Tra le scorie di sogni e sentimenti infranti di “Complimenti”, Samuele Bersani ha dato il suo inconfondibile benvenuto al pubblico del Teatro Augusteo di Napoli in occasione della data partenopea del “Nuvola numero Nove tour”. Impeccabile nella voce e nella mise, Samuele inizia il concerto dietro un velo che, subito dopo il primo brano, cade giù sia fisicamente che metaforicamente. Sì, perché l’artista romagnolo, pur non proferendo parola fino al quarto brano in scaletta, ha tutta l’intenzione di abbattere le barriere per una serata all’insegna della condivisione incondizionata.
E così, “Cattiva” e “Psycho” scorrono via fino alle prime emozionate parole di Samuele: «Chi mi conosce sa che ho spesso la tentazione di parlare di cose che esulano dalla mia musica ma stasera non accadrà, il repertorio si è allargato e non ho intenzione di tenervi in ostaggio del mio ego», spiega con la sua solita verve, aggiungendo: «Sono figlio unico e scrivo in solitudine ma non avrebbe senso vivere le emozioni da solo su un palco» e così, primus inter pares, Samuele scende in platea fermandosi all’altezza delle prime file per consentire una minima visuale anche al pubblico della galleria, regalando una struggente versione di “Ex e Sanax”, eseguita solo con l’accompagnamento del pianoforte e di una chitarra, proprio «così com’è nata, spiega, nuda e cruda». Già, nuda e cruda come il sentimento d’amore che ha avvolto la vena creativa di Samuele, quello in cui due persone lottano come giganti di fronte al dolore e che, dopo aver litigato, sovrappongono i reciproci battiti cardiaci.
La penna di Bersani si sa, è tra le più versatili e, a conferma di ciò, si passa dai nobili sentimenti di “Ex e Sanax” alla sottile ed intelligentissima ironia di “Chiamami Napoleone”: non c’è niente da conquistare in questo stivale ridotto a pantofola, canta Samuele, mentre il “Pescatore di asterischi” si perde in un gioco di pensieri sporchi. Il pubblico è davvero coinvolto al punto da esplodere nell’immancabile coro sulle note di “Spaccacuore”. «Il teatro è bello per due motivi, racconta Samuele, il primo è relativo proprio ad un fatto di acustica, in teatro il suono si asciuga, ed è bello avere quest’atmosfera che tante volte noi artisti cerchiamo e non troviamo. Il secondo è legato a Napoli, in particolare, ci sono posti in cui ci metto tre turbo per cantare e Napoli è uno di questi». A proposito di umanità, Samuele introduce “Reazione Umana” divertendo il pubblico senza mai lasciare le parole al caso. Nel raccontare la divertente storia della sua fida tastierina Casio che, dopo essere stata riposta per anni, si è riaccesa ed è tornata a funzionare, nonostante le pile ossidate, a colpi di on-off. Proprio questo aneddoto offre il là a Samuele che rivela: «La tastiera mi ha insegnato che se si insiste, si riprende a reagire. Come essere umano mi sono abituato ad essere un semplice spettatore e a non dire la mia. Ogni volta rimango perplesso di come ormai non si riescano a vivere le proprie emozioni senza doverle filtrarle ogni volta attraverso uno schermo. Come se senza quello schermo fosse impossibile conoscere la realtà o mantenere il ricordo». Vivere in emergenza anestetizza l’anima, prima legge e poi canta Samuele, tanto per essere ancora più incisivo di quanto non lo fosse stato fino a pochi secondi prima.
Le emozioni continuano sulle note di “Replay”, “Ferragosto”, “Le mie parole” raggiungendo il massimo picco con “Il mostro”, eseguita al pianoforte, in un angolo del palco:« Ci sono canzoni che sanno spiegare cose meglio di altre cinque», racconta Samuele, spiegando che «A volte ho fatto il grosso sbaglio di eliminare questa canzone dalla scaletta, ma più cantavo e più mi chiedevo perché non l’avessi inserita». Ed eccolo il mostro che “riapre gli occhi sul mondo, questo mondo di mostri che hanno solo due zampe ma sono molto più mostri”. Subito dopo, un piccolo incidente di percorso rivela che Samuele e la sua band stanno registrando il cd live del concerto e questo diventa improvvisamente un incentivo in più sia per l’artista che per il pubblico. La scaletta procede spedita, attraverso le parole, le emozioni e gli anni di una vita spesa a cercare note e parole: “Settimo cielo”, l’implacabile “Ultima chance” e una coinvolgente versione folk di “Occhiali rotti” lasciano piccoli segmenti di spazio a “Un pallone”, “Freak” e “Coccodrilli” fino al grande classico del cantautore romagnolo: “Giudizi universali”. Completato il preavviso di rito di non scambiare la frase del ritornello “potrei ma non voglio” con “vorrei ma non posso”, Samuele ritorna in platea ed è un tripudio di voci che cantano all’unisono. “Chiedimi se sono felice”, “Il re muore”, “Chicco e spillo” sono i bis che chiudono una serata perfetta. “Servono soldi musica e strada da fare” ma almeno con Samuele Bersani la bisaccia delle emozioni è ancora al suo posto.
Raffaella Sbrescia