Gli Elefanti, l’universo immaginifico di Calvino

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La delicata poetica di Calvino trova una naturale forma di espressione nei testi e negli arrangiamenti de “Gli Elefanti”, un album da ascoltare con attenzione e doverosa lentezza per apprezzare, condividere, immedesimarsi, immaginare muovendosi a cavallo tra passato e presente. Tra i protagonisti delle otto tracce che compongono l’album di Niccolò Lavelli la città di Milano ricopre un posto di grande rilievo. Un luogo-non luogo che assume una connotazione sempre diversa in base allo sguardo, ai ricordi, al punto di vista di chi la osserva. In questo specifico caso la purezza dei ricordi vividi di un bambino, mai veramente divenuto adulto, viene costantemente minacciata da un cinismo latente, mitigato soltanto dalle costanti incursioni del subconscio del cantautore. L’identità vocale e autorale di Calvino si sviluppa attraverso una timbrica intensa e retrò, una tracklist controversa ed un immaginario particolarmente prolifico di pensieri. “L’amaro in bocca” apre l’album con sonorità delicate, parole sincere e morbidi giri di basso mentre gli spensierati ricordi d’infanzia de “Gli astronauti” si alternano tra ritornelli strumentali, tanti problemi e poche soluzioni. L’orizzonte di rotaie di Milano Centrale irradia di malinconia la pensierosa ed immaginifica “Milano Est”. Al centro di questo susseguirsi di spensierati ricordi d’infanzia rivisti in chiave post-moderna, la title track “Gli elefanti” rappresenta senza dubbio il brano cardine. L’enigmatica fuga raccontata ne “La perdita del controllo” racconta a grandi linee le evoluzioni di un disagio esistenziale costellato di suoni dilatati e sonorità oniriche. Lo stesso mood strumentale avvolge le istantanee favolistiche di “Ginevra” mentre il crescendo strumentale di “Blacky” rappresenta un fresco elemento di sorpresa completato da “Nuovo mondo”, il brano più sperimentale dell’intero progetto, in cui Calvino inserisce una rinascita sonora e interiore, un “nuovo mondo fatto di luci e ombre facili da distinguere”, un arrangiamento ben strutturato costruito ad hoc per concludere un percorso solitario eppure pensato per individuare di volta in volta un interlocutore diverso.

Raffaella Sbrescia

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L’ultima ovvietà, otto canzoni che descrivono l’altalena della vita per i Perimetro Cubo

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“La vita è come un aquilone, se non la tieni scapperebbe via e chiede vento come vele al sole, chiede aria, fino alla pazzia, perché la vita è anche uno sguardo in silenzio mentre intorno tutti fanno rumore”. Basterebbe anche solo questo stralcio di strofa di “Come un aquilone” per intuire immediatamente le intenzioni  espressive de Il Perimetro Cubo, il duo romano che pochi mesi fa ha pubblicato “L’ultima ovvietà”, un debut album che, in otto brani, riesce a raccontare l’animo umano tra sensazioni e stati d’animo altalenanti. Identità, storie e atmosfere eterogenee si muovono lungo i cardini dei più disparati generi. Si va dal rock, al country, al folk, al pop cantautorale. Partendo da un percorso di scoperta individuale, i Perimetro Cubo allargano la prospettiva di viaggio, racconto, condivisione virando verso altri lidi. Il viaggio, intenso come religione è il caleidoscopio attraverso cui conosciamo le vicende, i pensieri e i sentimenti che emergono dalle strofe dei  brani racchiusi nel disco.

Perimetro Cubo

Perimetro Cubo

“Si cambia come niente, inevitabilmente”, cantano i Perimetro Cubo nella title track, un pezzo rock dal sapore amaro, scandito da intermittenti riff di chitarra. La freschezza strumentale di “Bambole isteriche” veleggia tra poetiche richieste di carezze al vento. Incentrato sull’insensatezza della guerra “L’ora del tè” è un brano che offre flashback di forte impatto visivo mentre la leggerezza di “Dieci” stempera i toni attraverso un continuo e giocoso rincorrersi tra parole e violino. Curioso e brillante il “Puzzle” in cui uno stesso individuo è scisso in più parti che si incontrano, si scontrano, si incrociano, si conoscono. Litri di parole scorrono senza meta e senza sosta ne “Le Onde” mentre il desiderio di tenerezza si riaffaccia, prepotente, in “Sopravvissuti alla realtà”. Il disco si chiude tra i vizi e le virtù di “Come un aquilone”, la traccia più bella e più profonda del filotto proposto dai Perimetro Cubo in un questo primo progetto sicuramente degno di ascolto ed attenzione.

Raffaella Sbrescia

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La pelle racconta: il quarto album di Maurizio Pirovano è un’esperienza di ascolto intimo

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“La pelle racconta” è il nuovo lavoro discografico del cantautore Maurizio Pirovano. Intesa come testimone tangibile e reale di emozioni, ricordi, sensazioni, la pelle è il tramite tra la nostra anima ed il mondo circostante per cui, facendosi carico di questa verità, Pirovano dà vita ad un album intimo, diretto, sincero. Infiniti attimi, fotogrammi e flashback di vita vissuta fanno capolino nelle 10 tracce che compongono l’album a cui hanno preso parte anche Alessandro Sironi, Antonio Marinelli e Maurizio Cambianica. Aprendo le porte dell’anima, Pirovano utilizza le parole per mettersi in gioco con autenticità e coraggio uscendo da una realtà sempre più impersonale e assuefatta dal consumismo imperante. Aspettami, ascoltami, credimi: sono queste le prime necessità che emergono dal brano di apertura. Sgomento, rabbia e disillusione sono i sentimenti di cui è intriso il testo di “Cristo Santo”: “Non ho più risposte, non ho più domande resto qua in disparte mentre cado a pezzi”, canta Pirovano, mentre sullo sfondo forti riff di chitarra si librano nel rispetto della migliore tradizione rock italiana. E ancora: “Ti sei mai chiesto se un giorno avrai il coraggio di partire, buttare via i tuoi sbagli e non dover più tornare”, questi gli interrogativi di “Illumina”. Sangue che scorre, segni indelebili e sensazioni profonde irradiano il mood della title track “La pelle racconta”. Bellissima anche la trama di “Non ho più scuse”: “Non ho più scuse, non ho più storie nel tempo dei veleni”, un’intensa immagine che è fedele specchio di una realtà sempre più arida.  “Riparto da zero, riparto per sentirmi un po’ più vero,  che in fondo per qualcuno è ciò che sono, riparto da quello che mi hai dato, da quello che ho vissuto, da quello che ho lasciato e poi voluto”, questo il fulcro di uno dei brani più forti e più viscerali del disco quale è “Riparto da zero” che, insieme a “Una è la vita”, rappresenta la testimonianza più immediata delle intenzioni artistiche e personali di Maurizio Pirovano: aprirsi al mondo con un atteggiamento schietto eppure possibilista .

Raffaella Sbrescia

Festival delle Ville Vesuviane: tre ore di puro rock con i Litfiba.

Litfiba live ft. Enzo Avitabile ph Paolo De Matteo

Litfiba live ft. Enzo Avitabile ph Paolo De Matteo

Apertura col botto per il Festival delle Ville Vesuviane con “la notte rock sotto il vulcano” presso il Parco sul mare della Villa Favorita di Ercolano. Protagonisti del palco i funambolici Litfiba che hanno smosso cica milleseicento anime con un concerto durato ben 2 ore e quaranta minuti. Un live tutto da ballare pogando e cantando a squarciagola. Il fulcro della scaletta pensata dai Litfiba 2.0 sono 25 brani tratti dalla loro “tetralogia” ovvero  gli album degli anni Novanta incentrati sui quattro elementi naturali: fuoco con “El Diablo”, terra con “Terremoto”, aria con “Spirito” e acqua con “Mondi sommersi”.  Un live liturgico in cui l’acqua “santa” è il sudore gettato a fiotti in nome del puro rock’n’roll.  Grande mattatore del palco un Piero Pelù in grande forma, accompagnato dall’inossidabile Ghigo Renzulli alla chitarra, dall’esplosivo Luca Martelli alla batteria, Ciccio Li Causi al basso e Federico Sagona a tastiere e cori.

In scaletta, brani celebri e b-side tra cui “Africa”, “Resisti”, “Dinosauro”, “Proibito”, “El Diablo”, “Regina di cuori”, “Gioconda” e “Ritmo 2#”. La rock band ha duettato per la prima volta con Enzo Avitabile sulle note di “La musica fa” al cui interno non sono mancate improvvisazioni sia vocali che sonore. Un fertile incontro artistico che ha generato un immediato esempio di sperimentazione e comunicazione. A rimpinguare il fronte ospiti della serata anche la giovane e grintosa ex concorrente di The Voice of Italy Ira Green in “Spirito” e  Raul Volani dei Metharia in “Tammuria” completando il gemellaggio dei Litfiba con  la scena rock napoletana. Il “sogno ribelle” dei Litfiba tocca i cardini e i temi chiave della nostra attualità: il legame tra mafia e politica, la libertà di espressione, la disoccupazione giovanile, l’immigrazione, la malavita organizzata, l’inefficienza governativa  senza togliere tempo e spazio  alla leggerezza, all’ironia, alla satira e all’intelligente invito a vivere la vita a 360 gradi. La liturgia rock dei Litfiba è una full immersion che non ammette distrazioni e cali di pressione, l’adrenalina è tutto quel che serve per lasciarsi coinvolgere in uno spettacolo che è molto più simile ad un viaggio tra le viscere della nostra anima.

Raffaella Sbrescia

ROGER WATERS. THE WALL: l’esclusiva cinematografica sarà nelle sale il 29 e 30 settembre e l’1 ottobre

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Considerato all’unanimità una pietra miliare della storia del rock e della carriera dei Pink Floyd con oltre 30 milioni di copie vendute nel mondo, l’album THE WALL fa coincidere uno dei vertici creativi della band inglese con il più importante contributo in termini compositivi del suo autore principale, ROGER WATERS. Il tutto in un’opera che, a 36 anni dalla sua pubblicazione su disco, ancora non smette di sorprendere per attualità, coinvolgimento emotivo e significato. Ne sono riprova, oltre alle sue successive ristampe e alla riduzione cinematografica che ne fece nel 1982 il regista Premio Oscar Alan Parker, anche e soprattutto i 219 concerti che lo stesso WATERS ha tenuto tra il 2010 e il 2013, riproponendo la monumentale opera rock nella sua interezza e infiammando le platee di tutto il mondo.

Ora proprio le immagini e i suoni di quel tour arrivano su grande schermo in ultra definizione anche in Dolby Atmos in contemporanea mondiale dopo il successo raccolto al Toronto International Film FestivalROGER WATERS. THE WALL è infatti un film-evento che si sviluppa su più livelli: è l’esperienza di un concerto travolgente dell’album classico dei Pink Floyd, un road movie di Waters che fa i conti col passato e un emozionante film contro la guerra. Il film sarà accompagnato in via eccezionale dall’intima conversazione tra Roger Waters e Nick Masone sarà distribuito in contemporanea mondiale il 29 settembre alle 20, ma i fan italiani, unici al mondo al momento, lo troveranno al cinema per tre giorni: il 29 e 30 settembre e l’1 ottobre (l’elenco delle sale disponibile su www.nexodigital.it e trailer qui https://www.youtube.com/watch?v=odEBC0DkObI). Le prevendite sono già aperte.

Il film è stato girato in 4K e mixato in Dolby Atmos durante il tour tutto esaurito di Waters “The Wall Live” che ha raccolto oltre 1,5 milioni di fan in America del Nord, 1 milione di fan in America Latina e America Centrale e 1 milione di fan in Europa: oltre 4 milioni di spettatori in tutto il mondo per il più grande tour mondiale mai intrapreso da un artista solista.

L’identificazione dei fans con THE WALL è infatti seconda soltanto a quella dello stesso WATERS, che ha scavato nel profondo della propria storia personale e della propria sensibilità per costruire una parabola immortale sulla guerra, il senso di perdita, l’amore e la vita. Fino ad arrivare alla decisione di produrre e co-dirigere (insieme al direttore creativo del tour Sean Evans) un film che, oltre ad offrire finalmente una testimonianza di quegli straordinari concerti, gli ha permesso di confrontarsi con il significato odierno di THE WALL. Fortemente segnato dal lutto per la morte in guerra del nonno (nel corso della I Guerra Mondiale) e del padre (morto durante la II Guerra Mondiale), THE WALL libera oggi ancora di più il suo urlo contro l’orrore di ogni tipo di guerra, proprio un secolo dopo il primo conflitto mondiale.

Parlando dell’evento al cinema Roger Waters ha dichiarato, “Eravamo una grande famiglia on the road, in tutto 189, uno più, uno meno.  In linea di massima eravamo felici, come io sono davvero felice di dare il benvenuto a bordo a tutti; lo so, lo so, sto mescolando le metafore. Dov’ero rimasto? Ah sì, con il vostro aiuto l’evento di settembre sarà il modo perfetto per ricordare non solo i nostri cari, ma anche le persone care agli altri ragazzi, quelle che non ci sono più, quelle che ci sono ancora e quelle che devono ancora nascere”.

ROGER WATERS. THE WALL è un film di Roger Waters e Sean Evans presentato da Rue 21 Productions. Musiche di Roger Waters, Produzione musicale di Nigel Godrich, Montaggio di Katharine McQuerrey, Fotografia di Brett Turnbull. Produttore esecutivo: Mark Fenwick. Prodotto da Roger Waters, Clare Spencer. Diretto da Sean Evans e Roger Waters.

Fonte: Ufficio stampa

Attenta: il nuovo singolo dei Negramaro è nettare di ambrosia

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Parole che si cementano nella testa al primo ascolto e che si stampano irrimediabilmente nel cuore. Parole che emozionano, che scompongono i sentimenti, che sezionano i pensieri restituendo un caleidoscopio di immagini a metà strada tra sogno e ricordo. “Attenta”,  il nuovo singolo dei Negramaro è l’ennesima coppa di nettare di ambrosia che sgorga dalla penna di Giuliano Sangiorgi, un brano che rispecchia i momenti più esaltanti e quelli più controversi dell’amore proibito, quello clandestino, quello che attorciglia nervi, muscoli, sguardi, pensieri. La ballad precede l’uscita del nuovo album di inediti della band salentina, dal titolo “La rivoluzione sta arrivando”, che vedrà la luce il prossimo 25 settembre  e che rappresenta una sorta di sintesi di un percorso evolutivo fondato sulla credibilità e sulla qualità dei contenuti. “Stai attenta, ha avuto tutto inizio in questa stanza, fermati un momento a quel che sembra a volte è tutto quello che è abbastanza, non chiederti se qui qualcosa è persa tra quello che uno vede e che uno pensa stai attenta, stai attenta almeno a te”, canta Giuliano, accarezzando le pareti dell’anima lasciando riaffiorare nella mente le più recondite paure. “Un bacio non conosce l’innocenza e sei colpevole di questa notte lenta proprio come me non hai pazienza”, parole che restituiscono frame di momenti unici, destinati a ripetersi infinite volte nella mente e nei sussulti del cuore. “Ricordati degli angoli di bocca son l’ultimo regalo in cui ti ho persa stai attenta, stai attenta almeno a te non dar la colpa a me, la colpa a me se tutto è bellissimo se è come un miracolo, se anche il pavimento sembra sabbia contro un cielo che si innalza altissimo intorno a noi è bellissimo…”, Giuliano evoca e descrive la costruzione di un sentimento forte, irrefrenabile, incontenibile, inaspettato e travolgente mentre sullo sfondo un arrangiamento epico, dapprima classico poi ricco di synth e sfumature sonore, arricchisce e colora il tappeto strumentale di un brano che, anche solo letto, sa regalare intense vibrazioni.

Raffaella Sbrescia

Audio ufficiale: “Attenta”

Amy: il documentario dedicato alla talentuosa artista sarà nelle sale italiane a settembre

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Dopo aver suscitato le più controverse reazioni da parte di critici e addetti ai lavori, “Amy” il documentario girato dal regista Asif Kapadia e dedicato alla vita di uno dei più grandi talenti vocali del nostro tempo, si appresta ad essere distribuito da Nexo Digital e Good Films anche nelle sale italiane i prossimi 15, 16 e 17 settembre. Due ore e sette minuti di racconto sono il frutto di un lungo ed estenuante lavoro di ricostruzione di una storia dolorosa e intrisa di momenti oscuri. La burrascosa conquista di fiducia e materiali utili da parte dei filmmaker ha senza dubbio rappresentato la parte più complessa del processo di realizzazione del film. Il risultato, in effetti, lascia trasparire in maniera tangibile lo sforzo attraverso filmati di repertorio, alcuni privati, altri privatissimi, che vanno dall’adolescenza di Amy fino al suo ultimo giorno di vita. Al centro della narrazione non ci sono gli eccessi, le depressioni, le delusioni, i disturbi alimentari e le dipendenze di Amy, bensì i personalissimi testi delle sue canzoni che, scorrendo sullo schermo durante l’intero film, rappresentano l’elemento cruciale per comprendere a fondo le dinamiche espressive dell’artista. Scrivere canzoni per Amy era una sorta di catarsi o di terapia attraverso cui riusciva ad elaborare emozioni  e momenti particolarmente difficili. La scrittura rappresenta il fulcro di tutto il documentario perché nei suoi testi sono racchiuse delle vere e proprie richieste d’aiuto attraverso versi diretti ed espliciti che lasciano ben poco all’immaginazione.

Amy Winehouse ph Alex Lake

Amy Winehouse ph Alex Lake

A svolgere un ruolo importante nella vita di Amy sono figure distruttive e parassitarie come quella del padre della Winehouse,  del suo manager e soprattutto quella del marito Blake Fielder-Civil. Kapadia dedica ampio spazio a questi personaggi lasciandoci intuire quanto abbiano influito nel corso delle vicende personali di Amy eppure, nel condannare loro e i paparazzi senza scrupoli, il regista commette un importante autogol proponendo al pubblico anche le foto più dolorose, i momenti più controversi senza risparmiare nemmeno le immagini del cadavere della cantante che, coperto dal sacco mortuario, viene caricato dall’ambulanza fuori dalla casa di Camden, dove l’artista ha perso la vita lo scorso 23 luglio 2011. A controbilanciare momenti così drammatici ci sono, però, le preziose esibizioni live di Amy Winehouse, dagli esordi al successo mondiale, l’intensa sessione di registrazione del singolo “Back To Black” in studio con il produttore Mark Ronson e l’indimenticabile espressione  con cui la cantante apprende la notizia della vittoria del Grammy come Record of the year con il brano “Rehab”. A tenere in piedi il lavoro è la tesi di fondo proposta dallo stesso Kapadia: “Questo è un film su Amy e sulla sua scrittura, è la storia di una persona che vuole essere amata, che ha bisogno di amore e non sempre lo riceve”. Un talento cristallino, un personaggio eccezionale capace di rompere schemi e convenzioni, una donna estremamente complicata, carismatica eppure ipersensibile, forse vittima di un mondo ormai abituato a mercificare il dolore e che sistematicamente disconosce la parola rispetto.

Raffaella Sbrescia

Il Jazz italiano per l’Aquila: 600 jazzisti per 100 concerti in sole 12 ore il prossimo 6 settembre

image001 (1)Domenica 6 settembre è la data scelta per la grande mobilitazione di tutto il jazz italiano per animare con i suoni del jazz il centro storico della città in ricostruzione e contribuire nell’opera di sensibilizzazione indirizzata ad accelerare i tempi della ricostruzione dell’Aquila. Fortemente voluta dal Ministro Dario Franceschini, dal Sindaco dell’Aquila Massimo Cialente e dal musicista e direttore artistico Paolo Fresu, e grazie al sostegno della Società Italiana degli Autori ed Editori, con il contributo di Puglia Sounds, l’iniziativa vede coinvolti 600 jazzisti per 100 concerti in sole 12 ore.

“Una giornata che passerà alla storia come il momento jazzistico più ricco e importante che abbia mai avuto il nostro Paese. La lunga maratona di musica che si terrà il 6 settembre a L’Aquila – dichiara il Ministro Dario Franceschini – oltre a confermare l’impegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo nei confronti del panorama nazionale del jazz, dimostra un sostegno concreto degli artisti alla ricostruzione civile, sociale e culturale dell’Aquila. Ringrazio i tanti musicisti che quest’anno hanno deciso di portare la musica jazz nel centro dell’Aquila, continuando a tenere accesi i riflettori su di una città che da sei anni attende il recupero del proprio centro storico duramente colpito dal sisma”.

“Un evento – ha dichiarato il Sindaco dell’Aquila Massimo Cialente – destinato a diventare una data storica, dal momento che vede la presenza simultanea dei maggiori artisti jazz del panorama nazionale ed internazionale, in una location del tutto particolare, ovvero il centro storico dell’Aquila che, con le sue ferite e le sue gru, sta credendo con tutte le sue forze, nel ritorno alla vita”.

“Ringrazio il Ministro Franceschini che, dopo il Buskers Festival dello scorso anno, ha voluto regalare alla Città dell’Aquila un evento altrettanto straordinario, per il quale c’è già grandissima attesa. Un inno alla rinascita e alla cultura, vera vocazione e simbolo di questa città. “Il jazz italiano per L’Aquila” – dichiara Paolo Fresu – si presenta come il più grande evento jazzistico mai organizzato nel nostro Paese. Con oltre 600 musicisti provenienti da tutta l’Italia e 100 concerti che coinvolgeranno tutta la ricca realtà del nostro jazz. Questa grande mobilitazione non ha il solo significato di sensibilizzare sui tempi della ricostruzione ma anche quello di contribuire alla cicatrizzazione del tessuto sociale e architettonico della città oltre che rappresentare la vitale e creativa realtà del jazz italiano. Grazie alla musica e alla presenza, si spera numerosa, dei molti che vorranno venire all’Aquila per sentire e condividere la solidarietà. SIAE è da sempre vicina a L’Aquila”.

“Siamo felici e orgogliosi di sostenere questa grande manifestazione di solidarietà, che coinvolge il meglio della musica jazz italiana, e di dare il nostro contributo concreto per la rinascita culturale di questa meravigliosa città – dichiara Filippo Sugar, Presidente designato SIAE. La maratona musicale prenderà avvio alle ore 12,00 per terminare intorno alla mezzanotte. L’impegnativo allestimento della manifestazione, nei luoghi decentrati e sul palco centrale di Piazza Duomo, sarà curato dal Comune dell’Aquila. Infatti, sarà la città la vera protagonista, con circa 20 diverse postazioni disseminate lungo un percorso a stretto contatto con i cantieri della ricostruzione e attraverso la suggestiva e drammatica vicinanza con i luoghi, i palazzi ed i monumenti che lentamente stanno iniziando a rivivere”.

Il percorso musicale, indicato man mano dalle marching band, comprenderà la Basilica di San Bernardino, la Chiesa di San Giuseppe Artigiano, il Chiostro di San Domenico, i Portici di Via San Bernardino, Piazza dei Gesuiti, Via del Castello, Largo Tunisia, l’interno e l’esterno del nuovo Auditorium, Piazza Chiarino, Via Borgo Rivera, la Fortezza, la Fontana delle 99 Cannelle e molti altri piccoli luoghi dove avverranno degli happening improvvisati; il tutto si concluderà in Piazza Duomo per il concerto serale a partire dalle ore 20,00. Dai gruppi stabili più noti fino alle Big Band, passando per le marching band fino ai combos di insieme dei conservatori e delle scuole e a tantissimi giovani talenti, ai gruppi espressione di festival o realtà regionali, (senza dimenticare il mondo della infanzia al quale sarà dedicata una postazione) la risposta del mondo del jazz italiano è stata unanime e positiva. I primi ad aderire all’appello del Ministro Dario Franceschini, del Sindaco dell’Aquila Massimo Cialente e del trombettista Paolo Fresu, sono stati Enrico Rava, Danilo Rea, Enrico Pieranunzi, Franco D’Andrea, Antonello Salis, Gianni Coscia, Gianluigi Trovesi, Maria Pia De Vito, Gianluca Petrella, Roberto Gatto, Rosario Giuliani, Rita Marcotulli, Stefano Battaglia, Paolo Damiani, Javier Girotto, Pietro Tonolo, Tiziana Ghiglioni, Ada Montellanico e Gino Paoli ma immediatamente si sono aggiunti centinaia di altri musicisti provenienti da tutto il Paese.

Ad anticipare la giornata di concerti, sarà la “Partita nel Cuore” che si svolgerà il 5 settembre alle ore 16,00 nello Stadio “Tommaso Fattori” dell’Aquila e che vedrà scendere in campo la Nazionale Italiana Jazzisti, la Nazionale Italiana Cabarettisti e la Rappresentativa Città di L’Aquila. Per la Nazionale Jazzisti hanno già confermato la loro presenza Fabrizio Bosso, Javier Girotto, Rosario Giuliani, Natalio Mangalavite e Gianluca Petrella. Il ricavato dell’evento, legato alla quarta edizione del Premio “Citta di L’Aquila” e dedicato al giovane Giovanni Compagni scomparso durante il terremoto, sarà impegnato per l’acquisto di un gioco per bambini disabili. La partecipazione massiccia dei musicisti e di tutti gli operatori del settore conferma quanto oggi il jazz italiano sia sempre più vivo e dinamico. Lo è sia nelle sue espressioni artistiche sia nella fitta rete di realtà che lo rappresentano su tutto il territorio nazionale, realtà che da qualche anno dialogano tese alla costruzione di un progetto comune con l’obiettivo di dare voce ad una musica oggi profondamente radicata nel nostro paese. Il coordinamento del progetto è realizzato dall’Associazione I-Jazz (che raccoglie i principali festival e progetti di jazz italiani), unitamente all’Associazione Musicisti Italiani di Jazz (Midj) e alla Casa del Jazz di Roma. Anche la Rai ha abbracciato con entusiasmo questa causa con un forte impegno editoriale. In particolare i canali di Rai Radio, Rai Radio1, Rai Radio2, Rai Radio3, Rai Cultura e Rai5, seguiranno l’evento con servizi, approfondimenti e interviste. Una vera maratona radiofonica in diretta che toccherà i luoghi più simbolici del capoluogo abruzzese dalle 10 del mattino fino a notte fonda, una copertura completa e capillare, declinata nei programmi più seguiti di Radio Rai. In televisione, sarà Rai 5 con la trasmissione “Ghiaccio Bollente” a riprendere il meglio della giornata e l’intero concerto serale, realizzando uno speciale di 100 minuti in onda in prima serata il 26 settembre.

L’iniziativa è finanziata dal Comune dell’Aquila e dal Mibact e può contare sul contributo di Puglia Sounds. Sarà la Siae il Main Sponsor dell’evento, con Trenitalia e Busitalia (Gruppo Fs Italiane), vettori ufficiali. Un ringraziamento particolare alla collaborazione di Corsica Ferries e Dismamusica e a tutti gli altri che stanno rendendo possibile la realizzazione di questo evento. Realizzato da: Associazione I-Jazz, unitamente a MIDJ Musicisti Italiani di Jazz, Casa del Jazz Vettori ufficiali Trenitalia e Busitalia (Gruppo Fs Italiane) Media partners Rai Radio,Rai Radio1,Rai Radio2,Rai Radio3, Rai Cultura,Rai 5 Partners Corsica Ferries, Dismamusica

Informazioni: 0862 645259 / 055 240397

Intervista a Dodicianni: “Ora c’è spazio solo per me, la mia band e migliaia di km davanti!”

 

Andrea Dodicianni

Andrea Dodicianni

“Piccadilly Line” è il nuovo singolo di Andrea Dodicianni e anticipa l’album da poco ultimato a Los Angeles sotto la guida di Howie Weinberg (Nirvana, Muse, Metallica, Jeff Buckley ecc.). Diplomato in Pianoforte al conservatorio e laureando in Storia della musica, Andrea ha all’attivo più di 400 concerti. In questa intervista  il cantautore ci ha spiegato che, dopo aver vissuto studiando qualcosa, ora vuole semplicemente dedicarsi alla musica e percorrere tanti, tanti chilometri…

 ”Piccadilly Line” è il titolo del brano  che anticipa il tuo album. Di cosa parla questa canzone? Come e con chi ci hai lavorato e cosa intendevi esprimere?

Questo pezzo è nato a Londra proprio nella Piccadilly Line alle 18 di una sera di qualche mese fa ed è stato l’osservare l’incedere frenetico e noncurante delle persone a farmi chiedere come sarebbe stata una storia d’amore nata lì, come sarebbe potuta andare insomma. Ci ho poi lavorato col produttore di questo lavoro Edoardo “Dodi” Pellizzari mentre il tocco magico finale l’ha dato Howie Weinberg con un master che mi ha davvero spiazzato.

Quali saranno i temi, le strutture musicali e gli obiettivi espressivi contenuti nel tuo lavoro discografico?

Principalmente sono un cantastorie perciò le canzoni sono appunto piccole storielle che non richiedono strutture musicali incredibili, anzi, cerco sempre di usare il minor numero di accordi possibili con melodie molto semplici, la musica non è una gara.  Ci sarà, invece, un grande lavoro concettuale nell’artwork e nelle scenografie che già portiamo in palco con noi nei live.

Sei laureando in storia della musica. Su cosa incentrerai la tua tesi di laurea e quali sono le scoperte che, più di altre, hanno segnato il tuo percorso di studi?

Verterà su una comparazione tra l’originale e una rilettura in chiave moderna di un manoscritto inedito di una stampa Petrucci, cose noiose insomma, sinceramente il mio percorso universitario non mi è stato di grande aiuto per la mia crescita musicale, fortunatamente è corredato di altri corsi di storia dell’arte e storia pura che hanno stimolato molto il mio interesse. Vado fiero invece della mia laurea al conservatorio di Adria in pianoforte. Paragono questo percorso ad un parto, il dolore credo sia simile tra l’altro…

Che rapporto hai con il pianoforte? In quali momenti e in quali contesti ti senti più a tuo agio con i tasti dello strumento?

Ho un rapporto di amore/odio. Dopo dodici anni di studio si crea un rapporto simbiotico ma anche di sincera repulsione. Purtroppo nel percorso creativo non riesco a far uso del pianoforte, preferisco la chitarra che suono amatorialmente, mi da più stimoli. Considero il mio rapporto col pianoforte come quei matrimoni della durata di quarantanni:  sì ok, c’è e ci sarà sempre stima e rispetto, ma in quanto a stimoli… scarseggiano.

Tu che hai all’attivo centinaia di concerti, come vivi la dimensione live?

La parte live è quella che preferisco di questo lavoro. Che brutta la parola lavoro, la sostituisco subito, viaggio. Ho la fortuna di condividere il palco con persone che sono diventati fratelli: in primis Jack Barchetta, bassista ma anche capobanda, quello che detta impegni ed orari insomma; poi il bimbo della band Daniele Volcan, batterista, e Francesco Camin, cantautore trentino col quale divido palco e tour da un anno, davvero un grande amico e artista. Il suo unico difetto? Finiti i live fa “il trentino”, per l’appunto, e vuole subito andare a dormire in furgone, mentre io e Jack…

Hai composto il tuo Ep “Canzoni al buio” tra le tende dei terremotati in Emilia… cosa hai provato in quella situazione e perchè hai scelto di comporre lì?

In verità non l’ho scelto, mi sono trovato calato in una situazione emotivamente molto intensa, ero volontario tra i campi tenda come musicista, avevo una Opel Zafira, un cuscino e una chitarra e la notte da dedicare a me, è successo insomma.

Come in una sorta di diario, parlaci di te, dei tuoi hobby, dei tuoi ascolti e di quello che più di ogni altra cosa vorresti realizzare nonostante tutto e nonostante tutti…

Sono nato in un paesino della provincia di Venezia di nome Cavarzere e ho moltissime manie! Ve ne svelo qualcuna: mangio solo pesce e pizza, amo l’arancione, l’arte concettuale, il baseball e la California, mi fa schifo lavare i piatti, in compenso lavo una ventina di volte al giorno le mani, ho paura degli aghi e ho una decina di paia di scarpe tutte uguali.
Non sogno nel mio futuro di riempire gli stadi, non è nelle mie priorità, sogno invece di continuare a fare per vent’anni la vita che sto facendo ora, ho passato tutti i miei primi vent’anni a studiare qualcosa, prima il diploma da geometra, poi pianoforte, poi contrabbasso, poi l’università, ora basta, c’è spazio solo per me, la mia band e migliaia di km davanti!
Ah, abbiamo un paio di sedili in più in furgone se qualcuno volesse aggregarsi.

E dimenticavo… in furgone si ascoltano solo Tom Petty e Kid Rock!

Raffaella Sbrescia

Video: Piccadilly Line

Intervista agli Zois: “Le nostre creazioni seguono l’istinto”

Zois

Zois

 

Nato dall’incontro di Valentina Gerometta e Stefano di ChioZois è un gruppo musicale nato a Bologna e condensa l’esperienza maturata sul campo dai propri componenti in un progetto caratterizzato da una forte vena  sperimentale.
Il linguaggio musicale degli Zois mescola con leggerezza generi apparentemente anche molto distanti tra loro con un risultato sempre degno di considerazione.
Per l’album d’esordio gli Zois hanno coinvolto anche il chitarrista Alessandro Betti e il batterista Ivano Zanotti e, tra le tracce che lo compongono, spicca l’illustre collaborazione con il prematuramente scomparso artista Pino Mango, sia per la realizzazione di una originalissima cover del suo famoso brano “Oro” che per la scrittura a quattro mani di un brano inedito. Grazie a questa intervista, abbiamo avuto modo di conoscere da vicino il modus operandi degli Zois e la grande passione che li spinge a sperimentare per offrirci nuove esperienze di ascolto.

Zois in greco vuol dire “vita”; quali sono gli elementi che contraddistinguono questa forte connotazione dinamica della vostra musica e della vostra compagine più in generale?

La creazione di una cosa nuova, sia essa un essere vivente o una canzone, parte sempre da un’altra cosa che le è preesistente e il rapporto che lega questi due elementi è di appartenenza e indipendenza allo stesso tempo. Forse è questa l’idea che meglio spiega il nostro modo di intendere la musica: creare le nostre canzoni e contaminarle con tutto il patrimonio genetico musicale che siamo riusciti ad mettere da parte nella nostra esperienza. Ci piace rendere espliciti i nostri riferimenti, giocare con gli arrangiamenti e accostare elementi che solitamente appartengono a mondi separati. E’ così che catturiamo un suono dal mondo esterno e lo facciamo diventare un suono Zois. E, cosa più importante, cerchiamo di farlo seguendo l’istinto. Il risultato a cui arriviamo deve essere la strada naturale che quella canzone ci ha indicato, non un complicato esperimento fine a se stesso. Se ci si pensa, la vita, la “creazione” è la cosa più semplice che ci sia, nonostante porti dentro se processi complessissimi e ancora a sconosciuti.

Contaminazione e sperimentazione attraversano il vostro modus operandi… quali sono i vostri modelli e riferimenti?

Di musica ne abbiamo ascoltata davvero tanta e l’elenco dei grandi musicisti a cui ci ispiriamo, da questo punto di vista, è veramente lungo. Abbiamo cercato di attingere dall’esperienza di tutti quegli artisti che nei decenni hanno contaminato il pop e il rock: i Beatles, Bowie, i Talking Heads, Bjork, i Radiohead.

Quali, invece, le prospettive più specificamente legate alle vostre prossime creazioni musicali?

Ci stiamo spingendo più a fondo lungo la strada che abbiamo intrapreso con questo nostro primo album. Con questo disco abbiamo imparato a fidarci più delle canzoni e a seguirle senza timore anche in territori sconosciuti, mantenendo sempre le orecchie aperte su quello che ci accade attorno musicalmente. Personalmente mi piacerebbe approfondire il rapporto tra la voce utilizzata come strumento e l’elettronica…ma è tutto un percorso in via di sviluppo, chi può dire dove ci porterà!

La vostra originale rilettura di “Oro” ha incontrato il favore e la collaborazione di un grande artista come Mango. Potreste parlarci del vostro rapporto con lui e con sua moglie?

Con Mango è subito scattata un’empatia speciale. Dobbiamo dire che lui ha reso tutto facile, perché ci ha accolto con un affetto e un calore che non ci saremmo mai aspettati da un grande della musica. E questo affetto lo ha dimostrato anche con i fatti, non solo a parole, perché si è prodigato in ogni modo e con massimo entusiasmo per permettere a questo progetto di uscire. Quando provi a muoverti nell’ambiente musicale, speri sempre che arrivi qualcuno che creda in te, che ti prenda per mano e ti aiuti a capire, a imparare. Mango per noi ha rappresentato la grande conferma che aspettavamo e, per il poco tempo in cui abbiamo potuto stargli vicino, abbiamo cercato di assorbire come spugne tutti i consigli e le indicazioni che ci dava. Era un artista ed un uomo molto generoso, è stato un onore poter collaborare con lui.

Per descrivere il rapporto con Laura Valente ci riesce difficile usare parole più belle di quelle che lei stessa ci ha riservato, nella lettera in cui ha voluto presentare Oro. A Laura siamo particolarmente grati per averci sostenuto in un momento così duro della sua vita: è una donna dotata di una forza straordinaria e di una rara sensibilità. E poi lei è Laura Valente: potete immaginare cosa ha significato per noi ricevere quelle parole di apprezzamento da un’artista così?

A breve pubblicherete anche un album di inediti…cosa dovremo aspettarci? Quali saranno i temi e le linee guida con cui dovremo ascoltarlo?

Dal punto di vista del suono, l’album seguirà la strada tracciata da “Oro”. Innanzitutto è un disco di canzoni, con un’anima rock e una melodia pop. Il consiglio è di farsi prendere per mano proprio da loro, dalle canzoni, ed attraversare tutto il disco come se fosse un viaggio attraverso tanti scenari diversi. Di fatto è un disco che si può anche “vedere” oltre che ascoltare. Ogni canzone è nata da un’esperienza reale e racconta il mondo attraverso le emozioni che quell’esperienza ha generato. Il disco non parla solo di fatti privati, personali, ma anche del momento sociale che stiamo vivendo. Noi abbiamo scelto, però, di farlo sempre attraverso gli occhio dell’individuo e dei suoi sentimenti, perché la soluzione parte sempre da se stessi e da un sereno contatto con il proprio mondo emotivo.

Che tipo di inedito è quello che avete realizzato con Mango?

Il brano che abbiamo scritto insieme a Mango si intitola “Stella Contraria”, ha una grande importanza per noi. Quando Pino Mango ci ha proposto di scrivere il testo per la sua musica e di arrangiarla, eravamo entusiasti della grande occasione che ci stava offrendo. Ne è uscita una canzone molto intensa, con una particolare fusione tra la melodia, che porta il marchio inconfondibile di Mango, e il nostro mondo sonoro.

Avete altre collaborazioni in corso?

Al momento no: negli ultimi mesi ci siamo concentrati sulla chiusura dal nostro disco. Speriamo però di poter ripetere presto l’esperienza di lavorare con altri artisti. La condivisione e il confronto sono sempre il teatro dei migliori spettacoli.

Per quando riguarda il live, qual è il vostro contesto ideale e che tipo di concerto proporreste al vostro pubblico?

Il contesto ideale è qualsiasi palco con un pubblico disposto a dedicarci la sua attenzione e che abbia voglia di emozionarsi. Il nostro live è molto energico, è un concerto in cui bisogna lasciarsi andare.

Raffaella Sbrescia

Video: Oro

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