“L’amore non ha un senso, l’amore non ha un nome, l’amore non ha torto, l’amore non ha ragione, l’amore batte i denti, l’amore scalda il cuore”. Scegliamo le parole del bellissimo brano “L’amore esiste” per introdurre il racconto di una piccola magia creatasi sul palco della Salumeria della Musica a Milano in occasione della penultima data del “Nice to meet you tour” di Francesca Michielin. La scelta del brano non è casuale, Francesca trasuda amore: per le parole, per ciascuno degli strumenti che padroneggia, per i dettagli, per le emozioni, per le sensazioni (provate e trasmesse) ad un pubblico caldo, attento, coinvolto.
Alla luce del clamoroso successo riscontrato dal brano sanremese “Nessun grado di separazione”, che continua ad essere il più trasmesso dalle radio italiane, Francesca vive un momento di grande crescita umana e professionale. Con il suo “one woman show” che la vede protagonista del palcoscenico a 360 gradi, la cantautrice dimostra di avere non solo competenza, coraggio, audacia ma anche delicatezza, sensibilità e tatto. I successi dell’album “di20are” si rivestono di suggestione e onirica bellezza grazie ai virtuosismi generati dalla loop station mentre gli inediti “E’ con te”, firmato da Cheope, e “Nice to meet you”, il singolo scritto in occasione del suo primo tour, completano quella che intende essere, con buona ragione, una sorta di autobiografia musicale itinerante. Particolarmente a suo agio in un contesto che facilita il contatto intimo e autentico con il pubblico, Francesca ha spesso parlato di se stessa facendo in modo che lo spettatore potesse rispecchiarsi fedelmente nelle sue parole.
Francesca Michielin ph Anna Vilardi
Suonando ben cinque strumenti: basso, chitarra, tc helicon, timpano e pianoforte, la giovane artista ha offerto al pubblico delle preziose versioni acustiche di “Battito di ciglia” e “25 Febbraio”, ha inserito delle strofe in inglese all’interno del brano “Distratto”, nuovamente denominato “I wonder about you”, ha dato nuova vita all’amata “Be my husband” (conosciuta nella versione di Damien Rice e Lisa Hannigan), ha omaggiato il suo grande amore per gli Oasis con la leggendaria “Wonderwall”, ha divertito il pubblico con un’originale versione di “Tanto tanto tanto” di Jovanotti e ha mostrato di saper essere sensuale sulle note di “Summertime Sadness” di Lana Del Rey.
Intelligenza, impegno, apertura mentale e artistica saranno le doti che Francesca Michielin porterà anche sul palco dell’Eurovision Song Contest 2016 in programma dal 10 al 14 maggio a Stoccolma. Noi faremo certamente il tifo per lei!
Ivano Leva, pianista e compositore italiano, pubblica “L’Ala del silenzio”, un lavoro discografico che viaggia in equilibrio dicotomico tra composizione ed improvvisazione. «L’album vuole essere una sorta di inno alla duplicità di significato, una testimonianza di come per ogni cosa della nostra vita possano esistere almeno due verità, diametralmente opposte all’altra. In questo senso, il titolo “L’ala del silenzio” (tratto da un verso di Pablo Neruda che recita: La parola è un’ala del silenzio, il fuoco ha una metà di freddo) funge proprio da criptico catalizzatore iniziale di una analisi di tutti i titoli dei brani, i quali – alla luce di questa nuova ottica riveleranno via via significati spesso di segno opposto rispetto alla loro valenza semantica apparente», spiega Ivano Leva. «Il tema della convivenza tra opposti è poi espresso non solo nei titoli ma ampiamente riconfermato dalla forma musicale del lavoro, che è strutturata in due blocchi di valenza opposta (dialoghi e monologhi, che qui, con un’ulteriore doppia interpretazione, ho voluto chiamare riflessi dell’ego) e che soprattutto vede la continua compresenza di due modalità esecutive spesso ritenute reciprocamente antitetiche: la composizione e l’improvvisazione (una supposizione a mio avviso errata, a riprova di ciò basterebbe citare le parole di Shoenberg, secondo il quale la composizione altro non è se non “improvvisazione rallentata”). Si tratta di una modalità improvvisativa presente in varie forme ed è in quasi tutti i brani ad eccezione de “L’abbraccio del vento” (una composizione per solo quartetto d’archi)».
Se da un lato l’album intende riannodare le trame interrotte tra le avanguardie storiche del Novecento, dall’altro s’intravvede un uso tutto del tutto particolare dell’improvvisazione musicale intesa come spinta creativa estemporanea. I protagonisti di questo incedere dialogico sono qui incarnati da due strumenti che assai spesso partecipano alla tradizione musicale europea, ovvero, il pianoforte ed il quartetto d’archi. Questi due modelli vengono posti dapprima l’uno di fronte all’altro per poi essere intrecciati con rigore e fantasia al servizio di un sapere musicale autenticamente improntato alla ricerca.
Raffaella Sbrescia
Ivano Leva pianoforte, composizione
Klangfarben Quartet
Sergio Carnevale violino
Isabella Parmiciano violino
Tsetanka Asatryan viola
Silvia Fasciano violoncello
Registrato da Davide Iannuzzi presso il Pro Wave Studio (Napoli) e da Carlo Gentiletti presso l’Elios Studio (Napoli)
Tracklist
Parte prima (dialoghi)
1_quantum entanglement
2_eterni riverberi di un vecchio ponticello
3_il profumo del sole d’inverno
Parte seconda (riflessi dell’ego)
4_l’abbraccio del vento
5_sguardo di brace (omaggio a Fryderyk Chopin)
Sam Hunt, americano della Georgia trapiantato a Nashville, ha 31 anni e si è fatto conoscere in Italia grazie al singolo “Take your time”, ancora oggi, dopo oltre due mesi, nella Top 5 dei brani più suonati dalle radio e certificato Disco d’Oro. Il suo album di debutto s’intitola “Montevallo”, il nome della sua cittadina-rifugio in Alabama: «I genitori della mia ex ragazza avevano una casetta in questo piccolo posto incastonato tra i monti. Io e lei ci andavamo spesso, anzi, si può dire che la maggior parte della nostra relazione l’abbiamo trascorsa proprio a Montevallo», ha raccontato Sam ai giornalisti durante un incontro con la stampa a Milano. Dopo aver tentato la carriera come giocatore di football professionista, Sam si è dedicato alla musica, la sua altra grande passione, cominciando a scalare le classifiche come autore di brani scritti per grandi nomi del country come Kenny Chesney, Keith Urban e Billy Currington: «Più andavo avanti a giocare, più mi rendevo conto che il mio cuore batteva per la musica. E così, nonostante le statistiche dicessero che avrei avuto più possibilità nel football, ho deciso di osare e provare a realizzare il mio sogno; per fortuna mi è andata piuttosto bene!».
Sam Hunt
L’attività di songwriter ha aperto a Sam le porte dell’industria musicale. Trasferitosi a Nashville, il cantautore ha imparato a scrivere brani di successo: «Quando faccio musica seguo sempre l’istinto. Dal punto di vista creativo mi focalizzo su idee e melodie in qualunque momento. Se mi viene un’idea all’improvviso prendo il telefono e inizio a canticchiare una melodia e la registro al cellulare. In passato tendevo a entrare in studio di registrazione con la maggior parte delle canzoni completate, ora, visto che vivo vicino al mio produttore, passo molto tempo a scrivere anche in studio», ha raccontato.
Nel giro di poco tempo, il cantautore si è imposto come una delle migliori novità del mercato con la sua musica che spazia dall’hip hop all’R&B: «La musica country è stata quella che mi ha sempre ispirato di più, sia nei testi sia nelle melodie. I miei primi modelli sono stati i musicisti country che ascoltavo in radio come: Garth Brooks, Alan Jackson, Randy Travis, Brooks & Dunn, Kenny Chesney, George Jones e Willie Nelson. Successivamente ho cominciato ad ascoltare l’R&B e l’hip hop di Usher e R Kelly. Proprio grazie a questo background musicale eterogeneo, quando scrivo mi viene naturale mixare generi diversi. Country, in realtà, significa parlare in modo sincero delle proprie esperienze in modo sincero ed è quel che faccio io», ha spiegato Sam Hunt. «Ho iniziato il mio progetto solista anche per il desiderio di raccontarmi in maniera più personale. Per me la sincerità e la verità sono gli strumenti principali per creare una connessione con chi mi ascolta facendogli sentire ciò che io stesso sento».
Sam Hunt
Pensando al prossimo disco ha confessato: «Sto ancora cercando di capire di cosa scrivere. Spero di riuscire a vivere esperienze da raccontare, al di fuori della mia carriera nella musica. Cerco di non prendermi troppo sul serio! I miei valori non sono cambiati con il successo e le cose che apprezzavo prima continuo ad apprezzarle oggi, mantenendo i piedi per terra» . Infine un netto distacco dal mondo degli show televisivi: «La mia passione per la musica nasce dalla scrittura e quei programmi sono focalizzati soprattutto sull’ interpretazione. Cantare e basta non è mai stata la mia passione».
Dardust è il progetto strumentale nato dalla creatività del pianista, compositore e songwriter Dario Faini. Frutto di un’urgenza scardinatrice, questo percorso artistico trova la sua naturale realizzazione in una trilogia iniziata con “7”, album registrato un anno fa a Berlino, e che individua in “Birth”, pubblicato lo scorso 18 marzo 2016 per INRI, il secondo capitolo. Al centro dell’album, concepito nei Sundlaugin Studios di Islanda, c’è una spasmodica e ossessiva ricerca di equilibrio tra onirici breakdown pianistici e le esplosioni elettroniche del producer e polistrumentista Vanni Casagrande. Le tracce che compongono il disco di avviluppano attraverso le trame di una seducente lotta tra “slow” e “loud”. La narrazione proposta da Dardust è leggera, è visionaria, è sublime. L’estasi sensoriale prende vita con “The Wolf”, primo singolo estratto dell’LP: un beat arpeggiato si sposa con la scrittura pianistica mentre il campionamento di un ululato rende l’atmosfera più oscura e crepuscolare.
Dardust ph Alesso Panichi
Un impetuoso drumming, in cui trovano spazio rullanti e timpani, fa capolino in“Bardaggin (The Battle)”: una travolgente cavalcata il cui immaginario rimanda alla carica di una cavalleria. La luminosità percussiva di “The never ending road” si oppone all’etereo fascino ipnotico della titletrack “Birth”. Volumi ritmici ed inflessioni melanconiche costruiscono elegiache sovrastrutture semantiche. Antesignano di quello che sarà il terzo atto della trilogia è l’evocativo brano intitolato “Slow is the new Loud” (bellissima anche la versione Live at Sundlaugin Studio) . Il mood spiccatamente nordico delle composizioni proposte da Faini si arricchisce di vorticose impennate dub in “Take the Crown”, frutto della riuscita collaborazione con Sir Bob Cornelius Rifo (The Bloody Beetroots. Chiude il cerchio “Nëturflug” (Night flight), un onirico distillato di bellezza strumentale, un mantra di riappacificazione con lo status quo delle cose, l’ultima tappa di un meraviglioso viaggio extrasensoriale di cui attendiamo, trepidanti, il definitivo completamento.
1. The Wolf – 2. A Morgun (Tomorrow) – 3. The Never Ending Road – 4. Birth – 5. Bardaginn (The Battle) – 6. Don’t skip (Beautiful Things Always Happen In The End) – 7. Take The Crown feat Bloody Beetroots – 8. Slow Is The New Loud – 9. GranFinale – 10. Næturflug (Night Flight)
Pubblicato lo scorso 25 marzo “ON” è il nono album in studio di Elisa. Il disco arriva a circa due anni e mezzo di distanza dal precedente “L’anima vola” e raccoglie 13 canzoni tutte scritte dalla stessa Elisa tranne “Waste your time on me”, scritta da Jack Savoretti. “On” segna una rottura con le precedenti produzioni della cantautrice: una netta preferenza per la musica elettronica, declinata in diverse forme, attraversa, infatti, la nervatura delle nuove canzoni di Elisa che, se a primo impatto, sembrano docili e mansuete, nel giro di pochissimi secondi si rivelano impetuose e travolgenti. Le registrazioni dell’album si sono svolte a più riprese, insieme ad un ristretto di musicisti: alle tastiere Christian Rigano, alle chitarre Andrea Rigonat, al basso e alle programmazioni lo stesso Curt Schneider, alle drum machines e alle percussioni Victor Indrizzo.
Elisa ph Carolina Amoretti
Il primo brano in tracklist è “Bad Habits”: un ponte tra le radici anni ’90 dell’artista ed un modo di scrivere più contemporaneo; ispirata da produzioni americane e contaminata dall’elettronica, la canzone è stata scritta insieme alla sua band, due giorni dopo il suo matrimonio. Chiusa nel cassetto per diversi anni “Love me forever” prende vita in questo album per omaggiare le produzioni americane anni 60 di Phil Spector. L’anima soul di “Love as a kinda war” si traduce all’interno delle trame struggenti di “tira e molla” sentimentali. Dedicata a tutti combattenti “Hold on for a minute”, mostra un’Elisa più agguerrita rispetto ai brani precedenti. Unica e singolare “Waste your time on me”, una canzone figlia del genio folk di Jack Savoretti, che Elisa ha fortemente rivisitato regalandole una nuova dimensione in cui sia lei che l’autore si sono ritrovati a pennello. Incentrato sul conflitto tra genitori e figli “With the hurt” racconta paure, incomprensioni, inibizioni, maschere. La stessa Elisa definisce, invece, “Catch the light” come il brano più astratto e visionario del disco.
Elisa ph Carolina Amoretti
Ispirato agli anni ottanta, “Peter Pan” è nato durante l’esperienza di Amici e testimonia una nuova apertura artistica di Elisa. Potente ed evocativo “No hero” è il brano più forte dell’album in cui l’artista ci invita a credere nei sogni a tutte le età. “Ready now” è un brano controverso, lo spirito è combattente, a volte sarcastico. La mazzata emotiva arriva con “Bruciare per te”, una canzone nata da una poesia che Elisa ha scritto per suo marito Andrea Rigonat. Scritto durante la partecipazione ad Amici dello scorso anno, momento particolarmente creativo per l’artista, il brano racchiude una ritmica ed un testo mozzafiato. L’album si chiude con “Sorrido già” un brano classico che, attraverso i contributi di Giuliano Sangiorgi ed Emma Marrone, vive un moto in crescendo particolarmente vivo sul finale. Gioco e sperimentazione caratterizzano questo vasto e vivo materiale che Elisa mette sul piatto dimostrando tanti modi diversi di approcciare la musica. Leggero ad un primo ascolto, sempre più intendo con una reiterata listening session, “On” testimonia una tensione emotiva dirompente che, sebbene potrebbe far storcere il naso ai fan della prima ora di Elisa, rappresenta un bel mix da vivere attimo per attimo.
Bad habits
Rain over my head
Love me forever
Love is kinda war
Hold on for a minute
Waste your time on me
With the hurt
Catch the light
Peter Pan
No hero
Ready now
Bruciare per te
Sorrido già
Esce ad aprile, per Maciste Dischi,“In un sogno è la mia patria”l’albumd’esordio dei Siberia, band livornese nata nel 2010 il cui nome trae spunto dall’immaginario evocato dal libro di Nicolai Lilin intitolato “Educazione siberiana”. Un testo, quest’ultimo, che fa riferimento ad una società in via di sparizione e che ha rappresentato un punto di riferimento per gente come Eugenio Sournia (voce e chitarra), Luca Pascual Mele (batteria), Piero Laganà (basso), Matteo D’Angelo (chitarra) che, con la propria musica, intende indagare gli “estremi”: da un lato, un’eterna adolescenza, dall’altro una maturazione che prende spunto da nevrosi artistiche confluite in un’estetica musicale incentrata sulla new wave e l’autentico cantautorato italiano. “In un sogno è la mia patria”è stato registrato e mixato presso lo storico Real Sound di Milano con la produzione artistica di Ettore “Ette” Gilardoni. Il disco si compone di 11 tracce caratterizzate da testi evocativi ed autentici. Arrangiamenti energici, a tratti aggressivi, a tratti aged, rendono necessari diversi ascolti per una più completa comprensione del lavoro.
Siberia
La voce corposa intensa, matura e vibrante di Eugenio Sournia spicca fin dalle prime note di “Patria”, il brano che inaugura l’album, ulteriormente arricchito da uno special urlato: “Ti ho dato tutto e non è mai abbastanza”; questo è l’urlo disperato inghiottito da un sublime guitar solo. “Gioia, tu sei solo un attimo, io sono sempre così timido nel saperti cogliere”, canta Eugenio, mentre il cantautorato che aggroviglia l’animo fa capolino in “Mare”: “Oggi ho già perso troppe cose, non voglio perdere anche me” è una delle frasi più schiette di un brano che si muove tra effluvi di note potenti e suggestive. La potenza enigmatica di “Sospeso” si muove all’interno dell’intercapedine semantica creata dall’ipnotica combinazione di basso, chitarra e batteria mentre rigurgiti di riff smuovono le trame di “Stella”. Ad innalzare la qualità di questo disco è “Il cavaliere oscuro”, un brano che ha al suo interno ha tutto: poesia, struggimento, dubbio, speranza, originalità. Da ascoltare e riascoltare. “In un sogno è la mia patria” si chiude con “Una speranza” per elevarsi tra questi uomini che strisciano e che hanno perso di vista ciò che davvero è importante.
Raffaella Sbrescia
La tracklist del disco: “Patria”, “Gioia”, “Mare”, “Cara”, “Francesca”, “Sospeso”, “Stella”, “Galahad”, “Irripetibile”, “Il cavaliere povero”, “Laura”, “Una speranza”.
Rosàlia De Souza torna al Blue Note di Milano e lo fa per lasciare il segno. Frizzante, adrenalinica, appassionata, la nota cantante brasiliana ha scelto di travolgere il pubblico dello storico jazz club meneghino facendosi accompagnare da una nuova scoppiettante formazione, ovvero i Jazz a La Mode, trio composto da Alessandro Scala (sax), Sam Gambarini (organo Hammond) e Fabio Nobile (batteria), tutti musicisti di primo piano della scena jazz italiana, insieme per proporre una calda ed ipnotica miscela di bossa, funk e jazz. La voce fluida, coinvolgente e cristallina di Rosàlia si è insolitamente prestata alla reinterpretazione dei più grandi classici della tradiizione cantautorale brasiliana, lasciando da parte la propria discografia: «Questa sera vi proporrò dei brani che generalmente non canto durante i miei concerti. Metterò in atto una sorta di inversione di tendenza anche se, qualora lo vogliate, potrete scatenarvi con delle richieste ad hoc, che sarò ben lieta di soddisfare», ha spiegato scherzosamente la cantante.
Rosàlia De Souza live @ Blue Note ph Angela Bartolo
Non solo passione, pathos e brivido ma anche spettacolari esercizi di stile per mettere in evidenza anni di duro studio e lunga gavetta. Canzoni che nel corso del tempo hanno scandito alcuni dei momenti più significativi della vita di ciascuno di noi e che ogni volta si rivestono di un nuovo potere evocativo. Eccellente ma anche magnanima, Rosàlia ha voluto dividere equamente la scena con i Jazz a La Mode: «A differenza di alcuni miei colleghi, io do molto valore ai musicisti, non solo a quelli che solitamente lavorano con me ma a tutti quelli che fanno questo mestiere con autentica passione, ecco perché ho deciso di lasciarvi ascoltare i Jazz a La Mode senza la mia voce e nella loro conformazione musicale naturale», ha spiegato Rosàlia De Souza introducendo un superbo interludio strumentale magnificamente eseguito dal trio di musicisti. La seconda parte del concerto si è sviluppata senza seguire un canovaccio, l’artista si è divertita a cantare a voce nuda diversi successi mondiali senza trascurare le sue più grandi hit, su tutte “D’improvviso”. «Ho studiato tutta una vita per potervi dare tutto questo e sono felice che lo recepiate in modo così attento e partecipe, questa è la ragione per cui mi emoziona sempre cantare qui a Milano», ha concluso la Rosàlia congedandosi da un pubblico sinceramente entusiasta e divertito.
Pubblicato lo scorso 18 marzo “Di me e di te” (prodotto da Gaetano Puglisi e Massimo Levantini per Fonti Sonore e distribuito da Warner Music) è il 6° lavoro in studio degli Zero Assoluto.Matteo Maffucci e Thomas De Gasperi per la prima volta aprono le porte della loro produzione collaborando con tanti autori di talento del panorama musicale italiano come Antonio Filippelli, Fortunato Zampaglione, Piero Romitelli, Zibba, Fabrizio Martorelli, Rory Di Benedetto, solo per citarne alcuni. “Di me e di te” racchiude dieci tracce all’insegna del pop, in cui convivono perfettamente le due anime degli Zero Assoluto, quella più elettronica e quella più intima e acustica. A fare da apripista a “Di me e di te” l’omonimo singolo presentato sul palco dell’Ariston che ha immediatamente conquistato le classifiche radio e di vendita, e totalizzato più di 1.500.000 views del videoclip ufficiale. Nel disco, anche la cover di “Goldrake” nella versione del cantautore napoletano Alessio Caraturo, che Matteo e Thomas hanno riarrangiato con il Maestro Adriano Pennino, “L’Amore comune” – tra i brani più ascoltati dell’estate 2015 e scelta come colonna sonora del campionato di Serie B ConTe.it della Lega Calcio Italiana, e altri 7 inediti.
Intervista
Ragazzi , come è andata la settimana sanremese?
Delirio puro, ma Sanremo è sempre un’esperienza affascinante. Lo stress e l’emozione vengono compensati dalla possibilità di presentare una nuova canzone ad un pubblico grandissimo e questo è meraviglioso; lungi da noi il vivere la competizione del Festival; non è stato mai così e mai lo sarà. Abbiamo portato a Sanremo la canzone che ci rappresentava di più e che rappresentava al meglio anche il nostro nuovo disco. “Di me e di te” è una canzone forse poco festivaliera, non la classica ballad, ma a noi piaceva, ed è stata scelta. Siamo soddisfatti di come sia andata…
Hanno collaborato all’album tanti bravi autori; citiamo il primo, Zibba, che ha scritto il pezzo “Luce”; c’è una bellissima frase di questa canzone, che recita “La malinconia è un signore che porta il cane a passeggiare”…
E’ una frase che esprime pienamente la canzone. Nei cinque album precedenti io e Thomas siamo stati gli unici ad essere presenti sia da un punto di vista compositivo che nella scrittura dei testi; questa volta abbiamo sentito il bisogno di aggiungere elementi “estranei”, anche se familiari, nel senso di amici con cui lavorare, metterci in discussione, perché sennò il rischio era di ripeterci. Abbiamo voluto, diciamo così, rimescolare un pò le parole. Nel disco ci sono tanti autori, sia per le musiche che per i testi, come Fortunato Zampaglione, Antonio Filippelli, il già citato Zibba, Piero Romitelli, Rory Di Benedetto, Saverio Grandi, Luca Vicini e tanti altri. Una parte del disco, quella più intimista, più nel nostro stile, è stata fatta a Roma, quella più elettronica a Milano. Lo consideriamo il nostro disco più bello fino a questo momento…
Zero Assoluto ph Julian Hargraves
Tra i tanti impegni, c’è stato anche quello cinematografico. Avete recitato in un cameo del film “Forever Young”
In “Forever Young” facciamo una parte straordinaria della durata di circa 34 secondi, ci aspettiamo come minimo un David Di Donatello (Matteo ride…); noi nella parte di noi stessi, gli Zero Assoluto. Un’interpretazione breve ma intensa. E’ stata comunque una bella esperienza. Conosciamo da tempo il regista Fausto Brizzi e ci siamo divertiti. E’ una di quelle esperienze che poi metti nelle casella ricordi…
Tornando all’album, “Di me e di te” è un album di grandi condivisioni…
Sì, l’obiettivo questa volta era quello di fare un album più lucido degli altri, di mettersi in discussione seriamente e completamente e questo lo puoi fare solo se apri le porte alla collaborazione; la cosa bella è che abbiamo discusso tanto, litigato tanto, ma il tutto è stato direttamente proporzionale alla gioia di concludere i pezzi e anche di stringere rapporti di amicizia più profondi. Quando si ha a che fare con un autore, in questo caso amici, si mette in moto uno strano meccanismo per cui ognuno dà il suo, poi c’è il braccio di ferro. Ovvio che se non ti fidi dell’altro, finisci per schiacciarlo; quindi bisogna accoglierlo. Le canzoni di quest’album sono un giusto equilibrio tra quello che abbiamo dato noi e quello che hanno dato gli altri autori…
Progetti di Live a breve?
Sì, a fine primavera, inizio estate. Stiamo già facendo le prove per aggiungere al repertorio i pezzi del nuovo album. Non li faremo tutti ma stiamo scegliendo quelli da portare anche live. A breve, pubblicheremo le prime date sui nostri social, Facebook, Instagram, Twitter. Siamo carichi per la partenza dei live, perché quello è il momento più bello per un artista.
Questo è un album con tanti possibili singoli. Quale sarà il prossimo dopo “Di te e di me”?
Beh, siamo in crisi… in questi giorni stiamo girando negli appuntamenti con i firmacopie e la prima cosa che chiediamo agli ascoltatori e ai nostri fans è “Quale canzone ti piace di più dell’album”?… Al 99 per cento piace sempre la ballad, il lentone, ma si avvicina l’estate e probabilmente sceglieremo qualcosa di più veloce, o forse no. Stiamo pensando seriamente di fare un contest per la scelta del secondo singolo…
Dopo l’uscita del disco gli Zero Assoluto presenteranno il nuovo album ai fan. Questi i primi appuntamenti instore:19 marzo Torino (Feltrinelli Porta Nuova, ore 14) eCuneo(Galleria Auchan, ore 18), 20 marzo l’Aquila (Centro Commerciale l’Aquilone, ore 17), 21 marzo Roma (Discoteca Laziale, ore 16), 22 marzo Napoli (Mondadori Bookstore Piazza Vanvitelli, ore 18), 23 marzo Catania (Mediaworld c/o CC Porte di Catania, ore 18), 24 marzo Palermo (Mondadori Megastore Via Ruggero Settimo, ore 15), 1 aprile Milano (Mondadori Megastore Piazza Duomo, ore 18),
Il ritorno musicale di Loredana Bertè è tra i più graditi e sorprendenti. Con la grinta, il coraggio e la prontezza che la contraddistinguono, la rockstar italiana presenta “Amici non ne ho… ma amiche si!”, l’album in vendita dal 1° aprile su etichetta Warner Music in cui l’artista rilegge parte del suo meraviglioso canzoniere con una nuova impronta elettronica grazie all’ottimo lavoro svolto da Carlo Di Francesco – produttore artistico con Fiorella Mannoia, che ha curato gli arrangiamenti del disco assieme a Davide Aru, chitarrista della stessa Fiorella. Il risultato è un rock elettronico, moderno, graffiato e coinvolgente, ispirato a Green Day e Foo Fighters. A rendere ancora più particolare questo progetto sono una serie di duetti che, oltre a regalare una nuova veste a successi immortali, hanno il pregio di riunire in maniera incisiva e costruttiva generazioni differenti. Hanno partecipato alla realizzazione del disco: Emma (“Non sono una signora”), Fiorella Mannoia (“In alto mare” e “Il mare d’inverno”), Paola Turci (“Luna”), Noemi (“Dedicato”), Alessandra Amoroso (“Sei bellissima”), Elisa (“E la luna bussò”), Nina Zilli (“La goccia”), Antonella Lo Coco (“Folle città”), Aida Cooper (“Ma quale musica leggera”), Patty Pravo (“Mi manchi”), Bianca Atzei (“Così ti scrivo”) e Irene Grandi (“Buongiorno anche a te”).
«Tutto è partito da una telefonata di Fiorella. “Che fai” – mi ha chiesto – Che faccio? Sono dieci anni che non faccio niente – le ho risposto»; ha spiegato Loredana Bertè ai giornalisti durante un intenso incontro con la stampa negli uffici della Warner Music a Milano. «Mi sono fidata ciecamente di Fiorella e mi è subito piaciuta la sua idea di riunire le voci femminili più forti. Solitamente queste produzioni le fanno i maschi, perché dicono che fra le donne c’è troppa rivalità. Non è assolutamente vero. Sono grata a tutte le artiste che hanno risposto al nostro invito: non mi aspettavo tutto questo entusiasmo. Molte sono rimaste fuori dal progetto. Qualcuna non mi saluta più (ride, ndr). Volevo convocare la Oxa ma lei odia i cimiteri e non canta se ce n’è uno nei paraggi. Io invece li amo i cimiteri, ho scritto anche ‘Il mio funerale’…», ha raccontato la Bertè.
A dare supporto a Loredana è la stessa Fiorella Mannoia, presente all’incontro: «Loredana voleva incidere un album d’inediti. Io avevo appena festeggiato i quarant’anni di carriera e anche lei. Perciò le ho detto: perché non fai un disco di duetti con tutte donne? Nel momento in cui ha accettato, io e le altre artiste ci siamo strette tutte intorno a lei perché in fondo tutte noi le dobbiamo qualcosa»; ha raccontato l’artista, particolarmente fiera ed emozionata nelle vesti di produttrice.
Loredana Bertè
Nel cd “Amici non ne ho… ma amiche si!” ci sono cinque tracce che portano la firma di Loredana Bertè: “Amici non ne ho”, “Stiamo come stiamo”, “Luna”, “Il mio funerale” e “Mi manchi”. Di Loredana è anche il disegno sulla copertina dell’album (ispirato a Frida Kahlo e Nina Hagen) nonchè la regia del videoclip del brano “E’ andata così”, ispirato al clip di “Movie” che Andy Warhol nel 1981 aveva diretto per lei.
Loredana, in verità, di amici ne ha avuti e ne ha molti. Penne illustri come quelle di Ivano Fossati, Enrico Ruggeri, Mango, Renato Zero, Biagio Antonacci, Ivan Graziani, Edoardo Bennato, Ron, Mario Lavezzi, Gianni Bella, il brasiliano Djavan hanno composto per lei veri e propri capolavori. L’ultimo, in ordine temporale, è Luciano Ligabue, che ha cucito addosso a Loredana il brano “È andata così”, dopo essere stato chiamato in causa da Fiorella Mannoia: «Cercavo un brano inedito che mettesse in risalto l’anima rock, e sofferente di Loredana, ha raccontato Fiorella, ho chiamato Luciano e lui mi ha subito risposto entusiasta».
Loredana Bertè
«Pensavo di essere lontana dal suo mondo musicale, ha commentato la Bertè, invece Ligabue ha scritto una canzone bellissima, che mi rispecchia totalmente. Quella frase, “mi hanno lasciato il microfono acceso”… è perfetta. Stare sul palco è una valvola di sfogo. È quando scendo che mi viene la tristezza. Mi ritrovo sola e mi prende la depressione», ha commentato. L’altro inedito presente nel disco è “Il mio funerale”: «L’idea de “Il mio funerale” è nata l’anno scorso quando sono scomparsi uno dietro l’altro Lucio Dalla, Pino Daniele, Mango. È una critica feroce a chi sgomita per andare a tutti i funerali. Quando si muore veniamo tutti beatificati. Tutti tranne Mimì. Non è morta perché si faceva cocaina. Al limite si faceva uno spinello. Una volta gliene hanno messo uno in tasca a tradimento ed è andata in galera», ha confessato Loredana. A proposito di Mimì, la Bertè ha voluto ricantare “Stiamo come stiamo”, portata a Sanremo nel 1993: «Non ero soddisfatta. In quel Sanremo avevo fatto tante versioni della canzone, Mimì cantò la prima edizione del primo testo mentre io cantavo l’ultima. All’epoca non la avvisai che avevo cambiato testo, sbagliai io. “Ma come, cantiamo di mafia russa?”, mi disse. Non mi ha parlato per un anno, mi disse che senza di me sarebbe arrivata prima e non ultima. Era tutto vero. Non lo dimenticherò mai. Così ho deciso di inciderla come sarebbe piaciuta a lei. Mia sorella era l’oceano. Profonda e irrequieta. Era la fine del mondo. È stata infamata con questa storia della iella. Anche l’ultimo dei fonici quando la vedeva si toccava le palle. I registi non volevano lavorare con lei. Ha passato anni a cucire le reti dei pescatori a Bagnara. De Gregori la chiamò perché aveva scritto “La donna cannone” per lei. Ma lei non cantava più e la rifiutò. Troppi avvoltoi hanno spolpato Mimì, tirando fuori dei provini. Quando la chiamavano lei andava a fare le voci. “Tanto le cancello”, diceva, ma gli altri non l’hanno fatto e ora hanno usato tutto quello che c’era di lei. L’hanno massacrata, altrochè omaggi», ha continuato Loredana.
L’incontro si è concluso con un annuncio a sorpresa. A darlo è proprio Fiorella Mannoia: «Ora ci sarà una tournée. Partirà ai primi di luglio, ed è anche previsto un concerto con tutte le amiche a Verona, a settembre. Ancora non c’è una data. Mi piacerebbe che diventasse anche un evento tv». Pronta la replica della Bertè: «Chissà! Di sicuro nel corso delle varie tappe ospiterò le colleghe che vorranno venire a trovarmi. Fiorella ed Emma si sono già prenotate!». Particolarmente significativo il bilancio finale della rocker di Bagnara Calabra: «Ho amato, ho pianto, mi sono drogata, ho fatto sesso sotto cento cieli stellati eppure rimango incazzata con la vita. È genetica, è nel mio dna. E la causa è la famiglia che mi sono ritrovata. Non è vero che il tempo cancella il dolore, anzi, lo accentua. Ora mi sono ridata autostima ma sono passata attraverso un periodo di grande depressione. Per dieci anni non ho fatto altro che alzarmi e respirare, cercando di sopravvivere. Vengo da una grande gavetta, eppure prima di uscire sul palco tremo. Mi calmo solo quando inizio a cantare. Mi chiedo cosa provino oggi i ragazzi che partecipano ai talent show, ai miei tempi io e mia sorella volevamo solo sopravvivere di questo lavoro, mica diventare famose, non era quello l’obiettivo».
Raffaella Sbrescia
Tracklist
1. E’ ANDATA COSI’ (INEDITO CON TESTO DI LUCIANO LIGABUE)
Irene Grandi e i Pastis live @ Quirinetta Caffè Concerto – Roma ph Roberta Gioberti
Incanto ed emozione per “Lungoviaggio”, lo spettacolo-evento a metà strada tra laboratorio e concerto che i Pastis (al secolo i fratelli Marco e Saverio Lanza) e Irene Grandi hanno portato al Quirinetta Caffè Concerto di Roma lo scorso 21 marzo. Il progetto si muove nell’ambito della videoarte musicale dove le immagini, i suoni e i rumori del quotidiano, i volti degli spettatori, le parole e la musica si fondono in un’unica performance interattiva. Le diverse discipline che i Pastis interpretano, ovvero la fotografia e la musica, ne fanno una delle coppie più originali del panorama artistico contemporaneo e, dopo il connubio nato in occasione del tour teatrale col quale Irene Grandi ha proposto dal vivo «Un vento senza nome», l’album che l’ha vista per la prima volta autrice oltre che grintosa interprete, con questo nuovo progetto artistico il duo si propone di arricchire ogni live con nuove modalità espressive. Una sorta di “fotoconcerto” dove ogni opera messa in scena rappresenta un viaggio concorrendo così a delineare il tema portante voluto dagli artisti stessi. Da anni ormai Irene Grandi ha sempre caratterizzato ogni performance con la sua grande energia. Il teatro è spesso stato per lei una precisa scelta di contesto espressivo e, in questo caso, esso diventa il luogo ideale per una performance in cui lo schermo assurge il ruolo di parte integrante di uno spettacolo in continuo divenire.
Photogallery a cura di: Roberta Gioberti
Irene Grandi e i Pastis live @ Quirinetta Caffè Concerto – Roma ph Roberta Gioberti
Irene Grandi e i Pastis live @ Quirinetta Caffè Concerto – Roma ph Roberta Gioberti
Irene Grandi e i Pastis live @ Quirinetta Caffè Concerto – Roma ph Roberta Gioberti
Irene Grandi e i Pastis live @ Quirinetta Caffè Concerto – Roma ph Roberta Gioberti
Irene Grandi e i Pastis live @ Quirinetta Caffè Concerto – Roma ph Roberta Gioberti
Irene Grandi e i Pastis live @ Quirinetta Caffè Concerto – Roma ph Roberta Gioberti
Irene Grandi e i Pastis live @ Quirinetta Caffè Concerto – Roma ph Roberta Gioberti
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