Samuele Bersani: emozioni universali a Napoli

Samuele Bersani

Samuele Bersani

Tra le scorie di sogni e sentimenti infranti di “Complimenti”, Samuele Bersani ha dato il suo inconfondibile benvenuto al pubblico del Teatro Augusteo di Napoli in occasione della data partenopea del “Nuvola numero Nove tour”. Impeccabile nella voce e nella mise, Samuele inizia il concerto dietro un velo che, subito dopo il primo brano, cade giù sia fisicamente che metaforicamente. Sì, perché l’artista romagnolo, pur non proferendo parola fino al quarto brano in scaletta, ha tutta l’intenzione di abbattere le barriere per una serata all’insegna della condivisione incondizionata.

E così, “Cattiva” e “Psycho” scorrono via fino alle prime emozionate parole di Samuele: «Chi mi conosce sa che ho spesso la tentazione di parlare di cose che esulano dalla mia musica ma stasera non accadrà, il repertorio si è allargato e non ho intenzione di tenervi in ostaggio del mio ego», spiega con la sua solita verve, aggiungendo: «Sono figlio unico e scrivo in solitudine ma non avrebbe senso vivere le emozioni da solo su un palco» e così, primus inter pares, Samuele scende in platea fermandosi all’altezza delle prime file per consentire una minima visuale anche al pubblico della galleria, regalando una struggente versione di “Ex e Sanax”, eseguita solo con l’accompagnamento del pianoforte e di una chitarra, proprio «così com’è nata, spiega, nuda e cruda». Già, nuda e cruda come il sentimento d’amore che ha avvolto la vena creativa di Samuele, quello in cui due persone lottano come giganti di fronte al dolore e che, dopo aver litigato, sovrappongono i reciproci battiti cardiaci.

La penna di Bersani si sa, è tra le più versatili e, a conferma di ciò, si passa dai nobili sentimenti di “Ex e Sanax” alla sottile ed intelligentissima ironia di “Chiamami Napoleone”: non c’è niente da conquistare in questo stivale ridotto a pantofola, canta Samuele, mentre il “Pescatore di asterischi” si perde in un gioco di pensieri sporchi. Il pubblico è davvero coinvolto al punto da esplodere nell’immancabile coro  sulle note di “Spaccacuore”. «Il teatro è bello per due motivi, racconta Samuele, il primo è relativo proprio ad un fatto di acustica, in teatro il suono si asciuga, ed è bello avere quest’atmosfera che tante volte noi artisti cerchiamo e non troviamo. Il secondo è legato a Napoli, in particolare,  ci sono posti in cui ci metto tre turbo per cantare e Napoli è uno di questi». A proposito di umanità, Samuele introduce “Reazione Umana” divertendo il pubblico senza mai lasciare le parole al caso. Nel raccontare la divertente storia della sua fida tastierina Casio che, dopo essere stata riposta per anni, si è riaccesa ed è tornata a funzionare, nonostante le pile ossidate, a colpi di on-off. Proprio questo aneddoto offre il là a Samuele che rivela: «La tastiera mi ha insegnato che se si insiste, si riprende a reagire. Come essere umano mi sono abituato ad essere un semplice spettatore e a non dire la mia. Ogni volta rimango perplesso di come ormai non si riescano a vivere le proprie emozioni senza doverle  filtrarle ogni volta attraverso uno schermo. Come se senza quello schermo fosse impossibile conoscere la realtà o mantenere il ricordo». Vivere in emergenza anestetizza l’anima, prima legge e poi canta Samuele, tanto per essere ancora più incisivo di quanto non lo fosse stato fino a pochi secondi prima.

Le emozioni continuano sulle note di “Replay”, “Ferragosto”, “Le mie parole”  raggiungendo il massimo picco con “Il mostro”, eseguita al pianoforte, in un angolo del palco:« Ci sono canzoni che sanno spiegare cose meglio di altre cinque», racconta Samuele, spiegando che «A volte ho fatto il grosso sbaglio di eliminare questa canzone dalla scaletta, ma più cantavo e più mi chiedevo perché non l’avessi inserita». Ed eccolo il mostro che “riapre gli occhi sul mondo, questo mondo di mostri che hanno solo due zampe ma sono molto più mostri”. Subito dopo, un piccolo incidente di percorso rivela che Samuele e la sua band stanno registrando il cd live del concerto e questo diventa improvvisamente un incentivo in più sia per l’artista che per il pubblico.  La scaletta procede spedita, attraverso le parole, le emozioni e gli anni di una vita spesa a cercare note e parole: “Settimo cielo”, l’implacabile “Ultima chance” e una coinvolgente  versione folk di “Occhiali rotti” lasciano piccoli segmenti di spazio a “Un pallone”, “Freak” e “Coccodrilli” fino al grande classico del cantautore romagnolo: “Giudizi universali”. Completato il preavviso di rito di non scambiare la frase del ritornello “potrei ma non voglio” con “vorrei ma non posso”, Samuele ritorna in platea ed è un tripudio di voci che cantano all’unisono. “Chiedimi se sono felice”, “Il re muore”, “Chicco e spillo” sono i bis che chiudono una serata perfetta. “Servono soldi musica e strada da fare” ma almeno con Samuele Bersani la bisaccia delle emozioni è ancora al suo posto.

Raffaella Sbrescia

Gigi D'Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Gigi D’Alessio: tre date a Napoli per l’Ora tour

Gigi D'Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Gigi D’Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Si è tenuto lo scorso 25 marzo presso il Teatro PalaPartenope di Napoli il primo dei tre concerti partenopei di Gigi D’Alessio. Il cantante ha proposto una scaletta molto corposa, comprensiva di tanti suoi successi del passato e di brani estratti dal 19mo album di inediti intitolato “Ora”, piazzatosi in vetta alla classifica Billboard World Music Chart a fine febbraio.

Gigi D'Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Gigi D’Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Sul palcoscenico con l’artista partenopeo ci sono anche Carmine Napolitano alla batteria, Roberto D’Aquino al basso, Maurizio Fiordiliso e Pippo Seno alle chitarre, Roberto della Vecchia al piano, Checco D’Alessio alle tastiere e Arnaldo Vacca alle percussioni.

Il tour italiano si protrarrà fino a metà aprile

Queste le date ancora in programma:

26 MARZO – PALAPARTENOPE – NAPOLI

27 MARZO – PALAPARTENOPE – NAPOLI

30 MARZO – PALASPORT – ACIREALE

2 APRILE – TEATRO TEAM – BARI

4 APRILE – TEATRO VERDI – FIRENZE

5 APRILE – STADIUM 105 – RIMINI

8 APRILE – PALAOLIMPICO – TORINO

11 APRILE – GRAN TEATRO LINEAR4CIAK – MILANO

12 APRILE – GRAN TEATRO LINEAR4CIAK – MILANO

15 APRILE – GRAN TEATRO GEOX – PADOVA

Gigi D'Alessio Ph ©Luigi Maffettone

Gigi D’Alessio Ph ©Luigi Maffettone

 

 

 

La scaletta del concerto:

Prima o poi
Quanti amori
Cosa te ne fai di un altro uomo
Chiaro
Cronaca D’Amore
Primo Appuntamento
Una notte al telefono
Dove sei
Non riattaccare
Il cammino dell’età
Prova a richiamarmi amore
Un nuovo bacio
Non dirgli mai
Annarè
Tu che ne sai
Sei importante
Le mani
Giorni
Occhi nuovi
Vita
Notti di lune storte
Como suena el corazon
Mon Amour
Te voglio bene ancora
Apri le braccia
Liberi da noi
Oj nenna ne
Quel che resta del mio amore
Canterò di te
Il falco e la rondine
Si turnasse a nascere
L’amore che non c’è
Insieme a lei
Nessuno te lo ha detto mai
Ora

 

 

 

Intervista ai Blein: “Abbiamo tanta voglia di metterci in gioco!”

BLEIN COVER ALBUM (2)Tony Gargiulo(chitarra e voce), i fratelli Francesco Papalini (chitarra e voce) e Simone Papalini (basso e voce) e Gabriele Panariello sono i Blein. All’interno della band di Perugia ciascun membro è cantante,  musicista e leader. Forti di un percorso umano e artistico in stretta sinergia,  i Blein hanno pubblicato il primo omonimo lavoro discografico prodotto da Davide Pierucci, con la produzione artistica di Max Marcolini, e contenente sei tracce di genere pop-rock melodico. In questa intervista il gruppo racconta le fasi che hanno scandito il proprio percorso e cosa intende raccontare attraverso la propria musica.

I Blein nascono ufficialmente nel 2012 ma il gruppo esiste praticamente da sempre… Come si è evoluta nel tempo la vostra ricerca musicale e in che modo si è affinata la vostra cifra stilistica? 

In realtà la nostra natura musicale è rimasta invariata e vorremmo tutelarla il più a lungo possible. Tuttavia essendo ancora giovanissimi siamo aperti e recettivi nei confronti degli stimoli che provengono dall’esterno. In questi due anni abbiamo tratto forte ispirazione da tutte le collaborazioni e le conoscenze che abbiamo avuto l’onore di fare: dal chitarrista Massimo Varini ai Pooh, specialmente Dodi Battaglia, fino ad arrivare al nostro produttore artistico Max Marcolini ( Zucchero, Alexia, Irene Fornaciari, ecc ).

BLEIN FOTO (2)Al centro del vostro primo lavoro ci sono sentimenti autentici e le prime emozioni forti che fanno da imprinting in ciascuno di noi… in che modo avete lavorato ai testi e come vi siete rapportati, in fase compositiva, con gli illustri produttori che hanno curato il vostro progetto discografico?

I testi sono farina del nostro sacco mentre siamo stati affiancati ed aiutati nella scelta degli arrangiamenti e nella cura del sound complessivo!

“Solo due soli” è il brano a cui siete più legati perché è il primo della vostra carriera…quali sono i ricordi che vi ispira questa canzone?

Beh è  stato il nostro trampolino di lancio! Ci ha aperto la strada verso la tanto agognata “nuova” vita: le prime esperienze in studio, le prime registrazioni, il primo video, i  primi live e soprattutto abbiamo sentito cantare le parole del ritornello dai nostri fan! Indimenticabile… da pelle d’oca!

Quali sono gli ascolti che ispirano il vostro sound?

In quest’ultimo anno ci siamo confrontati molto di più con la musica pop italiana e mondiale. Abbiamo ascoltato molto ed abbiamo recepito molti stimoli in lungo e largo. Veniamo tutti e 4 da percorsi musicali diversi, però ci accomuna decisamente l’amore per il rock e per i gruppi storici, dai Beatles ai Led Zeppelin, dai Pink Floyd ai Queen, dai Bon Jovi e i Guns’n'roses agli attuali Muse!

BLEIN FOTO 2 (2)In che modo la personalità di ciascuno di voi influisce all’interno della quotidianità del gruppo?

Influisce decisamente al 100 %! Ognuno di noi porta se stesso all’interno del gruppo e del progetto, sicuramente ci avvantaggia l’essere amici e fratelli da sempre!

Ci fate una carrellata degli episodi più significativi della vostra carriera fino ad oggi?

Innanzi tutto l’incontro  con il nostro produttore Davide Pierucci che ci ha dato la possibilità di realizzare la nostra musica e quindi il nostro sogno. Il videoclip di “Solo due soli”,che ha visto la partecipazione del ballerino professionista di amici Francesco Mariottini, ci ha dato una elevata visibilità; poi c’è stata la collaborazione con Massimo Varini ( chitarrista e produttore di Biagio Antonacci, Nek e tantissimi altri ). Poi c’è stata l’apertura del concerto dei Pooh a Bastia Umbra, a luglio, ed infine la vittoria del concorso “mi piace” nella trasmissione “Citofonare Cuccarini” con la  partecipazione ad una puntata in diretta su Radio Uno Rai.

E le vostre passioni parallele? Svolgete anche altre attività lavorative o di studio?

La musica ormai riempie il 90 % del nostro tempo anche se siamo stati impegnati, ed alcuni lo sono tuttora, in percorsi universitari…

Qual è il target di pubblico a cui, secondo voi, il vostro disco si potrà avvicinare di più?

Puntiamo al giovane pubblico italiano. Non a caso il nostro album è in vendita ad un prezzo molto basso per dar modo anche ai giovanissimi di acquistarlo. Da qualche giorno è disponibile nei maggiori store digitali come iTunes e Amazon ecc al prezzo di 2,99 euro. A giorni sarà disponibile anche la versione tradizionale in un un elegante booklet a tre ante con all’interno un libretto con  testi e foto inedite. Questa versione per ora sarà acquistabile solo durante i nostri concerti o attraverso il  nostro sito http://www.blein.it/

Che aspettative avete in merito all’evento che vi vedrà sul palco di Dodi Battaglia dei Pooh il prossimo 4 aprile a Roma?

Abbiamo tanta voglia di metterci in gioco anche perché per la prima volta eseguiremo interamente l’album live!

Quali sono le altre date live in programma?

Stiamo ancora definendo una tournée estiva con la nostra produzione… vogliamo toccare più punti possibili della nostra stupenda penisola!

Raffaella Sbrescia

Video: “Ancora un attimo”

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“Fuoco a mare”: Bellopede e Marigliano accarezzano la speranza tra la bellezza e la distruzione

“Fuoco a mmare rint ‘o scuro e chesta città ca camp ancora ca ‘a speranza e chi ce resta”…. un ritornello che, attraverso una manciata di parole, rende in maniera cristallina l’idea di quale sciagura abbia rappresentato per la città di Napoli l’incendio che il 4 marzo 2013 devastò “Città della Scienza”. Mariano Bellopede al piano e Carmine Marigliano al flauto traverso integrano le loro eleganti note dell’ormai apprezzatissimo Viaggio in duo con quelle di Davide Esposito (batteria), Alessandro Anzalone (basso elettrico), Gabriele Borrelli (percussioni)  in “Fuoco a mare”, un brano che prova a racchiudere, con successo, una serie di elementi in netta contrapposizione tra loro: la poesia, la bellezza e la storia da un lato, la distruzione e l’ignoranza dall’altro. Al centro di questa dicotomia la speranza, che nelle vesti e nella voce di Francesca Colapietro, provano a farsi avanti nonostante i problemi che, da sempre, attanagliano le anime di chi prova a combattere in un territorio tanto bello quanto ostile.  Davvero toccanti le immagini del videoclip girato da Gennaro Silvestro proprio tra le ceneri del polo scientifico di Città della Scienza. Si potrebbero spendere milioni di parole nel provare a commentare le immagini forti di questo video ma niente, più delle immagini stesse, potrà farvene comprendere lo spirito ed il significato .

Raffaella Sbrescia

Video: “Fuoco a mare”

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Le contaminazioni dei Rumore Binario in “Houdini”

Rumore Binario copertina discoAttivi da circa tre anni, i Rumore Binario, inizialmente conosciuti come Railway Noise, presentano “Houdini”, un Ep composto da quattro brani, tutti in italiano, infarciti di idee, suoni, parole e soprattutto contaminazioni. Se questo è il biglietto da visita del gruppo proveniente dalla provincia di Viterbo, c’è da credere che nel loro sacco ci sia parecchia farina di qualità. Raffaele Franceschini (voce), Francesco Brunetti (chitarre), Luca Tempra (tastiere, synth), Gabriele Calanca (basso), Filippo Potenziani (batteria) hanno registrato questo lavoro in pochi giorni lasciando intendere di avere le idee già molto chiare circa la linea artistica da seguire.

rumore binario live Il frutto di questa prima avventura in studio offre numerosi spunti di riflessione; la disinvoltura sonora ed espressiva dei Rumore Binario è sintomo di un background musicale onnivoro e libero da inflessioni di genere. Stereotipi ed etichettature sono molto lontane dalla fervente dinamicità che costituisce, invece, una delle peculiarità più interessanti di “Houdini”. Le canzoni, già a partire dalla title-track , sono davvero molto articolate nella struttura, sia sonora che lessicale. La funambolicità teatrale di Raffaele Franceschini pare richiamare, a un tratto l’energia vivacità dei Nobraino, a un tratto la verve più intrigante di Capossela. E se il testo spruzzato di francese di “Houdini” evidenzia una spessa linea rockeggiante, l’intro profumata di tango de “La Stangata”, sottolinea ancora di più la sorprendente apertura del brano, che s’invigorisce, nota dopo nota, in un crescendo ritmico e chitarristico. Il terzo brano è “Boom Ergonomico”, un cittadino scomodo che vive sull’onda dello stimolo è l’indiscusso protagonista di un brano tirato e non privo di sorprese come l’evidente richiamo alle avventure di Charlie Chaplin. “Giostra Che È Il Mare” chiude il lavoro si direbbe sul più bello. Il brano rappresenta, infatti, un momento diverso dagli altri: intrigante e complesso, il testo si riveste di inebrianti sensazioni sonore: si va dalla danza popolare, tipicamente folk, a momenti intimisti, passando per il prog, per un risultato finale che sa di sperimentazione e che lascia la voglia di approfondire un discorso ben imbastito.

Raffaella Sbrescia

Piers Faccini live a Napoli per il Suo.Na

Pier Faccini

Pier Faccini

Si è tenuto lo scorso 21 marzo il secondo appuntamento della rassegna Suo.Na, interamente dedicata alle realtà musicali più interessanti del momento. Protagonista del palcoscenico della Sala 3 del Duel Beat di Agnano a Napoli, il cantautore anglo-italiano e polistrumentista Piers Faccini. “Between Dogs and Wolves”, tra cani e lupi, è il titolo del suo ultimo disco che ben descrive anche l’irrispettoso e rumoroso pubblico che l’elegante e delicato artista si è  ritrovato a fronteggiare. La serata, ad ingresso gratuito per la riapertura della sala dell’ex cinema, voleva essere un regalo speciale e prezioso da parte degli infaticabili organizzatori della kermesse ma ben pochi hanno saputo apprezzarlo. La musica malinconica e cosmopolita di Piers trova le sue vie di espressione attraverso un dolce ed incisivo finger picking, accompagnato da una leggera batteria e dal suggestivo suono di un’armonica a bocca. Una manciata di canzoni intrise di intime  sfumature, continui e articolati rimandi musicali e suggestivi innesti culturali sono i tratti salienti della musica di Piers Faccini. Nessun effetto speciale, niente luci colorate o sbuffi di fumo: solo la voce, calda e coinvolgente, miscelata al folk anglosassone, iniettato di autentico blues, sono le “armi” con cui Piers ha provato a conquistare la selvaggia platea del venerdì sera, senza tuttavia riuscirci. Ci resterà l’indelebile ricordo delle intense parole di “Uncover my eyes”, l’ultimo atto performativo del song writer:

“Crowds were gathered at the waters’ edge
While in each face and hand
A million stories there to tell
A tale for every man

I’ve heard all the answers
But none that fit the question
Is there a way to silence
There’s the revelation

Sing heart, sing
Sing heart, sing
Sing heart, sing
A river flows in my veins”

Raffaella Sbrescia

I Colori del Jazz: Zanisi, Ponticelli e Paternesi artigiani del suono

Ph © Luigi Maffettone

Ph © Luigi Maffettone

Si è tenuto lo scorso 21 marzo il secondo appuntamento musicale della rassegna “I Colori del Jazz”. Protagonisti del palcoscenico dell’Auditorium Salvo D’Acquisto di Napoli Enrico Zanisi al pianoforte, Francesco Ponticelli al contrabbasso ed Alessandro Paternesi alla batteria. Tre giovani talenti che, grazie al loro ricco e prestigioso background, sia accademico che artistico, hanno saputo calarsi nelle vesti di artigiani del jazz, catalizzando l’attenzione di un pubblico attento ed esigente sulle note di “Keywords”, l’album strumentale prodotto da Cam Jazz e realizzato a sei mani da Zanisi, insieme al contrabbassista americano Joe Rehmer e ad Alessandro Paternesi.

Enrico Zanisi Ph © Luigi Maffettone

Enrico Zanisi Ph © Luigi Maffettone

I primi brani proposti sono “Recitativo” e “Power Fruits”: la prima composizione è leggera e vellutata, l’intento dei tre musicisti sembra quasi quello di voler disporre tutto il necessario per lasciare che l’animo possa distogliersi da qualsiasi altro pensiero. Nei volti di Enrico, Francesco e Alessandro s’intravede un’intima connessione con il flusso delle note, sguardi, gesti e mimica facciale sono un tutt’uno con il ritmo, ogni movimento è necessario a quello successivo. Con “Power Fruits” il sound è più fluido, il contrabbasso fa da spina dorsale ad un pianoforte nevrotico che coinvolge e veicola gli isterismi della batteria, fino alla chiusura che, in maniera ciclica, sigilla il vortice dell’intro. Solenne ed intimista è l’apertura di “Ou revoir”: Zanisi si accartoccia su se stesso mentre il denso fluttuare delle bacchette di Paternesi disegna un inaspettato crescendo tonale, per poi lasciarsi andare ad un delicatissimo ultimo affondo.

Francesco Ponticelli Ph © Luigi Maffettone

Francesco Ponticelli Ph © Luigi Maffettone

Breve, intenso e corposo è “Claro”, seguito da “Corale”, che lo stesso Zanisi introduce come “intervento atavico”. L’enigmatica eleganza di “Beautiful lies” è incorniciata da toni grevi e drammatici, note tortuose e decise conferiscono una potenza virile al brano che, tuttavia, si lascia sedurre da un finale latineggiante. La costruzione manuale del suono e la maniacale cura del dettaglio emergono in tutta la loro preziosità in “Equilibre”, un brano dotato di un corpus altisonante. A seguire “Magic numbers”, scandito, nota per nota, con un’attenzione a tratti anacronistica. L’ultimo brano, prima del bis, è la travolgente  “Traumerei” di Robert Schumann  che, sorniona e lasciva, invoglia i tre ad improvvisare un travolgente botta e risposta strumentale finalizzato a cesellare i rifinimenti di una serata d’arte.

Raffaella Sbrescia

“L’internazionale juke-box del caffè”, il libro multimediale di Ciro Cacciola

cerchietto dueAvevamo lasciato Ciro Cacciola, giornalista, organizzatore di eventi e Dj  mentre salutava le tantissime persone accorse al bistrot letterario  del Teatro Mercadante, lo scorso 13 marzo,  per l’affollato happening con cui si sono concluse le celebrazioni per il 50 mo anniversario della preziosa miscela di caffè Kimbo e durante il quale c’è la stata la presentazione de “L’internazionale juke-box del caffè”,

internazionale-jukebox-403x200Tra una tazzullella e l’altra ci siamo messi comodi e ci siamo gustati, traccia dopo traccia, l’accurata selezione musicale che proprio Cacciola ha realizzato in “L’internazione Juke-box del Caffè”, un libricino cross mediale, edito da Colonnese editore, in collaborazione con la Kimbo, che raccoglie 50 canzoni legate da un unico filo conduttore: il caffè. A curare la prefazione del volume è Mario Rubino, amministratore di Kimbo Spa e grande amico di Cacciola che, in poche sentite righe, ha evidenziato il valore innovativo del libro, la sua natura multimediale e la cura certosina con cui l’autore ha costruito un vero e proprio itinerario sensoriale. “L’internazionale Juke –Box del caffè” è, infatti, un volume da leggere e da ascoltare, in cui la carta diventa piattaforma multimediale attraverso il QR code. Inquadrando il quadrato a scacchi che si trova alla fine di ciascuna pagina con lo smatphone, infatti, si potrà accedere al link del brano che potrà essere ascoltato integralmente da You Tube.

Dal blues alla musica dance, dallo swing al rock’n roll, dal soul al pop, il caffè ha saputo conquistare davvero un po’ tutti. Lo sapeva Bach che, tra il 1732 ed il 1734, scrisse il “KaffeeKantate”, lo ribadì Verdi sostenendo che “Il caffè è il balsamo del cuore e dello spirito”.  Ciro Cacciola scava in lungo e in largo, tra suoni, visioni e suggestioni ci lascia degustare le “40 cups of Coffee” della jazz singer Ella Mae Morse, ci diverte con la sprucida Brigida della poplare “A tazza ‘E Cafè” del poeta Giuseppe Capaldo, ci incanta con l’eleganza di “Cafè” di Astor Piazzolla. Spazio anche ai successi più vicini nel tempo come “Caffè nero bollente” di Fiorella Mannoia, “Coffèè + Tv” dei Blur, “Coffèè Shop” dei Red Hot Chili Peppers o “Cold Coffe” di Ed Sheeran fino ai “7000 Caffè” di Alex Britti. Immancabili i grandi classici come: “Don Raffaè” di Fabrizio De Andrè (frutto della collaborazione del cantautore con Massimo Bubola e Mauro Pagani e della citazione del brano “‘O Ccafè” di Domenico Modugno), famosa anche la versione del brano che Dè Andrè incise con Roberto Murolo. Una menzione speciale merita anche lo Zecchino d’Oro che, con “Il caffè della Peppina” e la “Ninna Nanna del chicco di Caffè”, ha fornito un contributo rilevante alla diffusione del culto del caffè all’interno della cultura generale italiana.

Raffaella Sbrescia

“Her”: le note scelte da Spike Jonze e Arcade Fire per descrivere un amore irreale

herNel film “Her” Spike Jonze indaga la natura dei rapporti umani nel mondo contemporaneo attraverso una sceneggiatura originale e l’uso della tecnologia che, come una minuscola lente,  scava all’interno dell’animo umano rivelandone le più intime fragilità. Il rapporto tra uomo e macchina, rispettivamente simboli del reale e del virtuale, pur essendo irreale, acquisisce  una stupefacente naturalezza grazie alla sensibilità di Theodore (Joaquin Phoenix), un uomo che vive di parole, che dà voce alle incapacità comunicative altrui, attraverso il suo lavoro di ghost writer e che, a sua volta,  trae linfa vitale da quelle che provengono dal sistema operativo Samantha ( voce di Scarlett Johansson).  Nel suo elogio all’imperfezione umana, Jonze si muove tra fantascienza e melodramma, conferendo alla musica un importante ruolo. Le note raccontano le immagini, conferendo significati e sfumature alle emozioni del passato ma soprattutto a quelle del presente. Suoni e strumenti scrivono le fasi di un amore che vive grazie alle impressioni, alle riflessioni e alle suggestioni del protagonista che, attraverso la sua coscienza femminile, riesce a risolvere i conflitti irrisolti della propria personalità. Diversi sono i momenti musicali degni di interesse: si parte da “Off you” dei The Breeders, uno dei momenti in cui la drammatica condizione di solitudine di Theodore appare in tutta la sua drammatica evidenza. I tanti flashback che irrompono nel quotidiano del protagonista sono, invece, animati da “When You Know You’re Gonna Die” degli Arcade Fire che firmano anche “Supersymmetry “, il brano strumentale che compare nei titoli di coda del film che, insieme a “Dimensions”  fa parte di “Reflektor”, il nuovo album della band. C’è spazio anche per momenti musicali più eterogenei  come  le atmosfere orientali di “Cleopatra in New York” (Zim Zam Mix), il folk di  “I’m so Glad” (Entrance) e il suadente blues di “Need Your Love So Bad” di Little Willie John. Il picco emotivo è rappresentato dalla complicità che Theodore e Samantha riescono a raggiungere sulle note del brano “The Moon Song”, scritto da Karen O delleYeah Yeah Yeahs ,con il supporto del regista Spike Jonze: “But with you my dear, I’m safe and we’re a million miles away”, canta Samantha che, fotografando il suo amore per Theodore nella sublime composizione al pianoforte, intitolata “Photograph” e realizzata dagli Arcade Fire, concretizza l’essenza di un sentimento autentico, eppure destinato ad eclissarsi.

Raffaella Sbrescia

Video: “The Moon Song”

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I Nobraino inaugurano il Suo.Na con un concerto memorabile

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Foto di: Manuela Zingone (ManovHella Zingoide)

Apertura col botto per la rassegna musicale Suo.Na, il ritmo delle cose belle”., organizzata da Ufficio K, in collaborazione con Wasabee e Bulbartworks.  Lo scorso 14 marzo si è tenuto, infatti, il concerto dei Nobraino, presso la Casetta della Musica in Via Barbagallo a Napoli, e si è trattato di un evento letteralmente spettacolare.

Con l’open act affidato ai talentuosi The George Frevis Band, i presupposti per una serata di buona musica si erano già intravisti tra testi consistenti ed un irresistibile tocco folk, rigorosamente acustico. Sette brani per scaldarsi dopo la lunga attesa al freddo di fine inverno fino al momento catartico:  Lorenzo Kruger e soci invadono il palco tra l’entusiasmo generale. Il colpo d’occhio è senza dubbio notevole:  gli artisti indossano  tutti coloratissimi abiti vintage, gli abbinamenti lasciano subito trasparire delle personalità molto forti e soprattutto libere da vincoli e pronte alla sperimentazione. Le impressioni iniziali trovano conferma nella carica elettrica di arrangiamenti strumentali assolutamente eterogenei e nella spettacolare teatralità che caratterizza movimenti, sguardi e utilizzo degli strumenti. Questa tipologia di interazione col pubblico ha scatenato una reazione di catalizzazione nello spettatore che, coinvolto in una sorta di girone infernale, non ha potuto esimersi dal prendere attivamente parte ad una vera e propria festa. A prescindere da sesso, età e preferenze musicali, un live dei Nobraino rappresenta un’esperienza molto interessante, soprattutto grazie ai canali di dialogo che il gruppo romagnolo riesce a stabilire attraverso le più svariate forme espressive. Ogni singolo strumento, oggetto, filo presente sul palco viene letteralmente consumato dagli artisti, che se ne servono per tessere le fila di una ragnatela di note che non lascia scampo. Rimandi, citazioni, cover e grandi successi del proprio repertorio sono il pane quotidiano dei Nobraino che s’impossessano di quello che trovano infarcendolo con un ingrediente speciale: una massiccia dose di ironia, che tutto distrugge e tutto dissacra, senza mai perdere di vista la salvaguardia dei valori più importanti.

Il mattatore della serata è, manco a dirlo, Lorenzo Kruger, cantante, attore, poeta e saltimbanco: i suoi occhi, le sue mani, le sue gambe non si fermano nemmeno per un attimo, per ogni canzone in scaletta ha un cappello diverso da indossare, emozioni da comunicare. Tenendosi appeso ad una corda canta proteso sul pubblico, scende dal palco per pogare con i fans più scatenati, canta nella cornetta di un telefono, in un autoparlante, sulla cima di uno scaletto, fuori alla Casetta della Musica, mentre la band continua a suonare all’interno, rasa i capelli di un fan a zero, mentre intanto continua a cantare facendo incazzare anche la signora del bar per essere salito sul suo bancone cantando un’irresistibile versione rock de “l’Italiano” di Toto Cutugno. Ma partiamo dall’inizio: la scaletta comincia con la triade composta da “Il muro di Berlino”, “Un’altra ancora”, “Sotto al letto” per poi continuare con “Lo scrittore”: “Ti scrivo ettolitri di endecasillabi, pensarti tutta quanta è quel che un uomo vuole, e a furia di desiderarti, di descrivere le parti del tuo corpo m’hai ridotto a uno scrittore”, canta Lorenzo,  mentre “Esca viva” e una double version de “Il bigamionista”, eseguita anche in acustico dai 2 Fornai, surriscaldano il pubblico. A seguire “Jacques Pèvert”, “Endorfine” e due interessanti reinterpretazioni di due canzoni di De Andrè come “La ballata di Michè” e “Hotel Supramonte”: la vocalità molto cavernosa e virile di Kruger riprende molto da vicino quella dello scomparso cantautore genovese ed il risultato di questo esperimento risulta molto piacevole.

nobrainoLa scaletta dei Nobraino è ferratissima: il gruppo esegue “Luce”, seguito da un irriverente medley strumentale. Subito dopo si torna a fare sul serio con “Via Zamboni”, “Il Semaforo” e la riuscitissima cover di “Clandestino”, il noto brano di Manu Chao, ovviamente rivisitato e corretto in chiave rock. Ironia spaccona quella di “Bella Polkona” e de “Il record del mondo”, richiami al sesso sfrontato e libero in “Tradimentunz”, divertimento spartano è quello della già citata “L’Italiano” di Cutugno e di “Bademeister”. Dopo  la rasatura a zero di un fan, eseguita sulle note del bel testo contro la guerra di “Mangiabandiere” arriva il momento del rush finale: “”Film muto”, la cover di “Via con me” di Paolo Conte”, “Bifolco” e “Signori della Corte” completano il viaggio all’interno della  particolarissima discografia dei Nobraino, senza contare la poesia dell’immagine di Lorenzo Kruger che canta le ultime due canzoni in cima ad uno scaletto: “Alla luce dei fatti di cui sono a conoscenza posso dire con certezza di non essere più pazzo di un cavallo, al limite più bello, ammessa dimostrabile la pazzia dell’animale già citato da me considerato spesso metro di misura per mentali inefficienze… umane deficienze. All’epoca dei fatti ero un grande sognatore della razza che la vita la vivono col cuore, descrivevo con disprezzo la società del capitale e l’amarezza del sudore, il puzzo del sudore”, canta Lorenzo, dipingendo la cornice perfetta di una serata da ricordare.

 Raffaella Sbrescia

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