Od Fulmine, la recensione dell’omonimo album

cover-od-600x

Gli Od Fulmine, il gruppo composto da  Riccardo Armeni, Fabrizio Gelli, Mattia Cominotto, Stefano Piccardo, Saverio Malaspina, presentano l’omonimo album. Un progetto discografico che racchiude e lascia confluire in sé le diverse esperienze dei singoli membri che hanno militato chi nei Numero 6, chi tra gli Esmen, chi tra i Meganoidi. Sono 10 le dieci le tracce che compongono questo saliscendi pop-rock cantautorale e che, in modo semplice ed immediato, parlano del nostro mondo in maniera squisitamente disincantata. Muovendosi tra rock e tradizione, gli Od Fulmine scelgono atmosfere notturne e crepuscolari per raccontare sentimenti urticanti e storie immaginifiche. Si parte dalle convulse chitarre di “Altrove 2” per poi continuare a cercare il senso delle cose in “Ma ah”. Decisamente più onirico è il ritmo di “40 giorni”, una ballata mistica che riprende il celeberrimo poemetto del poeta Samuel  Taylor Coleridge “ The Rime of the Ancient Mariner” su un tappeto di note elettriche, equilibrate da misurate pause meditative.   Il ricordo e la malinconia sono gli elementi chiave di “5 cose”, il brano in cui ci imbattiamo esattamente a metà dell’ascolto e che offre ulteriori spunti di riflessione intima ed individuale. La struttura classica di “Nel Disastro” lascia, tuttavia, trasparire l’epicità del naufragio sentimentale narrato nel testo che, in ogni caso, apre uno spiraglio di speranza: “Ma nel disastro mi vedrai sorridere/Sotto un diluvio ritornare in me/Di notte ho visto quello che mi manca e tu mi vieni incontro anche se non lo fai più”. Le dure chitarre inserite in “I preti dormono” conferiscono ritmo e dinamicità all’ascolto che si fa vorticoso sulle note della rabbiosa  “Ghiaccio 9” e della nostalgica allure di “Da quel giorno”. I toni si ammorbidiscono nell’enigmatica ballata voce e chitarra, intitolata “Poveri noi” per poi confluire nei ricordi lontani e sbiaditi raccontati in “Fine dei desideri”, il brano conclusivo di un album in grado di mettere insieme storie ed umori contrastanti su un unico binario interpretativo.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Od Fulmine” su iTunes

Video: “40 Giorni”

“Il tramonto dell’Occidente”, l’album di Mario Venuti ci offre nuove possibili vie d’uscita. La recensione

l-pack2b

L’ottavo album solista di Mario Venuti è “Il tramonto dell’Occidente”, un lavoro discografico di grande qualità, sia dal punto di vista testuale che musicale. Nel ventennale della sua carriera, senza considerare la lunga parentesi con i redivivi Denovo, Mario Venuti ci offre la possibilità di fare il punto sulla nostra condizione con classe, eleganza e raziocinio. Bando agli allarmismi, alle ruberie e alla volgarità, al catastrofismo spicciolo, Venuti chiama a raccolta artisti del calibro di Francesco Bianconi, frontman dei Baustelle, e Kaballà, entrambi nella veste di autori, per mettere i puntini sulle i.

Il titolo del disco evoca l’opera di Spengler Oswald, un mastodontico tentativo di elaborare un compendio di una morfologia della storia universale. Sviluppo, fioritura e decadenza individuale assumono una valenza collettiva all’interno di un percorso cantautorale insolitamente ottimista e fiducioso. Il disco si apre con il testo riflessivo, dolente e rabbioso de “Il tramonto”, un brano che fotografa con lucidità il nostro presente: “Dal balcone l’altro giorno ho visto uno studente rovistare nella spazzatura. Nelle liste elettorali leggo nomi di maiali. Gli svantaggi della libertà, mio Signore, per favore, non aver pietà”, canta Mario Venuti, auspicando il ritrovamento della luce. Le voci di Francesco Bianconi e Giusy Ferreri s’incastrano nel refrain di “Ite missa est”, la formula latina del congedo della messa sancisce la fusione tra sacro e profano in questo brano a metà strada tra la presa in giro e l’accusa seria contro i postulanti del no future, che popolano i principali mezzi di comunicazione. Il coro polifonico Doulce Memoire colora e riempie i tratti di quella che rappresenta a tutti  gli effetti una presa di coscienza: “Io esco solo di domenica, osservo bene quest’umanità, mi sembra come una parabola biblica. La fine della nostra civiltà”.

Mario Venuti Ph Amleto Di Leo

Mario Venuti Ph Amleto Di Leo

Dolce e delicata è invece la trama de “I capolavori di Beethoven”, una preziosa ballad in cui Venuti duetta con Franco Battiato omaggiando il grande compositore che, nonostante la sordità, fu in grado di scrivere le più importanti pagine della storia musicale mondiale. La ricerca della forza nel disagio traspare a più riprese mentre “ Il ritorno inatteso della povertà ci insegna, finalmente, l’idea dell’abbondanza”. La prescrizione indicata in questo frangente è trasformare una mancanza o un handicap fisico in un punto di forza, un modo del tutto innovativo di rivoluzionare se stessi ed il proprio modo di pensare. Curioso l’intermezzo strumentale di “Perché”: violini, archi e violoncello accompagnano un insolito collage di sample tratti dalla discografia di Venuti mentre frammenti musicali orchestrali del “Concerto all’aperto di Giorgio Federico Ghedini” richiudono il vortice autocitazionista.

Bellissima e particolarmente azzeccata è la lucida analisi che Mario Venuti fa delle periferie italiane in “Ventre della città”. Cattive coscienze convivono con cuori vergini in posti troppo spesso dimenticati dagli uomini e in storie conficcate come pugnali nel ventre della città. Anche in “Passau a Cannalora”, il brano in dialetto siculo, cantato insieme a Bianconi e Kaballà, Venuti lascia trasparire un forte legame con la terra e con le radici. Sant’Agata, patrona della città di Catania, è la destinataria di un’accorata preghiera in cui il cantautore auspica il ritorno dell’antica bellezza di posti incantevoli distrutti dalle mani dell’uomo. Echi rivoluzionari riempiono le note di “Arabian boys”, un racconto ispirato agli episodi avvenuti durante la Primavera Araba: “Né cariche, né bombe, né dannati canti di sirene fermarono l’amore che accendeva la rivoluzione”, canta Venuti, dando spazio ad uno slancio inaspettatamente positivo.

Mario Venuti Ph Amleto Di Leo

Mario Venuti Ph Amleto Di Leo

“Niente esiste, tutto appare e nulla è come è”, scrive il cantautore in “Tutto appare”, duettando con Alice. Il brano si chiude con la massima di ispirazione ungarettiana “Solo quello che non siamo, solo questo so” mentre la periferia italiana cerca e trova contatti con quella americana in “Ciao american dream”, il riuscito adattamento di “Ashes of American Flags” dei Wilco. Che sia il dio dollaro o l’antica lira, la sete di denaro rimane il peggiore di tutti i mali anche in “Il Banco di Disisa”, un’antica leggenda che, attraverso poche profonde parole, rappresenta la metafora dell’avidità umana.  In antitesi con la traccia di apertura, l’ultimo brano del disco è “L’alba”. Il brano vede la partecipazione del giovane cantautore palermitano Nicolò Carnesi, una collaborazione voluta dallo stesso Venuti, come segno di incoraggiamento e fiducia verso le nuove generazioni: “Io sto camminando verso l’alba che per sua natura nasce ad est e sto recitando un altro mantra. Prendo più coscienza, cerco me”. Questo doloroso viaggio musicale si conclude, dunque, con una nuova, inaspettata consapevolezza, un nuovo stimolo per cominciare a ripensare il nostro modo di vivere e per cercare nuove possibili vie d’uscita.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Il tramonto dell’Occidente” su iTunes

Video: “Ventre della  città”

IL TRAMONTO DELL’OCCIDENTE IN TOUR” toccherà i club e i teatri di tutta Italia.

Queste le prime date confermate:

12 novembre  Roma (Orion Club)

13 novembre  Milano (Magazzini Generali)

14 novembre  Firenze (Viper Theatre)

26 novembre  Padova (Geoxino)

27 novembre a Bologna (Bravo Caffè, con un set elettro-acustico)

4 dicembre a Palermo (I Candelai)

18 dicembre a Catania (ZO Centro Culture Contemporanee).

I biglietti per i concerti sono disponibili in prevendita

“Migranti. Napoli è mille colori”: Marco Zurzolo & band colorano il Mar Mediterraneo con note di pace

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

“Un giorno diverso, una tregua musicale all’insegna della fratellanza e della spensieratezza”, così il noto sassofonista partenopeo Marco Zurzolo introduceva sul suo profilo Facebook l’atteso concerto tenutosi lo scorso 28 settembre all’interno della Mostra d’Oltremare di Napoli, nello spazio antistante l’Arena Flegrea, nell’ambito del Forum Universale delle Culture. L’evento, ad ingresso gratuito, intitolato “Migranti. Napoli è mille colori”, racchiude un gioco di parole immaginifico e di particolare interesse socio-culturale.

IMG_1081

Grazie all’impostazione multiculturale dell’evento, Marco Zurzolo Sax Alto; Piero De Asmundis – Pianoforte; Diego Imparato – Basso; Gianluca Brugnano – Batteria, insieme al Coro delle Voci Bianche Multietnico della Scuola Spazio ZTL, diretto da Manuela Renno, hanno deliziato il pubblico con una scaletta finalizzata alla valorizzazione della  profonda stratificazione che da sempre interessa la cultura partenopea. Colori, influenze, contaminazioni ritmiche e sonore hanno creato una suggestiva atmosfera interculturale senza trascurare le bellissime striature dettate dalle coinvolgenti improvvisazioni di Marco Zurzolo, considerato uno dei più valorosi musicisti partenopei.

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

Una parentesi distesa, un’oasi pacifica e rilassata, popolata di volti e sorrisi, di note e di parole che, nella loro diversità, hanno messo insieme i pezzi di uno stesso puzzle. Ospiti della serata Ibrahim Drabo, Laye Ba e Francesca Zurzolo, artisti scelti per completare un percorso solidale, arricchito dal contributo di numerose associazioni operanti sul territorio campano,  in grado di dimostrare anche ai più scettici che Napoli può ancora essere un centro culturale aggregante.

 Fotogallery a cura di: Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

 

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

"Migranti. Napoli è mille colori" ph Luigi Maffettone

“Migranti. Napoli è mille colori” ph Luigi Maffettone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Intervista a Michele Mangano: “Vi racconto il mio amore per la tarantella”

Michele Mangano Ph Pietro Armiento

Michele Mangano Ph Pietro Armiento

Michele Mangano è un ballerino, maestro e coreografo di fama mondiale, che ha fornito un importante contributo alla diffusione della cultura popolare centro meridionale in tutto il mondo, insieme alla sua associazione e compagnia di danza e musica popolare La Bella Cumpagnie – Cultura Etnica Popolare Garganica.  Insignito dalla Regione Puglia del riconoscimento di Ambasciatore del Folk Pugliese nel Mondo, Michele si è raccontato in questa lunga intervista con l’obiettivo principale di avvicinare  le giovani generazioni, non solo alla danza e alla tarantella, ma soprattutto alla conoscenza delle proprie radici storiche, culturali, musicali.

Michele hai dedicato la tua vita alla danza e alla musica popolare… come ti sei avvicinato a questo tipo di realtà musicale e cosa ha alimentato nel corso degli anni la tua passione?

Partirei da quando avevo 14 anni, il momento in cui sono stato folgorato da questa forma d’arte quale è la tarantella. Nasco a Monte Sant’Angelo in provincia di Foggia, nel territorio del Gargano, un luogo particolarmente noto per il culto micaelico di San Michele Arcangelo, attorno al quale si concentra anche il folklore locale. Quando cominciai quest’avventura fui da subito entusiasta, ero il ragazzo più piccolo e mi accontentavo di portare anche solo le borse. A quei tempi i festival dedicati al folklore erano molto importanti, in particolar modo le rassegne folkloristiche internazionali, e giravo tantissimo insieme ai ballerini. Un giorno mi fecero entrare come riserva in un gruppo folk in cui sono rimasto fino all’’82. Già all’epoca avevo voglia di andare oltre, il professor Campanile, antropologo e docente di Filosofia e Pedagogia, mi diede l’importante incarico di condurre la compagnia per un anno e di fare il capogruppo. Per due anni ho portato avanti quel progetto, poi mi sono distaccato ed ho creato una mia compagnia di musica e danza popolare “La bella Cumpagnie”, in cui ho messo da parte il termine folklore ed ho tirato in ballo le musiche di tradizione popolare addentrandomi nella ricerca di una dimensione nuova. Nel frattempo mi sono iscritto all’Accademia delle Belle Arti di Foggia, provengo da una famiglia di decoratori di chiese a cappella e ho seguito un po’ anche la carriera di mio padre e mio nonno. Per quanto riguarda la mia avventura individuale, nulla è stato facile, anzi! Ho trovato intoppi di ogni tipo, ostruzionismo, gelosie, ma sono stato testardo e sono andato avanti dandomi molto da fare.

Michele Mangano Ph Luigi Maffettone

Michele Mangano Ph Luigi Maffettone

Che ruolo svolge la danza nel contesto socio-culturale contemporaneo?

 Mi è sempre piaciuto interagire con gli anziani, essi rappresentano le nostre radici e la loro saggezza ci tramanda la nostra identità e la nostra memoria. In un’epoca in cui manca la conoscenza del proprio territorio e  di tutto quello che concerne la tradizione popolare è importante tenersi in contatto con tutte quelle persone in possesso di un bagaglio socio-culturale di grandissima rilevanza. L’importanza fondamentale di capire ciò che facciamo, ci consente di preservare e trasmettere il nostro patrimonio culturale alle nuove generazioni. Spesso alla notte della Taranta le persone non sanno cosa stanno ballando e perché, oltre a non conoscere  i nostri strumenti popolari. Io facevo parte dell’Arci, un contenitore culturale in cui si parlava anche e soprattutto di cultura. In quel contesto ci spiegavano cos’era il mandolino, l’arpa, la zampogna, la cornamusa, la chitarra battente, la chitarra acustica, il tamburello, le loro differenze, i suoni e i ritmi. Grazie a questo percorso, mi sono fatto un bagaglio culturale che oggi i giovani non hanno. Premettendo che a 51 anni non sono da considerare vecchio, mi sento di dire che giovani d’oggi hanno difficoltà ad ascoltare, sembra che non vogliano capire e parlare del pentagramma. Recentemente ho organizzato l’”Umbra Forest Folk – Gargano Porta di Pace”, un’iniziativa che mi ha portato sia in piazza che nelle scuole. L’idea di andare dai ragazzi mi ha fatto capire da vicino che le nuove generazioni sono all’oscuro delle nostre antiche dominazioni, dei nomi, delle fattezze e degli utilizzi degli strumenti musicali e che c’è davvero tanto bisogno di attirare l’attenzione dei più giovani.

IMG_3030

Per quanto riguarda un discorso più strettamente legato alla tarantella, così come tutte le altre danze, quello che io chiedo è considerazione e rispetto. Qualcuno mi ha accusato di andare oltre il patrimonio tradizionale, a questo io rispondo dicendo che attingo dalla tradizione ma cerco di guardare anche all’innovazione. Perché non si può sperimentare con la tarantella? Con la tammurriata? Con la pizzica? I ritmi possono fondersi insieme. La tarantella può essere rappresentata, esportata e insegnata in ogni luogo. Così come è successo con le altre danze, anche la tarantella deve sopravvivere, deve diventare materia viva contaminabile.

Hai avuto tante esperienze importanti anche in tv…come ti sei fatto notare dalla Rai?

Nel 94’ mandai una lettera alla Rai in cui parlavo di un progetto incentrato sui prodotti tipici della mia terra e sul pane di Monte Sant’Angelo. Partecipai ad Uno Mattina, così per divertimento, ma quel momento ha sancito anche la svolta della  mia vita artistica. La regista mi consentì di diventare autore di un progetto sempre ad Uno Mattina e dal 1994 al 2004 ho collaborato a tanti programmi, sempre in veste di autore: Bella Italia, Sereno Variabile, Geo &Geo, Domenica In…ormai ero di casa. La visibilità della Rai mi ha aiutato molto con i concerti e con gli spettacoli. Ci fu un susseguirsi di cose importanti, conobbi tanti artisti, su tutti Eugenio Bennato, Carlo D’Angiò, Nando Citarella, Goran Bregovic, Franco Battiato, Teresa De Sio.

Michele Mangano Ph Luigi Maffettone

Michele Mangano Ph Luigi Maffettone

Hai tenuto delle lezioni a New York? Che riscontro hai avuto?

Dopo aver portato le lezioni di tarantella nelle scuole a Carpino, dove poi nacque il Carpino Folk Festival. La Comunità montana del Gargano ha sponsorizzato questo progetto dal 2000 al 2007. Finito il 2007 proposi di tenere lezioni di tarantella a New York agli emigranti italiani. All’epoca volevo iniziare a recuperare la terza e quarta generazione dei figli dei nostri emigranti ed anche questo progetto andò a lieto fine. A distanza di 7 anni questo progetto è ancora vivo. Vado in America 3 volte all’anno e  questa attività viaggia in parallelo con la scuola che ho qui in Puglia.

Michele Mangano

Michele Mangano

Quali sono le attività della Danza Nova Folk Ballet?

Negli anni 2000 è nata una nuova realtà, la Danza Nova Folk Ballet in cui io ed i miei ragazzi raccontiamo qualcosa di diverso dal solito folk, ci muoviamo tra tradizione ed innovazione e, grazie a tanti seminari ed incontri che organizziamo la compagnia è sulla cresta dell’onda. Abbiamo realizzato una tammurriata particolare, sullo stile folk-rap con Raiz e Pietra Montecorvino mettendoci in gioco e rischiando per farci capire anche dai giovani. Noi non vogliamo allontanarci dal mondo antico ma vogliamo anche guardare al futuro, creando un equilibrio. Abbiamo creato anche un’ Accademia, giunta al quarto anno di attività, a cui aderiscono bambini, ragazzi, adulti e anziani.

Michele Mangano Ph Luigi Maffettone

Michele Mangano Ph Luigi Maffettone

Quali saranno i tuoi prossimi impegni?

Fino alla fine di settembre siamo all’Oktober Fest di Monaco di Baviera, il 20 di ottobre terremo uno spettacolo a Montecarlo per un premio letterario ed il 27 novembre ripartiremo per New York.

 Raffaella Sbrescia

Rockalvi Festival 2014: musica e solidarietà al Parco dei Camaldoli

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

La grinta, l’energia, l’entusiasmo, l’operatività e la solidarietà sono gli ingredienti chiave del Rockalvi Festival. La manifestazione musicale diretta Peppe Guarino, giunta alla VII edizione, si è svolta lo scorso 26 e 27 settembre 2014 nel bellissimo ed imponente Palco dei Camaldoli di Napoli. Dopo aver lasciato la consueta location di Calvizzano, anche grazie alla collaborazione con l’Associazione Sasquatch, il Rockalvi si è proposto al pubblico partenopeo con audacia e determinazione. L’intento principale della manifestazione indipendente è stato quello di lanciare un importante messaggio di solidarietà devolvendo tutti i proventi  all’Associazione Camilla la stella che brilla Onlus. L’ente che, ispirandosi alla storia della piccola Camilla (affetta dalla sindrome di West), si è trasformato in un solido punto di riferimento per tanti bimbi disabili che, giorno dopo giorno, si trovano a dover lottare, non solo contro la malattia, ma anche contro la mancanza di sostegno da parte delle strutture preposte, che dovrebbero garantire loro le necessarie sedute di fisioterapie riabilitative.

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Sorretto dalle generose sottoscrizioni del pubblico entusiasta, il Festival ha invitato alcuni rappresentanti di spicco dello scenario musicale indipendente italiano, che hanno scelto di ridurre o annullare il proprio cachet, facendosi portavoce di una causa benefica che dal 2008 è stata protagonista di un’ininterrotta gara di solidarietà. Dopo aver riscaldato i motori con la prima serata del 26 settembre, durante la quale si sono esibiti i Bud Spencer Blues Explosion, definiti giocolieri del rock’n’roll, i talentuosi Plastic Made Sofa e gli scatenati partenopei de La Bestia Carenne, la serata di chiusura ha subito ospitato un’ anteprima assoluta: Francesco Di Bella (ex 24 Grana), Alfonso Bruno Fofò, Claudio Domestico (Gnut) e Dario Sansone (Foja) hanno emozionato il pubblico con una formazione inedita, battezzata per l’occasione con il nome di Ballads & Wine; penne, chitarre e sensibilità a confronto per un momento di autentica poesia.

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

L’altro attesissimo ospite della serata è stato il cantautore Riccardo Sinigallia che, ormai da svariati anni, gode del sostegno e dell’ apprezzamento di un pubblico amante delle sue canzoni delicate ed intimiste. In chiusura il giovane cantautore partenopeo Antonio Manco e l’atteso Alex Paterson (direttamente dai mitici The Orb, padrini dell’ambient house). Per i più resistenti spazio anche all’ elettronica con Elem ovvero Marco Messina (99 Posse), Emanuele Errante (Dakota Suite) e Fabrizio Elvetivo (Illàchime Quartet), accompagnati dalla videoartista Loredana Antonelli; una line up eterogenea e di qualità che completa un’iniziativa meritevole di sostegno e plauso, che ha saputo coinvolgere la cittadinanza, pur muovendosi in un contesto socio-politico certamente non facile.

Fotogallery a cura di: Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

IMG_9432

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

IMG_9535

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

Rockalvi Festival 2014 ph Luigi Maffettone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Electric soul”, la svolta sentimentale di Marlon Roudette

Marlon Roudette - Electric Soul Album Cover_m (2)

Marlon Roudette, ex membro dei Mattafix, presenta “Electric Soul”, il suo secondo full lenght da solista. Dopo aver scoperto l’R&B più sperimentale di artisti come Frank Ocean, Drake e The Weekend, Roudette  è partito alla ricerca di uno stesso livello qualitativo, un percorso che lo ha portato ad imbattersi nei produttori Tim Bran e Roy Kerr, responsabili della hit dei London Grammar “If You Wait”. Registrato nei celeberrimi Abbey Road Studios,  “Electric Soul” raccoglie e modella la maturazione artistica di Roudette che, diventato padre da poco, ha avuto l’occasione di virare la propria scrittura ed il proprio stile verso orizzonti meno drammatici e più evidentemente improntati alla ricerca della serenità. Opportunamente definito “a modern classic of synthetic R&B”, “Electric soul” è un album melodicamente eterogeneo che si avvale, tra l’altro, del contributo di firme importanti come quelle di Jamie Hartman (Christina Aguilera, Joss Stone, Jason Mraz) e Stuart Matthewman (membro della band di Sade). Raccontando gli ultimi 18 mesi della sua vita, Roudette si rivela più riflessivo e aperto al sentimentalismo senza tuttavia rinunciare alle atmosfere dark, a lui tanto care. Si va dall’r’n’b sperimentale di “America” alle storie incrociate di “Come along”, passando per l’apprezzatissimo singolo “When the beat drops out”, in cui traspare la nuova linfa creativa e vitale che ha investito Roudette: “Life, happen you’re making plans. Flying highing, shaking hands, a song will write you. With you, I found a new way to live, I see an alternative”, canta Roudette, mentre la malinconia profusa di “Your only love” lava via l’entusiasmo tra lacrime, pentimenti e debolezze.

Marlon Roudette Ph Danny North

Marlon Roudette Ph Danny North

L’atmosfera rarefatta di “Runaround” ci immerge all’interno del flusso di parole e pensieri colpevoli. L’ascolto si appesantisce sulle note di “Body language” e “Flicker” che non offrono un reale contributo ai contenuti dell’album, il quale s’illumina di nuova carica emotiva grazie alla dolorosa ballad intitolata “Hearts Pull” e alla bellezza evocativa di “In Luck”, una bellissima dedica d’amore incondizionato: “This is a changing of guard and I will see you through it all”, canta Roudette, mentre l’immancabile ritmo raggae di “Nice things” chiude “Electric soul”, un disco che, sebbene non abbia caratteristiche di importanza epocale, si lascia ascoltare con facilità e con un certo trasporto.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Electric soul” su iTunes

Sergio Marchegiani rilegge i “Notturni” di Chopin in un doppio cd

sergio marchegiani

Sergio Marchegiani rilegge Chopin, suo autore prediletto, con un’incisione integrale dei suoi Notturni. “Nocturnes”, per l’appunto, un doppio cd da ascoltare preferibilmente al buio, quando l’udito si aguzza e l’immaginazione si fa incredibilmente fervida e attiva spalancando le porte del cuore e schiudendo i catenacci dei nostri sogni più intimi. Marchegiani sceglie di eseguire Chopin grazie alla sicurezza acquisita attraverso numerose esibizioni dal vivo. La scelta di incidere nasce, invece, dall’ inesauribile abnegazione del pianista alessandrino e dalla grande cura con cui egli riesce a muoversi all’interno di un’opera così accesa ed incontenibile. I “Notturni”, rappresentano, infatti, un ciclo monumentale all’interno della produzione di Chopin, il quale compose l’intera sezione come se si trattasse di un diario intimo. Un unico profilo lirico esaltato da innumerevoli e regolari cambi armonici.

Colori, proporzioni, sfumature, riverberi e richiami semantici si intrecciano, si incontrano, si scontrano grazie ad armonie ricercate, ora voluttuose, ora spettrali. Brani che, nel corso dei secoli, hanno avuto il privilegio di continuare a vivere, assumendo via via forme interpretative sempre diverse. In perfetta comunione con Chopin, Marchegiani ci offre, quindi, la straordinaria occasione di ammirare e avvicinarci, con tocco italiano, ad una perfetta combinazione di elementi sonori dal fascino immaginifico.

Raffaella Sbrescia

Acquista “Sergio Marchegiani plays Chopin” su iTunes

“Hanno paura di guardarci dentro”, la recensione del nuovo album de Le Strisce

le strisce

Con “Hanno paura di guardarci dentro” Le Strisce inaugurano una nuova importante fase del proprio percorso musicale intrapreso nel 2008. Insieme all’etichetta indipendente Suonivisioni, Davide Petrella (Voce – Testi); Francesco Zoid Caruso (Basso); Enrico Pizzuti (Chitarre); Andrea Pasqualini (Chitarre); Dario Longobardi (Batteria) hanno realizzato un album in grado di penetrare nelle dinamiche evolutive delle ultime generazioni. Già a partire dall’evocativo titolo, questo disco, composto da ben 14 tracce, racchiude un immediato messaggio di denuncia contro una società geriatrica del tutto indifferente nei riguardi delle esigenze, dei sogni e dei progetti dei più giovani. Sguardi d’insieme, taglienti e diretti, si lasciano cullare da ritmiche incalzanti, chitarre spinte, veloci giri di batteria attraverso parole arrabbiate ed affilate al punto giusto.

Le Strisce

Le Strisce

Forte dei 7 brani, più due hit, scritte insieme a Cesare Cremonini per “Logico”, Davide Petrella si è lasciato andare alla scrittura in maniera più sicura e disinvolta raccontando questi anni che ci hanno messo rabbia addosso.  La traccia di apertura è “Nel disagio”, un brano amaro ed evocativo che, attraverso una potente miscela di suoni e parole arriva dritto al cuore. Accompagnato dal particolare videoclip realizzato da Tiziano Russo, “Nel disagio” ci introduce subito al centro del nucleo semantico di questo album: “Avrebbero dovuto dircelo che non c’è via d’uscita da questa epoca noiosa che ci stringe a sé”, canta Davide, e poi, ancora, “E che non conosciamo il mondo abbastanza da andargli incontro. I giorni non sanno di niente,  i ragazzi bruciano per sempre. Le linee della mano si intrecciano e come corde si spezzano”.

I sogni cancellati e gli anni che non ritornano più indietro sono i demoni descritti in “Fantasmi” mentre la storia di “Andrea” racchiude i tratti essenziali di tante vite simili alla sua, a cavallo tra perdizione e annullamento. “Ci pensi mai” è, in assoluto, il brano in cui Petrella e soci sparano a zero sui grandi mali della nostra società, in cui corruzione e demagogia sono in piazza” e pongono interrogativi diretti e scomodi proprio ai giovani, grandi protagonisti di questo album: “Ci pensi mai se il nostro posto è sempre stato questo”, “hanno paura di guardarci dentro perché non ci troverebbero niente, solo un mare di cazzate e di luci spente, tanto non c’è più chi guarda e chi sente”. L’inno all’”hic et nunc” de “Gli artisti” ed il citazionismo insito in “Comete” cedono il passo all’emotività di “Dentro”, un brano intimo, struggente, immaginifico: “Ogni vita si intreccia con un’altra e si dice basti solo un momento”, una frase veritiera, diretta che, come un colpo al cuore, ci pone di fronte alle nostre egoistiche attitudini socio- culturali.

le strisce 3

Pugni in faccia ci arrivano anche da “Cosa deve fare un giovane d’oggi per poter ridere”. Noi, destinati a non avere certezze, a non avere paura, a non trovare nessuno con la risposta pronta, a non conoscere la verità, siamo una “Beat Generation” assuefatta ad un mondo di buffoni (2012). Un grande caos che, tuttavia, non ci slega dalla vita. Pur avendo speso “troppo tempo a correre ingoiando rabbia e polvere” sogniamo talmente forte da avere per sempre mal di testa.  Bellissimo anche il testo di “Persa”: anche se non c’è strada per correre, se non ci sono più certezze ma solamente dei forse, rimane l’autenticità dei sentimenti, l’ultima risorsa a cui l’uomo può fare riferimento per salvarsi. Le Strisce chiudono questo intenso lavoro discografico con un ultimo eloquente monito, racchiuso in “Non è destino”: “qualunque strada hai da prendere, tu non ti perdere”; parole che, proprio come l’intero album, ci invitano a riflettere sul significato più autentico di ciò che ci circonda e che, una volta in più, lasciano trasparire la naturalezza, l’entusiasmo e la voglia di esprimersi di un gruppo abituato ad usare la musica per dirci qualcosa di utile e sensato.

Raffaella Sbrescia

Video: “Nel disagio”

“Joe Patti’s Experimental Group”, un album elettronico e sperimentale per Franco Battiato

battiato ok

Franco Battiato torna alle origini con “Joe Patti’s Experimental Group”, un album che prende il nome dallo zio materno del cantautore e che riprende da vicino le sonorità che l’artista aveva proposto al pubblico durante gli anni ’70, proponendosi, di fatto, come antesignano dell’avvento dell’elettronica all’interno dello scenario musicale mondiale. “Joe Patti’s Experimental Group” è un album sperimentale che ben si sposa con la linea visionaria che, da ormai svariati decenni, accompagna e caratterizza i contenuti proposti da Franco Battiato. Per un artista come lui, a cui non interessa rassicurare il pubblico né tantomeno le conferme e le osannazioni, lui che utilizzò il VCS3 sei mesi prima che andasse sul mercato, ancora prima che venisse utilizzato dai Pink Floyd, che utilizzava filtri e oscillatori a proprio piacimento, oggi si propone con questo nuovo lavoro elettronico, in cui Carlo Guaitoli suona pianoforte, tastiere e sintetizzatori, ora cantando, ora vocalizzando, ora declamando in svariate lingue.

Scritto e realizzato insieme a  Pino “Pinaxa” Pischetola, uno dei migliori ingegneri del suono in Italia, da tempi lontani collaboratore di Battiato, coautore del nuovo album, a cui sono affidate la programmazione e le ritmiche computerizzate, “Joe Patti’s Experimental Group” riprende brani registrati tra il 1970 ed il 1972 completandoli attraverso dimensioni arcaiche, assolutamente uniche e peculiari. L’album si apre con “Leoncavallo”, un brano che si ispira a quello che Battiato esegui per la prima volta al Centro Sociale Leoncavallo di Milano nel 1972. Una dimensione liquida, contaminata, innovativa in cui gli echi e riverberi diffusi danno spazio alla voce: “Le pareti del cervello non hanno più finestre”, canta l’artista, penetrando nella realtà delle cose come se avesse la capacità di avvertirne le asperità e le dolcezze. Grazie alla sua andatura controcorrente, lontano da abitudini e preconcetti, Battiato conserva uno sguardo fanciullesco con cui filtrare il senso delle cose. Il suo caleidoscopio di suoni, effetti e rumori lascia emergere in superficie le emozioni: commozione, stupore, godimento, meraviglia  smuovono proprio quelle asfittiche pareti di cervelli anestetizzati dall’omologazione latente.

Franco Battiato

Franco Battiato

Riverberi, echi, incursioni ritmiche, improvvise aperture ed inquietanti ilenzi, pianoforte rarefatto e percussioni violente, insieme a lontane e perturbanti voci liriche, sono gli ingredienti chiave di “Joe Patti’s Experimental Group”. Battiato analizza il fondo dell’ombra in “Le voci si fanno presenze” mentre l’atmosfera rarefatta dell’ “Omaggio a Giordano Bruno”  immerge l’ascolto in un contesto mistico. Il risucchio vorticoso di “Come un branco di lupi” stempera la propria drammaticità nell’aulico fascino di “The Implicate Order”. L’atmosfera è minimale e Battiato dirige il rumore come fosse un’orchestra, cantando in tedesco e poi in arabo con padronanza assoluta. L’ultimo brano è “Propiedad prohibida”, una delle tracce di “Clic” che, qui, viene ripresa con il titolo in italiano “Proprietà proibita” è anche il primo “singolo” estratto da questo lavoro di avanguardia che rappresenta, a tutti gli effetti, la summa del percorso artistico di Battiato.

Tutti gli appuntamenti live di Franco Battiato:

27.10 FOLLONICA Teatro Fonderia Leopolda

28.10 GENOVA Teatro Politeama

29.10 PIACENZA Teatro Politeama

31.10 CESENA Teatro Carisport

01.11 SENIGALLIA Nuovo Teatro La Fenice

03.11 MILANO Teatro Nazionale

04.11 LIVORNO Teatro Goldoni

07.11 TORINO Lingotto Alfa MiTo Club To Club

09.11 TRENTO Auditorium Santa Chiara

10.11 VERONA Teatro Filarmonico

11.11 ROMA Teatro Olimpico

13.11 UDINE Teatro Nuovo Giovanni da Udine

Per acquistare i biglietti su TicketOne, clicca sul banner in alto a destra!

Acquista “Joe Patti’s Experimental Group” su iTunes

Classifica FIMI: FSG, Club Dogo e Slash i più venduti

il padrone della festa

“Il padrone della festa”, l’album che riunisce in un unico super gruppo Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè, conquista subito la vetta della classifica FIMI/GFK degli album più venduti della settimana in Italia. Al secondo posto ci sono i Club Dogo con “Non siamo più quelli Mi Fist” mentre è Slash a chiudere il podio con “World on fire”. Altra new entry al quarto posto: si tratta di “My Everything” di Ariana Grande, seguita dal nuovo album di Franco Battiato “Joe Patti’s Experimental group”. Sesti i Modà con “Gioia. Non è mai abbastanza” mentre alle loro spalle c’è Clementino con “Mea Culpa”. Scivola in ottava posizione Francesco Renga con il suo “Tempo Reale”, seguito da “L’amore comporta” di Biagio Antonacci. Chiude la top ten Ligabue con il pluripremiato “Mondovisione”.

Next Posts