“In Cile Veritas”, la recensione del nuovo album de Il Cile

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Lorenzo Cilembrini, in arte Il Cile, presenta “In Cile Veritas” (Universal Music), un nuovo album di inediti, giunto dopo il notevole successo ottenuto dall’album d’esordio intitolato “Siamo Morti a Vent’anni”. In questo lavoro il cantautore ha scelto di lasciarsi andare nei meandri di un percorso testuale ed artistico piuttosto distante da quello precedente: «Si dice che il rilassamento dei freni inibitori favorisca l’essere umano a rivelare cose nascoste, pensieri rimasti incastrati in qualche scomparto dell’anima, parole soffocate dalla lucidità della ragione -queste le parole con cui Il Cile, ha introdotto il significato del suo album- Ho scelto il titolo “In Cile Veritas” perché nel mio caso è sempre stata la musica a permettermi di tirare fuori quelle sensazioni, quelle melodie e quelle liriche che per natura tengo chiuse nel mio profondo, troppo spesso attraversato da tempeste e nubi minacciose». Composto da 10 tracce, l’album si apre con “Sapevi di me”, la storia di un amore difficile ed osteggiato. La parte centrale del brano è urlata e sparata in faccia all’ascoltatore, al centro del testo ci sono le emozioni più intime di un giovane uomo, accarezzate dal rumore dei suoi silenzi. Anche “Ascoltando i tuoi passi” racconta le vicende di un giovane che sceglie di camminare sulla strada sterrata, che canta canzoni che non ricorda nessuno e che, sostenuto da una donna forte e combattiva, riesce ad interpretare il rapporto a due come una possibilità di risoluzione dei propri conflitti interiori: “mi hai tenuto per mano anche dentro il mio inferno con il coraggio di una venere che si veste di amianto…”, canta Il Cile, mentre “Liberi di vivere” racchiude la più autentica espressione del disagio di una generazione costretta ad aggrapparsi a sogni ammaccati ed ingombranti. La voce graffiata di Lorenzo Cilembrini accompagna il suono della chitarra raccontando il peso del quotidiano, la fatica del dover maneggiare la speranza, l’abitudine di finire sotto anestesia durante il fine settimana per sentirsi liberi di illudersi . “Liberi di vivere” è, sicuramente, il brano più bello e più profondo di questo album, le parole sono pesanti, vere, autentiche, drammatiche, ineludibili e Il Cile realizza un nitido ritratto di un “presente precario eppure affamato”.

IL CILE Ph Jacopo Lorenzini

IL CILE Ph Jacopo Lorenzini

Decisamente sottotono la trama de “L’amore è un suicidio”, l’arrangiamento rock ed il massiccio utilizzo delle chitarre elettriche non riesce a dare vivacità ad un brano piuttosto banale. Le quotazioni risalgono, impennandosi, in “Parlano di te”: una bellissima ballad che racconta i pensieri sconnessi di un giovane uomo alle prese con un amore viscerale da cui non riesce a sfuggire. La bravura di Lorenzo sta proprio nella scelta oculata, accurata, studiata delle parole che, l’una dopo l’altra, costruiscono montagne di pensieri vivi, veraci, implacabili. Frasi come “il mal di testa mi ricorda che sono vivo” ci raccontano, come un frame cinematografico, l’immagine di un’anima anestetizzata dal dolore e dalla malinconia, da brivido.

IL CILE ph Jacopo Lorenzini

IL CILE ph Jacopo Lorenzini

Diverso è, invece, il discorso legato a “Baron Samedi”, un brano enigmatico, attraversato da frasi apparentemente slegate tra loro e che, ancora una volta, lasciano aperto il filone del mistero. “Sole, cuore, alta gradazione” è il titolo del singolo che ha anticipato l’uscita dell’album. Un arrangiamento solare ed un’ambientazione dinamica celano i mali e i vizi di una tribù che traballa . Il “diavolo del lessico” si perde nella banalità delle rime di “Maryjane” per poi risollevarsi in “Vorrei chiederti”: un labirinto di 30 mq è il giaciglio da cui sgorgano pensieri, sogni, desideri, riflessioni. A chiudere l’album è “Un’altra aurora”: un burattino di carne senza difese si abbandona ad un estremo bisogno d’amore concludendo così l’affannosa ricerca di un porto sicuro da cui attingere energia e certezza in un mondo che non ne offre.

Raffaella Sbrescia

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“V”, la recensione del quinto album dei Maroon 5

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I Maroon 5 presentano “V”, il quinto album della loro carriera, anticipato dal singolo “Maps”, ai vertici delle classifiche radio e digitali di tutto il mondo. Questo nuovo progetto discografico ha visto tornare nel gruppo il tastierista Jesse Carmichael, che aveva lasciato la band nel 2012 durante le registrazioni di “Overexposed”. Si torna quindi alla formazione originale con Adam Levine (voce e leader), James Valentine (chitarra), Mickey Madden (basso), Matt Flynn (batteria e percussioni) e PJ Morton (tastiera) e, per l’appunto, Jesse Carmichael. Registrato a Los Angeles insieme ai produttori Max Martin, Benny Blanco, Ryan Tedder, Shellback e Sam Martin, “V” è composto da 11 brani a cui se ne aggiungono altri 3 nella versione deluxe. L’album si apre con le sonorità catchy e le aperture dance dell’ascoltatissimo “Maps”, incentrato su una storia lontana dall’happy ending, tra rimpianti e domande senza risposta. “Animals” possiede, invece, tutto il fascino di un testo crudo, diretto, animalesco. Profumi, tracce da seguire, l’istinto e la lotta per l’accoppiamento si avvinghiano tra note black e rithm’n’blues; impossibile resistere alla bestia che c’è dentro ognuno di noi. A seguire il nuovo singolo “It was always you”: delay e riverbero si accompagnano ad un suono metallico mentre Levine descrive il risveglio dal torpore dei sensi e la riscoperta dell’amore.  Dolorosa e delicata è la trama di “Unkiss me”, una ballad in cui la band traccia il ritratto della fine di una storia, una fine difficile da accettare eppure necessaria per poter continuare a guardare avanti. Decisamente più ritmata e dance è “Sugar”: sonorità vicine ai dorati anni ’80 danno voce ad una forte richiesta d’amore. Un legame empatico, simbiotico, necessario, ben espresso da parole come: “I don’t wanna be needing your love, I just wanna be deep in your love”. Ancora una ballad con “Leaving California”, una parentesi malinconica, alleggerita da un potente giro di batteria, pensata per raccontare un rapporto che stenta a stare in piedi, un vacillìo emotivo in grado di destabilizzare le percezioni ed i sentimenti.

Maroon 5 Ph Vincent Perrini

Maroon 5 Ph Vincent Perrini

La travolgente gelosia di “In your pocket” ci mostra una nuova faccia di Levine che, furioso, indaga, interroga, aggredisce la sua amata in cerca di segreti da portare alla luce. La rabbia ed il disappunto cedono poi spazio alla sopraffazione in “New love”. Un buon mix and match tra hip hop e r’n’b s’intreccia con un’ inarrestabile sequenza di beat. Il fascino electro degli anni ’80 riemerge in “Coming back for you”, sulla stessa linea d’onda è “Feelings”, un brano annebbiato dalle inebrianti sensazioni selvagge rievocate da un sound travolgente. Il gioiellino dell’album è “My Heart is Open” in cui la voce di Levine si fonde e si intreccia con quella di Gwen Stefani mentre un dolce ed ovattato pianoforte suggella l’idillio artistico: “I know you’re scared, I can feel it/ It’s in the air, I know you feel that too/ But take a chance on me/You won’t regret it, no”, canta Adam, aprendo il cuore al rischio, in un vortice di incertezza e di paura. “Shoot love” è la prima delle tracce deluxe, ancora incentrata sulla ricerca ostinata dell’amore mentre “Sex and candy” regala un tocco decisamente speziato ad un finale discografico fin troppo melenso. A chiudere “V” è “Lost Stars”, un bellissimo brano pregno di poesia e di intense riflessioni aperte ad un tipo di interpretazione di più  ampio respiro socio-culturale: “Please don’t see just a boy caught up in dreams and fantasies. Please see me reaching out for someone I can’t see. Take my hand, let’s see where we wake up Tomorrow. Best laid plans sometimes are just a one night stand. I’ll be damned, Cupid’s demanding back his arrow. So let’s get drunk on our tears” e poi, ancora, “And God, tell us the reason youth is wasted on the young. It’s hunting season and the lambs are on the run. Searching for meaning but are we all lost stars trying to light up the dark?”. Un interrogativo, quest’ultimo, che, ancora una volta, ci pone con le spalle al muro di fronte alla vacuità della nostra essenza terrena. Un album, quello dei Maroon 5, che, pur non essendo particolarmente innovativo dal punto di vista strumentale, possiede una serie di spunti utili per approfondire una serie di tematiche legate alle dinamiche con cui  le relazioni interpersonali contemporanee si snocciolano attraverso prime fasi di approccio animalesco per poi vanificarsi nell’oblìo o sfociare in un’irrefrenabile attaccamento simbiotico.

Raffaella Sbrescia

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Le irresistibili parodie di Lino D’Angiò in “Da grande voglio fare il sindaco”

Lino D'Angio @Maschio Angioino Ph Fiorella Passante

Lino D’Angiò @Maschio Angioino Ph Fiorella Passante

Grande successo per lo show di Lino D’Angiò, intitolato  “Da grande voglio fare il sindaco”, andato in scena lo scorso 31 agosto al Maschio Angioino di Napoli, nell’ambito del Festival del teatro comico e del Caberet e della rassegna “Ridere”, organizzata dall’Associazione Bruttini Ridere e dal Teatro Totò. Attraverso una esilarante riflessione sui vizi della società contemporanea, il celebre comico partenopeo ha divertito la platea attraverso delle irresistibili parodie di alcuni importanti personaggi come Crescenzio Sepe, Giorgio Napolitano, Aurelio De Laurentiis, Rafa Benitez, Nino D’Angelo, Gennaro D’Auria, Luigi De Magistris, Vincenzo De Luca, Peppino Di Capri, Massimo Ranieri e l’immancabile Pulcinella. La caricatura delle personalità più in voga del momento, stravolta e rivisitata secondo le naturali attitudini di un professionista di lungo corso quale è Lino D’Angiò, ha offerto al pubblico la possibilità di fare il punto sulla città col sorriso sulle labbra. Cosa più unica che rara.

Fotogallery a cura di: Fiorella Passante

Lino D'Angio @Maschio Angioino Ph Fiorella Passante

Lino D’Angio @Maschiò Angioino Ph Fiorella Passante

 

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