Vasco il KOM(andante) Rossi torna allo Stadio Olimpico di Roma con ben 3 appuntamenti. Con i tre concerti romani ‘014, per Vasco saranno 16 volte a Roma. Dopo il grande successo dello scorso 25 giugno, il rocker è atteso dal pubblico anche per le repliche di questa sera e per il prossimo 30 giugno per una festa incentrata sul concetto chiave del cambiamento, quale è stata quella di ieri sera. Con i capelli rasati, con il solito look da duro e con una ritrovata forma fisica, Vasco Rossi ha conquistato ancora una volta il suo adrenalinico pubblico con un concerto tiratissimo ed energico, una grande “festa laica di comunione e liberazione”, come si è divertito a definire lui stesso il suo live. Una scenografia imponente e una lunga passerella a forma di “V” hanno proiettato il Kom praticamente al centro del parterre, per la gioia dei fan del prato che hanno potuto godere di un incontro ravvicinato con un artista che, a distanza di tanti anni, rappresenta ancora un baluardo del rock italiano.
Vasco Rossi (locandina tour)
Entrando nello specifico del concerto, la novità più importante riguarda il sound decisamente heavy oriented, una virata strumentale forse dettata da un importante cambiamento all’interno della band: accanto agli storici Stef Burns, alla chitarra, e Claudio Golinelli (Il Gallo), al basso, la sezione ritmica si completa con due new entries, si tratta di Vince Pastano alla chitarra e di Will Hunt degli Evanescence alla batteria. Tutti gli altri sono volti ormai noti: Alberto Rocchetti alle tastiere, Frank Nemola alla tromba, Andrea Innesto (Cucchia) al sax e cori e Clara Moroni ai cori.
Vasco Rossi
Con una scaletta di 27 brani, il concerto è durato all’incirca due ore e mezza. In apertura “Gli spari sopra”, “La strega”, “Sballi ravvicinati del 3° tipo “, “Asilo republic” in un medley con “Delusa” poi “Cambia-menti” e “Dannate nuvole”. L’intenzione di Vasco è, dunque, quella di improntare questo suo nuovo live sull’evoluzione del suo percorso musicale. Il concerto è una battaglia a colpi di riff che non ammette pause: “C’è chi dice no”, “Stupendo”, “Un senso”, “Rewind”, “Vivere non è facile”, “Muoviti”, “Come stai” precedono “Manifesto futurista della nuova umanità” e “Liberi liberi”. Nei bis lo spazio è dedicato alle grandi e immancabili hit come “Sally”, “Siamo solo noi”, “Senza parole” e “Vita spericolata”. Imprescindibile, irrinunciabile per i fan di Vasco la poesia di “Albachiara”. Il concerto si chiude così, col cuore gonfio di emozione e, allo stesso tempo, spompato dalla carica energetica che Vasco riesce sempre a regalare.
“Le Stagioni di Anna Frank” è il titolo del concept–album di Renato Franchi & Orchestrina del Suonatore Jones, il gruppo che prende il nome da un toccante brano di Fabrizio De André testimoniando una profonda devozione per il grande e indimenticabile poeta della canzone d’autore italiana. Questo album, prodotto su etichetta Latlantide, è stato concepito subito dopo il viaggio-concerto del gruppo ad Auscwhitz e Birkenau nel gennaio 2011. Un’esperienza forte, intensa, struggente i cui frutti si sono subito riversati nella scrittura di testi che in qualche modo hanno voluto raccontare il senso di quanto visto e appreso durante quel viaggio. Un album per aiutare a ricordare, per fissare nel cuore e nella mente dei ricordi che, con il passare del tempo, diventano sbiaditi e che, invece, abbiamo bisogno di tenere ben vividi nei nostri occhi per ricordarci il valore della vita e il livello di abominio che l’uomo è in grado di raggiungere. Dedicato al coraggio e al sorriso di Laura Prati e Adriana Cavalieri, due eroine civili che l’Orchestrina del Suonatore Jones ci pone come esempio e fonte di ispirazione, questo progetto racchiude al proprio interno sia brani inediti, sia alcuni dei più significativi testi del cantautorato italiano; stiamo parlando di Enzo Jannacci, Massimo Bubola, Francesco De Gregori, Mauro Lusini, Francesco Guccini, Luigi Tenco, Max Manfredi, Vian e tanti altri.
“Per i bimbi volati nel vento, passati dalle gelaterie di lamponi che fumano lente, per le stagioni interrotte di Anna Frank, per i figli delle nostre città saliti sui treni che non sono più tornati…per non dimenticare mai”, questa è la dedica che racchiude il messaggio più intimo di questo disco di cui abbiamo bisogno non solo per ricordare ma anche per imparare a farlo. La diffusa voglia di evasione e di intrattenimento spicciolo rifugge le canzoni di denuncia e di protesta ma, mai come in questo caso, questo disco è necessario perchè raccoglie il meglio di quanto scritto in Italia in merito ad una delle più brutte pagine della storia mondiale e, in maniera più efficace di un libro, ripercorre una delle stagioni in cui l’uomo è stato sopraffatto da se stesso. Ad aprire il disco è la title track “Le Stagioni di Anna Frank”: violini, balconi, giardini e canzoni diventano carri armati e cannoni, guerra, croci e prigioni. Renato Franchi firma, inoltre, “La gente di Legnano” per i morti di Mauthausen e il sangue dei fratelli Venegoni. Lacrime sospese nel vento, storie da raccontare, storie da non dimenticare, canta Renato Franchi, nel toccante brano intitolato “Binario 21”: una spada contro l’indifferenza. Completano la track list “Sei minuti all’alba“ (Jannacci) la dolorosa “Varsavia” (Bertoli), la stesura originale di “Li vidi tornare” (Ciao amore ciao), la toccante intensità de “La pianura dei 7 fratelli” (Gang), senza tralasciare “Il disertore” di Boris Vian e “Futuro bella sposa” di Max Manfredi. Il disco si chiude con “Cercando un altro Egitto”, un ermetico racconto di De Gregori, in cui il terrore di un incubo senza fine è capace di vivere anche attraverso fotogrammi metaforici.
“Questo è il primo album che io possa definire tale, tra tutti quelli che ho fatto finora”. Con queste parole Joel Zimmerman Aka deadmau5 ha introdotto “While (1<2)”, un disco, il settimo, che, già attraverso il titolo, intende comunicare un’intenzione precisa: si tratta di un codice prelevato dalla programmazione informatica e implica un loop infinito. Composto da ben 25 tracce, l’album raggiunge una durata complessiva di circa due ore ed è concepito come un percorso sensoriale complesso e completo al contempo. Joel spazia tra onde sonore, ritmo e rumore in maniera completamente originale, il globetrotter canadese inserisce nella tracklist i vizi capitali “Avarizia”, “Gola”, “Accidia”, “Invidia”, “Superbia”, “Ira” conferendo loro una linea sonora omogenea e perturbante rispetto a quanto offerto nella sequenza di brani offerti. A metà strada tra progressive house ed elettronica sperimentale, gli interludi al pianoforte rappresentano, infatti, un elemento sorprendente rispetto all’intricata texture sonora, spesso estrema, presente nelle elaborate composizioni strumentali. L’album si apre con “Avaritia”, un brano che racchiude il marchio di fabbrica creativo di Joel: l’intro nebulosa e crepuscolare libera spazi creativi in un’apertura ritmata e coinvolgente. Le tracce riferibili a Coelacanth ( Coelacanth I, My Pet Coelacanth Coelacanth II) contengono ciascuna un’impronta diversa ma continuativa. “How to destroy Angels” è un remix che pone in netto contrasto una voce angelica con le sonorità distorte poste in sottofondo. Una dimensione chill-out, si pone, ancora una volta, in forte contrapposizione con la dimensione alienante di “Infra turbo Pigcart Racer”, una traccia arricchita da rumori di motori di macchine da corsa in sottofondo. La dolce e lieve apertura al pianoforte di “Creep” fa da contrappunto alla chitarra protagonista di “Somewhere Up Here”. La ritmica delle onde sonore di “Terrors in My Head” è interamente giocata sugli innesti interposti ad intervalli regolari tra un beat e l’altro.
In “While (1<2)” ci sono tracce che non vi faranno soltanto ballare ma che, piuttosto, vi lanceranno al centro di una dimensione spazio- temporale modulare in grado di rigenerarsi e rinnovarsi ascolto dopo ascolto. Il remix di “Survivalism” dei Nine Inch Nails’ è, forse, la traccia più anonima del disco che, tuttavia, in materia di influenze e sperimentazioni, rappresenta un punto di riferimento da tenere assolutamente in considerazione.
“Storie” è l’ultimo album di inediti dei Velvet. Nell’arco di 15 anni, il gruppo composto da Pierluigi Ferrantini (voce e chitarra), Pierfrancesco Bazzoffi (basso), Alessandro Sgreccia (chitarra), Giancarlo Cornetta (batteria) ha attraversato un percorso artistico, apparentemente defilato, eppure sempre presente all’interno dello scenario musicale italiano, anche in contesti lontani dalla realtà della band. A parlarci di questo bellissimo disco, pregno di arrangiamenti curati e di testi coinvolgenti è Pierluigi Ferrantini che, in qualità di scouting e addetto ai lavori all’interno di Radio 2, si è soffermato anche su alcune problematiche che interessano la scena italiana.
“Storie” è un album che racchiude pensieri, ricerche ed evoluzioni stilistiche e, a giudicare da quanto si legge in giro, piace proprio a tutti…
Piace a tanti, ma non a tutti come vorrei… C’è qualche nebbia che avrei voluto diradare per rientrare in un contesto un po’ più ampio. Il problema riguarda tanto noi, quanto una parte della musica italiana che, purtroppo, non viene calcolata in nessuna maniera da quei tre o quattro grandi network che si sono spostati solo ed esclusivamente in ambito mainstream. Fa anche strano fare quest’affermazione perché in realtà i Velvet, come molte altre band, non hanno difficoltà ad esistere o ad avere un pubblico di riferimento, il problema è che il nostro lavoro viene percepito come lontano dai gusti della grande massa quando in realtà non è così. Io, tra l’altro, conduco una trasmissione su Radio 2, un network che passa anche musica più ricercata e che dà spazio a realtà che gli ascoltatori in ogni caso gradiscono. Detto questo, siamo comunque molto felici che questo lavoro abbia avuto grande apprezzamento, lo speravamo, ci abbiamo lavorato molto duramente, anche prendendo del tempo tra un disco e l’altro. Certo, abbiamo fatto un best, un tour ma abbiamo comunque fatto passare quattro anni tra un disco di inediti e l’altro ed è un tempo discograficamente infinito. Ci abbiamo pensato bene ed era giusto anche prendersi un po’ di tempo perché, lavorando senza fretta, ci è tornata la voglia di scrivere canzoni visto che, per un certo periodo, abbiamo preferito fare altro. Quando ci siamo messi a lavorare sul disco non ci abbiamo messo moltissimo, in tutto c’è voluto soltanto qualche mese; all’inizio, quando lavori in studio, fai di tutto per far funzionare le cose, poi se ti dai due o tre settimane per riascoltare tutto, ti rendi conto che quello che ti sembrava perfetto magari non lo è e che c’è bisogno di fare delle modifiche.
“Scrivimi quello che fai” è il brano che avete mostrato di amare più di altri e che, in effetti, risulta raffinato ed intenso. Come avete vissuto il contributo di Fabrizio Bosso alla tromba?
Quello di Fabrizio è stato un grande regalo perché lui è amico del nostro batterista; era un po’ di tempo che avevano parlato di questo nostro disco nuovo quindi Fabrizio ha voluto ascoltare le canzoni e, subito dopo, è stato lui a dirci che sarebbe venuto in studio per suonare. Il tutto è nato per passione, per il piacere di fare le cose insieme senza nessun fine particolare… Lui è semplicemente venuto da noi per vedere quello che sarebbe successo ed è nato tutto in maniera estemporanea, nonostante la canzone fosse ormai conclusa. Quando lui ha suonato non nascondo di aver avuto un brivido perché, dentro di me, non ero così convinto che l’inserimento di una tromba avrebbe potuto dare dei frutti positivi in quella canzone… pensavo già a come dirglielo e tremavo al solo pensiero di dover dire qualcosa di negativo ad un talento del suo livello! Ammetto, invece, di essere stato ingenuo e sono felice che Fabrizio abbia trovato degli spazi fantastici per migliorare la canzone. Per fortuna ho solo dovuto dirgli grazie, come mi auguravo!
In questi anni di silenzio discografico avete fatto tantissime altre cose… ti va di riassumere i passaggi fondamentali di questa lunga fase della vostra vita artistica e professionale?
Abbiamo lavorato su molti dischi di altri artisti piccoli e più grandi, abbiamo scritto canzoni per tv, cinema, pubblicità, insomma ci siamo dedicati alla musica sotto altri punti di vista. Per quanto riguarda me, mi piace dare una mano e dare un po’ di consigli ad alcune band meritevoli che, piano piano, si stanno facendo spazio come i Kutso, che sono di Roma e che stanno crescendo molto. Tutto questo ci ha portato via tanto tempo ma ci ha regalato anche parecchie soddisfazioni.
Velvet PH Matteo Casilli
Siete insieme da circa 15 anni…un traguardo assolutamente poco scontato. Come si regolano gli equilibri all’interno del vostro gruppo, quali sono i caposaldi della vostra cifra stilistica e come vivete la quotidianità del vostro rapporto umano e artistico?
Il nostro rapporto non è sempre quotidiano, cerchiamo di salvaguardarlo cercando di inserire altri motivi di interesse, aldilà del fare il disco e i concerti. In questo momento fare il musicista con un certo tipo di idee e con un certo tipo di etica è veramente complicato ed è anche umiliante, soprattutto per gente come noi che hanno avuto la fortuna di vivere anche esperienze di altissimo profilo. Ci rendiamo conto che, a distanza di anni, le cose stanno precipitando e che non sempre il passare del tempo o l’avvicendarsi di persone in ruoli chiave per lo sviluppo della musica sia meglio, anzi! Per questi ed altri motivi, ognuno di noi si occupa di qualcosa in particolare e abbiamo modo di non essere costretti a vedere tutti i santi giorni quanti dischi abbiamo venduto o se la canzone è andata in radio o se c’è una data in più da fare o meno. Credo che questa sia l’unica via di fuga da una situazione drammatica in cui versa la musica oggi.
In qualità di scouting, cantautore e addetto ai lavori nella radio…quali sono, secondo te, le realtà musicali italiane da tenere sott’occhio in questo periodo?
Credo che ci sia una falsa esaltazione per la scena musicale italiana… Esistono degli artisti minori che ottengono grandi risultati di pubblico come, ad esempio, quelli che abbiamo visto arrivare al 1 maggioe un po’ di band piccoline che però fanno pubblico. Questo fa sembrare che chissà quanto fermento ci sia all’interno dello scenario musicale italiano; si tratta, invece, di una bolla derivante dal fatto che alcuni media, che hanno un buon accesso ad un gran numero di ragazzi, scrivono che questi “artisti” sono bravi ma poi, purtroppo, nel momento in cui essi si interfacciano con un palco più grande come può essere il 1 maggio, o manifestazioni più importanti, si sciolgono perché non possono sostenere quel livello. In realtà, in questo momento, secondo me, in Italia non c’è nulla di realmente buono…parlo, ovviamente, di quello che è stato pubblicato fin’ora, ho contatti con molti artisti con progetti che non sono ancora usciti, o che stanno per uscire, e c’è qualcosa di molto interessante in vista. Nel frattempo, però, tutto è abbastanza standard e pochi eletti vengono coccolati da una parte di stampa che, in questo momento, non fa del bene alla musica italiana. La chiusura fa parte del gioco, il problema è che vengono scelti dei paladini sbagliati che purtroppo fanno crollare tutta la scena.
Velvet Ph Matteo Casilli
Per quanto riguarda la dimensione live che tipo di concerto è quello dei Velvet e che rapporto avete con il vostro pubblico?
Il nostro è un pubblico che ha dovuto resistere a tante difficoltà, un po’ perché noi abbiamo fatto passare tanto tempo tra un disco e un altro, un po’ perché li abbiamo sballottati tra i nostri tentativi di migliorare, a volte ci siamo riusciti a volte no. Del resto non è particolarmente di moda essere fan dei Velvet in questo momento quindi i nostri fans sono degli stoici resistenti appassionati che riescono a percepire quanto amore, passione e talento mettiamo nelle cose che facciamo e quindi ce li teniamo stretti e gli vogliamo proprio bene personalmente.
Siete in fase di scrittura, ci sono nuove pubblicazioni discografiche in programma?
In questo momento non stiamo scrivendo nulla però ci ripromettiamo di rimetterci a fare qualcosa in tempi brevi e può darsi che, per settembre, faremo qualcosa non di nuovo ma magari si tratterà di un estratto live dai nostri concerti, una versione diversa di qualche nostra canzone o il lancio di un nuovo singolo…Per il momento ci stiamo ragionando ma non c’è ancora un nuovo progetto all’orizzonte.
Quali saranno i vostri prossimi appuntamenti dal vivo?
Abbiamo tre date con il tour di Hard Rock Rising on the Road, tra tutti l’evento di Piazza del Popolo con i Negramaro sarà un mega concerto al centro di Roma e poi abbiamo tutte le altre nostre date e tanti festival in giro per l’Italia.
27.06.14 L’AQUILA (So Noize Festival)
05.07.14 LIDO DI JESOLO –VE- (Hard Rock Rising On The Road)
06.07.14 FIRENZE (Hard Rock Rising On The Road)
12.07.14 ROMA (Hard Rock Rising Live Roma)
20.07.14 BELPASSO –CT- (piazza)
02.08.14 UBIALE DI CLANEZZO –BG- (Power Sound Festival)
Antonio Castrignanò è un musicista e cantante salentino, nonché voce e tamburo de l’Orchestra della Notte della Taranta. Riconosciuto come uno degli artisti più innovativi, Antonio si mostra tuttavia attento alla tradizione musicale, storica e culturale del territorio salentino. La ricerca strumentale e contenutistica di Castrignanò persegue, infatti, una linea di continuità tra passato e presente all’insegna del coinvolgimento emotivo e sensoriale del pubblico. In questa intervista l’artista rivela un’intima connessione tra la propria dimensione individuale e la sua musica che, nel corso degli anni, è riuscita a conquistare i contesti e i riconoscimenti più prestigiosi.
Sei un polistrumentista e cantastorie… da dove nasce il tuo sconfinato amore per la musica e cosa intendi comunicare attraverso le note?
La musica è un linguaggio universale che, a un certo punto della propria vita, ci si sente di sposare per comunicare quello che si ha dentro. Quello che intendo comunicare in “Fomenta” è parlare in maniera profonda di una terra che ha una dignità forte e una cultura musicale importante e che spesso si incontra con altre realtà simili, in questo caso il Salento incontra la Turchia.
Antonio Castrignanò Ph Carlo Piro
Quali sono stati i passaggi chiave del tuo percorso artistico?
Quello che mi ha formato è stato vivere e lavorare accanto a delle personalità molto speciali come quella di Uccio Aloisi e assorbire le loro sfumature artistiche. Queste persone rappresentano una cultura, una terra, una dignità antica, ancestrale che vale ancora la pena raccontare, senza trascurare le influenze attuali e moderne. La cosa importante è non creare fratture temporali e riconoscersi sempre nella matrice principale di questa musica.
“Fomenta” è il titolo del tuo ultimo suggestivo e coinvolgente lavoro discografico… quali storie, quali tradizioni e quali colori ci racconti in questo disco?
Generalmente si parte da un’emozione personale, la stella polare che ci guida è sempre lei e noi artisti, con istinto, con passione, e con musicalità, cerchiamo di raccontarla in un disco. “Core meu”, per esempio, è il racconto di un sogno che richiama alla mente varie esperienze personali, si tratta di un brano molto intimo.
Antonio Castrignanò Ph Giuseppe Rutigliano
Come hai lavorato con Mercan Dede e com’è nata l’idea di unire pizzica e musica turca?
“Fomenta” racchiude un po’ tutto quello che si vuole raccontare nel disco, il brano è una fotografia del Salento, una terra raccontata e filtrata attraverso la mia esperienza personale e quello che, invece, ha interessato un territorio che continua a cambiare, ad evolversi e ad assorbire storie e contenuti. Il Salento è una terra dotata di una dignità importante ma che non rinuncia a confrontarsi con il resto del mondo, in questo caso l’incontro umano e artistico è avvenuto con Mercan Dede e la Turchia.
Quali sono le suggestioni che hanno dato vita a “Terraferma”?
“Terraferma” parla di immigrazione, si tratta di un brano strumentale che avevo scritto per la colonna sonora dell’omonimo lungometraggio del regista Emanuele Crialese. Questo brano racconta il dramma degli immigrati che arrivano sulle coste siciliane e salentine, per me quelle immagini hanno rappresentato una suggestione visiva molto forte e ho, quindi, voluto includere questa composizione strumentale nel mio disco anche se si distanzia un po’ dal genere musicale che si voleva raccontare.
“Luna Otrantina” è l’unico testo di cui non sei l’autore esclusivo…ce ne parli?
Anche qui è presente quel filo rosso che attraversa le storie raccontate nel disco. Questo è un brano scritto da Rina Durante, una figura intellettuale di spicco nel contesto salentino. Questo testo racconta vari passaggi storici che hanno interessato il territorio come la presa di Otranto da parte dei turchi che, in questo caso, ritroviamo in veste di portatori di energia vitale e non di distruzione come invece avvenne nel 1400. Il brano è stato musicato dal Canzoniere Greganico Salentino.
Antonio Castrignanò Ph Carlo Piro
“Ci balla la pizzica nu more mai” è il messaggio che lanci al tuo pubblico nel packaging di “Fomenta”…
Si tratta di un’affermazione che mi rappresenta e che rispecchia quello che la musica mi ha regalato. La gioia che vedo negli occhi delle persone che hanno voglia di ballare e di sprigionare energia positiva appartiene ad ognuno di noi, questo è quello che sintetizza il senso di questo frase. Sono convinto che chi balla la pizzica non muoia mai perché è come se si andasse a pescare continuamente acqua vitale da un pozzo.
Quali saranno i tuoi prossimi impegni e come sarà strutturato il tuo live?
Il concerto riassume l’insieme delle mie esperienze discografiche più importanti cioè “Mara la Fatìa” e “Fomenta”. Entrambe hanno un filo comune: la scrittura dei testi e dei brani attingono dalla tradizione ma raccontano con coraggio qualcosa di autobiografico che risente delle influenze attuali, pur mantenendo una matrice autentica. Prossimamente sarò in Polonia, a Modugno, e a Roma per la Notte della Taranta con Giovanni Sollima.
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Si avvia alla conclusione l’Oltremusic Fest 2014, la rassegna di eventi e concerti che si è svolta dal 13 al 22 giugno 2014 presso la Mostra d’Oltremare di Napoli in occasione della 57^ edizione della Fiera della Casa. Lo scorso 21 giugno, in concomitanza della Festa della Musica, sul palco del Festival si sono alternati alcuni rappresentati di spicco della scena musicale partenopea. Con il concerto, scritto da Federico Vacalebre, intitolato “Passione Tour”, ispirato al film di John Turturro, il pubblico è stato coinvolto in un coinvolgente viaggio nella musica di Napoli attraverso un ponte artistico tra passato e presente.
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Vicoli, volti, storie e memorie della città si rivestono di colori e sfaccettature moderne. La canzone della tradizione si sposa, quindi, alla sensibilità creativa della Napoli contemporanea, il tutto grazie alla carica e al carisma interpretativo di grandi artisti. Stiamo parlando, nello specifico, di Raiz & Almamegretta, James Senese e Napoli Centrale Mbarka Ben Taleb, Pietra Montecorvino, Gennaro Cosmo Parlato, Monica Pinto e gli Spakka Neapolis 55. Partendo da un forziere colmo di tesori musicali, la cittadinanza partenopea si fa, dunque, erede e ambasciatrice di bellezze destinate ad essere amate ancora a lungo.
Fotogallery a cura di: Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Passione Tour -OltreMusic Fest Ph Luigi Maffettone
Guy e Howard Lawrence, ovvero i Disclosure, riconosciuti come nuovo fenomeno della musica elettronica inglese, hanno chiuso la prima edizione dell’University Music Festival, promosso da Initium e Drop, in collaborazione con l’Università di Napoli Federico II e con Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli, Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Napoli, Regione Campania e Giugno Giovani, con un esclusivo dj set sul palco dell’Arenile Realod di Bagnoli. I due giovanissimi fratelli (19 e 22 anni) hanno conquistato migliaia di persone accorse per partecipare all’evento. Presenti fin dalle prime luci delle sera tantissimi giovani provenienti da tutta la Campania: dal frequentatore dei clubunderground all’hipster raffinato aperto alle novità elettroniche, passando per gli habitueè della movida notturna.
A scaldare gli animi, il concerto della Easychic Orchestra alle 22.30 e la partecipazione di tanti altri dj, selector e produttori, tra i più noti della scena musicale dance regionale poi, alle 00.30, ecco l’inconfondibile groove dei Disclosure che, dopo essersi esibiti nei principali festival da Glastonbury a Lollapalooza, sono giunti anche a Napoli con la loro miscela vincente.
Disco, dubstep, house e garage, inseriti in una struttura una tipicamente pop, che lascia grande spazio alle tracce vocali, sono gli elementi che contraddistinguono la loro musica. Con il grande successo di “Settle”, un album aggiudicatario di numerosi e prestigiosi riconoscimenti, di risonanza internazionale, i Disclosure hanno le carte in regola per creare una nuova ondata di fermento musicale, staremo a vedere.
Metti una calda sera d’estate e le fresche note dei Rareca Antica. Questa la coinvolgente miscela dello scorso appuntamento del Mercoledì Note del Caffè Letterario Intra Moenia di Piazza Bellini a Napoli. Il gruppo di musica tradizionale e popolare composto da Rocco Zambrano, Raffaele De Luca Picione, Giuseppe Copia e Anfonso Forlenza si fonda sulla ricerca ancestrale di canti tradizionali popolari che racchiudono religione, amore, sentimenti, sogni e paure senza tempo.
Rareca Antica Ph Luigi Maffettone
Tammorre, tamburelli, organetti, chitarra barocca, chitarra battente, clarinetto, ciaramella e zampogna sono solo alcuni degli strumenti con cui i Rareca Antica si dedicano alle espressioni musicali dell’area vesuviana e di tutto il Sud Italia con il dichiarato intento di costruire una linea di continuità con il passato, nel rispetto delle melodie e delle emozioni che ne hanno determinato lo sviluppo ed il conseguente successo. Energia, intensità e emozione sono gli ingredienti chiave che costituiscono la speciale ricetta dei Rareca Antica che, in qualità di cantastorie e portavoce del passato, custodiscono la chiave per comprendere il nostro presente e salvaguardare l’idea di futuro.
Valentina Parisse è una cantautrice italiana che, dopo l’ottimo debutto da solista con l’album intitolato “Vagabond”, si sta preparando al lancio di un nuovo lavoro che verrà registrato e missato a Londra da Tim Weidner nei Sarm Recording Studios di Trevor Horn con la partecipazione di musicisti come Phil Palmer, John Giblin, Danny Cummings, Pete Gordeno, Julian Hinton. Attualmente in rotazione radiofonica con il brano “Sarà bellissimo”, il primo in lingua italiana, Valentina esprime la forza e l’insostituibilità dell’amore, seppur tra luci ed ombre. In attesa di ascoltarla dal vivo mercoledì 25 giugno e domenica 29 giugno in Piazza Castello a Milano, all’interno del “Radio 105 Mundial Village Milano”, abbiamo raggiunto Valentina Parisse al telefono e abbiamo scoperto una ragazza appassionata, vitale e dedita tanto alla musica quanto agli affetti più cari.
Compositrice, autrice, cantante…cos’è per te la musica e in che modo coltivi questa passione giorno per giorno?
La musica per me è una passione totale, questo mi accomuna non solo agli altri ragazzi e ragazze che fanno musica ma a chiunque abbia una passione tanto forte da spingerlo a mettersi alla prova, a produrre e a lavorare affinchè questa passione diventi una realtà. La musica è con me da sempre ed è un amore che cerco di coltivare giorno per giorno Chi vive la musica in prima persona , l’unica cosa quotidiana a cui può pensare è scrivere quello che ha dentro, cercare una chiave che sia più sincera possibile, sia nei propri riguardi che degli altri; questo è il mio impegno quotidiano. I brani che daranno un seguito al singolo “Sarà bellissimo”,che stiamo ascoltando in questi giorni, sono il frutto di un anno di scrittura intensa, di tanta cura e del mio desiderio di cantare e scrivere.
Con il tuo disco d’esordio “Vagabond”, pubblicato nel 2011, hai lavorato tra Canada, Inghilterra e Italia… qual è il bilancio di questa prima parte del tuo percorso artistico?
Sono davvero molto contenta di quello che ho vissuto. “Vagabond” è nato in Canada: appena ho finito il liceo mi sono messa con lo zaino in spalla e sono partita per fare questa esperienza che speravo potesse regalarmi qualcosa e che, in effetti, mi ha dato davvero molto di più di quanto mi aspettavo, sia dal punto di vista umano che professionale. Per chi fa musica, le esperienze di vita sono fondamentali e questo disco ha rappresentato il mio primo passo verso questa strada che spero duri il più a lungo possibile. Prescindendo dall’aspetto artistico, consiglio davvero a tutti di fare un’esperienza all’estero, tanti ragazzi si domandano se andare o meno in altri paesi e io dico assolutamente di sì, anche ai miei amici. Quello che ti regala questo tipo di esperienza, il fatto di mettersi in gioco, di conoscere una realtà davvero molto lontana dalla propria rappresenta un mezzo per arricchirsi…ovviamente quello che raccogli si rapporta a quello che fai.
Valentina Parisse (scatto presente sulla sua pagina Facebook)
“Sarà bellissimo” è il tuo primo brano in italiano, cosa comunichi in questa canzone e come ti sei trovata con il produttore Phil Palmer?
Phil è una persona a dir poco straordinaria, un musicista incredibile che si è sempre messo a disposizione per realizzare le mie idee e le mie canzoni. Scrivere insieme a lui è stato davvero bello, ci siamo conosciuti durante le registrazioni di “Vagabond” per cui il nostro rapporto professionale è cresciuto nel tempo. Lavorare con lui per me ha significato una grande opportunità perché l’esperienza di questo tipo di musicisti è talmente grande che non hai altro che da imparare.
Per quanto riguarda il brano, il messaggio è la ricerca della felicità anche quando una storia si conclude. Qualche giorno fa mi è arrivato un messaggio su facebook di un ragazzo che mi scriveva di aver ascoltato il mio brano sulla radio, proprio mentre affrontava la fine di una storia importante, e che quanto ha sentito le parole del testo ha sentito la speranza di poter dire anche lui un giorno “Sarà bellissimo non pensarti più”; ecco proprio quello è il messaggio. Ci si può lasciare, ci si può dire addio ma la vita non finisce lì. Io spero che la vita ci riservi sempre qualcosa di bellissimo.
Per quanto riguarda il nuovo disco, quali saranno i temi e la cifra stilistica che accompagneranno questo progetto?
Il tema principale sarà l’amore, visto attraverso tutte le sue sfaccettature. Proprio per questo la copertina di “Sarà bellissimo” raffigura un caleidoscopio, un oggetto che da bambina mi affascinava molto, un giocattolo vintage che aveva un’ amica di famiglia e che mi faceva vedere la realtà da tanti punti di vista. Qualsiasi oggetto acquisiva improvvisamente tante luci, tanti colori in base al punto da cui lo guardavo. Nel prossimo disco ci sarà tutto quello che ho vissuto in questo ultimo anno ma ci sarà anche molta cura per la parola. Io amo le parole, il loro suono, e nelle mie canzoni c’è tanta cura… abbiamo voluto esprimere la voglia di avere sempre un motivo per amare quello che abbiamo intorno. Per quanto riguarda l’ispirazione, a volte i miei amici mi immaginano lì concentrata, chiusa a scrivere ma non è così… una canzone nasce davvero dalla realtà che ci circonda e la realtà che viviamo oggi non è solo quella che io esprimo ma anche quella che esprimono i miei colleghi.
Hai registrato il sold out all’Auditorium Parco della Musica di Roma e al Blue Note di Milano, che tipo di concerto è il tuo e che riscontro hai avuto dal pubblico?
Il live è la parte più importante di un progetto musicale, quella che fin da piccola mi ha sempre affascinato di più. Il mio è un concerto acustico mentre il riscontro del pubblico mi sorprende ogni volta tantissimo, dire che mi rende felice è poco, si tratta di un’emozione totale perché quando vedi che le persone apprezzano quello che fai, lo condividono e magari si ritrovano in quello che stai cantando insieme a loro, mi dà una gioia totale. All’Auditorium, poi, ho presentato per la prima volta i miei brani in italiano al pubblico e il riscontro è stato davvero molto bello, molto forte, mi ha incoraggiato a continuare in questo senso e a pubblicare “Sarà bellissimo” e le canzoni che arriveranno.
Il 25 e 29 giugno sarai in concerto a Piazza Castello a Milano, ospite del “Radio 105 Mundial Village” di Milano come ti stai preparando per questa avventura?
Sono già stata ospite di Paolo e Martin proprio qualche giorno fa, ho visto il set ed è bellissimo, la location è molto carina e ovviamente Radio 105 è una realtà solida e molto importante che già l’anno scorso avevo avuto modo di vivere e di apprezzare e non vedo l’ora di partecipare! Suonare in piazza è una meraviglia, mi da tanta libertà ed è bello anche catturare delle persone che magari passano da lì e non ti conoscono…. Il live è una festa, lo dice anche Jovanotti nei suoi magnifici live e ha pienamente ragione, è una filosofia perfetta la sua, il live deve essere una festa per tutti per chi canta e per chi ascolta.
Quali saranno le prossime fasi del tuo percorso? Hai anche dei progetti progetti paralleli in corso?
L’impegno nella musica è talmente grande e impegnativo che poi per fortuna o per sfortuna finisce per invadere prepotentemente tutta la mia giornata…ovviamente non sono una pazza con la chitarra sempre in mano quindi mi piace molto stare i miei amici, adoro gli animali, in particolare i cani, ho un coniglio di nome Nelson che zompetta per casa e che mi ha regalato la mia migliore amica per il compleanno, poi ho due nipoti fantastici, due pesti meravigliose e, appena posso, cerco di stare con loro.
Si è tenuto lo scorso 19 giugno l’atteso concerto napoletano de Lo Stato Sociale, la chiacchieratissima band made in Bologna. Preceduti dall’energia degli Shak&Speares, Lodo Guenzi e soci si sono esibiti sul palco allestito all’interno della Mostra D’Oltremare di Napoli, nell’ambito dell’OltreMusic Fest, presentando al pubblico sia i nuovi brani tratti dal loro ultimo disco, intitolato “L’Italia Peggiore”, sia i brani che hanno determinato la viralità del loro successo. A prescindere dai grandi numeri, dalla incredibile quantità di concerti tenuti dal gruppo nei più svariati contesti, è importante sottolineare il forte riscontro che Lo Stato Sociale sta avendo dal pubblico.
Lo Stato Sociale @ OltreMusic Fest
Nonostante le critiche, nonostante si dica che i testi del gruppo siano impacchettati per generare like, benché gli arrangiamenti dei suddetti brani siano piuttosto poveri e monotematici, il gruppo piace e neanche poco. Forse è quello che il pubblico cerca, forse invece del folk impegnato piace il lalala sound, infarcito di tastiere elettroniche e parolacce a raffica. Partendo dal presupposto che nessuno sia detentore del vero e del bello assoluto, Lo Stato Sociale detiene il merito di mettere nero su bianco pensieri e verità tanto scontate, quanto vere, paradossalmente taciute e date per scontate. Sicuramente questi ragazzi potrebbero intraprendere un percorso di ricerca melodica e strumentale più intenso e originale ma, probabilmente, al momento non è qualcosa che rientra nei loro piani.
Lo Stato Sociale @ OltreMusic Fest
I testi, intelligenti e sarcastici, spesso irriverenti e dissacranti, passano dall’aneddoto demenziale alla denuncia sociopolitica, senza soluzione di continuità. Senza mai prendersi troppo sul serio Lo Stato Sociale macina traguardi e successi, centrando il nucleo di una formula forse studiata o forse no, eppure vincente. Con una scaletta che va da “Abbiamo vinto la guerra”, “Io, te e Carlo Mark”, “Piccoli incendiari crescono”, “Quello che le donne dicono” a “La musica non è una cosa seria”, “Ladro di cuori col bruco”, “L’escapista”, passando per “Mi sono rotto il cazzo” e “In due è amore in tre è una festa”, i recentissimi “C’eravamo tanto sbagliati” e “Questo è un grande paese”, fino alla chiusura affidata a “Senza macchine che vadano a fuoco” e “ Cromosomi”, Lo Stato Sociale sviscera ed affronta il mondo a 360 gradi facendo del luogo comune una virtù.
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