Stefano Bollani “scugnizzo” folk jazz in “Napoli Trip”. Intervista e recensione

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«Napoli è una città che emana un’energia sotterranea incredibile. Ho cominciato ad amarla con i dischi di Carosone, un artista che sapeva fare tutto restando una persona seria». Questo lo spirito con cui Stefano Bollani, eccellente pianista italiano, presenta “Napoli Trip”, il suo ultimo lavoro discografico (Universal Music), in uscita in tutto il mondo il 17 giugno, dopo la pubblicazione europea. Ispirata alle maschere, ai vicoli, alle sette di Partenope, la sfida di Bollani prende le mosse da un’attrazione fatale: «A Napoli c’è un’energia che arriva da sotto, un flusso che i napoletani stessi faticano a gestire vivendo di estremi, tra grandi difficoltà e grandi gioie. Una spinta quasi esoterica che differenzia Napoli da qualsiasi altra città», spiega Bollani, che aggiunge: «Quando ho scoperto Carosone, sono rimasto folgorato, mi ha traghettato verso il jazz, non volevo dedicargli un intero disco, ho quindi allargato il discorso. In questo album non c’è la mia visione di Napoli, ci sono diversi punti di vista. Insieme a Daniele Sepe, un napoletano decisamente atipico con l’anima e l’orecchio rivolti sempre altrove, abbiamo eseguito delle composizioni originali ispirate a Napoli. Daniele mi ha riempito di dischi partenopei, che mi hanno fatto confrontare con personaggi straordinari; su tutti cito Ria Rosa, “la nonna del femminismo” che cantava in maniera forte e volgare canzoni attualissime. I brani sono strati scelti insieme a Sepe, quelli in piano solo sono melodie che mi piacciono, ho risolto l’imbarazzo della scelta affidandomi come al solito al cuore».

Stefano Bollani

Stefano Bollani

 Partendo da “’Nu quarto ‘e luna”, Bollani snoda le sue vie strumentali lungo i sentieri di un folk jazz in continua evoluzione. La chiave di lettura del disco è insita nel fondamentale contributo del polistrumentista etno jazz Daniele Sepe, del clarinettista Nico Gori e del batterista francese Manu Katchè, che Bollani porterà con sé anche in tour a luglio e agosto, con l’aggiunta di diverse novità.  La commistione tra folclore e avanguardia si riveste di reminiscenze e pulsazioni nuove: si va da “Putesse essere allero” di Pino Daniele a “’O sole mio”, passando per “Caravan Petrol” al piano e “’O guappo ‘nnamurato” di Raffaele Viviani per flauti e legni. La chicca del disco è “Reginella” di Libero Bovio, registrata a Rio con bandolim di Hamilton de Hollanda: «Ero a Rio a registrare il di disco De Hollanda con Chico Buarque – racconta Bollani – Una sera Chico se n’è andato perché voleva vedere una partita così  lo studio  rimasto a disposizione, già pagato, e ho colto l’occasione per chiedere ad Hamilton di registrare questa versione molto particolare di un brano sempre affascinante».

Stefano Bollani

Stefano Bollani

Tra le curiosità segnaliamo Bollani cantante in “Guapparia 2000”, dell’amico Lorenzo Hengheller, ed il contributo del producer norvegese Jan Bang in “Sette”. La forza di Bollani sta, dunque, nel giocare con la musica all’insegna della più totale libertà, proprio come uno “scugnizzo”: geometrie, spazi, influenze e richiami si fondono in un’unica pozione in grado di ammaliare e divertire l’ascoltare senza alcuna forzatura.

Raffaella Sbrescia

Intervista a Luca Seta: quando musica, poesia e recitazione coesistono nella stessa anima

Luca Seta ph. Michela Fradegrada

Luca Seta ph. Michela Fradegrada

Luca Seta è un attore e cantautore italiano. Dopo aver calcato per anni la scena del teatro ed essersi fatto conoscere dal grande pubblico televisivo recitando in serie di successo e come protagonista della soap “Un posto al sole”, esordisce nel 2013 come cantautore con l’album “In viaggio con Kerouac”, che presenta con una tournèe in Italia e all’estero. Fino al 5 giugno 2016 l’artista sarà in Kazakistan per tre date promosse dall’Ambasciata Italiana nel programma degli eventi musicali dell’Anno della Cultura Italiana in Kazakistan. L’abbiamo incontrato a ridosso della partenza per approfondire la sua conoscenza e del suo variegato immaginario.

 Intervista

Raccontaci della tua natura girovaga, immagina di trovarti di fronte ad una platea raccolta che ha voglia di conoscere Luca mentre compone, lavora e si immagina cose…

L’atto creativo è inconsapevole, vivo normalmente fino a quando una canzone o una poesia arrivano da me; a quel punto mi fermo e le traferisco su carta. Il processo creativo è sempre in atto dentro di me, non devo far altro che ascoltarlo bene per fermare l’attimo.

Che tipo di energia hai raccolto durante il live all’Auditorium Parco della Musica di Roma dello scorso 20 maggio?

Suonare lì è stato veramente fantastico, già durante il soundcheck eravamo molto emozionati perché quel posto è stato costruito apposta per fare musica, ha un’acustica meravigliosa e ci va a suonare gente di straordinario livello artistico. Il pubblico che viene lì lo fa per ascoltare con un’attenzione ed un’energia tale da farti sentire a tuo agio fin dai primi secondi di performance.

Come si è evoluta dal vivo la musica contenuta nel disco “In viaggio con Kerouac”?

Il live è diventato qualcosa di completamente diverso, un viaggio musicale, testuale ed emozionale che vive una continua evoluzione grazie all’importante contributo dei musicisti che mi accompagnano, visto che si tratta di jazzisti (Gabriele Buonasorte, sassofonista e arrangiatore dell’intero disco, Simone Maggio al pianoforte, Mauro Gavini al basso, David Giacomini alla chitarra, Saverio Federici alla batteria.) Ci sono tanti momenti dedicati all’improvvisazione, in questo senso mi sento un po’ jazzista anche io. Infine, oltre alle improvvisazioni, ci sono le mie poesie e i miei racconti che, in quell’occasione sono state lette ed interpretate da Massimiliano Varrese.

Metterai in atto anche un progetto in duo…

Sì, sarò in giro insieme a Gabriele Buonasorte per un progetto chitarra, voce e sassofono. Si tratterà di un mix tra reading e concerto, incentrato verso una direzione più intima, le canzoni saranno rivisitate e  ci saranno più letture di miei racconti.

Luca Seta ph. Michela Fradegrada

Luca Seta ph. Michela Fradegrada

Di cosa parlano questi tuoi racconti?

Vorrei pubblicare due volumi: uno che racchiuda le mie poesie, l’altro sarà un vero e proprio un libro e si chiamerà “Diario di un vagabondo”: Si va dall’incontro con una donna ad una giornata di surf in Brasile, passando per un semplice viaggio in treno fino a singoli momenti che fermano un attimo. Scrivo di quello che mi emoziona e che la vita mi offre.

Che rapporto hai con il dialetto piemontese?

Ho voluto includere due canzoni in dialetto nel disco ma non è stata una scelta, piuttosto mi è venuto spontaneo farlo. Durante la prima parte della mia vita sono cresciuto con mio nonno paterno Giuseppe che, non avendo studiato a scuola, preferiva parlarmi in dialetto invece di usare un italiano non corretto. Ho scritto il brano intitolato “Con il fucile in mano” quasi come se fossi al suo fianco, il dialetto è assolutamente parte di me.

Cosa ti aspetti dalla tua avventura in Kazakistan?

Sto bene attento a non avere aspettative, preferisco vivere l’attimo e vivermelo fino in fondo, abbiamo un programma fittissimo e voglio godermi ogni istante di questa opportunità.

Tra le canzoni del disco, soffermiamoci su “La canzone di Marinella (parte seconda)”; efficace l’idea di riprendere un punto cardine della nostra storia musicale quale è Fabrizio De Andrè con  un seguito che si sposa con le drammatiche vicende dei nostri giorni…

La canzone di De Andrè nacque dopo aver letto un articolo in cui si narrava della triste vicenda di una ragazza ritrovata senza vita sul letto di un fiume. Nessuno ne aveva reclamato il corpo o la scomparsa, forse si trattava di una prostituta. De Andrè le regalò un nome, una storia, un amore. A me è capitato di ascoltare al telegiornale l’annuncio di una vicenda simile con il ritrovamento di una donna uccisa, nei pressi del Lago d’Orta. Quella vicenda mi rimase tanto impressa da indurmi a scrivere un pezzo in piena notte, il titolo è ovviamente venuto da sé.

Infine un accenno alla tua carriera di attore. Cosa bolle in pentola?

Sto lavorando alla nuova fiction di Marco Giallini, sarò il protagonista di una puntata. La serie è poliziesca e uscirà nel 2017. Marco è una persona fantastica, ha un’umanità non comune e merita tutto il successo che sta avendo; sono felice di averlo incontrato e di lavorare con lui.

 Raffaella Sbrescia

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