motivo ma non è questo il caso.
Ti aspettano due date in America. Come le vivrai?
Voglio suonare e farlo il più possibile. In America terrò due concerti chitarra e voce, un po’ alla Bob Dylan. Finora non sono mai uscito dal continente, ho sempre detto che se fossi andato in America, ci sarei andato per suonare e così sarà
Quali sono le tue influenze musicali?
Credo che non ci sia un genere in particolare da seguire, mi piace l’attitudine rock e non solo nella musica. Non voglio limitarmi nello sperimentare, fin da bambino sono stato abituato ad ascoltare tutta la musica anche se il punk rock è stato la mia scuola. All’interno di questo progetto ci siamo lasciati contaminare insieme ai produttori.
E per quanto riguarda la parte grafica e fotografica del disco?
Le grafiche sono di Jonny Egon, le foto del booklet sono state realizzate da Daniele Notaristefano che ha recentemente ritirato un premio al Moma di New York. Ho voluto coinvolgere le maestranze locali che, per motivi geografici, forse non avrebbero avuto l’opportunità di partecipare ad un progetto del genere.
Quanto e come ti ha seguito il pubblico in questi mesi?
Nel corso del tempo si è creata una famiglia on line, il cui nome è Baell family. Le persone si sono appassionate moltissimo alla nostra visione artistica e al nostro modo di fare. In questi mesi abbiamo suonato tanto, in ogni instore ci siamo esibiti riscontrando un grande supporto da parte del pubblico. La cosa più bella è stato vedere come molti non si aspettavano che facessimo musica in modo diverso da quello che pensavano.
Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato?
Questo è un progetto in cui ci siamo buttati a spallate, ci siamo trovati in una situazione che non conoscevamo e in cui dovevamo ambientarci. Una volta inquadrata la direzione, abbiamo intrapreso la strada nel modo che ci era più congeniale. Non ho alcun piano B, o faccio musica o mi arrangio.
Giò Sada – ph Daniele Notaristefano
Visto che in questo album ci sono testi risalenti a diversi momenti della tua vita, come è cambiata la scrittura nel tempo?
Ogni canzone è figlia del momento in cui stavo scrivendo. Tutto nasce dall’improvvisazione poi, così come avviene in teatro, c’è un regista che scrive una partitura. Le mie canzoni nascono spesso quando mi sento insofferente. Le prime volte mi arrabbiavo e mi isolavo, ora invece ho capito che il momento dell’insofferenza è proprio quello perfetto per scrivere. All’inizio non è semplice capire il significato di ciò che hai scritto, tutto prende forma con calma e acquisisce una propria identità. I testi sono parte integrante delle canzoni, spesso si scrive per assecondare la musica, io invece credo che ci voglia lo stesso grado di interazione tra musica, testo e voce.
Vieni da una famiglia di artisti, quando hai capito che la musica era la tua strada?
Da bambino ho ascoltato un’infinità di roba. Ho ascoltato veramente di tutto ma se devo citare un artista, nomino Eric Clapton, lui è il mio preferito.
Che valore ha il brano “Ciò che lascio”?
Si tratta della prima canzone che ho registrato in vita mia. Avevo 19 anni e all’epoca il brano ebbe un buon riscontro, ben 10 etichette ne realizzarono 1000 copie, un fatto assolutamente straordinario per me. Da lì è iniziato tutto.
E la scelta di incidere “Il rimpianto di te” in questa magica versione piano e voce?
Questa è la vera dimensione di questa canzone. Io ed Ernesto Vitolo l’abbiamo registrata in un momento di grande intesa e senza metronomo. Ho voluto modificare il testo in “le mie battaglie morali” per poter lanciare un messaggio preciso: mi sono conquistato il diritto di fare un disco in questo modo.
In che senso?
Ho voluto cambiare le regole del gioco, dare un’impronta nuova, creare un precedente che potesse dare anche ad altri la stessa possibilità. Proponiamo musica che è artigianato non è roba da supermercato.
Qual è il tuo contesto congeniale?
Il live è la situazione più “cicciotta”. Mi piacciono i concerti che propongono ricchi muri di suono e lì che mi ritrovo al meglio. Dopo i concerti non mangio mai, mi ci vogliono un paio d’ore per smaltire l’adrenalina in circolo.
In questo album convivono diverse anime. In un brano come “Lago”, ad esempio, emerge una sfaccettatura inedita della tua voce…
Il mio amico Matteo Palieri ha scritto un giro di accordi mentre ero ad X Factor. In quel periodo non potevamo sentirci e così ne è venuta fuori questa canzone che verte sul tema dell’amicizia.
Che importanza ha per te il tempo?
Si tratta di una filosofia di vita. Tenere in considerazione di passato rappresenta un valore aggiunto per mantenere un’integrità psicologica nel nostro presente.
Cos’è che manca, secondo te, per il vero salto di qualità?
Sicuramente la predisposizione mentale all’autoanalisi. Anche per questo motivo ho voluto partecipare ad X Factor e penso che anche Manuel Agnelli sia lì per lo stesso motivo. Trovo che sia giusto diffondere il concetto secondo cui sei tu che cambi il mezzo e non il mezzo che cambia te. Non si può fare un disco in due mesi, sarebbe come far crescere l’insalata con il diserbante.
Giò Sada – ph Daniele Notaristefano
Come sarà il tuo nuovo tour e cosa metterai in scaletta?
Adoro il live perché posso fare praticamente quello che voglio. Ovviamente ci saranno tutti i pezzi del disco con diverse intro ed outro, inseriremo anche cose inedite strumentali e ci divertiremo un mondo. A dirla tutta non vedo l’ora di mettermi a lavorare al prossimo disco!
Cosa di dici dell’iniziativa “Nowhere Stage”?
Si tratta di live destrutturati in cui ci mettiamo in gioco senza limiti. Recentemente siamo stati alle Grotte di Castellana, prossimamente ne vorremmo fare uno su un peschereccio. Mi piace l’idea di costruire una colonna sonora che si sposi con il contesto in cui nasce. Che bello poter suonare ovunque!
Raffaella Sbrescia
Questa la tracklist del disco: Volando al contrario, Sogno lucido, Una crepa, Lago, Deserto, Esistente, Sto bene anche da solo, You should have called me, Ciò che lascio, Isola, Il rimpianto di te, Come away with me
Tour instore
Venerdì 23 settembre
BARI - La Feltrinelli (Via Melo 119, ore 15:00)
LECCE - La Feltrinelli (Via Templari 9, ore 18:00)
Sabato 24 settembre
SALERNO - La Feltrinelli (C.so Vittorio Emanuele 230, ore 14:00)
NAPOLI - La Feltrinelli (Stazione Centrale Piazza Garibaldi, ore 17:00)
Lunedì 26 settembre
ROMA - Discoteca Laziale (Via Mamiani 62, ore 16:00)
LATINA - La Feltrinelli (Via A. Diaz 10, ore 18:30)
Mercoledì 28 settembre
VARESE - Varese Dischi (Via Manzoni 3, ore 15:00)
MILANO - La Feltrinelli (Piazza Piemonte, ore 18.00)
Giovedì 29 settembre
TORINO - Mondadori Megastore (Via Monte di Pietà 2 ang. Via Roma, ore 17:00)
Pietre miliari del rock, creatori della colonna sonora di una generazione di giovani ribelli, pionieri del movimento punk, fautori di un’identità per i giovani britannici, nonchè creatori della rock opera, i mitologici Who tornano a Milano a distanza di 49 anni da quel lontanissimo 25 febbraio del 1967 al Palalido in occasione del “Back to The Who tour”, ovvero l’imperdibile avventura live che celebra il cinquantennale dei primi cultori di quel caos ribelle di cui avremmo tanto bisogno oggi. L’atmosfera al Mediolanum Forum era di quelle celebrative fin dalle prime ore del pomeriggio, il concerto, iniziato con dieci minuti di anticipo alle 20.53, è stato subito ricco e vibrante. Muri di suono, pose iconiche, grafiche e visuals hanno ridisegnano per filo e per segno i tratti peculiari della storica band inglese che, ad oggi, schiera la mente, il chitarrista Pete Townshend, la voce, Roger Daltrey, con una sezione ritmica composta da Pino Palladino al basso e da Zak Starkey, figlio di Ringo Starr, alla batteria.
The Who – Back to the Who tour – Mediolanum Forum
Con un concerto della durata di due ore, i The Who hanno idealmente ripercorso tutte le tappe miliari della loro storia passando dagli album più venduti come Tommy,QuadropheniaeWho’s Next a gioielli singoli come The Kids Are Alright o la struggente Behind Blue Eyes ma soprattutto di essere ancora in grande forma.Il finale è davvero incendiario con le potentissimeBaba O’RileyeWon’t Get Fooled Again. Nessun bis, così come da tradizione, ma tanta tanta emozione e gratitudine per aver avuto il privilegio di poter conoscere dal vivo artisti di una pasta che forse non esiste più.
Raffaella Sbrescia
Video: presentazione della band e saluti finali
Setlist
“Can’t Explain”
“The seeker”
“Who Are You”
“The Kids Are Alright”
“I Can See For Miles”
“My Generation”
“Behind Blue Eyes”
“Bargain”
“Join Together”
“You Better You bet”
“5:15″
“I’m One”
“The Rock”
“Love Reign O’er Me”
“Amazing Journey”
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