“Parallel Mirrors” è il titolo del nuovo album di Damiano Ferrari, in arte Damien McFly. Pubblicato lo scorso 15 ottobre per l’etichetta Ferrari Records, il disco racconta di quanto tutte le nostre vite siano simili, di come per anni con persone ci si specchi costantemente senza mai incontrarsi davvero. Siamo tutti specchi paralleli e cerchiamo un po’ di noi stessi negli altri. Attraverso un suggestivo sound ottenuto registrando i brani all’interno di storiche ville e teatri veneti, ricercando ispirazione nelle diverse sonorità degli ambienti antichi, Damien ha realizzato un lavoro di grande qualità e forte spessore contenutistico. Ecco cosa ci ha raccontato questo artista dall’animo profondo e dalla voce che scalda il cuore.
Siamo davvero tutti specchi paralleli degli altri?
Siamo specchi paralleli rispetto alle persone che conosciamo nella nostra vita. É inevitabile, nel momento in cui c’è uno scambio a livello verbale o anche solo emotivo con qualcuno, avviene una riflessione delle nostre personalità dalla quale si prende il meglio dell’altro.
New Start “racconta di un riavvicinamento con una nuova consapevolezza. Una storia in controtendenza rispetto ai costumi dei tempi che corrono…
Al giorno d’oggi la maggior parte delle relazioni corrono velocemente, in modo particolare per quanto riguarda i più giovani. Chiusa una porta si cerca sempre di aprirne una nuova ed in molti casi è la soluzione migliore, questo non è stato il mio caso. “New Start” è un invito a non abbandonare quello che si è fatto, ma a provare a sistemare le cose senza paura.
Parlaci della costruzione del tuo suono, di come lavori per creare gli arrangiamenti, di come scegli di vestire le canzoni. Il metodo, le suggestioni, le tecniche, le abitudini…
Scrivo molto spesso parole quando sono in tour. In treno, bus o in aereo, dovunque abbia il tempo di mettermi a riflettere su quello che mi sta accadendo. Quando viaggi le emozioni sono amplificate e ogni persona che incontri ti lascia qualcosa dentro. Ogni volta in cui prendo la chitarra in mano cerco di buttare giù qualche giro di accordi o arpeggio interessante. Parto sempre con la chitarra solitamente. Spesso ci sento già un paio di strumenti sopra e li aggiungo, da lì poi costruisco una linea melodica e il resto dell’arrangiamento.
“Parallel Mirrors” è stato registrato all’interno di storiche ville e teatri veneti, ricercando ispirazione nelle diverse sonorità degli ambienti antichi… ci racconti le fasi di questo processo creativo?
Non ritrovandomi molto nel sound italiano e non avendo ancora a disposizione un budget tale da poter lavorare con produttori stranieri ho pensato di creare un mio sound da solo utilizzando tutti strumenti acustici ho pensato di valorizzarli facendoli risuonare in ambienti particolari, da ville e teatri a ristoranti o capannoni. Ho spostato la mia attrezzatura di location in location e ogni canzone racconta ora una sua storia anche a livello di registrazione oltre che di puro sound.
Suoni tanto e in posti anche molto diversi tra loro. Tra le location più frequenti c’è il Nord Europa. Cosa ti lega a questi luoghi e come ti approcci al pubblico che vi incontri di volta in volta?
Mi ritrovo molto nei luoghi e nelle abitudini nordiche tranne per il costante freddo. Non è facile capire chi si ha davanti per questo solitamente uso qualche pezzo come test per vedere le reazioni. Spesso le durate dei concerti variano e intrattenere un pubblico per due ore non è sempre semplice. La cosa a cui tengo è che chi mi ascolta deve riuscire a conoscermi attraverso la musica, non solo a capire se sono bravo o meno. In UK il folk si muove in ogni pub e la competizione è molta, ma l’impressione che si ha è che tutti siano disposti ad aiutarsi, a voler darsi spazio l’un l’altro, perché valgono più le storie che si raccontano rispetto al voler arrivare da qualche parte.
In questo album racconti molto di te stesso, della tua personalità e della tua vita in generale. Perché hai scelto di esporti così tanto e così a fondo?
Credo la risposta stia nel fatto che non mi fa paura mettere a nudo me stesso o quello che ho fatto in questi anni. La musica che scrivo voglio sia sempre il più genuina possibile senza dover affrontare temi particolari solo per far notizia o per scrivere più facilmente.
Quali sono i brani a cui tieni di più e perché?
Tengo molto a “The Taste Of Rain” e a “Reflection”. La prima perchè parla di come ho affrontato gli ultimi anni, di determinazione, di colpe e della voglia di vivere il presente appieno. “Reflection” invece è il brano che fa da collante tra i primi pezzi scritti e gli ultimi. Parla di un linguaggio universale che va oltre le parole e si muove attraverso le emozioni. Dal titolo di questo brano sono poi arrivato a dare il nome all’album.
Cosa o chi ispira la tua musica e le tue canzoni?
Molto spesso sono le cose che mi accadono, dal ricevere una mail toccante al rompere una relazione o a riprenderla in mano. Cerco sempre di scavare a fondo per non essere scontato o finto.
Hai mai pensato di mettere la tua penna al servizio di altri artisti?
Ci ho pensato e l’ho fatto. Mi viene facile scrivere musica e arrangiamenti ma per un testo cerco sempre di confrontarmi con chi ho davanti, un po’ come funziona in America dove i songwriters incontrano l’artista e assieme creano i brani.
Hai aggiunto “Take me back” al disco dopo il tour europeo come mai? Di cosa parla questo brano?
Stavo attraversando un momento difficile in una relazione. Mancava il brivido che si aveva appena la storia era partita. “Take me back” significa “riportami indietro a quando tutto sembrava sbagliato, perché ora siamo intrappolato nelle abitudini.”
Damien McFly
Che rapporto hai con il tempo?
Assente, nel senso che mi sembra non bastare mai. Odio sprecarlo e cerco sempre di organizzare gli impegni in modo fiscalissimo. Mi ripeto costantemente che la vita è una e non vale la pena sprecarne una grossa parte a valutare troppo ogni singola scelta.
E con i social network?
I social sono una fortuna per i nuovi artisti, ma più uso Facebook più mi accorgo che pur di diventare virali o di avere likes si perdono i contenuti. Suoni per 1000 likes o perché ne senti la necessità? Appena mi sono accorto che mi stavano rubando molto tempo ho deciso di concentrarmi più sul fare le cose alla vecchia maniera, suonando il più possibile e viaggiando costantemente.
Hai scritto ”Reflection” dopo aver ricevuto una mail dal North Carolina dove una ragazza raccontava la storia di bullismo che stava vivendo. Ci racconti come è andata ?
Questa ragazza americana, dopo aver visto un mio video cover, mi ha scritto subito invitandomi a suonare in North Carolina, ad un raduno contro il bullismo. La cosa che mi ha colpito è stato il modo in cui si apriva con me, pur conoscendo solo la mia voce e poco più. Mi è arrivata dentro come poche persone hanno saputo fare. Grazie a questa cosa ho capito che c’è un linguaggio fatto non di parole ma di emozioni e sensazioni, un linguaggio che viene dalla nostra anima e non dalla mente.
Il tema del lavoro è sicuramente uno dei più delicati al momento. Quali sono le tue idee a riguardo e come pensi che si possa uscire dalla situazione di stallo in cui ci troviamo, soprattutto in Italia?
Questo è il momento perfetto per creare una carriera o per provare a seguire i propri desideri. Il modo migliore è rimboccarsi le maniche e accendere la propria mente. Bisogna mettersi in gioco e reinventarsi perché è troppo facile ricercare in maniera quasi passiva un lavoro che ci dia solo da mangiare. Sicuramente da lì si può partire ma, ora come ora, bisogna investire il proprio tempo in qualcosa che possa dare anche soddisfazioni.
“The taste of Rain” è uno dei brani più suggestivi del disco… ci parli del testo e delle emozioni che ne hanno determinato la scrittura?
Il testo è molto introspettivo. Parla delle scelte che ho dovuto fare per arrivare ad essere chi sono, ovvero una persona che sta seguendo i suoi sogni ogni giorno. Ho perso amici per colpa delle corde della mia chitarra, che sono la cosa più importante.
L’ho scritta lo scorso autunno, mentre viaggiavo nella mia auto sotto una pioggia intensa.
Dove e quando potremo ascoltarti dal vivo?
Fino a fine anno farò alcuni concerti nel mio Veneto per poi tornare in Francia e Belgio a gennaio. Spero di riuscire a fare un bel tour italiano nei primi mesi del 2016.
Che tipo di concerto è il tuo? Cosa intendi comunicare al pubblico e cosa metteresti nella tua scaletta ideale?
Il mio è un concerto in cui cerco di far divertire il pubblico, allo stesso tempo di fargli conoscere chi sono raccontando le canzoni e le storie che ci sono dietro. Nella mia scaletta ideale al momento metto ancora alcune cover, la finalità è invogliare il pubblico ad ascoltare tutti i miei pezzi.
Raffaella Sbrescia