Protagonista di un esclusivo showcase sulla terrazza del ME – Milan Il Duca, Frances si è presentata alla stampa musicale italiana in qualità di nuova stella del pop britannico. Armata della sua voce intensa, autentica e non filtrata, questa giovane ragazza si è già conquistata la partecipazione a diversi festival e grandi eventi come il SxSW, il Coachella, Bestival, Blissfields, Festival No. 6 e Wildlife Festivals ed è amatissima da tanti esponenti importanti dello scenario musicale internazionale. Ad un anno di distanza dalla pubblicazione del singolo di debutto “Grow”, pubblicato per la Communion Records, che le ha consentito di conquistare le nomination sia per i Brits Critics’ Choice che per il BBC Sound of 2016, Frances ha presentato agli addetti ai lavori quattro delle sue canzoni, brani che sanno parlare al cuore di tutti, incentrati sui sentimenti e che trovano nei tasti del suo pianoforte un imprescindibile punto di riferimento.
Frances live @Me Milan – Il Duca
Forte della sua esperienza di studio alla Lipa, l’università della musica in Inghilterra, Frances si appresta a pubblicare un album d’esordio intriso di intimismo ma con un’identità a metà strada tra l’esuberanza di Carole King e l’etereo fascino di Imogen Heap. Autenticità, spontaneità e talento sono gli strumenti con cui Frances lascia che il pubblico si innamori di lei. Viva il talento puro.
Raffaella Sbrescia
Lyric video “Don’t worry about me”
Queste le sue date live:
09/05 – NORWICH – Arts Centre
11/05 - GLASGOW – Oran Mor
13/05 - MANCHESTER – Deaf Institute
15/05 – BIRMINGHAM – Glee Club
16/05 – GATESHEAD – The Sage 2
18/05 – LONDON – KOKO
19/05 – BRIGHTON – The Great Escape (VEVO Stage)
23/05 – BRISTOL – The Lantern
Gianluca Grignani festeggia i 20 anni di attività artistica con un nuovo progetto discografico intitolato “Una strada in mezzo al cielo” (Sony Music). Si tratta di un originale unplugged semiacustico che raccoglie gran parte dei suoi successi, ovvero quasi tutte le canzoni dei suoi primi due album, “Destinazione Paradiso” e “La Fabbrica di Plastica”, completamente re-arrangiate e prodotte tra l’Italia e l’Inghilterra. Il disco coinvolge anche alcuni celebri colleghi che hanno preso parte a questo progetto così speciale insieme a Gianluca: Elisa, Carmen Consoli, Ligabue, Annalisa, Briga, Luca Carboni, Fabrizio Moro, Max Pezzali e Federico Zampaglione hanno voluto dare il proprio contributo impreziosendo ulteriormente il lavoro.
Intervista
Cosa ti ha spinto ad unire questi due album in unico progetto e qual è il tuo bilancio allo scoccare del tuo ventennale artistico?
Vorrei innanzitutto specificare che l’unica cosa che mi è sempre interessata è la musica. Non mi sono mai rispecchiato nell’immagine patinata che i discografici di allora intendevano darmi. “Destinazione Paradiso” è stato prodotto in modo più pop di quanto non avessi voluto fare io e rappresenta il frutto una mediazione tra me e il produttore. Per “La fabbrica di plastica” avevo chiesto di poter lavorare con il produttore di “The bends” dei Radiohead, John Leckie; ero alla ricerca di un professionista vero che potesse concretizzare quello che avevo in testa ma mi dissero di no. A quel punto feci tutto da solo e realizzai un album completamente diverso, ovvero “La Fabbrica di Plastica”. Chiaramente ho anche fatto degli sbagli, mi sentivo come un panettiere che voleva fare il meccanico. Mi sono più volte detto che dopo quel disco era probabile che non ne avrei fatti altri, ho lottato come un matto, volevo tirare fuori quello che avevo nella testa, ci dovevo credere, questa esasperazione è venuta fuori bene. All’epoca ero giovane, avevo i miei problemi e non mi rendevo conto di dovermi buttare fino in fondo; è un bene che oggi io sia consapevole di essere un artista, ho la maturità e la consapevolezza necessaria per non far danni.
“Una strada in mezzo al cielo” un progetto nato nel 2015?
Sì, ci sto lavorando da molto. Da un anno e mezzo il mio staff è cambiato, sono stati fatti molti danni, ho dato tutta l’amicizia che potevo in cambio mi è stato fatto solo del male.
Chi è Gianluca Grignani oggi?
Sono il Rock 2.0: sono l’uomo e l’artista, oggi i due aspetti in me sono inscindibili. Non sono una rockstar, Grignani è quel ragazzo che ha messo piede sul palco di Sanremo e mentre scendeva si rendeva conto che le rockstar non esistono, ecco perchè a volte ho un atteggiamento scostante in tv. Non sono mai stato uno showman, la gente quando mi conosce mi vuole bene. Sono più di un buon professionista, sono uno vero, non sono un preciso, voglio emozionare (sono battistiano in questo), mi fa fatto soffrire il fatto che abbiano messo in giro una voce secondo la quale sono totalmente ingestibile, tutti ci hanno creduto, questa cosa mi ha messo in difficoltà, per 20 anni ho vissuto molte situazioni difficili.
Gianluca Grignani
Tornando a questo progetto. Come è arrivata la collaborazione con Luciano Ligabue in “La Fabbrica di Plastica”?
Luciano ha dimostrato che si può fare del rock in Italia, e mi ha onorato cantando su una canzone che ha sempre voluto esprimere appunto questo concetto. Lui ed il suo manager Maioli mi hanno insegnato cos’è il metodo, hanno una capacità organizzativa incredibile. Luciano è veramente un professionista, merita di essere dov’è, ultimamente l’ho frequentato, abbiamo parlato e ho imparato molto, mi ha aperto le porte a Campovolo. La sua presenza nel disco è importante, ha manifestato grande interesse verso di me, mi ha fatto scrivere 4 archi e alla fine ha scelto solo una strofa che sentiva particolarmente sua.
Bello anche il duetto con Luca Carboni in “Falco a metà”…
Conosco Luca più per la sua musica che personalmente, ho iniziato a cantare con le sue canzoni perché si avvicinavano al mio timbro vocale. La sua versione è la migliore, l’ha cantata anche meglio di me, all’inizio l’ avevo lasciato da solo nell’ inciso, gli sta proprio bene addosso, mi ha emozionato, vorrei che diventassimo amici.
E i live?
Le prevendite partono il 9 maggio alle 12 su Ticketone. Il tour si chiamerà “Rock 2.0”, i numeri richiamano il ventennale di un musicista e di un uomo che ha gridato al mondo che le rockstar non esistono. In estate farò dei live acustici che annuncerò su Facebook. Il primo dicembre sarò all’Alcatraz di Milano mentre il 3/12 sarà all’Atlantico di Roma. Non voglio fare il fenomeno, voglio vedere cosa succede, voglio far vedere chi sono alla gente. I concerti metteranno insieme due dischi che sembrava impossibile mettere insieme, ci saranno moti ospiti, mi sono preso un anno per fare le cose per bene.
Raffaella Sbrescia
Questa la tracklist completa del nuovo lavoro: “Destinazione paradiso” (feat. Elisa); “Una donna così”; “L’allucinazione” (feat. Carmen Consoli); “Come fai?”; “La fabbrica di plastica” (feat. Ligabue); “La mia storia tra le dita” (feat. Annalisa); “Madre”; “Rok star” (feat. Briga); “Il gioco di Sandy”; “La vetrina del negozio di giocattoli”; “Solo cielo”; “Falco a metà” (feat. Luca Carboni); “Più famoso di Gesù” (feat. Fabrizio Moro); “Allo stesso tempo”; “Primo treno per Marte” (feat. Max Pezzali); “Galassia di melassa” (feat. Federico Zampaglione); “Una strada in mezzo al cielo” (il brano inedito che dà il nome al disco).
L’album sarà presentato anche durante gli Instore: tra i primi appuntamenti l’8 maggio, a Milano(Mondadori Megastore, piazza Duomo); il 14 maggio, a Napoli (Mondadori Bookstore c/o C.C. Vulcano Buono); il 21 maggio, a Torino (Mondadori Megastore); il 22 maggio, Roma (Mondadori Bookstore c/o C.C. Roma Est). Tutti alle ore 17:00.
Marco Mengoni live @ Mediolanum Forum – Mengonilive2016
Con la doppia data sold out al Mediolanum Forum di Milano il #Mengonilive2016 entra nel vivo. Per chi c’era quel lontano 6 maggio 2010 al Palatlantico di Roma, in occasione del primissimo tour di Marco Mengoni, questo live milanese ha rappresentato un anniversario importante da vivere. Nel corso degli anni l’artista ha continuato a stupire e a stupirsi, ha fatto dello stakanovismo il suo leit motiv, ha continuato a lavorare a testa bassa sperimentando ed evolvendosi di continuo. Il risultato di questo modus operandi è sfociato in un live imponente, suggestivo, ricco sia dal punto di vista tecnologico che emotivo. Lasciando trasparire tutte le sue qualità di Artista, uomo e performer Marco Mengoni è ruscito a coniugare le diverse sfaccettature della propria complessa identità permettendo loro di confluire in un’esperienza sensoriale travolgente ed esaustiva.
Prodotto da Live Nation, #Mengonilive2016 è contraddistinto anche da una meticolosa cura per gli arrangiamenti, curati dallo stesso Marco Mengoni, con la direzione musicale di Gianluca Ballarin, che lo accompagna dal vivo al piano e alle tastiere. Particolarmente meritevole la band, la stessa con cui Marco è cresciuto e che si mostra sempre più preparata: Giovanni Pallotti al basso, Peter Cornacchia e Alessandro De Crescenzo alle chitarre, Davide Sollazzi alla batteria, insieme a Francesco Minutello alla tromba, Mattia Dalla Pozza al sax, Federico Pierantoni al trombone. Per la prima volta sul palco con Marco anche due voci femminili, Yvonne Park e Barbara Comi con le loro vocalità calde e potenti.
Marco Mengoni live @ Mediolanum Forum – Mengonilive2016
Lo spettacolo si svolge su due palchi dalle forme contrapposte, gli schermi occupano una superficie di 140 mq e ospitano effetti speciali, ci sono disegni con grafiche tridimensionali realizzate dallo stesso Marco e alcuni speciali momenti visual come quelli proposti nel finale dello show, eppure sono i momenti emotivi a segnare solchi indelebili nel cuore, proprio come avviene durante il monologo scelto per introdurre il bellissimo brano intitolato “Esseri Umani”: «Ci dicono come fare e cosa, vorrebbero dirci in che cosa credere…Io credo nelle sconfitte, negli errori, nei difetti, nelle fragilità, nelle paure ma in quelle sane, che ti spingono, non quelle che ti fermano. Credo nelle cicatrici, nei silenzi, nei lividi, nei traumi, nelle rotture, nel bene, credo negli altri, alle storie che non conosco, nascoste nelle auto, nelle finestre con luci accese di notte, credo in chi ancora cerca una strada non credo in chi le strade le distrugge, credo nei doveri di ciascuno e credo nei diritti uguali per tutti. Non credo agli eroi, alla perfezione, agli sconti ma credo al sudore, alla fatica, alle conquiste, credo in chi lotta per i diritti degli altri. Credo nel potere delle parole, nel loro peso, nella loro bellezza, credo in chi ha perso la vita pur di non perdere le parole…». Con questa sorta di “dichiarazione d’intenti”, Marco Mengoni si mette a nudo creando empatia, ispirando amore.
Marco Mengoni live @ Mediolanum Forum – Mengonilive2016
Spaziando tra “Ti ho voluto bene veramente”, “Parole in circolo” e “Pronto a correre”, l’artista incanta, sorprende, diverte, ammalia il pubblico senza mai perdere il contatto visivo diretto con i migliaia di sguardi puntati su di lui. Pur volando come un “novello James Bond” su un palchetto al centro del parterre, Mengoni non riesce a trattenere l’incanto e la sorpresa, la gioia e l’emozione nell’accogliere l’irrefrenabile ondata di affetto proveniente dal pubblico. L’intimismo suggestivo creato sulle note di “Ad occhi chiusi”, “Mai e per sempre” e “In giorno qualunque” si scontra con la cocente delusione per l’assenza di “Solo”, uno dei brani più intensi e più struggenti presenti nella discografia di Marco; un’assenza che griderà.
Tra i momenti musicali più vivi e più riusciti, segnaliamo la magnifica ed imponente versione di “I got the Fear”, l’esplosività funky di “Freedom”, brano di Pharrell Williams che Marco ha voluto dedicare alle donne, la travolgente coda strumentale de “La valle dei re”. Suggestiva la speciale cornice di laser scelta per avvolgere l’immancabile “L’Essenziale”, visionaria l’introduzione di “Guerriero”, sempre più inno generazionale.
Per quanto Marco Mengoni dimostri tangibilmente di essere uno degli artisti più innovativi e sperimentali dell’ultimo decennio, colpisce constatare il suo viscerale attaccamento alle radici e alle pietre miliari che hanno fatto la storia della musica. La prova? A luci ormai accese, Marco torna sul palco chiudendo un cerchio perfetto con un meraviglioso omaggio a Prince sulle note di “Kiss”.
Ecco una corposa gallery con gli scatti realizzati durante il Concerto del Primo Maggio a Roma, il tradizionale appuntamento promosso come sempre da CGIL, CISL e UIL ed organizzato da iCompany e Ruvido Produzioni, che dal 1990 raduna nel giorno della Festa dei Lavoratori migliaia di spettatori in una delle piazze più importanti della capitale per 8 ore di musica. Il tema di quest’anno è stato Più Valore al Lavoro: Contrattazione Occupazione Pensioni.
Ecco gli artisti che si sono esibiti sul palco del CONCERTO DEL PRIMO MAGGIO: SKUNK ANANSIE, MAX GAZZÈ, VINICIO CAPOSSELA con i CALEXICO, ASIAN DUB FOUNDATION, SALMO, MARLENE KUNTZ, TIROMANCINO, FABRIZIO MORO, GIANLUCA GRIGNANI, COEZ, BUGO, DUBIOZA KOLEKTIV, TULLIO DE PISCOPO, RAIZ MESOLELLA ROSSI, GARY DOURDAN feat. NINA ZILLI, NADA con A TOYS ORCHESTRA, PERTURBAZIONE feat. ANDREA MIRÒ, BANDABARDÒ con GAUDATS JUNK BAND, MAU MAU, AMBROGIO SPARAGNA, PEPPE BARRA, REZOPHONIC, MODENA CITY RAMBLERS & FANFARA TIRANA, EUGENIO BENNATO, MALDESTRO, THEGIORNALISTI, ORCHESTRA OPERAIA che eseguirà gli omaggi a Prince, Remo Remotti e Gianmaria Testa con PETRA MAGONI, Massimiliano Bruno, Stefano Fresi, Max Paiella, Anna Foglietta, Michela Andreozzi e Carlotta Natoli, ENZO AVITABILE, TONY CANTO con FAISAL TAHER, MIELE, IL PARTO DELLE NUVOLE PESANTI, MED FREE ORKESTRA con ROBERTO ANGELINI e MATTEO GABBIANELLI (Kutso), BLEBLA e SANTINO CARDAMONE.
Scatti realizzati dagli inviati Luigi Maffettone e Roberta Gioberti
Dal 6 maggio sarà disponibile nei negozi tradizionali, in digital download e in tutte le piattaforme streaming “Monster Moon” il nuovo disco di Jaselli, nato sotto la luna di Los Angeles. “Monster Moon” affonda le sue radici nel blues e nel soul ed è il frutto di quasi due anni di scrittura da parte di Jack e di un lavoro certosino sulle canzoni insieme a Max e Nik. Nato a Milano, il disco ha poi preso forma ai Fonogenic Studios di Los Angeles dove è stato registrato lo scorso luglio. Prodotto e mixato da Ran Pink, che ha collaborato con artisti del calibro di The Wallflowers, David Grohl e Band of Horses, “Monster Moon” segna il debutto di Jaselli per Universal Music Italia. Ecco cosa ci ha raccontato l’artista all’indomani dell’esclusivo showcase di presentazione tenutosi presso il Teatro dei Burattini all’interno della Triennale di Milano.
Intervista
Raccontaci la genesi di questo lavoro a partire della scelta degli arrangiamenti, dei testi, dei contenuti e dei messaggi che tu e la tua band intendete veicolare al pubblico.
La genesi tecnica e storica di questo album risale alla fine di un tour durato un paio d’anni. C’è stata una fase di composizione da ottobre a luglio, sono partito per Los Angeles con 40 pezzi in tasca, poi ne abbiamo scelti 10. Per quanto riguarda il suono c’è da fare un doppio discorso: già durante il tour acustico avevamo creato un suono diverso dal disco precedente, in seguito abbiamo seguito la corrente delle nuove canzoni e abbiamo iniziato a capire quale potesse essere il mondo sonoro più giusto per questo lavoro. Siamo poi andati a Los Angeles per individuare un produttore con cui poter lavorare, abbiamo conosciuto Ran e abbiamo capito che sarebbe stato perfetto per lavorare con noi. Ci siamo scritti e ci siamo mandati tanti provini tra Milano e Los Angeles finchè a luglio è iniziata la vera e propria produzione del disco. Naturalmente anche i testi delle canzoni seguono di pari passo le intenzioni e le atmosfere delle musiche. Questo disco è un po’ più ricco di argomenti ma anche un po’ più lunare, scuro, per così dire; se prima ci venivamo in mente sole, spiaggia, mare, ora la luce è riflessa perciò si va a scavare un po’ più a fondo.
Quanto lo senti tuo questo album?
Lo sento mio tanto quanto gli altri, lo sento perfettamente mio per la fase in cui è stato scritto. Lo sento mio ma soprattutto nostro: quando lo ascolto ritrovo noi tre, la produzione di Ran e la fedeltà nel trasmettere quelli che erano i nostri intenti in fase di produzione.
Quello che salta subito all’occhio del pubblico è una forte sintonia tra tutti voi, si vede che credete in quello che fate…
Credo che questo sia il miglior complimento che si possa fare sia me che ai ragazzi perché la nostra è una storia di assoluta devozione verso la musica. In particolar modo io e Nick abbiamo iniziato a suonare insieme prima del 2010. Ho sempre voluto fare le cose nel mio modo, magari rifiutando le varie scorciatoie che ti vengono proposte quando fai questo lavoro. Alla luce di ciò, sono contento se questo crederci e cercare di fare le cose in modo sincero si veda.
Quanto ti rispecchi nella definizione di “visionario” in qualità di italiano che ragiona, opera, suona e lavora in maniera anglosassone?
Un po’ forse sì, mi rendo conto che siamo un po’ una sorta di pecora nera, strane creature sempre avulse dai meccanismi tradizionali. La verità è che ci siamo sempre solo occupati di suonare e vivere la musica nel modo più sincero possibile compatibilmente con quello in cui crediamo e che ci far stare bene. Nessuno ci ha mai detto di percorrere una strada per arrivare ad un certo livello o detto fare le cose in un certo modo. A me piace sempre chiedermi se ho qualcosa da dire, sono vero e vado dritto per la mia strada, a prescindere dal fatto che questo implichi il raggiungimento del successo o meno.
Alla luce di questi ragionamenti, come vivete la nuova avventura con Universal Music?
Naturalmente siamo molto felici. Abbiamo sempre avuto un forte concetto di famiglia, chiunque si sia mai interfacciato con questo progetto artistico da 10 anni a questa parte, è rimasto a patto che si creasse una famiglia e con Universal sta succedendo esattamente questo. Loro ci hanno dato un segnale molto forte scommettendo su di noi, hanno preso un disco che era già stato fatto a modo nostro in America, siamo arrivati a Milano, glielo abbiamo fatto sentire e hanno detto di sì. Ci hanno preso a pacchetto chiuSo perciò questo è un fatto importante non solo per noi ma anche per testimoniare che ci sono realtà discografiche grosse che possono credere in cose anche meno convenzionali.
Per tornare a “Monster Moon”, raccontaci le atmosfere e gli ambienti scelti per la costruzione di pezzi tanto suggestivi…
In effetti alcune atmosfere sono abbastanza evocative, siamo andati a registrare vicino al deserto e all’oceano proprio per avere degli squarci che si potessero ritrovare nei nostri pezzi. Poi ci sono gli ascolti: dal blues, al rock, alla tradizione americana.
Jaselli
C’è un filosofo che ha elaborato un pensiero che possa essere vicino al messaggio di questo album?
Non la metterei in questi termini…Di certo c’è una corrente filosofica dell’epoca contemporanea secondo la quale si dovrebbe elaborare un sistema di pensiero mirato al recupero della ragion poetica, questo è quello che mi ha fatto pensare che la musica abbia un modo importante per dire le cose: con la musica canti la tua esperienza, se la canti in modo sincero nessuno la può smentire, per cui se racconti col cuore qualcosa che hai vissuto, in quel momento la gente può essere sicura che tu stia dicendo la verità.
Ci saranno tante date… presto anche un concerto importante a Milano?
Certo, ci saranno tanti concerti! Annunceremo presto una data per l’estate a Milano e poi torneremo in autunno. Come al solito sappiamo quando partiamo e non sappiamo quando ci fermiamo…
Ci saranno dei visual, scenografie?
Vorrei subito precisare che siamo dei privilegiati a poter fare un tour. Ci sono tanti colleghi, spesso più esposti di noi con un talent show alle spalle che riescono a fare solo dei firmacopie. In questa prima parte del tour ci saremo noi, i nostri strumenti e il furgone. Avremo le nostre piccole scenografie che ci siamo costruiti da soli per quello che sarà un tour rock e più intenso di quello di prima.
Raffaella Sbrescia
Le date del tour:
12 Maggio – Torino – Lavanderie Ramone;
13 Maggio – Treviso – Home Rock Bar;
15 Maggio – Roma – Monk Club;
20 Maggio – Venezia – Hard Rock Cafe;
7 Giugno Bologna – Bioparco Biografilm;
21 Giugno – Vascon Treviso – Festa dellEstate;
23 Giugno Pescara – Xmasters;
24 Giugno Padova – Il Chiosco;
22 Luglio – Pescara – Teatro Dannunzio (opening Jack Savoretti);
23 Luglio Sarzana – Fortezza Firmafede (opening Jack Savoretti);
Lo scorso 15 aprile 2016, la Maqueta Records ha lanciato #JUSTIN, il nuovo concept album di Jesto, riconosciuto come uno dei rapper più rivoluzionari del panorama italiano. In questa lunga intervista, l’artista parla approfonditamente del suo nuovo lavoro, definito da lui stesso come la sua opera più matura, introspettiva e profonda.
Intervista
Come sei arrivato alla concezione di “Justin”? Colpisce il fatto che, dall’alto di una produzione discografica piuttosto vasta, soltanto ora hai deciso di metterti a nudo con un progetto così introspettivo.
”Justin” è nato da solo, strada facendo. Dopo il 2015, anno in cui ho regalato ben 4 mixtapes (Supershallo3, SupershalloZero, Mamma Ho Ingoiato L’ Autotune2 e XtremeShallo), detenendo il record italiano assoluto di mixtapes, sentivo l’esigenza di fermarmi per capire la direzione del disco ufficiale. Dopo un periodo di buio in cui ho scritto tanto senza avere un concept preciso, ho deciso di buttarmi in studio e registrare senza pensare a cosa sarebbe uscito. Giorno dopo giorno il concept ha preso forma, mi piace pensare che “Justin” fosse già lì, e che ho dovuto solo scoprirlo. Un po’ come Michelangelo sosteneva che le sue opere fossero già contenute nei blocchi di marmo, e il suo lavoro fosse ‘semplicemente’ levare tutto il superfluo, fino a farle uscire fuori, a farle ‘vivere’. Il mio compito è stato andare nelle profondità dell’anima e portarlo alla luce. Un periodo di 6 mesi che mi ha risucchiato, che ha azzerato la mia vita sociale e che ha fatto riaffiorare demoni del passato. Affrontarli è stato l’unico modo per dare vita all’ album.
Raccontaci della genesi di questo album: dalle rime al suono, dalla varietà degli argomenti alla presenza al microfono.
Ho lavorato molto sulla presenza al microfono. Un ascoltatore attento percepisce subito una tecnica di registrazione inedita per il Rap italiano: tutte le canzoni sono one-line, non ci sono doppie, armonizzazioni, seconde voci. Solo qualche ‘sporca’ ogni tanto. Questo fa sì che abbia usato la voce come fosse un synth, il lead synth di ogni canzone. Sono arrivato ad un approccio molto Jazz nell’ uso della voce. Mi fondo completamente con la base musicale ma restandone ‘fuori’. Il mio flow è imprevedibile, irregolare, controtempato, rappo quasi sempre in levare, è la mia dote naturale. Questo fa sì che la mia voce esca fuori come in nessun altro caso in Italia, come se ogni strofa fosse un assolo di voce, proprio come se suonassi un sax. Sono da sempre focalizzato sul suono delle rime, ho evoluto la tecnica di scrittura rap fino a fare quasi tutte triple rime, anche quadruple e quintuple. Ogni parola di ogni frase fa rima con ogni parola della frase successiva. Da questo deriva l’alta musicalità di ogni barra. Riguardo la varietà degli argomenti, sentivo di dover maturare rispetto ai vari “Supershallo”, in cui usciva fuori molto il mio lato pazzoide, ma meno quello umano. È stata un’evoluzione spirituale, ancora prima che tecnica.
Sono convinto che la musica rispecchi la vita che vive l’autore nel periodo in cui la compone, quindi tendo a cercare di vivere il meglio possibile. Concepisco la mia vita come un’opera, di cui ogni disco è un tassello. Ho una visione dandy della mia musica. E della mia vita.
Quali sono gli stili lirici e metrici che usi in queste canzoni?
Invento il modo di rappare nel momento stesso in cui esce l’emissione vocale. Si può dire che ogni mia registrazione sia frutto del mio inconscio. Quasi freestyle. Per questo mi sento un jazzista più che un rapper. Metricamente cambio flow a ogni barra, a seconda dell’efficacia in base al concetto che esprimo. Alcune frasi sono urlate, sofferte, e alzo il tono, a far percepire il dolore, come nella seconda metà delle strofe in “Crescendo”, in cui alzo il tono al momento della crescita di pathos del testo. Altre tengo la voce bassa, calda, intima, per comunicare la sensibilità e il tono confidenziale. A questo punto della mia carriera, dopo tutti i dischi e i mixtapes che ho fatto, sento di poter fare con la voce quello che voglio. E ci sono arrivato strada facendo. Questo non vuol dire che mi fermerò, l’evoluzione del mio flow è quotidiana, da anni. Gioco molto con la voce e ho raggiunto una padronanza al di là del mio controllo.
Jesto
Cosa vorresti comunicare a chi ti ascolta attraverso questo ‘frullato’ di attualità e storytelling di vita vissuta?
Io sono frutto delle mie esperienze personali e di quello che la società mi ha imposto. Il mio Rap è una vendetta, un rivomitare addosso al mondo quello che ci viene imposto fin da piccoli, filtrandolo attraverso la mia visione. Ogni immagine che rappresento è come una grottesca parodia della realtà.
Nei tuoi testi ironia e sarcasmo si mescolano alla poesia e alla malinconia. Questo mix rispecchia anche la tua personalità?
Assolutamente. Non so mentire, sono come sembro. Questo mi rende unico. Forte e debole allo stesso momento. Alterno periodi di leggerezza e divertimento a periodi di profondo buio interiore, e da sempre combatto con me stesso alla ricerca dell’equilibrio. Credo sia una ricerca che mi porterò fino alla tomba. Il contrappasso di avere tutta questa ispirazione, di questa iper-produttività artistica, è dover fare i conti con i miei demoni. Puoi incontrarmi un giorno che sono la persona più solare del mondo, e beccarmi il giorno dopo che non spiccico una parola manco a cavarmela. Sono così, ma questo mi rende prezioso. Credo che la mia arte sia il frutto di questa battaglia interiore. Che non avrà mai fine.
Toccante quanto vero e sentito il brano “Papà” dedicato al compianto Stefano Rosso, cantautore rivoluzionario della scena romana anni 70. Come sei riuscito a parlare di un rapporto tanto complesso quanto fondamentale per te?
Mi ci sono voluti anni. E poi l’ho scritta in 10 minuti. Sento come se ci fosse voluta tutta la vita per poter arrivare a scriverla. E’ la mia miglior canzone di sempre. Contiene una vibrazione magica, è carica delle mie energie, e di quelle di mio padre, e di quelle di chiunque gli abbia voluto bene. Tante persone piangono quando la sentono. Brividi, pelle d’ oca. E’ come un portale dimensionale che abolisce spazio e tempo e fa rivivere il suo ricordo come fosse presente. Questo grazie al potere della musica. La produzione musicale fonde la chitarra, lo strumento a cui mio padre ha dedicato la vita, al mio sound trap, dando vita a un mix mai fatto da nessuno prima d’ ora. Poi la mia voce non mente. E’ carica di vibrazioni, l’argomento toccato mi ha potenziato la performance vocale e ne è uscita la mia miglior interpretazione, a mio parere. Il testo racconta cosa è stato Stefano Rosso, cosa ha rappresentato per il mondo e per me. Credo sarebbe orgoglioso di me, come domando nel ritornello.
Come vivi l’esordio per una “nuova” etichetta nel settore hip hop italiano quale è la Maqueta Records?
Maquesta Records esiste da anni, ha uno storico solido, è una struttura collaudata e affiatata. Sono amico, ancora prima che collaboratore, di Fernando Alba (Art Director di Maqueta), abbiamo suonato insieme molto prima di immaginare una collaborazione tra etichetta e artista. Mi trovo bene, grazie alla libertà espressiva che mi viene lasciata e al rispetto che percepisco nei confronti della mia opera. Io ho già avuto a che fare con altre etichette e anche con major in passato e quella dimensione non fa assolutamente per me. Per questo per anni ho scelto l’autoproduzione, l’autogestione delle mie opere. Ho bisogno di libertà creativa, per poter far venire fuori il vulcano di idee che ho quotidianamente. Con Maqueta ho trovato la possibilità di esprimermi, di scrivermi i video per esempio, come facevo da autoprodotto, di pensare al concept degli ArtWork e di proporlo e valutarlo insieme. Questa è una fortuna per un’artista come me, con una personalità sfaccettata e spesso controversa, con una così chiara visione artistica. Il segreto del successo che stiamo ottenendo da questa collaborazione è che alla base del rapporto c’è feeling umano, prima che professionale. Alla loro squadra ho affiancato il mio team creativo, persone con cui lavoro anni, e unire le forze ci ha portato a trovare una direzione vincente ed efficace. La fiducia riposta in me per un progetto HipHop dimostra le larghe vedute e l’apertura mentale di Maqueta, oltre che il fiuto per il business. Detto questo non mi considero semplicemente un’artista HipHop. In fondo vogliamo considerare “Papà” una canzone prettamente Rap? Per me è una Canzone, al di là del genere. Odio rientrare in definizioni, mi reputo un caso isolato del panorama musicale italiano. Sto usando il Rap come mezzo espressivo, ma non racchiude tutto il ventaglio delle mie possibilità espressive. Non mi pongo limiti e vengo da una famiglia di musicisti. Mi hanno sempre insegnato che la musica non ha etichette, non è racchiudibile in definizioni. Si parla di vibrazioni, non definibili per eccellenza.
Sempre solido il sodalizio artistico con Pankees?
Dopo aver registrato tutti i Supershallo da Pankees abbiamo raggiunto un feeling speciale in studio. Dopo 3 anni che registro da lui, era tempo di lavorare a un disco vero e proprio. Oltretutto abbiamo gusti simili in quanto a HipHop. Veniamo entrambi dall’ HipHop classico e siamo appassionati di Trap da anni, prima ancora di Sout. Insomma, ci siamo trovati. Nel 2015 io e Pankees abbiamo realizzato un Ep (Mamma Ho Ingoiato L’ Autotune 2), che può essere considerato un preludio all’ album, dal sound alle tematiche (“Lasciatemi Stare” poteva far parte dell’album).
Ci spieghi il tuo metodo di lavoro per i mixtape?
A differenza dell’album, per il quale ho avuto bisogno di tempo, per i mixtape non mi soffermo molto sulle canzoni. Butto giù praticamente in freestyle ogni pezzo, spesso usando le strumentali del momento americane, rappo su produzioni americane e mi sfogo così, costringendomi a stare al passo con i rapper Usa, dovendo rappare su basi usate da loro, e non volendo sfigurare. Effettivamente mi sento l’unico in competizione con i rapper d’ oltreoceano, sia per mole produttiva che per flow e sonorità. Mi diverto molto a fare i mixtapes, sono la mia passione e ho l’esigenza di farli, per testare la mia evoluzione a che punto è. Io se non registro sto male, ho bisogno di imprimere costantemente la mia voce e fermarla per sempre nel tempo. Questo è per me fare canzoni.
Sono maniaco di mixtapes, pensa che sul mio sito ufficiale (www.jesto.it) ci sono ben 19 mixtapes scaricabili gratuitamente. Credo nessuno abbia mai fatto così tanti mixtape di alto livello in Italia.
Jesto
Quali sono le tematiche, i contesti, le persone che ti ispirano maggiormente?
Quello che vivo, quello che vedo. Ho una visione critica del mondo, e non credo a nulla di quello che ci viene imboccato. Devi contare che vengo dal liceo classico e ho studiato Filosofia all’ università. Analizzo tutto, dalle notizie del tg ai comportamenti delle persone che incontro. Studio il mondo, fin dall’ adolescenza, e lo rimetto in circolo filtrato dalla visione di Jesto, alter ego disposto a ‘sporcarsi’ con le brutture del mondo pur di creare arte nuova.
Cosa dovremo aspettarci da te prossimamente?
L’ inaspettato. Ho sempre stupito a ogni step, i miei Supershalli lo sanno. Attualmente sento sempre di più l’eredità artistica di mio padre, e credo stia definitivamente venendo fuori. Oltre a questo ho bisogno di fare nuovi mixtapes, perché sto continuando a scrivere come un pazzo. Sono iper-produttivo musicalmente e non vedo l’ora di tornare in studio. Detto questo ora sono focalizzato sul disco, stiamo lavorando ai nuovi video e promuoverò “Justin” ancora per un bel po’. Oltre alla musica sono appassionato di tutto quello che è arte visiva, disegno e dipingo fin da piccolo, e ultimamente sta riuscendo fuori l’esigenza di comunicare anche così. Ma non ti anticipo nulla.
Come è andato il concerto di presentazione a Roma e cosa ti aspetti da quello che terrai al Legend Club di Milano?
A Roma è andata una bomba. Una città non facile per quanto riguarda la musica, riempiere un posto come il Brancaleone solamente con il mio nome è stato un traguardo. Sento come se fossi arrivato al cuore della gente, dopo anni di alti e bassi. Ora le persone si rispecchiano, hanno capito che sono un’artista assolutamente originale, e quindi non seguo percorsi prestabiliti. Questo mi porta ad avere il rispetto delle persone, ancor prima della stima artistica. Non sono mai sceso a compromessi, e finalmente la mia visione mi sta ripagando.
Per il Live di sabato mi aspetto di far trappare Il Legend Club, è la prima data da solo che faccio a Milano e non vedo l’ora di stare sul palco. Quando sono sul palco mi trasformo, è la cosa che mi viene più naturale del mondo. Come se stessi in un’altra dimensione, in cui non c’è razionalità ma tutto istinto. Non a caso vengo dal freestyle. Considero i miei concerti esperienze molto cariche energeticamente, emano vibrazioni amplificate con il microfono in mano.
Dopo la pubblicazione del suo ultimo lavoro discografico intitolato ‘In nome dell’amore – Volume I’( It.Pop/ Artist First), Alex Britti è nel pieno della nuova avventura live che lo scorso 27 aprile l’ha portato sul palco del Teatro Augusteo di Napoli. Accompagnato dalla sua fedele chitarra, l’artista ha proposto al pubblico un concerto che mette in evidenza il meglio di oltre vent’anni di carriera sviluppatasi a cavallo tra pop e virtuosismo strumentale. Marchio di fabbrica e cifra stilistica ormai imprescindibile di Britti è la matrice blues, atto primo da cui lo sviluppo di tutto il resto. Ispirato dai bluesman delle origini ai primi “rockers”, fino alla tradizione dei folksingers internazionali e nostrani, Alex Britti ha deliziato il pubblico con una scaletta comprensiva sia dei brani che l’ hanno portato al successo che di quelli contenuti in “In nome dell’amore”, spesso incentrati su temi tanto drammatici quanto attuali. Tra le tracce del suo ultimo lavoro discografico ‘In nome dell’amore’ c’è anche il brano ‘Perché?’, di cui una parte dei proventi sarà devoluta a WeWorld, una Onlus che lavora da oltre 15 anni per difendere i diritti di donne e bambini in Italia e nel mondo. Il tour di Alex Britti continuerà passando per Frosinone (6 maggio), Lucca (19 maggio),Roma (30 maggio).
Quinto album e terzo di una trilogia iniziata con “Rèsina” (2011) e proseguita con “Sirèna” (2013), “Spazio” è il nuovo disco di Leo Pari, cantautore, autore e musicista particolarmente attivo all’interno dello scenario musicale italiano. Pubblicato lo scorso 21 Aprile 2016 per Gas Vintage Records, prodotto dallo stesso Leo Pari con l’ausilio di Sante Rutigliano, questo disco intriso di umori e sapori anni 80, contiene canzoni non più intimiste, non più cantautorali ma densamente Pop. Discostandosi dal folk iniziale e dallo stile propriamente cantautorale, Leo è riuscito ad eliminare quasi del tutto le chitarre per approdare ai sintetizzatori e lasciare spazio all’elettronica attraverso l’uso di un Prophet e del Juno 106. Dopo un accurato lavoro di selezione dei testi, da una rosa di 35 brani, Lei Pari ne ha scelti 10 in grado di disegnare il ritratto dell’uomo che vive quella famosa età di mezzo in cui il passato si accumula e viene visto con sempre maggiore nostalgia.
Leo Pari ph Magliocchetti
Le canzoni di “Spazio” nascono ovviamente da esperienze personali ma sono raccontate con un linguaggio più accessibile ma non per questo scontato. Ispirato, influenzato, coordinato da ascolti “vintage”; su tutti Jean Michel Jarre, Vangelis, Klaus Schulze, Giorgio Moroder, “Spazio” affonda le proprie radici in un preciso periodo storico ma si muove con disinvoltura all’interno degli interstizi presenti tra generazioni perennemente a confronto. Scevro da preconcetti, Leo Pari racconta “I piccoli segreti degli uomini”, definisce (lucidamente) i cantautori come “i depuratori della società”, si aggrappa all’amore, prende coscienza del crollo dei valori in “Ave Maria” spiegando che “l’indifferenza adesso è consuetudine”. Piccole amare certezze che bruciano sulla pelle, un dolore agro-dolce sempre più sopportabile.
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