Kevin Finnan Photo Dan Tucker
Con il titolo Corpi e confini Oriente Occidente 2016 continua il suo percorso di intreccio e connessione tra arte coreutica e fenomeni sociali, affrontando un viaggio di conoscenza della vita, della sua genesi e della sua finitezza.
Corpi e confini. Corpo che riempie lo spazio. Corpo che riflette il suo tempo, lo spaesamento intimo e collettivo, i processi di migrazione, le eterne lotte di cultura e credenze, lo sradicamento della globalizzazione. Corpo che nel suo mutare di localizzazione crea nuovi territori e sempre nuovi confini, geografici, politici, simbolici. Questa trentaseiesima edizione va alla ricerca di storie che prendono forma e vita in terre lontane o nelle pieghe del quotidiano, nell’incontro con l’altro o con la narrativa atemporale di Shakespeare, le vicissitudini di Pablo Picasso e le criticità dei sobborghi afroamericani di Pittsburgh e dei ghetti di Johannesburg.
Apre la manifestazione uno degli artisti contemporanei più significativi ed eclettici: Jan Fabre (31 agosto-Teatro Zandonai-ore 20,30). In Attends, attends, attends… (pour mon père), assolo dedicato al suo danzatore–feticcio Cédric Charron con cui collabora dal 2000, Jan Fabre affronta il confine terreno per eccellenza: la morte. Evocata nella convinzione che possa rivelare meglio la vita.
Nella stessa giornata due prime nazionali e coproduzioni del Festival nell’ambito del progetto CID Cantieri a sostegno delle nuove generazioni di autori: I would like to be pop di Davide Valrosso e Il coraggio di stare di Tommaso Serratore (31 agosto-Auditorium Melotti-ore 18)
Si prosegue con Romeo & Juliet / Rebellion & Johannesburg, moderna interpretazione di Romeo e Giulietta avente come scenario la subcultura giovanile di Johannesburg, della coreografa sudafricana attiva a Berlino Jessica Nupen (2 settembre-Auditorium Melotti-ore 20,30) . Sei uomini e due donne di Moving Into Dance Mophatong, la più importante e longeva compagnia professionale del Sudafrica, offrono la loro fisicità e abilità nell’alternare la danza contemporanea alla street dance.
Varcando i confini geografici si incontrano i corpi liberi, che sprigionano emozioni universalmente riconosciute, messi in azione da Ohad Naharin (3 settembre-Teatro Zandonai-ore 20,30) per la sua Batsheva Dance Company, la compagnia più importante d’Israele. Strutturata in tre parti: Bellus, Humus e Secus, Three incarna l’essenza della sua poetica e la forza contagiosa della sua danza.
Si prosegue con L’ultima madre di Carla Rizzu e Casual Bystanders di Salvo Lombardo (6 settembre-Auditorium Melotti-ore 20,30), entrambe prime nazionali e coproduzioni del Festival nell’ambito del progetto CID Cantieri a sostegno delle nuove generazioni di autori.
Direttore del Centre Chorégraphique National de La Rochelle dal 2008, Kader Attou convoca sedici straordinari danzatori per costruire la sua opera numero 14. La prima nazionale OPUS 14 (7 settembre-Teatro Zandonai-ore 20,30) va oltre la cronologia: è uno spettacolo travolgente in cui l’intero repertorio hip hop viene esplorato sul filo dell’emozione, del virtuosismo, del sincrono. Sul pavimento una sorta di tappeto di sabbia, terra malleabile e in continuo cambiamento, e sullo sfondo disegni sfumati che ricordano onde e fiori.
Roberto Zappalà, coreografo catanese, riesce come nessun altro a narrare con i corpi la “sua” Sicilia. Con Instrument 1 <scoprire l’invisibile> (8 settembre-Auditorium Melotti-ore 20,30) porta in scena uno strumento musicale tipico della tradizione, il marranzano (comunemente detto scacciapensieri), suonato live da Puccio Castrogiovanni. I sette vigorosi corpi maschili, che ne declinano le sonorità, interpretano una Sicilia senza confini, in cui la tradizione e la modernità si incrociano, si ritrovano, si fondono.
Nella prima nazionale Pavement il coreografo Kyle Abraham (9 settembre-Teatro Zandonai-ore 20,30), volto nuovo della danza made in USA, tratteggia un potente spaccato della vita di strada consumata tra gang rivali e polizia violenta. La colonna sonora è un collage che incorpora il jazz e il repertorio barocco di Vivaldi e Bach. Ispirato dal celebre film Boyz N The Hood (Strade violente, 1991) Kyle Abraham traduce nei corpi dei sei danzatori, lui incluso, il crescendo emozionale di una cultura ancora tormentata da una lunga storia di discriminazione. Lo fa a ritmo di hip hop, con passi di street dance ibridati con le linee pure della modern dance.
Altra prima nazionale è UTT (10 settembre-Teatro Zandonai-ore 20,30), emblematico assolo creato nel 1981 da Ko Murobushi con e per Carlotta Ikeda, che ha permesso di far conoscere la danza Butoh e la sua declinazione al femminile in Europa. Trent’anni dopo la sua nascita, come ultimo gesto prima della prematura scomparsa, Carlotta Ikeda ha trasmesso questo brano a una danzatrice della sua Compagnia, Maï Ishiwata. Il tempo trascorso, la differenza tra le due interpreti rendono ancora più universale questo brano che altro non è che “un viaggio di una donna dalla vita alla morte” o forse, come ricordava Ikeda, “dalla morte alla vita”.
Boléro di Ravel torna in scena rivisitato e riscritto per nove danzatori del Ballet National de Marseille (11 settembre-Teatro Zandonai-ore 20,30) che Emio Greco dirige in tandem con Pieter C. Scholten da settembre 2014. Precede questo lavoro collettivo il duetto Two, altra esemplificazione della ricerca artistica di Greco e Scholten incentrata sul tema del doppio. Un duo che è duello, gioco sospeso tra maschile e femminile, riverbero di gesti da un corpo all’altro. Non c’è dialogo tra i due danzatori in scena, solo un effetto di mimetismo che nega la comprensione di chi il gesto lo ha lanciato rispetto a chi lo ha subito.
Abbandonati i confini del luogo fisico del teatro, la danza va nelle strade, sulle facciate dei palazzi, nella piazza e nelle sale del Mart con quattro progetti site specific.
In prima assoluta Scenario, creazione commissionata da Oriente Occidente per il grande atrio del Mart (1,2,3 settembre-Mart-ore 18), è una performance che Luca Veggetti, brillante coreografo e regista bolognese da lungo tempo attivo a New York, ha ideato indagando il tema del combattimento nelle sue possibili declinazioni. Destinata a diventare una installazione per il Mart, questa performance è interpretata da quattro danzatori e una cantante che si confrontano con gli spazi architettonici e le collezioni permanenti del museo.
Con il titolo L’Aimant. Poèsie verticale, Antoine Le Menestrel -alias Romeo- (1,2,3 settembre-Via delle Fosse-ore 18) a mani nude sui cornicioni dei palazzi di Rovereto segue il suo slancio d’amore alla ricerca di Giulietta, ispirato dai versi che Shakespeare affida al giovane Montecchi nel II atto del suo Romeo e Giulietta.
Marcos Morau, fondatore a Barcellona del collettivo La Veronal, torna a Oriente Occidente (1 settembre-Piazza del Mart-ore 20,30) con Los Pajaros Muertos, spettacolo in cui indaga la vita, gli incontri e i luoghi prediletti di Pablo Picasso. Nutrito di immagini visive sorprendenti, lo spettacolo testimonia una relazione intensa con il luogo che lo accoglie: in scena si recita e si danza, con professionisti e amatori selezionati di volta in volta in loco da Morau. Gli “uccelli morti” sono tutti quei personaggi che Picasso ha incontrato e che sono scomparsi prima di lui.
Motionhouse, storica compagnia inglese fondata nel 1988 da Kevin Finnan e Louise Richards, in collaborazione con i cinque eccezionali artisti circensi di NoFit State presenta in prima nazionale BLOCK (9 settembre-Urban City-ore 11 e Piazzale Caduti del Lavoro-ore 17, 10 settembre-Largo Foibe-ore 10 e Piazza Malfatti-ore 17) dove danza e acrobazia estrema collidono, si scontrano, si amalgamano in un costante riverbero di forme transitorie, sottolineando la stessa natura provvisoria del nostro panorama urbano.
Tutti gli spettacoli e gli appuntamenti del Festival dall’8 giugno 2016 su www.orienteoccidente.it
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