Gennaro Porcelli © Cristina Molteni
Gennaro Porcelli è uno dei più noti esponenti italiani del blues Made in Italy nel mondo. Nonostante la sua giovane età, il talento e la passione per la chitarra, lo hanno avvicinato ai più grandi musicisti che, in più occasioni, lo hanno accolto sotto la propria ala. Da ormai 8 anni è il chitarrista di Edoardo Bennato e, contemporaneamente, ha fondato “The Highway 61”, un trio blues che vede la partecipazione di Diego Imparato al basso e Carmine (Bulldog) Landolfi alla batteria. In questa approfondita chiacchierata, Gennaro ci ha raccontato la genesi del suo ultimo disco “Alien in transit” senza tralasciare aneddoti e confidenze.
Gennaro, come si è evoluta nel tempo la tua anima blues?
La continua ricerca, gli approfondimenti strumentali e svariate esperienze di vita vissuta hanno forgiato, non solo il mio spirito, ma anche il mio modo di suonare. Con la recente disavventura nel carcere statunitense, che mi ha visto prigioniero per due giorni, ho provato, nel mio piccolo, delle sensazioni di cui sentivo parlare nei testi dei miei miti musicali. Per quanto riguarda la parte strumentale ho imparato nuove tecniche chitarristiche, conosciuto nuovi artisti e scoperto nuove correnti musicali. Tutto questo mi ha portato a ragionare e a scrivere in modo diverso, più intimo, più diretto. La mia evoluzione personale mi ha anche permesso di essere apprezzato un po’ in tutto il mondo e, tra l’altro, ho notato che il mio disco “Alien in Transit” sta avendo molto successo su Itunes, soprattutto in Europa. Questa cosa mi gratifica molto perché comunque fare il musicista non è mai semplice e, per me che vivo solo di musica, si tratta di una bella soddisfazione.
The Highway 61 Blues Trio nel backstage del Bloom
Come riesci a conciliare la tua vita on stage con Edoardo Bennato ed il progetto parallelo “The Highway 61”?
Fortunatamente lo gestisco molto bene. Edoardo è soprattutto un mio amico ed un grande appassionato di blues. Rispetto ad altri artisti, che vogliono una sorta di esclusiva, lui è felicissimo, viene a quasi tutti i miei concerti, quando può mi viene a trovare, si siede tra il pubblico dei club e nel frattempo giriamo l’Europa insieme, ormai da più di 8 anni. Prima che diventasse un amico, Edoardo era uno dei miei artisti preferiti da bambino, perché è stato uno dei primi a portare il blues in Italia quindi, quando ho avuto il piacere di iniziare a collaborare con lui è stato il coronamento di un piccolo sogno, che continua con nuovi progetti insieme. Nel periodo invernale mi dedico ovviamente anche al mio gruppo “The Hightway 61”, che comunque non abbandonerò mai.
“Alien in transit” è il tuo progetto discografico più recente. Ci racconti il disco, track by track, e le tante collaborazioni che ci sono al suo interno?
“Alien in transit” è il modo in cui viene chiamato il prigioniero di passaggio in carcere. Fu la prima cosa che mi salto all’occhio sul mio foglio di arresto negli Usa. Da lì è nato il primo brano del disco “Immigration man”, che ho scritto insieme a Mark Epstein, già bassista di Johnny Winter. Con lui avevo un rapporto già consolidato perché avevamo fatto un paio di tour negli Usa e uno in Italia. Fu proprio lui, all’aeroporto di Philadelphia, a cantarmi il tormentone “I’m the immigration man, you are not wanted” e, da lì, è nato il brano suonato live in studio. Durante il periodo in cui facevamo un tour, qui in Italia, abbiamo approfittato dei days off per registrare questo brano e anche “I’m here”, un testo che abbiamo scritto insieme con una musica molto dolce, decisamente diversa dal mio groove generale. Si tratta di una ballata in versione acustica, anche questa registrata live in studio, una tipica storia d’amore blues: un amore mai iniziato, di cui rimangono soltanto bei ricordi. “You don’t know me but I’m here”: lui si innamora di lei, capisce tutto di lei, ma la lei in questione non lo ha mai visto. Poi c’è “It takes a lot to lough it takes a train to cry”, un vecchio brano di Bob Dylan che ho rielaborato completamente insieme a Rody Rotta che, con la sua carriera quarantennale, è stato il mio maestro da piccolo e oggi è un mio grandissimo amico e collaboratore. Il disco contiene anche un brano anomalo, che non doveva essere in questo cd, intitolato “La giostra”, commissionatomi da una grossa radio italiana. Sicuramente è un brano che farà storcere il naso a un po’ di persone, visto che si tratta di una canzonetta ben suonata, ma l’ho messo all’interno del cd come provocazione, è stata una scelta voluta. Proseguendo questo viaggio nella valle del blues, vorrei parlarvi di un brano, eseguito dal vivo al Capo d’Orlando Blues Festival, s’intitola “Dallas” ed è stato scritto da Johnny Winter, uno dei miei miti, con cui ho avuto il piacere interagire anni fa a Padova. Ho quindi ripreso questo brano suonandolo in duo con Andy J. Forest, uno dei più grandi armonicisti al mondo, anche lui caro amico mio. “Slim’s walk”, è, invece, un brano strumentale, scritto qualche anno fa, che ho registrato con l’aiuto di Ricky Portera, chitarrista storico di Lucio Dalla e degli Stadio. In pratica mi sono circondato di amici! Tra gli altri cito Ronnie Jones che ha iniziato a suonare con i padri fondatori del British Blues, con cui mi incontro e mi sento molto spesso. Poi c’è il nostro Enzo Gragnaniello, una persona eccezionale che ha scelto di riarrangiare “L’Erba cattiva”. In questo caso ho stravolto il brano nello stile blues di J. J. Cale, padre del toulsa sound ed il risultato, secondo me, è uno dei meglio riusciti, anche perché il napoletano, come l’inglese, è fatto di parole tronche.
Che relazione c’è, secondo te, tra Napoli ed il blues?
Beh, Napoli ha perso molto! Il blues è stato avvicinato da tante persone sbagliate negli ultimi anni… Rispetto a quando io ho iniziato, molti musicisti, anche bravissimi, si sono un po’ arresi alle leggi del mercato. A differenza di quando ero ragazzino, adesso, tranne qualcuno, pochi sanno cosa stanno suonando, per il resto vedo molte brutte copie. C’è chi dà più spazio alla parte scenica, ai luoghi comuni del blues rispetto all’essenza della musica e queste persone fanno solo un danno a questo genere musicale
Che progetti hai in programma e qual è l’evento più recente che ti lasciato qualcosa dentro?
Il 22 gennaio ho fatto un concerto molto importante, ho suonato allo storico Bloom di Mezzago ed ero in cartellone con John Hammond, Johnny Winter e tanti altri musicisti storici. Per me è stato un concerto davvero da ricordare. Quello del Bloom è un palco prestigiosissimo, ci hanno suonato i Nirvana, i Greenday e tutti i grandi del blues passano da lì. Il fatto che mi abbiano inserito mi ha onorato moltissimo! Per quando riguarda i progetti con “The Highway 61”, tra qualche mese vorremmo pubblicare un singolo, soltanto in formato digitale, con un altro ospite prestigioso… però non posso ancora dire di cosa si tratta! Posso solo anticiparvi che si tratta di un inedito bello tosto, non so ancora se farlo uscire in italiano o in inglese…. Sto lavorando anche in studio per alcuni amici e per tutto il resto vi basta seguire la mia pagina ufficiale su facebook https://www.facebook.com/gennaroporcelliofficial?fref=ts
Raffaella Sbrescia
Video: “L’erba cattiva” feat. Enzo Gragnaniello
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