Il fascino psichedelico dei GOØD FALAFEL

 Good Falafel_foto (2)Suoni astratti ed evanescenti caratterizzano la formula sonora dei GOØD FALAFEL. Il gruppo è nato a Palermo ed è composto da Laura Messina, Vincenzo Schillaci e Marco Barcellona. Reduci dalla pubblicazione del loro primo Ep, “Ø”, uscito nel dicembre del 2013, i GoØd Falafel hanno presentato il primo singolo estratto da questo lavoro. Si tratta di “Dark Light”, un brano ambientato in un contesto cupo e solitario, in cui un terribile incantesimo renderà giustizia ad un amore sfiorito.

I tratti più interessanti dello stile dei GoØd Falafel risiedono nelle influenze nord europee che sfociano in un sound ispirato alla new wave e al synthpop. Il fascino psichedelico di “Dark light” si accompagna alla perdizione sensoriale che scaturisce dall’ascolto delle altre 3 tracce che compongono l’ep, su tutte “Fake Fields and Beautiful Lies”, il cui videoclip verrà presentato in anteprima live il 3 aprile, in occasione del concerto che la band terrà presso I Candelai di Palermo.

Raffaella Sbrescia

Video: “Dark Light”

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LELUCI

Classifica Fimi: Pharrell, Brondi e Stromae sul podio della top ten

LELUCIPharrell Williams conquista la vetta della classifica FIMI/ GFK degli album più venduti in Italia con il nuovo album intitolato “Girl”. Al secondo posto un’altra new entry, di genere diametralmente opposto: si tratta di Costellazioni”, il lavoro de Le luci della Centrale Elettrica. Chiude il podio l’acclamatissimo Racine Carèe” dell’artista belga Stromae. Scivola in quarta posizione il multiplatino “Mondovisione” di Luciano Ligabue, seguito da Arisa con “Se vedo te”. Risale al sesto posto “Amore puro”, il disco di Alessandra Amoroso, alle sue spalle c’è Mika con “Song Book vol.1”. La terza new entry della settimana: è Lea Michele con l’album “Louder”. Al nono posto rimane Elisa con “L’Anima Vola” mentre chiude la top ten “Dallamericaruso”, un album live del cantautore Lucio Dalla registrato negli Stati Uniti, presso il Village Gate di New York il 23 marzo 1986.

“Sassi”, il disco felice di Maria Antonietta

maria antonietta sassi cover“Sassi” è il titolo del nuovo album di Maria Antonietta, al secolo Letizia Cesarini. Edito da La Tempesta Dischi / Master Music, il disco si compone di 10 brani che, partendo da un verso biblico  (Ecclesiaste, 3:5): “C’è un tempo per lanciare i sassi, un tempo per raccoglierli [...] C’è un tempo per astenersi dagli abbracci e un tempo per gli abbracci”, raccontano una nuova fase creativa e stilistica della giovane cantautrice pesarese. Due sono gli aspetti da sottolineare subito: in primis una dettagliata costruzione degli arrangiamenti, Giovanni e Marco Imparato hanno investito tempo, energia ed attenzione alla resa dei riferimenti e delle intenzioni dei testi per un risultato più che convincente. Il secondo aspetto è un particolare dosaggio della vocalità di Maria Antonietta che, in più di un passaggio, modera la sua stessa anima a vantaggio dell’ascoltatore.

Maria Antonietta

Maria Antonietta

Letizia è davvero molto fisica e carnale nelle sue composizioni in cui alberi, ossa, ombre, abbracci e, i già citati sassi, lasciano anche spazio alla vacuità di ombre, galassie e riferimenti biblici. L’artista ha parlato di questo album descrivendolo come un disco domestico, frutto di una sua felice evoluzione personale: il lavoro si apre con la sofisticata dialettica di “Galassie” e le belle chitarre della citazionista “Abbracci”. Epico e sincero è l’ ”andate in pace” di “Tra me e tutte le cose” dove il vero protagonista è il pianoforte, così come sfacciato è l’ “io non ho niente da dimostrare” dello sperimentale pop sincopato di “Giardino comunale”. La purezza selvaggia, arricchita di un energico beat-punk sporco e audace di “Ossa” non trova seguito in né in “Ombra” né nella ritmica vintage di “Decido per sempre”. La traccia più vitale, dal fascino ancestrale, è “Animali”: una ballad trasportata da violini e parole dolci. In “Molto presto” Maria Antonietta definisce “intelligente” chi si adatta, comprende, sopporta, accetta lo stato delle cose:  un tocco di ironia, sensualmente subdola, che non dispiace e che chiude il disco lasciando un tarlo nella testa.

Raffaella Sbrescia

Video: “Giardino comunale”

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61-61-ravello-festival-ravello

Ravello Festival: l’edizione 2014 dedicata ai sud del mondo

61-61-ravello-festival-ravelloSi è svolta questa mattina, a Roma, la conferenza stampa del Ravello Festival, che conferma di essere una delle manifestazioni musicali più prestigiose e longeve d’Italia. L’edizione 2014  si svolgerà dal 21 giugno al 20 settembre e avrà un  cartellone davvero molto variegato con oltre cinquanta eventi di artisti italiani e internazionali che, come ogni anno, richiamano appassionati da tutto il mondo nella splendida cittadina di Ravello, nel cuore della costiera amalfitana.

Il tavolo di presidenza  - ph Pino Izzo

Il tavolo di presidenza – ph Pino Izzo

Musica sinfonica e da camera, pop e  jazz, danza, mostre di arti visive e gli “incontri di parola”avranno come filo conduttore il tema “Sud”, scelto seguendo l’ottica di costituire una sinergia tra linguaggi diversi.

Pino Daniele

Pino Daniele

L’inaugurazione del festival vedrà un omaggio di Danilo Rea e Isa Danieli nei riguardi di  Eduardo De Filippo, nel trentennale della morte dell’artista ma saranno tanti gli appuntamenti che si ispireranno ai sud del mondo: lo spettacolo che Luis Bacalov e Michele Placido proporranno in agosto; di Sudafrica, parlerà, invece, lo struggente “Memorie di una schiava”, con Pamela Villoresi e Baba Sissoko. Al Sud rimandano, ancora, il concerto della violinista jazz Regina Carter (“Southern Comfort”), lo studio su Pergolesi in jazz condotto da Maria Pia de Vito, il concerto di Southside Johnny, storico partner di Bruce Springsteen. E al migliore Sud di casa nostra si rifà, naturalmente, Pino Daniele, per la prima volta a Ravello, in versione acustica e con la voglia di ricordare, a vent’anni dalla morte, l’amico Massimo Troisi, senza dimenticare il concerto di chiusura con l’Orchestra del Teatro di San Carlo e Juraj Valcuha. Ogni fine settimana il Festival presenterà, inoltre, un’orchestra sinfonica prestigiosa: la London Symphony Orchestra, la Orchestre National de France , l’Orchestra Sinfonica di Lucerna  e poi ancora l’Orchestra cinese di Qingdao e la Filarmonica Nazionale Armena. L’Italia sarà rappresentata, oltre che dall’Orchestra del Teatro San Carlo, dalla Filarmonica del Regio di Torino, dall’Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova e dalla OGI di Fiesole.

Hevia

Hevia

Sul palco del Ravello Festival ci saranno anche tante star del mondo pop e jazz come Dulce Pontes, Chick Corea con Stanley Clarke, l’israeliano Asaf Avidan, Hevia, Burt Bacharach, la caboverdiana Mayra Andrade, l’americana Chrysta Bell e il compositore francese di colonne sonore Alexandre Desplat. Inoltre ci saranno concerti di Michel Camilo, Jean Luc Ponty, del Kronos Quartet, di Regina Carter, Sergio Cammariere in formazione Quintet, Fabrizio Bosso, diretto da Peppe Vessichio e le giovani Giulia Mazzoni, Ylenia Lucisano e Parisse.

Ravello Festival offrirà anche una serie di grandi mostre di arti visive. Tony Cragg, così come Mimmo Paladino nel 2013, farà di Villa Rufolo e della terrazza Niemeyer un museo a cielo aperto. Con Rai Radio1 saranno definiti vari incontri con personaggi del mondo della musica, con la Fondazione Il Campiello, invece, l’incontro con i cinque finalisti del Premio, e con Città della Scienza, infine, una serie di conferenze sul tema dei Sud.

Per il 2014, la collaborazione con Mimmo Paladino ha reso possibile anche il coinvolgimento di Wang Guangyi, l’ illustratore cinese diventato celebre  in tutto il mondo con il suo ciclo “Great Criticism”, citato esplicitamente nel poster ideato per Ravello. A Wang Guangyi, la Fondazione Ravello ha anche chiesto di presentare, nell’ambito del Festival, un intero ciclo di illustrazioni dedicate al mondo della musica, ed il Maestro sta lavorando per portare a termine il progetto, che rappresenterebbe una novità assoluta di richiamo internazionale.

Infine l’evento, denominato “Villa Rufolo mille anni di magia”, inserito nel più ampio “Progetto Ravello”, messo in campo per valorizzare il bene monumentale e l’identità territoriale:  7 “quadri multimediali”, della durata di circa 30 minuti, saranno dedicati alla storia del monumento e dei personaggi che hanno animato la prestigiosa location. L’inaugurazione è prevista per venerdì 21 marzo alle ore 20.00. “Villa Rufolo mille anni di magia” sarà replicato ogni sera, per quaranta giorni. Biglietto unico 5€. In occasione della giornata inaugurale, l’ingresso sarà libero.

Per il programma e info www.ravellofestival.com.

Box Office 089 858422.

Aula39: fresche emozioni in “Scarpe nuove”

Aula39 © Agnese DiVico Rubini

Aula39 © Agnese DiVico Rubini

Dopo le dolci vibrazioni di “Scrivimi” e ”L’isola” gli Aula39 tornano sul sentiero dei sogni con un brano molto dolce e vitale, intitolato “Scarpe Nuove”. Le sonorità del brano riconducono l’immaginario ad un contesto british, tratteggiato dai dolci contorni di una ballata ritmata e vivace. Il sound è determinato dal trascinante arpeggio del banjo e dalle fresche vocalità di Agostino Acquaviva, Manuel Botrugno, Marco Poletto, Luca Tosoni, Giovanni Seidita. La trama del testo è incentrata sulla storia di una ragazza che si volta il passato alle spalle affidandosi simbolicamente alla leggerezza di un aquilone. Il videoclip del brano, girato da Daniele Zed Berretta per Videns, in un bosco alle porte di Perugia, riprende fedelmente questa idea, attraverso una fotografia dai colori caldi e coinvolgenti. Il percorso degli Aula39 dunque continua seguendo un binario musicale ben preciso, tracciando una linea stilistica riconoscibile e qualitativamente elevata. In attesa dei prossimi passi di questi promettenti ragazzi, godiamoci la freschezza delle loro emozioni.

Raffaella Sbrescia

Video: “Scarpe Nuove”

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Le luci della centrale elettrica: “Costellazioni” di rinnovamento

costellazioni-cd-coverCostellazioni” è il titolo del nuovo disco de “Le luci della centrale elettrica”. Vasco Brondi compone quindici brani, a metà strada tra la via Emilia e la Via Lattea, in cui ogni canzone vive di vita propria. I testi sono vari, eppure funzionali l’uno all’altro, proprio come stelle che, messe insieme nello stesso habitat, formano una costellazione sui generis, quella in cui ognuno ha i suoi patemi da raccontare. A differenza dei precedenti lavori del cantautore, le canzoni di questo disco sono il frutto di una genesi diversa, nascono, infatti, da un ritorno in madrepatria e quindi da una prospettiva nuova. L’imponente intervento di Federico Dragogna dei Ministri alla produzione musicale dell’album costituisce sicuramente un buon presupposto per pensare a questo disco come come un momento di transizione stilistica per Vasco Brondi: elettronica, impasti armonici e arrangiamenti corposi riempiono le parole che, tra speranza e vitalità, restituiscono la voce al cantautore. Sì, perché “Costellazioni” è il disco più cantato di Brondi. “I Sonic Youth”, in particolare, è la ballata più melodica dell’album mentre il brano più controverso è “Firmamento”: un minuto e mezzo distorto che scuote l’anima, dentro e fuori. La “luminosa natura morta con ragazza al computer” e la “crisi di passaggio” di “Destini Generali” e l’evocativa immagine di “Macbeth nella nebbia” sono due dei momenti più curiosi del disco che, tra suoni stratificati e ritmiche altisonanti, lascia molto spazio alle suggestioni personali. Particolarmente complessa è, dunque, la ricerca del “centro di gravità” di cui Brondi narra in “La terra, l’Emilia, la luna”. Si va dalla reciproca voglia di sentirsi delle protagoniste di “Le ragazze stanno bene” alla carica ritmica di “Ti vendi bene”, passando per le oniriche visioni di “Un bar sulla Via Lattea”  al passaggio vacuo de “Una cosa spirituale” per poi incappare nella scarica emotiva di “Questo scontro tranquillo”, “Blues del Delta del Po”, “Punk sentimentale” e  “40 km”, brani che, già a partire dai titoli, riempiono il casellario di un puzzle musicale ricco, godibile e variegato.

Raffaella Sbrescia

TRACKLIST:

La terra, l’Emilia, la luna
Macbeth nella nebbia
Le ragazze stanno bene
I destini generali
I Sonic Youth
Firmamento
Un bar sulla Via Lattea
Ti vendi bene
Una cosa spirituale
Padre nostro dei satelliti
Questo scontro tranquillo
Punk sentimentale
Blues del delta del Po
Una guerra lampo pop
40 km

COSTELLAZIONI TOUR

14/03 LIVORNO The Cage Theatre
15/03 PERUGIA AfterLife
21/03 TANETO DI GATTATICO (RE) Fuori Orario
22/03 SENIGALLIA (AN) MamaMia
29/03 FIRENZE Flog
04/04 ROMA Atlantico Live
05/04 PESCARA Tipografia
06/04 BRINDISI Dopolavoro
07/04 RENDE (Cosenza) Unical
09/04 MILANO Alcatraz
11/04 TORINO Hiroshima Mon Amour
12/04 BOLOGNA Estragon
18/04 VERONA Auditorium Malkovich
19/04 RAVENNA Bronson
23/04 PADOVA Geoxino
09/05 RONCADE (TV) New Age

Video: “Le ragazze stanno bene”

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“Racine Carée”, l’album di Stromae è globale

stromaeCon colpevole ritardo approfondiamo la conoscenza di uno dei dischi più belli degli ultimi mesi. Si tratta di “Racine Carée”, il secondo album di Stromae. L’artista belga, il cui nome all’anagrafe è  Paul Van Haver, sta riscontrando un successo davvero notevole, non solo grazie alle vendite del disco, ma anche alle visualizzazioni dei suoi videoclip, ormai virali. A tutti i non francofoni suggeriamo vivamente di dedicare una lettura alla traduzione dei testi, pregni di contenuti significativi e sferzante ironia. Stromae tocca alcuni dei temi più delicati della nostra attualità in modo originale e intelligente e lo fa attraverso una musica impossibile da etichettare. Le 13 tracce che compongono il disco strabordano di idee sonore e narrative, altro che rime messe l’una dopo l’altra, Stromae ci va giù senza se e senza ma: l’artista ventottenne non la manda a dire e chiarisce subito che è arrivato il momento di farsi un’analisi di coscienza e prendere atto della situazione che ci circonda. Davvero straziante è la trama di  ”Papaoutai”, in cui  Stromae  piange l’assenza del padre, morto nel genocidio ruandese del ’94, eppure la trascinante ritmica del brano indurrebbe a pensare a tutt’altro. Che il ballo sia un modo per esorcizzare i mali che affliggono l’animo umano? L’ipotesi pare molto più che probabile. “Formidable” è la ballata che in questo momento è in cima alle classifiche italiane, insieme al singolo “Tous les mêmes”, entrambe scherniscono le relazioni di coppia, attraverso un interessante scambio di ruoli da parte dell’interprete. L’eterogeneità dei contenuti e dei suoni utilizzati da Stromae, che, tra l’altro, è anche il produttore del disco, si sposano con la sua personalità vistosamente teatrale, eppure mai fuori luogo. Le sue performance sono studiate, particolareggiate, sono originali e spingono sempre su un obiettivo preciso. Il colpo di genio è la rivisitazione che Stromae fa di Bizet con una “Carmen” in cui l’amore è come l’uccellino di Twitter e le relazioni vanno avanti a colpi di like e tweet. C’è spazio anche per una furiosa condanna al razzismo di ogni tipologia in “Bâtard”, l’inquinamento ambientale è il tema di “Moules frites”, la mancanza d’acqua nel mondo quella di “Humain à l’eau”, il cancro è il terribile male di “Quand c’est”. Il tutto si chiude con il sonoro “vaffa” di “AVF” tanto per chiarire che lo schifo per l’involuzione del genere umano non guarda in faccia a nessuno.

TRACKLIST:
“Ta fête” “Papaoutai” “Bâtard” “Ave Cesaria” “Tous les mêmes” “Formidable” “Moules frites” “Carmen” “Humain à l’eau” “Quand c’est?” “Sommeil” “Merci” “AVF”

 Raffaella Sbrescia

Video: “Formidable”

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Arnaldo Pomodoro alla Scala: un volume per il maestro del teatro scolpito

Arnaldo Pomodoro

Arnaldo Pomodoro

“L’opera, quando trasforma il luogo in cui è posta, ha veramente una valenza testimoniale del proprio tempo, riesce ad improntare di sé un contesto, per arricchirlo di ulteriori stratificazioni di memoria”. Questa è la visione artistica di Arnaldo Pomodoro, uno dei più illustri scultori del nostro tempo che, attraverso la sua grande passione per il teatro, ha inventato forme, materiali e macchine per un totale di 44 progetti scenici dal 1972 ad oggi.

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“Teneke” foto Marco Brescia © Teatro alla Scala

Nell’omaggio che, Vittoria Crespi Morbio e l’Associazione Amici della Scala, hanno inteso rendere all’operato dell’artista  nel volume “Pomodoro alla Scala”, presente all’interno della collana “Gli artisti dello spettacolo alla Scala”, traspare tutto il rigoroso impegno con cui Arnaldo Pomodoro ha contribuito allo sviluppo e alla crescita artistica italiana. Nato a Montefeltro nel 1926, Pomodoro comincia a lavorare in campo teatrale intorno agli anni Cinquanta, si trasferisce a Milano nel 1957 ed instaura uno speciale rapporto di collaborazione artistica con Giorgio Gaslini e Fabio Vacchi.  Negli allestimenti di Pomodoro anche gli abiti di scena appaiono come sculture in movimento; la sua idea scenografica dello spazio assorbe ed ingloba tutti gli elementi scenici per la realizzazione di una visione d’insieme: il teatro scolpito. Con Fabio Vacchi, lo scultore debutta al Teatro alla Scala nel 2007, nell’opera “Teneke”: la tragedia di una terra perduta, lo smarrimento degli esuli, pietre, acqua e fango entrano nell’immaginario collettivo, animandosi.

foto Marco Brescia © Teatro alla Scala

foto Marco Brescia © Teatro alla Scala

 Esigente e scrupoloso, Arnaldo Pomodoro ha saputo farsi forte della sua tempra volitiva per regalare all’elemento scultoreo una forma di vita propria. Il miracolo del movimento a vista costituisce, infatti, l’elemento centrale  dell’impegno fisico e della fatica psicologica che contraddistinguono ogni produzione di Pomodoro, i cui studi e carteggi sono custoditi negli archivi della Fondazione Arnaldo Pomodoro, nata nel 1995.

Raffaella Sbrescia

Erica Mou: un incantesimo di note a Scafati

Erica Mou

Erica Mou

“In questa giungla di abitudini per andare avanti sposto i rami, ma mi tornano in faccia…” cantava Erica Mou, lo scorso 8 marzo, incantando il pubblico del Circolo Culturale Tenax di Scafati. Armata del suo viso angelico, della sua voce vellutata e cristallina, nonché della sua fida chitarra, Erica Musci si è ritagliata un prezioso spazio di un sabato sera qualunque, lasciando che la potenza evocativa delle proprie parole s’infiltrasse tra le membrane delle persone accorse ad ascoltarla. Bando a luci, fronzoli, fili e scalette, Erica si è messa a nudo porgendo la propria arte a tutti quelli che avevano il desiderio di conoscerne un po’. “Mettiti la maschera”, “Non dormo mai”, “Fili”, “Giungla” hanno svelato gli strati di un’anima sensibile, curiosa, espandibile: viva.

Il pubblico del circolo culturale Tenax di Scafati

Il pubblico del Circolo Culturale Tenax di Scafati

Canzone dopo canzone le barriere sono cadute, il binomio artista-pubblico si è trasformato in un coagulo di emozioni, grazie alla voglia di ricordi, di illusioni, di sogni. In una sala semi-buia, tra occhiate fugaci e sorsate di birra,  “La neve sul mare”, “Domenica”, “Vorrei dirti un sacco di cose adesso” sono ovattati batuffoli con cui coccolare le ferite dello spirito, fotografie di gesti piccoli, eppure essenziali, per ricordarci chi siamo e cosa sogniamo. Erica ha ripercorso il proprio repertorio, tra gemme antiche e nuove come “Contro le onde”, la title track del suo ultimo album, il successo sanremese “Nella vasca da bagno del tempo” e la immaginifica “Oltre”: “oltre le apparenze, oltre le stupide credenze, oltre le lotte, oltre stanotte, portami, portami, portami, portami”, canta Erica, dando anima e respiro ad un’intensa richiesta d’amore.

Erica Mou

Erica Mou

A seguire il dittico femminile “Mentre mi baci” e Infiltrazioni”, il saliscendi sonoro de “Il Ritmo”, le intime confessioni di “E mi”, i desideri de “Il genio” e la potenza onirica di “Romanzo storico”. Gocce di sogni e di tempo scorrono inesorabilmente nel calderone di birra e chiacchiere delle terrazze circostanti, fino al sopraggiungere dei bis: “Epica”, “Sera d’acqua” (eseguita dal vivo dopo 4 anni), un accenno di “Que sera sera” e la bellissima “Dove cadono i fulmini” sono gli ultimi ingredienti della magica pozione di Erica che è riuscita, ancora una volta, a compiere il suo incantesimo di note.

Raffaella Sbrescia

Intervista ai Flim: «Vi presentiamo “Time in a fish bowl”»

Flim

Flim

I Flim sono un trio strumentale composto da Massimo Colagiovanni, Giovanni Pallotti e Davide Sollazzi, tre musicisti che, nel 2012, hanno creato un progetto musicale molto originale e ben strutturato fin nei minimi dettagli.  ”Time in a fish bowl” è il loro primo disco, frutto di un intenso anno di lavoro; una linea melodica, minimale, a tratti ipnotica, caratterizza la loro musica che, sfuggendo a qualsiasi classificazione di genere, si presta ad interpretazioni molto eterogenee. In questa intervista il gruppo ci racconta la genesi del disco lasciando, deliberatamente, molto spazio all’immaginazione per un’esperienza d’ascolto da affidare esclusivamente ai propri sensi.

Chi sono i Flim e con quali obiettivi artistici nasce questa compagine musicale?

I Flim sono un trio di musica strumentale, nato nel 2012 a Roma. Dopo un anno dedicato alla composizione abbiamo deciso di registrare un album “Time in a fish bowl”, che uscirà prossimamente.

flim cover albumOtto tracce compongono “Time in a fish bowl”, il vostro primo progetto discografico. Quali sono i temi che hanno influenzato la fase compositiva del disco, le sensazioni che avete provato durante la costruzione di ogni melodia e il riscontro che vi aspettereste da un ipotetico ascoltatore?

Il momento della composizione è stato molto bello, addirittura esaltante. Un lavoro lungo che nel tempo ha delineato l’identità musicale del gruppo.

La scelta di produrre un disco strumentale potrebbe costituire un motivo in più per candidare il vostro sound a musica per immagini (film, cortometraggi, visual art)?

Assolutamente sì. Dopo la composizione e la registrazione del disco c’è stata una fase di ascolto e di comprensione, in cui abbiamo capito quanto l’immagine visiva sia fortemente suggerita dalla nostra musica. Uno dei primi obiettivi che ci prefiggiamo quindi è proprio la sincronizzazione video, e al momento stiamo lavorando al nostro primo videoclip.

Anche se appare subito evidente l’impossibilità di associare la vostra musica a qualsiasi tipologia di genere, c’è qualche influenza esterna o qualcosa che avete attinto dal vostro background?

Nella scrittura dei brani sono naturalmente venute fuori le nostre influenze, i nostri ascolti. Su tutti, due nomi: The Bad Plus e Radiohead. Il risultato effettivamente è difficile da catalogare, ma tutto sommato di facile ascolto.

In alcune tracce del disco ci sono brevi momenti strumentali che sembrano ripetersi in maniera quasi ipnotica… cosa intendete trasmettere attraverso questa tipologia di performance?

Niente in particolare, non c’è un messaggio di cui la nostra musica si fa tramite. L’ossessività di alcune ripetizioni, così come tutte le scelte musicali che abbiamo preso, hanno motivazioni puramente estetiche. Per rendere l’idea, abbiamo trovato i titoli ai nostri brani solo una volta registrati; prima è arrivata la musica.

All’interno del vostro lavoro c’è anche la collaborazione con il Quartetto Sincronie, come è avvenuto questo incontro artistico?

Per l’arrangiamento degli archi ci siamo rivolti a Stefano Scatozza. La scelta del Quartetto Sincronie per l’esecuzione degli archi è stata sua.

Quello che colpisce del vostro lavoro è che ogni brano presenta una struttura completa: ogni strumento riesce a ritagliarsi un ruolo da protagonista senza, tuttavia, oscurare gli altri, creando un’alchimia in grado di trasmettere molteplici sensazioni. Come siete riusciti a bilanciare gli elementi che avevate a disposizione?

Buona parte della nostra musica è molto “scritta”. Le parti e i suoni di ogni strumento sono il frutto di scelte accurate, che ci hanno permesso di trovare ad ogni strumento il proprio “posto” all’interno di ogni brano.

Uno dei brani che si prestano meglio ad un’interpretazione eterogenea è “Release”: delicato, onirico, sognante, a tratti jazzato, fino al climax della jam session finale… come commentereste voi questa traccia?

“Release” è stato l’ultimo brano che abbiamo composto prima di registrare l’album. Nonostante non sia nato con questo intento, per noi è un brano che rappresenta il cambiamento: la fine e l’inizio, calma e il movimento, la tensione e il rilassamento.

Quali saranno i prossimi passi del vostro percorso? Ci saranno dei live?

A breve presenteremo “Time in a fish bowl” e inizieremo a fare live in tutta Italia. Stiamo organizzando anche alcuni live in Inghilterra, in collaborazione con l’artista che ha curato il nostro art work, Jakob Belbin

Raffaella Sbrescia

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